SENTENZA N. 13
ANNO 1972
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, secondo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, promosso con ordinanza emessa il 13 gennaio 1970 dal tribunale di Forlì nel procedimento penale a carico di Prati Mauro, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970.
Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1971 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa in data 13 gennaio 1970 nel corso del procedimento penale a carico di Prati Mauro, imputato di resistenza ad un pubblico ufficiale - reato commesso in occasione di un accompagnamento coattivo disposto dall'autorità di pubblica sicurezza ai sensi del secondo comma dell'art. 15 del t.u. delle leggi di p.s. - il tribunale di Forlì, in accoglimento dell'eccezione formulata dalla difesa dell'imputato, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma indicata in riferimento all'art. 13 della Costituzione.
Si osserva nell'ordinanza che l'accompagnamento per mezzo della forza pubblica dinanzi all'autorità di pubblica sicurezza di persona invitata a comparire e non presentatasi nel termine prescritto appare in contrasto col citato precetto costituzionale che subordina ogni restrizione della libertà personale ad un atto motivato dell'autorità giudiziaria ed autorizza l'autorità di pubblica sicurezza ad adottare provvedimenti provvisori in materia solo per casi eccezionali di necessità ed urgenza tassativamente indicati dalla legge; ipotesi queste dalle quali esula l'art. 15 impugnato.
Ritenuto il carattere pregiudiziale di tale questione sulla decisione il tribunale ha sospeso il giudizio ed ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale.
Non essendosi costituite le parti nel presente giudizio, la causa é stata decisa in camera di consiglio a norma dell'articolo 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Considerato in diritto
1. - L'art. 15 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, dispone nel comma primo che "chiunque, invitato dall'autorità di pubblica sicurezza a comparire davanti ad essa, non si presenti nel termine prescritto senza giustificato motivo, é punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda fino a lire quattromila". Il comma secondo stabilisce che "l'autorità di pubblica sicurezza può disporre l'accompagnamento coattivo, per mezzo della forza pubblica, della persona invitata a comparire e non presentatasi nel termine prescritto".
Il tribunale di Forlì ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del comma secondo rilevando che l'accompagnamento coattivo é misura restrittiva della libertà personale in contrasto con l'art. 13 della Costituzione il quale subordina ogni restrizione della libertà personale ad un atto motivato dell'autorità giudiziaria ed autorizza l'autorità di pubblica sicurezza ad adottare provvedimenti provvisori in materia solo per casi eccezionali di necessità ed urgenza, tassativamente indicati dalla legge.
2. - La Corte ha già avuto occasione di dichiarare non fondata, in riferimento all'art. 13 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nel primo comma del citato articolo osservando che essa "si limita a sanzionare la disobbedienza ad un ordine legittimo dell'autorità" e che "alla base della legittimità della norma c'é il dovere del cittadino di collaborare con l'autorità di polizia per la prevenzione e la repressione dei reati, per la sicurezza e la pubblica tranquillità".
Ora é evidente il rapporto di stretta relazione esistente tra la disposizione di cui al primo comma e quella contenuta nel secondo comma dell'art. 15, configurandosi quest'ultima come complementare ed integrativa della precedente. Non può infatti disconoscersi che la facoltà riconosciuta all'autorità di p.s. di ordinare l'accompagnamento di chi non ottemperi all'invito di comparizione rappresenta un mezzo indispensabile perché la pubblica sicurezza possa svolgere con efficacia ed immediatezza le indicate sue funzioni. Un invito diretto a fare acquisire all'autorità informazioni, notizie e chiarimenti, che si palesano necessari ed urgenti per l'assolvimento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica ai quali sono preposti gli organi di polizia, resterebbe privo di ogni efficacia se non fosse assistito da uno strumento coercitivo volto a consentire la presenza effettiva della persona, che, sebbene legittimamente convocata, non compare dinanzi all'autorità, né giustifica in alcun modo la sua assenza. L'accompagnamento coattivo é misura che consegue ad un comportamento omissivo della persona invitata a comparire, comportamento che chiaramente mostra la volontà del cittadino di sottrarsi al dovere di collaborare con gli organi di polizia.
3. - Posto che, per quanto innanzi si é detto, il potere di disporre l'accompagnamento coattivo é strumento necessario per l'attuazione dei fini ai quali é preordinato l'obbligo di ottemperare all'invito previsto dal primo comma dell'art. 15, ne discende la conseguenza che l'attuale questione di legittimità costituzionale deve essere decisa tenendo presenti gli interessi generali che la normativa, valutata nel suo complesso, vuol soddisfare.
Non si può dubitare, certo, che l'accompagnamento coattivo integri un'ipotesi di restrizione della libertà personale e che, pertanto, la norma denunciata sia strettamente inerente alla materia disciplinata dall'art. 13 della Costituzione. La Corte, tuttavia, ritiene che la questione sia infondata giacché nella norma impugnata é dato rinvenire i presupposti richiesti dall'art. 13 della Costituzione per il legittimo conferimento all'autorità di p.s. di poteri che incidano sulla libertà personale.
Si é già posto in evidenza che le finalità giustificatrici dell'obbligo di ottemperare all'invito sono tali da legittimare l'ordine rivolto dall'autorità di p.s. solo quando si é in presenza di ragioni che rendano necessaria ed urgente la comparizione dell'invitato. É ovvio che l'effettiva sussistenza di dette ragioni, come é condizione di legittimità dell'ordine, così é condizione di legittimità dell'accompagnamento coattivo in caso di disobbedienza a quell'ordine.
La norma stabilisce peraltro che l'accompagnamento coattivo può essere disposto solamente nel caso in cui l'interessato - senza giustificato motivo - non si presenti nel termine stabilito.
La tassativa indicazione di siffatta ipotesi vale ad escludere che l'autorità di p.s. possa esercitare il potere di cui trattasi in modo assolutamente arbitrario ed indiscriminato.
Nessun rilievo nel caso di specie può essere attribuito alla circostanza che per l'ordine di accompagnamento la norma non abbia previsto la procedura di convalida da parte della Costituzione. É evidente che tale procedura é necessaria solo quando si tratti di provvedimenti che danno luogo a restrizione duratura della libertà e, nel caso dell'accompagnamento coattivo, detta condizione non ricorre trattandosi di provvedimento che incide in modo del tutto temporaneo sulla libertà personale. In ogni caso l'interessato, sia pure a posteriori, potrà sempre provocare, coi normali rimedi giurisdizionali, una verifica, da parte dell'autorità giudiziaria, della legittimità del provvedimento adottato dall'autorità di p.s.: ed in ciò risiede la garanzia contro ogni abuso del potere a questa conferito.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma secondo, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, sollevata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 13 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1972.
Giuseppe CHIARELLI – Giovanni Battista BENEDETTI
Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1972.