SENTENZA N. 26
ANNO 1972
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 264, ultimo comma, e 135 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 febbraio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Lentini Baldassarre e Parisi Maria Soccorsa iscritta al n. 170 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 16 giugno 1971.
Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1971 il Giudice relatore Enzo Capalozza.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento penale a carico di Baldassarre Lentini, in istato di detenzione, per il delitto di cui al n. 3 dell'art. 8 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, essendosi l'imputato rifiutato di rendere l'interrogatorio prima di aver conferito con il proprio difensore, il giudice istruttore del tribunale di Milano, con ordinanza del 15 febbraio 1971, riteneva rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 264, ultimo comma, del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, e dell'art. 135 del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
Sulla non manifesta infondatezza della questione, il giudice istruttore osserva che l'imputato colpito da mandato di cattura e ristretto nelle carceri non ha la possibilità di conferire con il proprio legale né di predisporre una difesa tecnica prima dell'interrogatorio. E ciò a differenza di quanto avviene nel caso di contestazione del reato mediante mandato di comparizione, che concede all'imputato un congruo intervallo di tempo, e di quanto é stato recentemente stabilito dalla legge n. 932 del 1969 a favore dell'indiziato, il cui interrogatorio deve essere rinviato per consentirgli di nominare un difensore.
L'eventuale ostacolo che potrebbe derivare all'accertamento dei fatti dal colloquio del detenuto con il suo difensore prima dell'interrogatorio, non escluderebbe l'anzidetta discriminazione, specialmente nell'ipotesi d’arresto facoltativo in flagranza, che la polizia giudiziaria opera con diversità di criteri.
Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parti, né intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Il dubbio sulla costituzionalità riguarda l'art. 264, ultimo comma, del codice di procedura penale e l'art. 135 dello stesso codice, con riferimento, rispettivamente, agli articoli 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto, limitando all'imputato non detenuto la possibilità di conferire col difensore prima dell'interrogatorio, implicitamente la escludono per l'imputato in stato di carcerazione.
2. - L'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Milano parte, evidentemente, dal presupposto implicito che l'interrogatorio sia un mezzo di difesa, come questa Corte ha avuto occasione di affermare nella sentenza n. 190 del 1970 (e, in effetti, serve essenzialmente a contestare all'indiziato o all'imputato l'accusa e a prendere atto delle sue eventuali discolpe), oltreché essere una fonte di prova, da valutarsi liberamente e discrezionalmente dal giudice per il suo convincimento (il che si evince dalla testuale dizione dell'art. 304, terzo comma, cod. proc. pen. nella nuova formulazione portata dall'art. 8 legge 5 dicembre 1969, n. 932).
Orbene, non può dirsi che l'art. 135 cod. proc. pen., che subordina la concessione del colloquio col difensore professionale all'espletamento dell'interrogatorio, violi l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. E, invero, la norma costituzionale garantisce, bensì, la difesa in ogni stato e grado del procedimento, ma non postula la presenza del difensore nella continuità dell'iter processuale (vedi sentenza n. 190 del 1970 di questa Corte).
Né può parlarsi di limitazione al diritto di difesa allorquando l'interrogatorio avvenga prima del colloquio col difensore: ché, anzi, la carcerazione preventiva, prevista dalla Costituzione (artt. 13, ultimo comma, e 68, secondo comma), ha, evidentemente, tra le sue finalità, quella di evitare che l'inquisito o l'imputato distorca i fatti o inquini le prove, cioé, in definitiva, cerchi di eludere l'applicazione della proporzionata sanzione punitiva.
D'altronde, il problema sorge indifferentemente per chi sia colpito da arresto in flagranza o da fermo da parte della polizia giudiziaria o da ordine o mandato di arresto o di cattura e, altresì, per chi sia colpito da mandato d’accompagnamento e persino da mandato di comparizione, se questo lasci all'imputato solo il tempo strettamente necessario per presentarsi (come é consentito, per motivi di urgenza, nell'ultimo comma dell'art. 264 cod. proc. pen.).
3. - Appaiono, del resto, sufficienti garanzie la nomina del difensore (art. 225, terzo comma, cod. proc. pen., modificato dall'art. 3 legge 5 dicembre 1969, n. 932, e dall'art. 3 legge 18 marzo 1971, n. 62, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. 23 gennaio 1971, n. 2; art. 366, secondo comma, cod. proc. pen.; art. 390 cod. proc. pen., modificato dall'art. 9 legge n. 932 del 1969); l'avviso di procedimento (artt.78, 304 e 390 cod. proc. pen., modificati dagli artt. 1, 8 e 9 legge n. 932 del 1969); il diritto del difensore (non l'obbligo) ad essere presente all'interrogatorio (art. 304 bis cod. proc. pen., modificato dall'art. 1 legge n. 62 del 1971; vedi anche la citata sentenza di questa Corte n. 190 del 1970) e il diritto che ha il prevenuto di non rispondere all'interrogatorio stesso (il cui esercizio, come é noto, é irrilevante ai fini dell'istruzione: art. 367, secondo comma, cod. proc. pen.).
Senza dire che il difensore, nel presenziare all'interrogatorio dell'imputato, può sollecitare gli opportuni chiarimenti, sia pure per il tramite dell'inquirente.
4. - Né é invocabile l'art. 3 Cost., quanto all'art. 264, ultimo comma, cod. proc. pen. nella parte in cui soltanto per il mandato di comparizione prevede un congruo termine per la presentazione dinanzi all'inquirente (quando, però, non ricorrano motivi di urgenza), altra essendo la posizione di chi sia in istato di custodia preventiva (o di chi debba comparire illico et immediate dinanzi al giudice istruttore o al pubblico ministero o al pretore), altra di chi non lo sia: una differenza che la sua ragione d'essere nella gravità del reato (artt. 235, primo e terzo comma, 236, primo e quarto comma, 253 e 254 cod. proc. pen.), nello status personale (artt. 235, secondo comma, e 236, secondo, terzo e quarto comma, cod. proc. pen.) o nelle qualità morali del pervenuto o nelle circostanze del fatto (art. 254, ultimo comma, cod. proc. pen.) o in esigenze processuali di analoga natura.
Tutto ciò é sufficiente a ritenere priva di fondamento anche la questione di legittimità costituzionale dell'art. 264, ultimo comma, del codice di procedura penale.
5. - V'é da aggiungere che l'eventualità di una più agevole linea difensiva per chi si trova a piede libero non é che una diretta conseguenza della previsione legislativa della facoltatività dell'arresto (art. 236 cod. proc. pen.), riconosciuta costituzionalmente legittima dalla sentenza n. 1 del 1971 di questa Corte; e, del pari, della previsione della facoltatività del fermo e della cattura (artt. 238, primo comma, e 254 cod. proc. pen.).
Non é, infine, da trascurare che può tornare a vantaggio dell'arresto (o fermato o catturato) essere sottoposto subito a interrogatorio, per la pronta adozione dei provvedimenti di cui all'art. 246 e all'art. 277 e seguenti cod. proc. pen. (vedi artt. 238, quarto comma, 245 e 365, primo comma, cod. proc. pen.).
6. - Va, tuttavia, precisato che, effettuati gli interrogatori, il giudice, anche se l'imputato si sia avvalso del diritto di non rispondere, ha facoltà, in base alla norma de qua, di consentirgli di conferire col difensore. Sarebbe, infatti, assurdo che all'esercizio, da parte dell'imputato, del diritto di non rispondere si connettesse l'obbligo, per il giudice, di non concedere il colloquio prima del deposito in cancelleria degli atti e dei documenti del processo con istruzione formale (articolo 372 cod. proc. pen) o prima della notifica della richiesta di citazione a giudizio nei processi con istruzione sommaria (art. 397 in relazione all'art. 396 cod. proc. pen.) o, infine, prima della notifica della data fissata per il dibattimento pretorile, che non é preceduta da altro avviso e che può essere vicinissima alla data del dibattimento (art. 409, ultimo comma, cod. proc. pen.).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 264, ultimo comma, del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, e dell'art. 135 del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, sollevate, con l'ordinanza in epigrafe, dal giudice istruttore del tribunale di Milano.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 1972.
Giuseppe CHIARELLI - Enzo CAPALOZZA
Depositata in cancelleria il 17 febbraio 1972.