SENTENZA N. 112
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Dott. Antonio MANCA
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 187 del R.D. 21 febbraio 1895, n. 70 (T.U. delle leggi sulle pensioni civili e militari), promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1967 dalla Corte dei conti - sezione III pensioni civili - sul ricorso di Mastrilli Stefano, iscritta al n. 124 del Registro ordinanze 1967 e pubblica nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 del 29 luglio 1967.
Udita nella camera di consiglio del 12 giugno 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli.
Ritenuto in fatto
In seguito a revoca dall'impiego, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con decreto 14 giugno 1957, liquidava all'archivista Stefano Mastrilli la pensione maturata in 23 anni di servizio, ridotta di un quarto a norma del l'art. 187 del T.U. 21 febbraio 1895, n. 70.
Contro tale provvedimento l'interessato proponeva ricorso alla Corte dei conti, e durante il giudizio eccepiva l'illegittimità costituzionale del detto articolo, richiamandosi alla sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, di questa Corte.
Nell'ordinanza 10 gennaio 1967 la Corte dei conti riteneva la questione rilevante per la definizione del giudizio, malgrado l'art. 187 fosse stato abrogato dalla legge 8 giugno 1966, n. 424, osservando che il ricorrente aveva interesse al riconoscimento del suo diritto alla pensione intera dal giorno del collocamento a riposo al giorno dell'entrata in vigore della detta legge. Riteneva inoltre non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del detto articolo, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, e rimetteva gli atti a questa Corte.
L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata.
La causa viene decisa in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative, non essendosi costituita nei termini nessuna delle parti.
Considerato in diritto
In via preliminare va osservato che la norma dell'art. 187 del R.D. 21 febbraio 1895, n. 70 (testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari) ha cessato di avere efficacia per effetto della legge 8 giugno 1966, n. 424, la quale ha abrogato le disposizioni che prevedevano la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico, a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare. Tuttavia, come esattamente ha ritenuto la ordinanza di rimessione, la questione di legittimità costituzionale é rilevante per il periodo anteriore al ripristino dei trattamenti di pensione, disposto dalla detta legge con effetto dalla sua entrata in vigore.
Nel merito la questione é fondata.
In precedenti sentenze (n. 3 del 1966; n. 78 del 1967) questa Corte, movendo dal carattere retributivo del trattamento di quiescenza spettante in conseguenza di un rapporto di lavoro e della particolare protezione di cui nel vigente ordinamento costituzionale viene fatta oggetto la retribuzione dei prestatori d'opera in ogni suo aspetto, affermò l'incompatibilità con tali principi di talune disposizioni, che collegavano alla condanna dei pubblici dipendenti a una pena detentiva comportante l'interdizione dai pubblici uffici, la perdita del diritto al trattamento economico ad essi spettante in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro.
Le stesse ragioni valgono per l'impugnato art. 187 del decreto n. 70 del 1895, il quale, disponendo la riduzione della pensione per gli impiegati destituiti, o comunque allontanati dal servizio per effetto di procedimento disciplinare, é in contrasto, come le analoghe norme dichiarate illegittime dalle ricordate sentenze, con l'art. 36 della Costituzione, che vuole assicurato ai lavoratori il trattamento conquistato attraverso la prestazione della loro attività (cit. sentenza n. 78 del 1967).
La proposta questione di legittimità costituzionale va ugualmente riconosciuta fondata in relazione all'art. 3 della Costituzione. In seguito alla legge n. 424 del 1966, e alla eliminazione delle norme dichiarate illegittime dalle menzionate sentenze di questa Corte, la sopravvivenza della norma impugnata determinerebbe una ingiustificata ineguaglianza di trattamento nelle situazioni di cessazione del rapporto di lavoro per condanna penale o provvedimento disciplinare.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 187 del R. D. 21 febbraio 1895, n. 70 (T.U. delle leggi sulle pensioni civili e militari).
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1968.
Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI
Depositata in cancelleria il 19 luglio 1968.