SENTENZA N. 7
ANNO 1969
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge riapprovata definitivamente dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige il 7 marzo 1968, concernente "Norme per l'applicazione dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e del contributo di miglioria specifica", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 5 aprile 1968, depositato in cancelleria il 9 successivo ed iscritto al n. 7 del Registro ricorsi 1968.
Visto l'atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige;
udita nell'udienza pubblica del 6 novembre 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Enrico Allorio, per la Regione Trentino-Alto Adige.
Ritenuto in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con ricorso e memoria depositati il 9 aprile e il 24 ottobre 1968, denunzia per violazione degli artt. 4 e 5 dello Statuto Trentino-Alto Adige il disegno di legge regionale definitivamente riapprovato il 7 marzo 1968 e comunicato il 21 marzo 1968.
Il provvedimento impugnato attribuisce ai Comuni la facoltà (che è obbligo per alcuni di essi) di istituire un'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili "in apparente analogia alla legge nazionale 5 marzo 1963, n. 246".
La materia, secondo il ricorso, non è di competenza della Regione, a cui manca una potestà legislativa generale in fatto di tributi, né rientra in quella che è disciplinata dall'a Statuto regionale. Questa riguarda soltanto i "contributi di miglioria in relazione ad opere pubbliche eseguite dalla Regione e dagli altri Enti pubblici regionali", cioè i contributi di miglioria specifica. Invece l'imposta sugli incrementi di valore, introdotta con la legge denunciata, non solo è diversa dal contributo di miglioria specifica, ma neanche sostituisce il contributo di miglioria generica. che pure ha assorbito: essa infatti ha propria natura e finalità; colpisce gli incrementi di valore indipendentemente dalle circostanze che li hanno determinati; non tende a rimborsare ai Comuni una parte della spesa di urbanizzazione ma vuole assicurare un cospicuo gettito d'entrata; frena la speculazione sulle aree e favorisce l'edilizia popolare.
In subordine, il ricorso denunzia, per violazione dei principi e interessi generali a cui s'informa l'ordinamento tributario dello Stato, gli artt. 32 e 33 del disegno di legge, che estendono il contributo di miglioria specifica a casi non previsti dallo Statuto; l'art. 35, che modifica la procedura contenziosa prevista del testo unico della finanza locale (14 settembre 1931, n. 1175); l'art. 38, che disciplina rapporti privati e introduce nullità di patti intesi a trasferire l'imposta; l'art. 40, che pretende recepire in parte norme del citato testo unico già vigenti nella Regione; l'art. 43, che sulla destinazione del gettito e sulla contabilità comunale contrasta coi principi della contabilità pubblica; infine l'art. 44, che abroga in parte l'analoga legge nazionale 1963, n. 246.
2. - La Regione, nelle deduzioni depositate il 24 aprile 1968, risponde che proprio nel T.U. dela finanza locale i contributi di miglioria generica e specifica costituiscono un tutto unitario: due aspetti d'una volontà normativa diretta a colpire la "rendita" derivante dallo sviluppo della comunità e dagli investimenti, specie pubblici. Perciò una loro distinzione falserebbe la portata dell'art. 4, n. 16, dello Statuto regionale: tanto più che nella legislazione precedente i Comuni e le Provincie erano facoltizzati a istituire contributi di miglioria specifica e generica e che la Regione o le sue Provincie hanno competenza in fatto di espropriazione, di viabilità, di lavori pubblici e di urbanistica, materie tutte a cui è strettamente connessa quella dei contributi di miglioria anche generica. Si conclude che l'art. 4 n. 16, in coerenza con la legislazione vigente al 1948 e diversamente da altre norme statutarie regionali, ha attribuito alla Regione la potestà esclusiva di disciplinare l'intera materia dei contributi di miglioria generica e specifica.
L'imposta sugli incrementi di valore delle aree, pur avendo un altro nome, ha la stessa struttura e la stessa funzione dei contributi di miglioria generica. Lo proverebbero: i lavori preparatori della legge nazionale n. 246 del 1963, in cui l'imposta sugli incrementi di valore è distinta dall'imposta annua sulle aree fabbricabili, questa sì, tributo nuovo di carattere patrimoniale (proposto in un primo tempo ma non introdotto); le relazioni al disegno di legge, che attribuiscono all'imposta sugli incrementi di valore "lo stesso criterio informatore del contributo di miglioria generica" di cui essa costituirebbe un perfezionamento e un completamento; il fatto che la legge nazionale 1963, n. 246, con cui si è introdotta quell'imposta, ha abrogato e sostituito la vecchia disciplina dei contributi di miglioria generica.
Quanto alle norme specificamente denunciate, esse sarebbero legittime: infatti gli artt. 32 e 33 del disegno di legge non violerebbero l'art. 4, n. 16, dello Statuto poiché i servizi pubblici e le modifiche dei piani regolatori, la cui introduzione dà luogo al contributo di miglioria specifica, rientrano nel concetto più generale di opera pubblica, a cui si riferisce la norma corrispondente della legge nazionale (art. 31), e nel concetto di attività degli Enti pubblici locali idonea a determinare gli incrementi di valore che il contributo vuole colpire; l'art. 35 modifica (in verità lievemente) la procedura contenziosa perché la competenza regionale comprende anche la disciplina relativa al contenzioso; l'art. 38 regola situazioni privatistiche discendenti ex necessario dall'applicazione della potestà legislativa attribuita alla Regione in materia tributaria; anche l'art. 40 è legittimo perché la Regione, avendo competenza in materia, può legiferare e quindi recepire norme dileggi statali; altrettanto può dirsi dell'art. 43 dato che nella disciplina dell'imposta rientra anche la destinazione dei relativi proventi, da cui deriva per essi la necessità d'una contabilizzazione distinta; infine, l'art. 44 propriamente non abroga leggi statali ma, nell'ambito della competenza ex art. 4 n. 16, disciplina la materia diversamente dalla legge statale.
La difesa della Regione conclude chiedendo la dichiarazione di infondatezza delle questioni rt. 4, n. 16, dell sollevate nel ricorso.
Nella memoria depositata il 24 ottobre 1968 essa motiva ampiamente le proprie tesi e precisa che l'imposta sull'incremento di valore ha presupposti, scopo e, a parte qualche modalità, disciplina analoghi a quelli del contributo di miglioria generica: tanto è vero che i Comuni non possono imporre contemporaneamente i due tributi, ma, semmai, devono scegliere fra i due; che dell'una e dell'altro, come risulta anche dalla storia della legislazione fino alla legge n. 246 del 1963, la causa è il formarsi d'un incremento di valore delle aree, mentre le opere pubbliche, da cui esso deriva, ne costituiscono solo l'occasione; che con essi come coi contributi di miglioria specifica si tratta sempre di colpire plusvalenze derivanti da opere o attività pubbliche (essendo puramente teorica l'ipotesi d'una espansione del nucleo cittadino indipendente da esse): che perciò l'art. 4, n. 16, dello Statuto, da interpretare con criterio sistematico e non restrittivamente, comprende una competenza regionale tutti questi tipi di tassazione.
3. - Nella discussione orale le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi.
Considerato in diritto
1. - Il testo di legge regionale riapprovato il 7 marzo 1968 e impugnato dal Presidente del Consiglio dei Ministro è diviso, come l'analoga legge statale 5 marzo 1963, n. 246, in tre titoli; di cui il primo disciplina l'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, il secondo regola il contributo di miglioria specifica, il terzo contiene disposizioni generali e transitorie relative ai due tributi.
Il primo titolo è illegittimo nella sua totalità. Infatti la Regione ha competenza legislativa sussidiaria in materia di tributi propri (art. 65 dello Statuto) e primaria nel campo dei "contributi di miglioria in relazione ad opere pubbliche" regionali (art. 4, n. 16, dello Statuto). Invece l'imposta sul plusvalore delle aree, disciplinata in quel titolo, non è un tributo proprio della Regione poiché è stata introdotta in tutto il territorio nazionale con la precedente legge dello Stato n. 246 del 1963. Né si confonde con quello previsto dall'art. 4, n. 16, dello Statuto regionale, che, in un ordinamento ove di regola la disciplina dei tributi è riservata alla legislazione statale, non può essere portato al di là di quanto dice: ed esso dà al Trentino-Alto Adige una competenza normativa che, sebbene non sia limitata ai tradizionali contributi di miglioria specifica, non va oltre la tassazione di plusvalenze derivanti da "opere pubbliche"; e le consente di imporre il contributo anche sugli incrementi di valore prodotti da opere proprie o di enti pubblici regionali, sconosciute al T.U. della finanza locale, ma non di estenderlo a plusvalenze derivanti da altre cause. L'imposta invece colpisce gli incrementi di valore indipendentemente dai fatti e dalle situazioni che li hanno determinati purché le aree "siano utilizzabili a scopo edificatorio" (art. 1 della legge 1963, n. 246): tanto è vero che, a tacere d'altro, si applica più volte, ad ogni nuova alienazione (art. 2) se vi sia, né più né meno, aumento di valore e che la si qualifica, generalmente, come imposta vera e propria.
Occorre, infine, precisare che essa, pur gravando anche su plusvalenze prodotte proprio da opere pubbliche regionali, non ha coperto nemmeno per questa parte il campo riservato alla competenza della Regione tridentina: infatti, a tacere di quanto s'è premesso, perfino il meccanismo e l'altezza delle aliquote (art. 21 della legge n. 246) svincolano l'imposta dalle cause produttive del plusvalore (cioè, in particolare, dall'eventuale opera pubblica); senza dire che la sua introduzione con legge statale non ha sottratto al Trentino-Alto Adige la potestà di legiferare sui contributi che, conservando la propria natura, colpiscano le plusvalenze derivanti da opere pubbliche regionali: così come del resto è avvenuto, per i c.d. contributi di miglioria specifica, col titolo II della stessa legge impugnata.
2. - Il titolo TI del disegno di legge regionale disciplina, analogamente alla legge statale n. 246, il contributo di miglioria specifica; perciò non può esservi dubbio che la Regione, con esso, abbia esercitato la potestà attribuitale espressamente dall'art. 4, n. 16, dello Statuto, dimodoché la denuncia del titolo preso nel suo insieme deve essere respinta.
La difesa statale impugna, tuttavia, singolarmente alcune norme che vi sono contenute: gli artt. 32, 33, 35 e 38. Ma l'art. 32 ha potuto applicare il contributo ai plusvalori dipendenti da "introduzione di pubblici servizi" perché questa richiede normalmente l'esecuzione di opere, sì che, all'epoca dello Statuto regionale, l'applicazione o l'espansione del tributo a tale ipotesi si poteva dire già avvenuta o già matura: il che prova come anche ad essa doveva riferirsi la norma attributiva di competenza della Regione (art. 4, n. 16, dello Statuto) e come questa perciò, con l'art. 32, sia rimasta nei limiti della propria potestà. Altrettanto si dica dell'art. 35, penultimo ed ultimo comma, che, a differenza dalla corrispondente norma statale, ammette il ricorso alla Giunta provinciale regolandone il contenuto e alcuni effetti; trattasi, notoriamente, di ricorso amministrativo (già previsto dal T.U. della finanza locale, art. 239) che, attenendo alla procedura di determinazione del tributo, è materia di competenza regionale. Infine l'art. 38, come la legge dello Stato, colpisce i patti tendenti a "trasferire" l'onere a persone diverse dal soggetto passivo, cioè tocca un campo che nella legislazione e nella dottrina non sconfina da quello tributario.
Illegittimo è, invece, l'art. 33 (e con esso parte del primo comma degli artt. 35 e 36) poiché estende il contributo a incrementi di valore prodotti da modifiche o scadenza di parte di piani regolatori; vale a dire da cause non confondibili coll'esecuzione di opere pubbliche, unica ipotesi prevista dalla norma attributiva di competenza regionale (cit. art. 4, n. 16, dello Statuto).
3. - Il titolo III contiene norme che disciplinano ulteriormente tanto l'imposta sul plusvalore quanto il contributo di miglioria specifica. Ne discende che sono anch'esse illegittime nella parte in cui si riferiscono alla prima e a quell'estensione del secondo di cui si è dichiarata l'incostituzionalità (contributo per incrementi prodotti da modificazioni o scadenze di piani regolatori).
Legittime sono nella parte contenente la disciplina del contributo di miglioria per singole opere pubbliche e per introduzione di servizi pubblici (art. 32 legge regionale): in particolare l'art. 40, in quanto recepisce il capo XIX del T.U. finanza locale, sfugge alla censura poiché la Regione ha ricalcato norme statali riguardanti l'accertamento e il contenzioso, attività amministrative (sentenza Corte cost. n. 6 del 1969) inerenti al tributo; neanche l'art. 43 valica i confini della competenza regionale, dato che con esso il Trentino-Alto Adige, disponendo una certa contabilizzazione e destinazione del gettito nei bilanci comunali, ha esercitato potestà legislativa propria, sull'"ordinamento dei comuni", in materia collegata alla disciplina del tributo (art. 5, n. 1, e cit. art. 4, n. 16, dello Statuto); e altrettanto deve dirsi dell'art. 44, là dove "sostituisce" le norme statali relative al contributo di miglioria qual'è configurato nel predetto art. 32: con ciò non si abroga una legge dello Stato, ma propriamente dichiara che la sua applicabilità nel territorio tridentino è cessata per effetto dell'esercizio regionale di potestà legislativa primaria (arg. ex art. 92 dello Statuto).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni del disegno di legge regionale 14 ottobre 1963, n. 3, riapprovato il 7 marzo 1968, recante norme per l'applicazione dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e del contributo di miglioria specifica:
a) artt. da 1 a 31;
b) art. 33, e, per la parte relativa a varianti, scadenze e modifiche di piani regolatori, artt. 35, primo comma, e 36, primo comma;
c) artt. da 39 a 44 nella parte in cui si riferiscono all'imposta sull'incremento di valore delle aree fabbricabili e all'estensione del tributo di miglioria ai casi previsti nel predetto art. 33.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 1969.
Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE
Deposito in cancelleria il 6 febbraio 1969.