SENTENZA N. 51
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 16 del D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, recante concessione di amnistia e di indulto, e 16 della legge di delegazione 3 giugno 1966, n. 331, promosso con ordinanza emessa il 10 giugno 1966 dal pretore di Galatina nel procedimento penale a carico di Calabrese Antonio, iscritta al n. 155 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 10 settembre 1966.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 1 aprile 1968 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato financo Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento a carico di Calabrese Antonio, imputato del reato di lesioni colpose e di contravvenzioni al Codice della strada, il pretore di Galatina, pur considerando che i reati commessi dall'imputato l'11 ottobre 1965 rientravano nel termine di efficacia (31 gennaio 1966) previsto dall'art. 16 del D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, recante concessione di amnistia e di indulto, e dal corrispondente articolo della legge di delegazione 3 giugno 1966, n. 331, ha soprasseduto all'applicazione del provvedimento di clemenza rilevando che le citate norme contenenti il termine di efficacia sono costituzionalmente illegittime in riferimento all'art. 79, ultima parte, della Costituzione ai sensi del quale l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione.
Nel ricordare le vicende parlamentari del decreto di amnistia l'ordinanza precisa che al Senato vennero presentate tre distinte proposte: la prima in data 13 maggio 1965 del Senatore Perugini (doc. 1178); la seconda in data 29 maggio 1965 del Senatore Nencioni (doc. 1225) e la terza in data 8 marzo 1966 del Senatore Tomassini e altri - (doc. 1577).
La prima fu poi ritirata dal presentatore mentre le altre due passarono alla Commissione giustizia in sede referente.
La Commissione, accogliendo la raccomandazione del Governo di contenere in limiti rigorosi il provvedimento di clemenza, nominò una Sottocommissione per la elaborazione di un nuovo testo autorizzando i relatori a riferire in aula nel senso di non prendere in considerazione le precedenti proposte n. 1225 e 1577. In esecuzione di ciò la Sottocommissione predispose il testo sottoscritto dal Senatore Monni e da altri 15 Senatori che fu poi presentato alla Presidenza del Senato come autonomo disegno di legge (doc. n. 1654 del 5 maggio 1966). Tale disegno (che fissava l'efficacia del provvedimento di clemenza ai reati commessi fino al 31 dicembre 1965), approvato prima dalla Commissione giustizia, passò poi in aula ove venne approvato con alcuni emendamenti, tra cui quello che spostava il termine di efficacia ai reati commessi fino a tutto il giorno 31 gennaio 1966.
Ciò premesso il pretore osserva che il testo elaborato dalla Sottocommissione non é altro che un testo unificato ed emendato delle proposte n. 1225 e 1577 le quali sarebbero quindi rimaste alla base del processo di formazione della legge di delegazione n. 331 del 1966. E poiché la prima delle citate proposte porta la data del 29 maggio 1965 il termine di efficacia del provvedimento definitivo non avrebbe potuto comprendere resti commessi successivamente a tale data. Da ciò l'illegittimità costituzionale dell'art. 16 della legge di delegazione e del corrispondente articolo del decreto presidenziale di clemenza che, estendendo il termine di efficacia ai reati commessi al 31 gennaio 1966, avrebbero violato l'art. 79, ultima parte, della Costituzione che vieta espressamente di estendere l'amnistia e l'indulto ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione.
L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 10 settembre 1966.
Nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, con atto depositato in cancelleria il 28 luglio 1966.
Nell'atto d'intervento l'Avvocatura osserva che - come ha ricordato lo stesso pretore e come chiaramente emerge dai lavori preparatori - la Commissione giustizia, dopo aver deliberato di non prendere in esame le precedenti proposte, dette l'incarico ad una Sottocommissione di redigere una autonoma proposta di legge, firmata dal Senatore Monni ed altri, che fu presentata alla Presidenza del Senato il 5 maggio 1966 ed approvata in sede referente dalla Commissione giustizia nello stesso giorno. Successivamente l'Assemblea deliberò sulla stessa proposta del Senatore Monni concedendo la delega richiesta. Da ciò consegue la legittimità della data del 31 gennaio 1966 stabilita nella legge di delegazione e nel provvedimento di clemenza.
Ma a parte ciò, l'Avvocatura rileva che non é dato riferirsi alla data della proposta del Senatore Nencioni (doc. 1225 del 29 maggio 1965) come termine di efficacia dell'amnistia, in quanto a tale proposta il Nencioni implicitamente rinunciò sottoscrivendo la proposta del Senatore Monni tanto diversa dalla sua.
Chiede, pertanto, che la Corte voglia dichiarare non fondata la proposta questione di legittimità costituzionale.
Considerato in diritto
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 3 giugno 1966, n. 331, recante "Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto" e del corrispondente art. 16 del D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, in riferimento all'art. 79, comma secondo, della Costituzione, non é fondata.
L'ordinanza del pretore muove dall'erroneo presupposto che i disegni di legge che dettero luogo ai provvedimenti impegnati siano quelli del 29 maggio 1965, n. 1225, d'iniziativa del senatore Nencioni e dell'8 marzo 1966, n. 1577, d'iniziativa del senatore Tomassini e che le norme denunciate, estendendo il termine di efficacia dell'amnistia e dell'indulto ad una data (31 gennaio 1966) posteriore a quella del primo disegno, siano pertanto in contrasto con il richiamato precetto costituzionale che fa espresso divieto di applicare detti benefici ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione.
Dagli atti parlamentari risulta invece che la legge 3 giugno 1966, n. 331, trasse origine esclusivamente dal disegno di legge n. 1654 del 5 maggio 1966 elaborato da una Sottocommissione, all'uopo nominata dalla Commissione giustizia, e sottoscritto dal senatore Monni, dallo stesso Nencioni e da altri 14 senatori.
Infondato é il rilievo che quest'ultima proposta di delegazione sia un testo emendato ed unificato delle prime due. Ed invero la differenza tra le disposizioni della proposta di legge Nencioni - alla quale soltanto occorre fare riferimento ai fini della questione di legittimità costituzionale - e le disposizioni della proposta Monni é così profonda da escludere che questa possa considerarsi un testo emendato della prima.
A parte tale considerazione, dagli atti parlamentari risulta altresì che nella seduta del 5 maggio 1966 la Commissione giustizia deliberò di non prendere in considerazione le due precedenti proposte. Può perciò affermarsi che esse restarono completamente fuori dell'iter dell'esame parlamentare che, svoltosi unicamente sul disegno di legge di iniziativa del senatore Monni, condusse all'approvazione della legge di delegazione. E poiché questo disegno di legge fu comunicato alla Presidenza del Senato il 5 maggio 1966, evidente appare la legittimità del termine di efficacia dei benefici dell'amnistia e dell'indulto stabilito al 31 gennaio 1966 dalle norme impugnate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, in riferimento all'art. 79, comma secondo, della Costituzione, la questione proposta con l'ordinanza 10 giugno 1966 dal pretore di Galatina sulla legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 3 giugno 1966, n. 331, recante "Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto", e dell'art. 16 del D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, contenente " Concessione di amnistia e di indulto".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 1968.
Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI
Depositata in cancelleria il 27 maggio 1968.