SENTENZA N. 79
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 159, terzo comma, del R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368 (disposizioni di attuazione del codice di procedura civile), promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1968 dal pretore di Recanati nel procedimento civile vertente tra l'erario dello Stato e Patrizi Odorico, iscritta al n. 265 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 del 29 gennaio 1969.
Udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1970 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 15 novembre 1968 nel procedimento esecutivo promosso dall'erario dello Stato contro Patrizi Odorico, il pretore di Recanati ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159, comma terzo, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368) - in forza del quale viene attribuito al Ministro di grazia e giustizia il potere di stabilire le modalità ed i controlli degli incarichi affidati agli istituti autorizzati alle vendite all'incanto dei beni mobili oggetto di pignoramento -, in riferimento all'art. 87, comma quinto, della Costituzione, nonché ai principi costituzionali che regolano le fonti di produzione normativa.
In punto di rilevanza della proposta questione il pretore osserva ch'egli é chiamato a provvedere sull'istanza di affidamento dell'incarico di vendita di un'auto pignorata in danno dell'esecutato all'Istituto vendite giudiziarie di Macerata, ma l'eventuale accoglimento dell'istanza comporterebbe di necessità l'applicazione all'esecuzione di tutte quelle modalità contenute nel regolamento per gli istituti vendite giudiziarie approvato con D.M. 20 giugno 1960, modificato dal successivo D.M. 11 gennaio 1965, decreti che sono stati emanati in forza della delega contenuta nell'art. 159, comma terzo, impugnato. Ora é evidente che se la norma censurata dovesse cadere, essa travolgerebbe il detto regolamento e spetterebbe in questo caso non più alla disciplina regolamentare ministeriale, bensì al giudice dell'esecuzione, ai sensi degli artt. 534 e 540 del codice di procedura civile stabilire le modalità e i controlli per l'esecuzione dell'incarico da affidare.
Sulla questione di costituzionalità il pretore afferma che l'attribuzione della potestà regolamentare ad un singolo ministro non appare conforme né alla lettera, né allo spirito della Costituzione, posto che l'art. 87, comma quinto, dispone che solo il Presidente della Repubblica "emana i regolamenti".
L'esclusione dei ministri dal novero delle fonti di produzione normativa troverebbe inoltre conferma nei principi fondamentali dell'ordinamento che tali fonti regolano. Basti considerare che per i regolamenti ministeriali: non é prevista la necessità di una loro pubblicazione (R.D. 24 settembre 1931, n. 1256); non risulta regolato il loro rapporto con i decreti del Presidente della Repubblica; non furono contemplati dalla legge 31 gennaio 1926, n. 100, e si sottraggono pertanto a tutto quel complesso di garanzie dettate per il potere regolamentare dell'Esecutivo e cioé la previa deliberazione del Consiglio dei ministri, il parere del Consiglio di Stato (R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 16) ed il controllo da parte della Corte dei conti. Tutto ciò dimostrerebbe che nel precedente ordinamento le singole leggi attributive di potestà regolamentare ai ministri avevano carattere eccezionale e che, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, tali leggi non possono ritenersi conformi al sistema delle fonti da questa delineato, ma si pongono in contrasto con i principi regolatori dello stato di diritto che il costituente ha riaffermato.
L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 del 29 gennaio 1969.
Nel giudizio dinanzi alla Corte nessuno si é costituito.
Considerato in diritto
1. - Il pretore di Recanati ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159, comma terzo, del R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, sulle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, rilevando che il potere regolamentare conferito da detta norma al Ministro di grazia e giustizia di stabilire modalità e controlli per l'esecuzione degli incarichi affidati agli istituti autorizzati alle vendite all'incanto é in contrasto sia con l'art. 87, comma quinto, della Costituzione, che prevede l'emanazione di regolamenti solo da parte del Presidente della Repubblica, sia con gli altri precetti costituzionali (artt. 70 a 82) che disciplinano le fonti di produzione normativa senza far menzione dei ministri. Sulla rilevanza della questione si osserva nell'ordinanza che in base alla norma impugnata sono stati emessi i regolamenti di cui ai decreti ministeriali 20 giugno 1960 e 11 gennaio 1965 contenenti disposizioni sulle esecuzioni affidate agli Istituti di vendite giudiziarie e che l'eventuale dichiarazione d'incostituzionalità della norma impugnata travolgerebbe detti regolamenti con la conseguenza che, in tal caso, spetterebbe al giudice dell'esecuzione, ai sensi degli artt. 534 e 540 c.p.c., stabilire le modalità e i controlli per l'esecuzione delle vendite giudiziarie.
La questione non é fondata.
2. - É vero che i soli regolamenti statali dei quali fa menzione la Carta costituzionale sono quelli emanati dal Presidente della Repubblica, ma da ciò non può dedursi che sia stata riservata alla competenza esclusiva del Capo dello Stato l'emanazione dei regolamenti e che quindi sarebbero illegittime, in riferimento all'art. 87, comma quinto, tutte quelle disposizioni di legge che attribuiscano tale potestà ai ministri.
É da escludere che la Costituzione, col solo cenno fattone nell'art. 87, abbia inteso regolare la materia dei regolamenti statali del potere esecutivo.
La norma contiene una semplice enunciazione delle competenze del Capo dello Stato tra le quali é compresa quella di emanare i regolamenti. Quali siano questi regolamenti e quale il procedimento che deve essere seguito per la loro formazione non é però indicato nella Costituzione dalla quale i regolamenti sono presupposti così come erano per l'innanzi disciplinati dall'ordinamento.
Dalle disposizioni contenute nell'art. 1, n. 7, del R.D. 14 novembre 1901, n. 466, e nell'art. 1, comma primo, della legge 31 gennaio 1926, n. 100, risulta che i regolamenti governativi, deliberati collegialmente dal Consiglio dei ministri previo parere del Consiglio di Stato, devono essere emanati con decreto del Capo dello Stato.
Nulla autorizza invece a ritenere che tale decreto sia richiesto anche per i regolamenti ministeriali. Se - come si ammette nella stessa ordinanza - tali regolamenti potevano essere emanati con decreto ministeriale prima dell'entrata in vigore della Costituzione non si vede perché dovrebbero essere emanati con decreto del Capo dello Stato ora che la posizione costituzionale di quest'organo é diversa da quella che aveva nel precedente ordinamento.
Deve pertanto ritenersi che una legge o un atto avente la stessa efficacia della legge formale possa attribuire ad un ministro - così come é avvenuto nel caso di specie - la potestà di emanare norme regolamentari.
3. - Leggi particolari aventi siffatto contenuto non sono neppure in contrasto con le norme costituzionali comprese nella sezione intitolata alla "formazione delle leggi" (artt. 70 a 82). La Corte ha già avuto modo di precisare in proposito che le norme in esame riguardano la funzione legislativa del Parlamento e gli atti aventi lo stesso valore giuridico della legge che possono essere emanati da altri organi dello Stato e non si riferiscono ai regolamenti che sono invece atti di normazione secondaria privi di forza di legge. Ben può, pertanto, il legislatore attribuire il carattere di fonte dell'ordinamento ad atti che per essere sforniti del valore di legge siano diversi da quelli contemplati dai citati precetti costituzionali (sentenza n. 26 del 1966).
4. - A sostegno dell'inammissibilità dei regolamenti ministeriali non giova addurre che per essi non figurano dettate le garanzie del parere del Consiglio di Stato e del controllo della Corte dei conti. Mancando una disciplina generale ed uniforme di tali regolamenti, la procedura di formazione é stabilita dalle singole leggi che autorizzano i ministri a emanarli. Queste leggi possono anche disporre che sia sentito il parere del Consiglio di Stato o di altri organi consultivi oppure - come nel presente caso - nulla stabilire al riguardo. I decreti ministeriali che approvano i regolamenti in tanto saranno poi registrati alla Corte dei conti in quanto importino spese. Tali rilievi però, pur essendo meritevoli di considerazione, nulla hanno a che vedere con la questione di costituzionalità qui in esame.
Per quanto riguarda infine la pretesa mancanza dell'obbligo di pubblicazione dei regolamenti ministeriali, la Corte osserva che, se é vero che per essi nulla é disposto nel testo unico approvato con R.D. 24 settembre 1931, n. 1256, sulla pubblicazione delle leggi e dei decreti, é altrettanto vero che l'obbligo della pubblicazione dei regolamenti, che é condizione indispensabile della loro applicabilità, risulta fissato dall'art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159, comma terzo, del R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, contenente le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 87, comma quinto, e 70 a 82 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1970.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 3 giugno 1970.