SENTENZA N. 62
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 4 del D.L.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 (istituzione della scuola popolare contro l'analfabetismo), ratificato e modificato dalla legge 16 aprile 1953, n. 326, promosso con ordinanza emessa il 22 gennaio 1969 dal pretore di Nicosia nel procedimento penale a carico di Fussone Cesare, iscritta al n. 43 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 66 del 12 marzo 1969.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1970 il Giudice relatore Angelo De Marco;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
In seguito alla denunzia di alcuni insegnanti elementari Idi Nicosia, i quali lamentavano la sussistenza di abusi é di irregolarità nella ripartizione dei corsi della scuola popolare contro l'analfabetismo, denunzia che aveva formato argomento ad un'accesa polemica sui giornali locali, il pretore di Nicosia iniziava un procedimento penale a carico del prof. Cesare Fussone. Più precisamente, il prof. Fussone veniva imputato del reato di cui all'art. 323 del codice penale, perché, "abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni di ispettore scolastico delegato provinciale per le scuole popolari e per l'educazione degli adulti, di presidente del consorzio provinciale dei patronati scolastici, di presidente del patronato scolastico di Enna, di dirigente del Centro U.N.L.A. di Pergusa, al fine di recare un danno (consistente nella mancata percezione dello stipendio, nel mancato conseguimento del punteggio utile per le varie graduatorie provinciali e per la partecipazione ai concorsi magistrali) agli insegnanti di Nicosia, segnalati dagli enti di questo ultimo comune ed al fine di procurare un contrapposto e corrispondente vantaggio agli insegnanti degli altri comuni della provincia di Enna, segnalati dagli enti di detti comuni, si adoperava affinché non venisse assegnato alcun corso agli enti di Nicosia, che ne avevano fatto richiesta".
Nel corso del procedimento, così iniziato, con ordinanza 22 gennaio 1969 il pretore di Nicosia sollevava questione di illegittimità, in riferimento agli artt. 3, 4 e 33 della Costituzione, dell'art. 4 del D.L.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 (istitutivo della scuola popolare), ratificato e modificato dall'articolo unico della legge 16 aprile 1953, n. 326, nella parte in cui prevede che, nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni, con oneri a loro totale carico o a carico dello Stato, la nomina degli insegnanti ha luogo su proposta e d'intesa con gli enti e le associazioni stessi é che l'insegnamento in seguito a tali nomine é valutato ad ogni effetto come servizio di incarico o supplenza.
La non manifesta infondatezza veniva così motivata:
a) contrasto con l'art. 3 per violazione del principio di uguaglianza, derivante dalla parificazione del servizio prestato nelle scuole gestite da enti o da privati a quello prestato nella scuola di Stato, agli effetti di ulteriori incarichi o di concorsi;
b) contrasto con l'art. 4, in quanto ben lungi dal promuovere le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro, si viola il diritto acquisito con la inclusione nella graduatoria provinciale per gli incarichi, consentendo che si prescinda dall'ordine della graduatoria stessa;
c) contrasto con l'art. 33 perché enti e privati hanno bensì diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, ma senza oneri per lo Stato.
Quanto alla rilevanza, poi, veniva affermata sotto il profilo che una pronunzia di accoglimento comporterebbe una diversa valutazione penale del fatto per effetto della eliminazione dal capo di imputazione del danno consistente nel mancato conseguimento di punteggio utile per le varie graduatorie provinciali e per la partecipazione ai concorsi magistrali.
Dopo l'adempimento delle formalità di legge, la questione viene ora sottoposta al giudizio della Corte.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con la memoria depositata il 31 marzo 1969, chiede che la questione venga dichiarata non fondata, in base alle seguenti considerazioni:
a) non sussiste violazione dell'art. 33 della Costituzione, in quanto l'intervento finanziario dello Stato, data la particolare organizzazione delle scuole popolari, non può in nessun caso assumere la natura di intervento a favore della scuola privata;
b) non sussiste violazione dell'art. 3, in quanto, per la particolare organizzazione sopra richiamata, anche le scuole gestite da enti ed associazioni assolvono compiti d'interesse statale e, quindi, é giusto che il servizio presso di esse prestato sia valutato come servizio statale;
c) non sussiste, infine, violazione dell'art. 4 perché l'eventuale abuso della potestà di designazione e di nomina "d'intesa" può rendere illegittimo e come tale annullabile in sede amministrativa o di giurisdizione amministrativa l'atto che ne sia viziato, ma non acquista rilevanza costituzionale.
Considerato in diritto
1. - Per una migliore identificazione delle questioni sottoposte all'esame della Corte é bene premettere alcuni richiami al sistema normativo nel quale trova collocamento l'articolo di legge (art. 4 del D.L.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 e successive modificazioni), la cui legittimità costituzionale é posta in dubbio con l'ordinanza di rinvio.
Come risulta dal suo titolo e dall'art. 1, con tale decreto legislativo venne istituita una scuola popolare per combattere l'analfabetismo, per completare l'istruzione elementare e per orientare all'istruzione media o professionale: scuola gratuita, diurna o serale, per giovani e adulti, da istituire presso le scuole elementari, le fabbriche, le aziende agricole, le istituzioni per emigranti, le caserme, gli ospedali, le carceri ed in ogni ambiente popolare, specie in zone rurali, in cui se ne avverta il bisogno.
Dal primo comma dell'art. 4 si desume, altresì, che fra gli scopi della istituzione di questo nuovo tipo di scuola rientra anche quello di combattere la disoccupazione intellettuale.
I corsi di tale scuola sono, poi, istituiti dal provveditore agli studi o di sua iniziativa o su richiesta di enti, associazioni o privati che dimostrino di possedere i mezzi per organizzare ed assicurare il regolare funzionamento dei corsi stessi, con l'eventuale concorso dello Stato, mentre la spesa per il personale insegnante grava, in ogni caso, su apposito capitolo del bilancio del Ministero della pubblica istruzione (artt. 3, quale risulta modificato dalla legge 16 aprile 1953, n. 326, 11 e 12).
Infine, per il contestato art. 4, quale risulta modificato dalla citata legge n. 326 del 1953:
a) l'insegnamento nei corsi della scuola popolare é affidato per incarico provvisorio, con nomina del provveditore agli studi a persone che siano fornite dei titoli richiesti per ottenere incarichi di insegnamento nelle scuole elementari e non abbiano altra occupazione retribuita;
b) l'insegnamento é valutato ad ogni effetto come servizio di incarico o supplenza;
c) nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni, la nomina ha luogo su proposta e di intesa con questi;
d) l'insegnante deve essere prescelto fra quelli compresi nella graduatoria provinciale di incarico e supplenza.
2. - Quanto sopra chiarito, in ordine logico deve essere accertato in primo luogo se sussiste il denunziato contrasto con l'art. 33 della Costituzione, secondo cui le scuole e istituti di educazione possono essere istituiti da enti e privati ma "senza oneri per lo Stato".
Dall'esame del sistema normativo sopra richiamato nelle sue linee essenziali risulta peraltro in modo evidente che la scuola popolare contro l'analfabetismo é scuola esclusivamente statale.
Evidenti esigenze funzionali, dato che istituzionalmente tale scuola deve svolgere la sua attività in qualsiasi ambiente popolare, in cui se ne manifesti il bisogno - ed é molto significativa, al riguardo, l'elencazione esemplificativa contenuta nell'art. 1 della legge - rendono, più che opportuna, necessaria l'utilizzazione di qualsiasi mezzo che appaia idoneo per la sua sempre maggiore diffusione.
L'affidamento della semplice gestione di alcuni corsi ad enti ed associazioni più vicini a quell'ambiente popolare che ne deve ritrarre i benefici e che di quell'ambiente meglio conoscono le esigenze e, nella maggior parte dei casi, per i loro fini istituzionali ne difendono e patrocinano gli interessi, costituisce, evidentemente, uno dei mezzi più efficaci agli scopi suddetti.
Ma enti, associazioni e perfino privati così utilizzati costituiscono soltanto organi o strumenti dei quali lo Stato, che tale scuola ha istituita e che la dirige, la controlla e la finanzia, si avvale per la migliore realizzazione dei fini che con la scuola stessa si é prefisso di raggiungere.
Perciò il precetto di cui al terzo comma dell'art. 33 della Costituzione é stato male invocato.
3. - Se, come si é dimostrato, anche i corsi, la cui gestione sia affidata, con finanziamento statale, ad enti ed associazioni, debbono considerarsi statali, evidentemente l'insegnamento impartito in tali corsi non può non essere valutato, ad ogni effetto, come servizio prestato nelle scuole statali.
Pertanto, il secondo comma del denunziato art. 4 del D.L.C.P.S. n. 1599 del 1947, quale risulta modificato dall'articolo unico della legge n. 326 del 1953, non contrasta con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione;
4. - Non può contestarsi che, per effetto del terzo comma del ripetuto art. 4, in forza del quale, nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni, la nomina degli insegnanti (sempre da parte del provveditore agli studi) ha luogo su proposta e di intesa con gli enti o associazioni stessi, si può derogare, nell'effettuare tale nomina, dall'ordine della graduatoria provinciale di incarico e supplenza.
Se, al riguardo, non fossero sufficientemente eloquenti le espressioni "su proposta" e "di intesa" contenute nel citato terzo comma, basterebbe ad eliminare ogni dubbio il successivo quarto comma, in forza del quale l'insegnante da nominare deve essere "prescelto" fra quelli compresi nella suddetta graduatoria.
Poiché per le nomine nelle scuole organizzate e gestite direttamente dallo Stato, attraverso i provveditorati agli studi, l'ordine della graduatoria provinciale deve, di regola, essere tassativamente osservato, l'ordinanza di rinvio ravvisa nella possibilità di deroga sopra illustrata violazione degli artt. 3 e 4 della Costituzione: infatti, da un lato porrebbe in essere una disparità di trattamento tra insegnanti da nominare per le scuole organizzate e gestite direttamente dai provveditorati agli studi e insegnanti da nominare per le scuole organizzate e gestite da enti ed associazioni; dall'altro eluderebbe, per quest'ultima categoria di insegnanti, il diritto o, quanto meno, la legittima aspettativa al collocamento loro derivanti dall'ordine di graduatoria.
Senza che occorra stabilire se l'ordine di graduatoria ponga in essere un vero e proprio diritto o una semplice legittima aspettativa alla nomina, non può certo contestarsi la potestà del legislatore di derogarvi, sempre che la deroga sia determinata da motivi funzionali e comunque razionali.
Intanto, anche per i corsi organizzati direttamente dai provveditori agli studi, pur restando fermo, in astratto, il principio della osservanza dell'ordine della graduatoria provinciale degli incarichi e supplenze, in concreto - ed ecco perché sopra si é usato l'inciso "di regola" - quel principio subisce deroghe imposte da ragioni oggettive (preferenza per gli insegnanti di sesso maschile o di sesso femminile a seconda che si tratti di scuole maschili o femminili ed assegnazione alternativa in caso di scuole miste) oppure da ragioni soggettive (limitazione posta dall'interessato nella domanda di inclusione nella graduatoria circa le sedi cui intende essere destinato o non accettazione di sede disponibile).
Può, così, legittimamente accadere che, o per mancanza di vacanze nei tipi di scuole cui può essere destinato o per mancanza di vacanze nelle sedi indicate nella domanda di incarico o supplenza, un insegnante meglio classificato nella graduatoria provinciale non consegua alcun incarico o supplenza e lo consegua, invece, altro insegnante che lo segua, anche di molti posti in quella graduatoria (può perfino verificarsi il caso limite del primo in graduatoria non occupato e dell'ultimo occupato).
Ma ben diversa si presenta la situazione per quanto attiene ai corsi affidati ad enti o associazioni.
Come sopra si é rilevato, gli enti o associazioni che si assumono il compito della organizzazione e gestione di scuole popolari costituiscono organi e strumenti dei quali lo Stato si avvale per meglio realizzare i suoi fini d'interesse pubblico in questo particolare e delicato settore della pubblica istruzione. Ma organi e strumenti che hanno, peraltro, proprie e peculiari caratteristiche ed esigenze, che si assumono il compito di organizzare ed assicurare il regolare funzionamento dei corsi loro affidati e che, per giunta, tranne la spesa per il personale insegnante, hanno a loro carico tutte le altre spese di organizzazione, di gestione e di funzionamento di detti corsi.
Di qui la necessità di un personale insegnante, che, a parte i requisiti generici di capacità, del possesso dei quali si ha la prova per il fatto stesso della inclusione nella graduatoria provinciale, possegga anche requisiti specifici di conoscenza dell'ambiente nel quale é chiamato a svolgere la sua attività e di idoneità all'insegnamento per la particolare scolaresca e del modo come si svolgono i corsi.
Necessità avvertita dal legislatore in modo tale da porre la designazione dell'insegnante non come una mera facoltà, ma come un vero e proprio obbligo per l'ente, associazione o privato che intenda ottenere l'assegnazione di un corso di scuola popolare, salvo quell'intesa con il provveditore agli studi, al quale in definitiva spetta sempre la nomina, intesa evidentemente richiesta per il controllo della capacità particolare alla quale é preordinata la designazione (art. 6, comma secondo, lett. F) della ordinanza ministeriale 8 maggio 1967, n. 8040/22/SP, pubbl. nel B.U. del Ministero della P.I. n. 19 dell'11 maggio 1967).
Non potestà arbitraria, dunque, ma semplice potestà discrezionale di scelta, informata, peraltro, a quei criteri oggettivi delle necessità funzionali di questo particolare tipo di scuola, che risultano dalle considerazioni che precedono.
Dagli stessi criteri risultano i fini ed i limiti di quella potestà, ogni deviamento dai quali implica eccesso di potere e rende la nomina, che ne sia viziata, annullabile nei modi e forme di legge.
Ci si trova, pertanto, di fronte ad una di quelle discipline differenziate per situazioni differenziate, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non violano il principio di uguaglianza.
Le stesse considerazioni valgono, dato che ammettono la legittimità, nei limiti sopra enunciati, della deroga all'ordine di graduatoria, anche a dimostrare che non sussiste nemmeno la denunziata violazione dell'art. 4 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del D.L.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, ratificato e modificato dall'articolo unico della legge 16 aprile 1953, n. 326: "Istituzione della scuola popolare contro l'analfabetismo", sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 4 e 33 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1970.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1970.