SENTENZA N. 83
ANNO 1971
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 350 del codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1969 dal tribunale militare territoriale di Bari nel procedimento penale a carico di Festa Vincenzo, iscritta al n. 217 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 2 luglio 1969.
Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1971 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 7 maggio 1969 - emanata nel procedimento penale a carico di Vincenzo Festa - il tribunale militare territoriale di Bari, accogliendo un'eccezione sollevata dalla difesa dell'imputato, ha proposto, in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione, una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 350 del codice penale militare di pace.
Premesso che l'istruttoria relativa al processo de quo si é svolta col rito sommario e che, non ricorrendo le ipotesi di arresto in flagranza o di confessione, deve ritenersi che il pubblico ministero abbia scelto tale procedura "valutando evidente la prova o avvalendosi della facoltà di cui al capoverso dell'art. 350 c.p.m.p.", il tribunale, richiamata la sentenza n. 117 del 1968 di questa Corte, osserva che la disposizione impugnata conferisce all'organo requirente una insindacabile discrezionalità nella scelta del tipo di istruzione e si pone perciò in contrasto col principio del giudice naturale precostituito per legge, enunciato nell'art. 25, primo comma, della Costituzione.
2. - Innanzi a questa Corte non si é costituita la parte privata e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. La causa, pertanto, viene decisa, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, con la procedura di camera di consiglio.
Considerato in diritto
1. - L'art. 350 del codice penale militare di pace prescrive, nel primo comma, che, al di fuori dei casi nei quali in forza dell'art. 324 é obbligatoria l'istruzione formale (reati punibili con l'ergastolo o procedimenti nei quali occorra tutelare il segreto politico o militare), si proceda con istruttoria sommaria quando ricorrano le circostanze e le condizioni in presenza delle quali tale rito é previsto dall'art. 389 del codice di procedura penale; lo stesso articolo, nel secondo comma, stabilisce che in ogni altro caso il procuratore militare possa richiedere l'istruzione formale ovvero procedere in via sommaria.
Ad avviso del tribunale militare di Bari l'art. 350, a causa dell'incompatibilità fra l'insindacabile potere discrezionale concesso al pubblico ministero nella scelta del rito sommario ed il principio della precostituzione del giudice per legge, violerebbe l'art. 25, primo comma, della Costituzione. Deve essere peraltro precisato che, come risulta con certezza dalla motivazione dell'ordinanza di rimessione, il primo comma dell'art. 350 non é stato denunziato nella sua totalità, ma solo nella parte concernente il caso " in cui la prova appare evidente".
2. - In base alle considerazioni esposte da questa Corte nella sentenza n. 117 del 1968, alla quale l'attuale ordinanza esplicitamente si richiama, perché il potere del pubblico ministero di procedere con istruttoria sommaria non si ponga in contrasto col principio secondo il quale "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge " é necessario che il concreto suo esercizio possa essere oggetto di controllo giurisdizionale, volto alla verifica dell'effettiva sussistenza dei presupposti o delle condizioni che lo rendono legittimo. In questa affermazione é implicita la premessa che la legge deve fissare con sufficienti delimitazioni le ipotesi nelle quali si debba procedere col rito sommario: é evidente, infatti, che, perché la riserva di legge risulti rispettata, il solo sindacato giurisdizionale sull'uso del potere non basta, se per legge non sono predeterminati i casi nei quali questo é consentito. Ciò posto, é agevole constatare che il secondo comma dell'art. 350 c.p.m.p. non pone al potere del procuratore militare di scegliere l'istruttoria sommaria altro limite se non quello, puramente negativo, costituito dalle ipotesi per le quali l'articolo 324 prevede come obbligatoria l'istruttoria formale, e ciò fino al punto che, ove quella scelta sia stata operata, non é dato neppure di accertare (e l'accertamento sarebbe, peraltro, del tutto irrilevante) se essa si giustifichi in base alle previsioni contenute nel primo comma dell'articolo ovvero in base all'assoluta libertà di determinazione che in proposito il secondo comma lascia al procuratore militare. Di tal che é chiaro che quest'ultima disposizione contrasta con la norma costituzionale di raffronto non perché difetti la possibilità di un successivo controllo giurisdizionale (al che si potrebbe porre rimedio con una dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale analoga a quella pronunziata, a proposito dell'art. 389 c.p.p., con la sentenza n. 117 del 1968), ma perché manca addirittura ogni e qualsiasi concreta ed obiettiva delimitazione dei casi nei quali si debba procedere con istruttoria sommaria e dei casi nei quali, invece, si debba richiedere l'istruzione formale, sicché il potere conferito in proposito al procuratore militare é del tutto svincolato da quella predeterminazione delle fattispecie legali che sarebbe necessaria per il rispetto dell'articolo 25, primo comma, della Costituzione.
Il secondo comma dell'art. 350 deve essere pertanto dichiarato, nella sua totalità, costituzionalmente illegittimo.
3. - Diverso é il discorso per quanto riguarda il primo comma, che, come innanzi si é detto, é stato denunziato solo nella parte in cui esso prescrive che (fuori delle ipotesi previste dall'art. 324) si proceda con istruttoria sommaria nel caso in cui la prova appare evidente. La questione é del tutto identica a quella relativa alla corrispondente parte dell'articolo 389 c.p.p., risolta con la ricordata sentenza n. 117 del 1968: il contrasto con la norma costituzionale di raffronto dovrebbe riconoscersi solo limitatamente all'esclusione del sindacato giurisdizionale sulla effettiva sussistenza dell'evidenza della prova. Ma prima di giungere a siffatta conclusione si rende necessario verificare se, in base all'ordinamento ora vigente, tale sindacabilità non debba esser ritenuta già operante.
A questo proposito é certo che nessuna incidenza sulla perdurante rilevanza della questione può avere la sopravvenuta legge 7 novembre 1969, n. 780, che, modificando il testo dell'art. 389 c.p.p., ha previsto un particolare sistema di controllo giurisdizionale sulla scelta del rito sommario operata dal pubblico ministero. Vero é che l'art. 261 c.p.m.p. dichiara in generale applicabili ai procedimenti penali militari, salvo che la legge non disponga diversamente, le disposizioni del codice di procedura penale; ma é vero altresì che la istruttoria, alla quale il giudice a quo fa riferimento nel proporre la questione, era già stata compiuta prima dell'entrata in vigore di quella legge, e pertanto non si può neppure porre un problema di riesame della rilevanza in relazione al ius superveniens.
Sembra, invece, che una diretta influenza sul merito della questione debba essere riconosciuta alla già richiamata dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 389, terzo comma, c.p.p. "nei limiti in cui esclude la sindacabilità, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova". In conseguenza di questa pronunzia della Corte - e degli effetti che le si riconnettono in virtù dell'art. 136 della Costituzione e dell'art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione la legittimità dell'operato del pubblico ministero soggiace al controllo del giudice. E questa regola processuale, in forza del rinvio alle disposizioni del codice di procedura penale (operato, come già si e accennato, dall'art. 261 c.p.m.p.) si applica anche al procedimento penale militare.
La questione, nella parte concernente il primo comma dell'art. 350, deve essere pertanto dichiarata non fondata.
4. - In coerenza con la dichiarazione di illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 350 deve essere dichiarata, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 324, secondo comma, dello stesso codice, che stabilisce che il procuratore militare, non ricorrendo uno dei casi nei quali l'istruttoria formale é obbligatoria, può tuttavia richiederla "ai sensi del secondo comma dell'art. 350".
Val la pena di mettere in evidenza che per effetto delle dichiarazioni di illegittimità costituzionale pronunziate con la presente sentenza nessun vuoto legislativo verrà a crearsi. Vero é che nel codice penale militare di pace resteranno espressamente stabiliti solo i casi nei quali si deve procedere con istruttoria formale (art. 324, primo ed ultimo comma) e le ipotesi nelle quali, non ricorrendo alcuno dei suddetti casi e verificandosi le circostanze e le condizioni enunciate nell'art. 389 c.p.p., si deve procedere con istruttoria sommaria. Ma ciò non comporta che venga a mancare ogni regola per le fattispecie diverse da quelle esplicitamente previste dagli artt. 324 e 350 c.p.m.p. Poiché in base al già ricordato disposto dell'art. 261 il processo penale militare, salvo che sia diversamente stabilito, soggiace alle disposizioni del codice di procedura penale, l'interpretazione sistematica deve indurre alla conclusione che, ove non ricorrano le circostanze e le condizioni enunciate dall'art. 389 c.p.p. ed alle quali fa rinvio l'art. 350 c.p.m.p., il procuratore militare debba sempre richiedere l'istruttoria formale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 350, comma secondo, del codice penale militare di pace;
b) ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 324, comma secondo, dello stesso codice;
e) dichiara non fondata - nei sensi di cui in motivazione - la questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 350, primo comma, dello stesso codice, nella parte relativa al "caso in cui la prova appare evidente", sollevata dall'ordinanza indicata in epigrafe in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1971.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 26 aprile 1971.