SENTENZA N. 40
ANNO 1971
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 389, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1969 dal tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Brancaccio Luigi ed altro, iscritta al n. 441 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 del 7 gennaio 1970.
Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1970 il Giudice relatore Ercole Rocchetti.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 27 ottobre 1969 nel procedimento penale a carico di Brancaccio Luigi ed altro, il tribunale di Napoli ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 389, secondo comma, del codice di procedura penale in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione.
Secondo il giudice a quo, la norma impugnata, col disporre che il pubblico ministero debba procedere con istruttoria sommaria quando l'imputato, nell'interrogatorio, ha confessato e non appaiono necessari ulteriori atti d'istruzione, consentirebbe, che egli, operando insindacabilmente la valutazione della esistenza di tali circostanze, si renda arbitro della scelta del tipo d'istruzione e quindi dell'assegnazione o meno al giudice istruttore anche di quei processi che per l'art. 295 del codice di procedura penale apparterrebbero alla sua competenza. Il che comporterebbe la violazione del principio del giudice naturale sancito dall'art. 25, primo comma, della Costituzione.
L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.
Nel presente giudizio non vi é stata costituzione di parti e perciò la causa viene portata in camera di consiglio per la decisione, ai sensi degli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9; primo comma, delle Norme integrative.
Considerato in diritto
Il tribunale di Napoli ritiene che contrasti con il principio della precostituzione del giudice di cui all'art. 25, primo comma, della Costituzione; la disposizione dell'art. 389, secondo comma, del codice di procedura penale che fa obbligo al pubblico ministero di procedere con istruttoria sommaria quando l'imputato ha confessato e non appaiono necessari ulteriori atti d'istruzione.
Ciò perché se il p.m. può giudicare insindacabilmente sul punto che esista una confessione e che altri atti istruttori non occorrano, egli é reso in realtà arbitro di scegliere il tipo di istruzione e quindi anche di sottrarre al giudice istruttore processi che, secondo la legge, apparterrebbero alla sua competenza.
L'ordinanza in data 27 ottobre 1969 é stata emessa dal, tribunale, ovviamente in udienza, e quindi quando l'istruttoria sommaria era già stata conclusa, ed anteriormente all'entrata in vigore della legge 7 novembre 1969, n. 780, che ha modificato l'art. 389 del codice di procedura penale introducendo, sulla scelta dell'istruttoria da parte del pubblico ministero, un controllo del giudice istruttore da attuarsi su ricorso che l'imputato ha facoltà di proporre, inizialmente allo stesso pubblico ministero, entro cinque giorni dalla notifica di un ordine o di ogni altro atto da cui si ricavi la notizia certa di un procedimento a suo carico, e successivamente, in caso di reiezione, al giudice istruttore.
Nella specie, essendo l'istruttoria già conclusa, ed i termini scaduti, il procedimento previsto dalla nuova legge non trova applicazione.
La questione va quindi esaminata nei termini nei quali é stata proposta ed entro tali termini va ritenuta fondata.
Con sentenza n. 117 del 1968 la Corte ebbe a dichiarare la illegittimità costituzionale del terzo comma dello stesso art. 389, il quale dispone che il pubblico ministero debba procedere con istruttoria sommaria in ogni caso in cui la prova appare evidente. Le ragioni per le quali la illegittimità venne pronunziata si riassumono nella inaccettabilità del principio che la scelta del tipo di istruttoria, con possibile compressione delle competenze del giudice istruttore, possa essere rimessa al pubblico ministero mediante un suo giudizio, allora insindacabile, sull'evidenza della prova.
E poiché non é dubbio che le stesse ragioni ricorrono anche nella ipotesi del giudizio relativo alla esistenza della confessione e alla superfluità di ulteriori atti istruttori, che, nell'originario testo dell'art. 389, secondo comma, era egualmente sottratto a ogni controllo, ne discende che debba essere dichiarata la illegittimità costituzionale anche di tale disposizione del codice di procedura penale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 389, secondo comma, del codice di procedura penale, nei limiti in cui, nel testo anteriore alla riforma introdotta con la legge 7 novembre 1969, n. 780, esclude la sindacabilità, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sul punto che l'imputato ha confessato e non appaiono necessari ulteriori atti di istruzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1971.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 4 marzo 1971.