Sentenza n. 37 del 1972

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         SENTENZA N. 37

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo  BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale 13 novembre 1970, riapprovata dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige l'11 maggio 1971, recante "Disposizioni in favore del personale della Regione e degli altri enti locali che presti servizio nei Paesi in via di sviluppo", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 1 giugno 1971, depositato in cancelleria il 7 successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1971.

Visto l'atto di costituzione della Regione Trentino- Alto Adige;

udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1972 il Giudice relatore Costantino Mortati;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 1 giugno 1971, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in via principale, la legge approvata dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige il 13 novembre 1970 e riapprovata, dopo il rinvio governativo, l'11 maggio 1971, avente ad oggetto: "Disposizioni in favore del personale della Regione e degli altri enti locali che presti servizio nei Paesi in via di sviluppo", deducendo:

a) Che la legge impugnata, nel disporre la conservazione del posto di lavoro, come fuori ruolo, per un periodo non superiore a tre anni a favore dei dipendenti regionali i quali, o su loro richiesta e con l'autorizzazione della Giunta regionale, prestino servizio, oppure assumano direttamente il servizio stesso in Paesi in via di sviluppo, nel quadro dei programmi d’assistenza tecnica del Governo italiano o d’enti od organismi internazionali, al fine di cooperare all'attuazione dei programmi medesimi, viola il limite territoriale ed il limite del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato stabiliti per la legislazione regionale del Trentino-Alto Adige dall'art. 4, n. 1, in relazione alla prima parte del primo comma dello stesso articolo ed all'art. 1, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. Né potrebbe sostenersi - si aggiunge - che la norma regionale sia complementare ed integrativa di quella statale, dato che questa esclude che personale non statale venga destinato a prestare servizio nei paesi in via di sviluppo e prevede, comunque, un contingente rigido di personale comandabile.

b) Che la legge stessa viola l'art. 97, primo comma, della Costituzione poiché non rispetta il precetto del "buon andamento", della pubblica Amministrazione regionale. Infatti, conferendosi agli organi esecutivi della Regione il potere di autorizzare i dipendenti a prestare servizio nei paesi in via di sviluppo con una discrezionalità assoluta, si dà ai dipendenti regionali la possibilità di lasciare, sia pure per i citati scopi, a proprio libito il posto di lavoro. Lo stesso vale anche per i dipendenti degli altri enti cui la legge si riferisce.

c) Che l'art. 3 della legge impugnata, autorizzando gli enti locali, territoriali, istituzionali, assistenziali ed economici ad accordare, anche in deroga ai loro ordinamenti, un congedo straordinario senza assegni per tutto il periodo di servizio nei paesi in via di sviluppo al personale appartenente ai propri ruoli che abbia chiesto di prestare servizio presso gli enti od organismi secondo le norme di cui agli articoli precedenti, risulta in contrasto con i principi desumibili dalla legislazione statale in tema di dipendenti degli enti medesimi, con conseguente violazione dell'art. 5, prima parte del primo comma, e nn. 1 e 2, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.

Tali principi non prevedono la concessione di congedi straordinari fino ad un triennio al personale di detti enti, né prevedono l'ibrida situazione giuridica del dipendente in congedo straordinario che sia anche posto in posizione di fuori ruolo.

d) Che la legge impugnata, nella sua totalità, e particolarmente nell'art. 2, secondo comma, viola l'art. 81, quarto comma, della Costituzione per il fatto di non prevedere la copertura finanziaria dei nuovi e maggiori oneri che la Regione e gli enti minori andranno ad incontrare per effetto dell'applicazione della legge stessa ed in particolare della necessità di coprire i posti di lavoro lasciati liberi dai dipendenti collocati fuori ruolo o in congedo straordinario, nonché della erogazione dei contributi previdenziali.

2. - Avanti la Corte costituzionale si é costituita la Regione Trentino-Alto Adige con deduzioni depositate in data 21 giugno 1971 nelle quali si replica ai vari motivi del ricorso, di cui chiede il rigetto.

In risposta alla prima censura la Regione deduce che la legge regionale, in preciso e puntuale esercizio delle competenze legislative ad essa costituzionalmente riconosciute in tema d’ordinamento del personale addetto agli uffici regionali (art. 4, n. 1), d’ordinamento degli enti pararegionali (art. 4, n. 2), dei Comuni e delle Province (art. 5, n. 1) e delle istituzioni pubbliche d’assistenza e beneficenza (art. 5, n. 2), si propone di estendere ai dipendenti regionali quei principi che la legge n. 380 del 1968 ha stabilito con riferimento ai dipendenti statali per rendere possibile che essi svolgano la loro opera per le stesse finalità.

Pertanto, secondo la difesa della Regione, una questione di legittimità costituzionale si porrebbe, all'inverso, proprio se non fosse introdotta, anche per i dipendenti regionali, una possibilità di questo genere, con conseguente inammissibile disparità di trattamento tale da concretare una violazione dell'art. 3 della Costituzione.

In relazione alla dedotta violazione dell'art. 97, Cost., la difesa della Regione osserva come non sia esatta l'affermazione secondo la quale in virtù della legge i dipendenti regionali potrebbero "lasciare, sia pure per i citati scopi, a proprio libito il posto di lavoro", poiché il collocamento fuori ruolo é invece subordinato all'autorizzazione della Giunta regionale, e tale "filtro" assicurerà che le richieste di collocamento fuori ruolo non turbino il buon andamento della pubblica Amministrazione.

D'altra parte qualunque ordinamento del pubblico impiego contempla varie possibilità di modificazione soggettiva dell'organizzazione amministrativa per cause indipendenti dalla volontà o dal potere discrezionale della pubblica Amministrazione (dimissioni, incompatibilità, aspettative, ecc.) senza che sia mai stata affermata l'illegittimità costituzionale delle relative disposizioni.

In merito alla denunciata violazione dei principi della legislazione statale (il cui rispetto non comporta necessariamente identità fra normativa statale e normativa regionale) la Regione osserva che l'ordinamento regionale conosce l'istituto del congedo straordinario senza assegni, ed ha riconosciuto come perfettamente valida, ed ha altresì direttamente disciplinato la finalità (assistenza ai paesi in via di sviluppo) per la quale il detto istituto viene in concreto utilizzato dal legislatore regionale; per cui non pare che possa ritenersi sussistente alcuna incompatibilità con i principi della legislazione statale.

Infine, circa la censura attinente all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, la sua infondatezza risulta dal fatto che i pretesi oneri, o non sussistono o sono meramente eventuali ed incerti. Non sussistono oneri per la copertura dei posti temporaneamente lasciati liberi dai dipendenti cui la legge si applichi, in quanto essi corrispondono al risparmio di spesa conseguente al mancato pagamento degli stipendi ai titolari dei posti, mentre meramente eventuale é l'assunzione in ruolo di coloro che siano chiamati a sostituirli.

Finalmente le erogazioni dei contributi previdenziali ed assistenziali sono state ritenute dal legislatore regionale assorbite nella riorganizzazione conseguente all'adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 1 e 3 e la relativa copertura finanziaria assicurata dai risparmi possibili a seguito di tale riorganizzazione.

Con successiva memoria l'Avvocatura dello Stato fa notare come l'interpretazione data dalla difesa regionale all'art. 1 della legge impugnata urta contro la dizione del medesimo, che anzitutto non si limita ad inquadrare l'iniziativa regionale nei programmi d’assistenza tecnica elaborati dal Governo italiano, ma la estende anche ai programmi d’enti e organizzazioni internazionali, ed in secondo luogo prevede, oltre al caso di prestazione di servizio nei paesi in via di sviluppo su autorizzazione della Giunta, anche quello della diretta assunzione di tale servizio, quindi senza autorizzazione. Insiste per l'accoglimento del ricorso.

Nella discussione orale le parti hanno ribadito le ragioni esposte nelle scritture defensionali. Il rappresentante della Regione ha in particolare messo in rilievo come l'art. 1 della legge impugnata debba interpretarsi nel senso che l'autorizzazione della Giunta regionale sia necessaria in ogni caso per il collocamento fuori ruolo del personale di cui si tratta.

L'Avvocatura dello Stato, in relazione a tale interpretazione, ha affermato che, ove essa dovesse valere e si limitasse la destinazione dei dipendenti locali all'attuazione dei soli programmi di sviluppo del Governo italiano, verrebbe meno il motivo principale del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione sottoposta alla Corte dal ricorso del Presidente del Consiglio verte sull'incostituzionalità della citata legge della Regione Trentino-Alto Adige che consente la destinazione di dipendenti della Regione stessa, o d’enti minori in essa operanti, (previo il loro collocamento fuori ruolo, o in congedo straordinario) in paesi in via di sviluppo allo scopo di prestarvi servizio, per concorrere all'attuazione dei programmi d’assistenza tecnica, predisposti dal Governo italiano o da enti ed organizzazioni internazionali.

Il ricorso deve ritenersi fondato, secondo risulta dalle seguenti considerazioni.

2. - Rilievo preminente, ed anzi può dirsi assorbente gli altri motivi d’impugnativa, riveste quello con cui si denuncia la violazione dell'art. 4 n. 1, in relazione con la prima parte del primo comma dello stesso articolo e con il precedente art. 1 dello Statuto regionale. Discende infatti da queste norme che la potestà di disporre nella materia dell'ordinamento degli uffici e del personale ad essi addetto (come del resto in ogni altra materia) incontra il suo limite naturale e non superabile nell'ambito territoriale della Regione, dovendo rimanere esclusa la disciplina di tutti quei rapporti e quelle prestazioni relative al personale medesimo destinato a svolgersi o ad effettuarsi al di là di tale ambito, a meno che essa non si colleghi alla esecuzione d’accordi con altre Regioni.

L'esorbitanza dal limite di cui si parla risulta poi nella specie aggravata per il fatto che la destinazione del personale appare rivolta al perseguimento di fini e alla soddisfazione di esigenze non riconducibili, né direttamente né indirettamente, a quelle proprie della Regione stessa. Infatti non appare contestabile che l'assistenza ai Paesi in via di sviluppo rimanga estranea nel modo più assoluto ad ogni ingerenza regionale, non solo per quanto riguarda la predisposizione dei programmi, ma anche per tutto ciò che attiene direttamente o indirettamente alla loro esecuzione.

Se é affetta da invalidità la regolamentazione di un'attività la quale, pur attenendo ai compiti della Regione, risulti tuttavia tale da indurre ripercussioni dannose su altre Regioni, o addirittura su tutto lo Stato, di invalidità assai più grave deve ritenersi colpito l'atto che non già solo in conseguenza degli effetti prodotti, ma per lo stesso oggetto cui si rivolge trascende la potestà concessa all'Ente.

Non sembra meritevole di confutazione l'opinione della difesa della Regione secondo cui la norma impugnata corrisponde all'esigenza del rispetto del principio di eguaglianza che risulterebbe compromesso ove per i dipendenti regionali si praticasse un trattamento diverso da quello degli statali, essendo anche troppo ovvio che il principio di eguaglianza, per quanto si voglia estenderlo, non può mai condurre ad assegnare ai primi compiti propri ed esclusivi dei secondi e quindi posizioni ad essi corrispondenti.

3. - Se pure il carattere, come si é detto, assorbente del primo motivo dispenserebbe dal passare all'esame degli altri, tuttavia un breve cenno sarà sufficiente a mostrarne l'evidente fondatezza. Così, in ordine alla eccepita violazione dell'art. 97, anche a volere ammettere l'esattezza dell'interpretazione dell'art. 1 della legge impugnata quale prospettata dalla difesa della Regione, non sostenuta tuttavia dalla dizione letterale del medesimo, non appare contestabile che la messa fuori ruolo di dipendenti regionali, all'infuori di un tassativo limite numerico (stabilito invece, ed in misura assai limitata, dalla legge statale 28 marzo 1968, n. 380) non può non riflettersi sulla funzionalità degli uffici regionali, se debba valere, come non può contestarsi, l'imprescindibile presupposto che l'entità numerica dei ruoli regionali rimanga costantemente adeguato al numero ed alla qualità delle attribuzioni degli uffici cui si riferiscono. Né vale fare riferimento ad eventi che, nell'ordinaria vita dell'amministrazione, conducono a fare temporaneamente venir meno le prestazioni da parte di alcuni dei titolari degli uffici, perché essi hanno carattere eccezionale, e ai medesimi si fa fronte o con nuove assunzioni (come nel caso di dimissioni) o limitando nel tempo (con una durata massima notevolmente inferiore ai tre anni stabiliti con la legge impugnata) il periodo di assenza dall'ufficio consentita.

Si può aggiungere che proprio la presenza di non evitabili ipotesi di lontananza dal servizio di un certo numero di dipendenti rende intollerabile che se ne aggiungano altre del tutto arbitrarie.

4. - Anche per quanto riguarda l'art. 3 della legge denunciata appare evidente, oltre che la violazione di cui al precedente n. 2 del limite dell'oggetto delle leggi regionali, quella dell'art. 5 dello Statuto per mancata osservanza dei principi dell'ordinamento statale, che non tollerano la concessione nei riguardi di dipendenti da enti locali di congedi straordinari i quali conducono anche al collocamento fuori ruolo di coloro che ne beneficiano.

Né sembra da accogliere l'interpretazione che dell'articolo stesso dà la difesa regionale nel senso che dal rinvio fatto dall'art. 3 ai precedenti artt. 1 e 2 non può argomentarsi anche il collocamento fuori ruolo dei dipendenti degli enti locali destinati ai compiti di cui si tratta, essendo chiaro che per i collocati in congedo straordinario non può sorgere né il problema della conservazione del posto, né quello delle prestazioni previdenziali, cui ha riguardo l'art. 2.

5. - Infine, il mancato rispetto dell'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione si deduce agevolmente dalla considerazione che il collocamento fuori ruolo del personale cui si riferisce la legge impugnata (a parte la stranezza della situazione in cui questo verrebbe a trovarsi, perché, mentre rimane privo dello stipendio della Regione, non potrebbe neppure pretenderlo dallo Stato e tanto meno dai Paesi in via di sviluppo, cui nessun rapporto li lega) abilita la Regione a coprire i posti resisi così vacanti, con l'inevitabile maggior onere derivante dal ritorno in ruolo in soprannumero del personale predetto, una volta cessato l'incarico ad esso conferito. Ciò é sufficiente a far sorgere l'obbligo della previsione della copertura della maggiore spesa.

Per quanto poi riguarda l'onere dei contributi per le prestazioni previdenziali e assistenziali a carico della Regione é la stessa difesa di questa ad ammetterne il carattere certo ed attuale, quando fa riferimento ai risparmi possibili a realizzarsi in seguito ad una riorganizzazione dei servizi conseguenti ai provvedimenti da adottare: riorganizzazione che non risulta avvenuta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Trentino-Alto Adige riapprovata l'11 maggio 1971 avente ad oggetto "disposizioni in favore del personale della Regione e degli altri enti locali che presti servizio nei Paesi in via di sviluppo".

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Costantino MORTATI

Depositata in cancelleria il 1° marzo 1972.