Sentenza n. 11 del 1970
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SENTENZA N. 11

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 207, terzo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 25 giugno 1968 dal giudice di sorveglianza presso il tribunale di Foggia nell'esecuzione della libertà vigilata imposta a Rendina Giovanni, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968.

Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1969 il Giudice relatore Paolo Rossi.

 

Ritenuto in fatto

 

Il giudice di sorveglianza presso il tribunale di Foggia, esaminando il fascicolo per l'esecuzione della libertà vigilata imposta per un quinquennio all'ergastolano Rendina Giovanni, ammesso alla liberazione condizionale, sollevava d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, secondo capoverso, del codice penale.

Assumeva infatti il giudice a quo che il predetto articolo dispone, nelle parti non impugnate, che gli organi giudiziari provvedono alla revoca delle misure di sicurezza quando é cessata la pericolosità sociale di coloro che vi sono sottoposti, riesaminando d'ufficio la pericolosità medesima decorso il periodo minimo di durata stabilito dalla legge per ciascuna di esse (art. 208 del codice penale), mentre la norma impugnata, attribuendo un singolare potere di revoca anticipata delle misure di sicurezza al Ministro per la giustizia, che provvederebbe, per giunta, con decreto non motivato, contrasta con l'art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione, secondo cui la libertà personale é inviolabile e non ne é ammessa restrizione se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria, nei soli casi previsti dalla legge.

L'ordinanza di remissione é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata e non vi é stata costituzione di parti in questa sede.

 

Considerato in diritto

 

La Corte costituzionale dovrebbe esaminare se il secondo capoverso dell'articolo 207 del codice penale, attribuendo il potere di revoca anticipata delle misure di sicurezza, anziché al giudice di sorveglianza, al Ministro per la giustizia, contrasti o meno con l'art. 13, primo e secondo comma, dellà Costituzione.

Secondo il giudice a quo la norma impugnata si applicherebbe anche nei confronti di soggetti ammessi alla liberazione condizionale.

Tale opinione é infondata giacché, secondo la comune interpretazione, il potere ministeriale di revoca anticipata delle misure di sicurezza non si estende all'ipotesi, tutta particolare, della libertà vigilata conseguente alla liberazione condizionale del condannato.

La dottrina più autorevole ha tratto tale conclusione dalla contrapposizione delle condizioni e dei fini cui rispettivamente assolvono, da un lato le misure di sicurezza in genere, dall'altro la libertà vigilata conseguente alla concessa liberazione condizionale.

Le misure di sicurezza sono per loro natura indeterminate nel massimo di durata, ed in relazione al principio informatore secondo cui debbono essere commisurate alla pericolosità della persona che vi é sottoposta, sono soggette, decorso un periodo minimo stabilito ex lege per ciascuna di esse, ad un continuo riesame onde adeguarle alle mutevoli condizioni personali del soggetto; sono inoltre applicate, in linea di principio, successivamente all'espiazione della pena e la legge determina particolari sanzioni in caso di trasgressione agli obblighi prescritti (art. 231 cod. pen.). Invece la libertà vigilata della persona ammessa alla liberazione condizionale comporta regole di condotta imposte per un tempo corrispondente a quello della pena residua, o fissato in un quinquennio qualora si tratti di condannati all'ergastolo. Essa non é conseguentemente prorogabile o revocabile; in caso di violazione non si applicano sanzioni altrimenti previste, bensì viene revocato il beneficio della liberazione.

Oltre che per tali cospicue differenze la dottrina é pervenuta alla contrapposizione dei due istituti, sotto il profilo che interessa, argomentando principalmente dalla circostanza che uno dei casi di revoca del beneficio della liberazione condizionale é costituito dalla trasgressione agli obblighi derivanti dalla libertà vigilata. La gravità di siffatta sanzione ed il suo intimo legame con l'istituto della liberazione condizionale hanno fatto concludere per l'impossibilità di assimilare la comune figura della libertà vigilata a quella particolare conseguente alla liberazione condizionale, che necessariamente, nel sistema legislativo vigente, deve durare tanto quanto dura il periodo della liberazione condizionale. Riconosciuta quindi oltre che l'improrogabilità anche la irrevocabilità della libertà vigilata di cui trattasi, ne consegue ulteriormente l'inapplicabilità del potere ministeriale di revoca anticipata, previsto dalla norma impugnata, al caso particolare in esame.

D'altronde lo stesso Ministro per la giustizia, in quaranta anni circa di applicazione della norma, si é costantemente adeguato alla riferita interpretazione prevalente, dalla quale anche questa Corte non ha motivo di discostarsi. Non potendo pertanto la norma impugnata trovare applicazione al caso di specie soggetto all'esame del giudice a quo, (che, fra l'altro, non ha speso la benché minima considerazione in proposito nella ordinanza di remissione), deve concludersi per l'irrilevanza della questione sollevata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, secondo capoverso, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione, dal giudice di sorveglianza presso il tribunale di Foggia, con ordinanza del 25 giugno 1968.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 28 gennaio 1970.