Sentenza n. 37 del 1968
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SENTENZA N. 37

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 3322, promosso con ordinanza emessa il 5 maggio 1966 dal Tribunale di Bologna nei procedimenti civili riuniti vertenti tra il Comune di Comacchio, Ferné Daniele, il Demanio dello Stato e l'Ente per la colonizzazione del Delta Padano, iscritta al n. 147 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 10 settembre 1966.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Comacchio, dell'Ente Delta Padano e dell'Amministrazione del demanio dello Stato;

udita nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1968 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;

uditi l'avv. Edoardo Volterra, per il Comune di Comacchio, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franeesco Agrò, per l'Amministrazione del demanio dello Stato.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 5 maggio 1966, emessa dal Tribunale di Bologna nei tre procedimenti civili riuniti vertenti tra il Comune di Comacchio, Ferné Daniele, il Demanio dello Stato e l'Ente per la colonizzazione del Delta Padano, é stata proposta la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 3322, emanato in attuazione della legge di riforma fondiaria 21 ottobre 1950, n. 841. Con tale decreto l'Ente per la colonizzazione del Delta Padano espropriava i terreni siti nel Comune di Comacchio, denominati "Valle Testa" dei quali risultava essere enfiteuta - secondo i dati catastali - alla data del 15 novembre 1949, Ferné Daniele, mentre ne appariva nudo proprietario il Comune di Comacchio.

Dagli atti risulta quanto segue: sin dal 1797 la "Valle Testa" (la cui nuda proprietà fu prima della Repubblica francese, poi della Casa Massari ed, infine dal 1887 del Demanio dello Stato) era stata concessa in enfiteusi al Comune di Comacchio; con rogito Capecchiacci del settembre 1925 il Demanio dello Stato concedeva in enfiteusi la "Valle Testa" a Ferné Daniele e questi a sua volta esercitava il diritto di affrancazione divenendo così pieno proprietario; contro tale convenzione insorgeva giudizialmente il Comune di Comacchio ed otteneva dalla Corte di appello di Bologna una sentenza (29 agosto 1937), passata in giudicato, con la quale si accertava che esclusivo enfiteuta era il Comune e si dichiarava conseguentemente nullo il rogito Capecchiacci; nel 1940 interveniva una nuova convenzione (rogito Risso 31 maggio 1940) questa volta tra il Ferné e il Comune con la quale: il Comune, quale enfiteuta, riconosceva nel Ferné il nudo proprietario; esercitava nei confronti di quest'ultimo il diritto di affrancazione e, diventato così pieno proprietario, concedeva la "Valle Testa" in enfiteusi allo stesso Ferné.

Tale convenzione veniva però impugnata per nullità dallo stesso Comune con citazione 30 maggio 1950 con la quale, oltre al Ferné, si conveniva in giudizio anche il Demanio dello Stato per domandare l'affrancazione giudiziale dell'enfiteusi della "Valle Testa"; a sua volta il Ferné citava il Comune (citazione 27 settembre 1950) chiedendo l'affrancazione giudiziale di cui al rogito Risso.

In pendenza di tali giudizi veniva emesso il decreto presidenziale di scorporo n. 3322 del 1952 in danno del Ferné Daniele, apparente enfiteuta, decreto che veniva impugnato dal Comune di Comacchio con citazione del 22 febbraio 1954.

I tre processi civili, - cosi instauratisi tra il Comune, il Ferné, il Demanio dello Stato e l'Ente Delta Padano - venivano riuniti dal Tribunale di Bologna. Su di essi il Tribunale ha pronunciato la sentenza non definitiva 11-29 luglio 1961 (gravata di impugnazione differita da parte del solo Ente di riforma) con la quale é stata dichiarata nulla la convenzione di cui al rogito Risso rilevandosi che con essa si poneva in essere "una sostanziale subenfiteusi, nulla, come tale, a norma dell'art. 1562, ultimo comma, del Codice abrogato" ed é stato, altresì, dichiarato che alla data del 15 novembre 1949, l Comune di Comacchio era esclusivo enfiteuta dall'80 per cento della "Valle Testa".

Dopo tale sentenza il Tribunale ha disposto una consulenza tecnica con la quale ha accertato che i terreni espropriati con il D.P.R. 3322 del 1952 ricadono totalmente entro i confini indicati nei rogiti Capecchiacci e Risso. Non potendo però dichiarare la nullità di tale decreto (trattandosi di atto formalmente legislativo) e ritenendolo costituzionalmente illegittimo per aver disposto lo scorporo - in contrasto con l'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841 - di terreni che alla data del 15 novembre 1949 erano in enfiteusi di un Ente pubblico, il Tribunale, con ordinanza 5 maggio 1966, ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte.

Tale ordinanza ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 10 settembre 1966.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte tutte le parti in causa si sono costituite.

Il Ferné Daniele, rappresentato e difeso dall'avv. Enzo Veronesi, ha depositato in cancelleria brevi deduzioni costitutive in data 6 dicembre 1966, e cioè dopo che era trascorso il termine di cui all'art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.

Il Comune di Comacchio, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido Del Vecchio e Edoardo Volterra, con atto depositato il 1 agosto 1966, rileva in punto di fatto che l'Ente Delta Padano non poteva ignorare la situazione giuridica del terreni espropriati alla data del 15 novembre 1949, dato che il Comune aveva provveduto non solo a trascrivere la sua citazione per nullità del rogito Risso presso la conservatoria del registri immobiliari di Ferrara in data 2 aprile 1951 (prima cioè dell'emanazione del decreto di scorporo) ma aveva persino portato a conoscenza dell'Ente il contenuto della citazione con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario in data 21 gennaio 1952 (prima ancora che si iniziassero gli atti preliminari della procedura di stralcio).

Sulla questione di costituzionalità la difesa ricorda che questa Corte, in casi analoghi a quello in esame ha dichiarato l'incostituzionalità di decreti di esproprio emessi nei confronti di persone che non erano titolari del diritto di proprietà o di enfiteusi del terreni espropriati. Soggiunge, infine, che l'eccezione procedurale svolta dall'Ente in ordine al carattere non definitivo della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna (con la quale si riconosce al Comune la qualità di enfiteuta) é del pari già stata esaminata e respinta dalla Corte in altri giudizi riguardanti la riforma fondiaria.

L'Ente per la colonizzazione del Delta Padano, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe De Luca, nelle deduzioni depositate il 28 settembre 1966 resiste alla eccezione di incostituzionalità non per motivi di diritto ma per ragioni attinenti all'accertamento di fatto operato dal Tribunale con la sua sentenza non definitiva. L'errore in cui sarebbe incorso il Tribunale é di aver qualificato come subenfiteusi l'atto costitutivo di enfiteusi posto in essere col rogito Risso dal Comune in favore del Ferné.

A ben considerare nella convenzione Risso non si ha una subenfiteusi ma ci si trova in presenza di una enfiteusi concessa da non proprietario, una enfiteusi cioè su cosa altrui, ipotesi questa corrispondente alla fattispecie della "vendita di cosa altrui" prevista dall'art. 1478 del Codice civile Nella specie, poiché la costituzione di enfiteusi é anche una vendita in senso tecnico, deve trovare applicazione questa norma la quale comporta che se al momento del contratto la cosa concessa in enfiteusi non é di proprietà del concedente, questi é obbligato a procurarsene la proprietà e la controparte diventa enfiteuta nel momento in cui il concedente acquista la proprietà della cosa del titolare di essa. Tutto ciò, secondo la difesa, si sarebbe in effetti verificato, in quanto con atto di citazione 30 maggio 1950 il Comune ha convenuto in giudizio il Demanio al fine di ottenere l'affrancazione del canone enfiteutico. Questo giudizio non é stato ancora definito, ma é certo che l'affrancazione verrà dichiarata dal Tribunale dato che il Demanio convenuto non si é opposto alla domanda attrice. Ora é evidente che dopo l'emanazione della sentenza, gli effetti dell'affrancazione retroagiranno alla data della citazione e che da tale data si verificherà automaticamente l'effetto previsto dall'art. 1478 citato e cioè la reale costituzione di enfiteusi in favore del Ferné, il quale, fin da quella data apparirà il vero enfiteuta del terreni in questione. Risulterà con ciò al tempo stesso che alla data del 27 dicembre 1952, sotto cui veniva emesso il decreto di scorporo, il Ferné era da oltre due anni enfiteuta della "Valle Testa".

Sulla base di tali considerazioni la difesa conclude chiedendo che la Corte voglia adottare uno dei seguenti provvedimenti:

a) pronunziare sentenza di infondatezza della questione proposta decidendo nel merito la causa sulla scorta degli atti processuali relativamente all'affrancazione giudiziale chiesta dal Comune nei confronti del Demanio con citazione del 30 maggio 1950;

b) ovvero pronunciare ordinanza di restituzione degli atti al giudice a quo perché si pronunci sulla predetta domanda di affrancazione;

c) qualora poi la Corte ritenga che solo il giudice a quo sia competente a pronunziarsi sulla sussistenza dei fatti dedotti innanzi ad esso, anche se determinati per il giudizio di legittimità costituzionale, pronunciare ugualmente ordinanza di restituzione al giudice chiedendo a quest'ultimo di riesaminare la rilevanza della proposta questione previo accertamento del fatti esposti in questa sede dalla difesa dell'Ente.

L'Amministrazione del demanio dello Stato, in persona del Ministro delle finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate in cancelleria il 30 settembre 1966, pone in evidenza la circostanza che la proposta questione di legittimità costituzionale trae origine dalla sentenza non definitiva (11 - 29 luglio 1961) del Tribunale di Bologna che ha dichiarato l'inefficacia dell'affrancazione e della concessione in enfiteusi della "Valle Testa" avvenuta tra il Comune e il Ferné nel 1940 con il rogito Risso. Del carattere non definitivo di tale sentenza, che é stata gravata di impugnazione differita, l'avvocatura ritiene che la Corte debba tener conto nel caso di pronuncia di illegittimità costituzionale, usando la formula "in quanto o simili" che si adotta quando la questione di legittimità riguarda un provvedimento di legge basato su risultati non definitivamente acquisiti.

Conclude, pertanto, rimettendosi alla giustizia della Corte.

Hanno presentato memorie illustrative il Comune di Comacchio e il Demanio dello Stato.

La difesa del Comune, in una memoria depositata il 22 febbraio 1968, confuta le deduzioni dell'Ente per la colonizzazione del Delta Padano definendo in primo luogo assurdo il tentativo di trasformare una questione di illegittimità costituzionale di un atto formalmente legislativo, quale é il decreto di scorporo del Presidente della Repubblica 27 dicembre 1952, n. 3322, in un giudizio di tutt'altra natura mirante a stabilire la validità di un rogito costitutivo di subenfiteusi, questione già risolta con la sentenza 11 - 29 luglio 1961 del Tribunale di Bologna. Giustamente il Tribunale ha ravvisato in tale convenzione una subenfiteusi, viziata da nullità assoluta ai sensi dell'art. 1562 del vecchio codice civile, e assolutamente inapplicabile al caso in esame é l'art. 1478 del Codice civile relativo alla vendita di cosa altrui posto che non esiste alcuna disposizione che faccia obbligo all'enfiteuta, che ha posto in essere una subenfiteusi, di procurarsi la proprietà del fondo e di costituire in tale sua acquisita qualità di proprietario, l'enfiteusi al subenfiteuta. La strana costruzione giuridica dell'Ente di riforma sarebbe peraltro inutile poiché lo stesso Ente stabilisce al 30 maggio 1950 il preteso acquisto - in realtà non ancora verificatosi - del dominio diretto da parte del Comune di Comacchio e quindi in una data posteriore al 15 novembre 1949 cui occorre aver riguardo ai fini dell'applicazione della legge stralcio.

La difesa del Comune insiste pertanto per la illegittimità costituzionale del decreto impugnato.

L'Avvocatura dello Stato in una memoria depositata il 24 febbraio 1968 svolge alcune considerazioni sul ricorrente fenomeno delle sentenze non definitive del giudice a quo, che si pretendono condizionanti l'emananda pronuncia della Corte costituzionale, risolvendo esse stesse il problema di legittimità.

In un giudizio come l'attuale l'attività della Corte verrebbe a limitarsi a prendere atto di certi risultati assunti per acquisiti dal giudice a quo e a tradurli in una pronuncia che, per ragioni di attribuzioni, il giudice ordinario non può emettere. Ciò non sembra all'Avvocatura ammissibile. La questione dell'affranco dell'enfiteusi avrebbe dovuto formare oggetto dell'ordinanza di rimessione e il giudice avrebbe dovuto manifestare, sempre nell'ordinanza, il proprio convincimento sulla non manifesta infondatezza della questione. Il Tribunale ha invece risolto la questione con sentenza, ma la pretesa di condizionare in tal modo il giudizio di legittimità costituzionale deve ritenersi infondata.

L'Avvocatura, a modifica delle conclusioni già prese, chiede pertanto che la Corte voglia dichiarare infondata o - in subordine - irrilevante, quanto meno allo stato degli atti, la questione di illegittimità costituzionale ed, in estrema ipotesi, che venga disposta la restituzione degli atti al tribunale di Bologna, per un nuovo esame della rilevanza della questione al luce delle deduzioni svolte dall'Ente Delta Padano.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione rimessa al giudizio della Corte dal Tribunale di Bologna é di stabilire se sia costituzionalmente illegittimo, per eccesso dai limiti della delega contenuta nell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione, il D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 3322, in quanto avrebbe sottoposto ad espropriazione in favore dell'Ente per la colonizzazione del Delta Padano i terreni della "Valle Testa" dei quali risultava apparentemente essere enfiteuta alla data del 15 novembre 1949, secondo le indicazioni catastali, il soggetto privato, Ferné Daniele, ma che in effetti appartenevano allo stesso titolo e alla medesima data ad un ente pubblico e precisamente al Comune di Comacchio. L'accertamento della reale titolarità del diritto enfiteutico ricadente sui terreni espropriati, indispensabile ai fini della soluzione della questione di costituzionalità, é stato compiuto dallo stesso Tribunale con la sentenza non definitiva 11 - 29 luglio 1961, gravata di impugnazione differita da parte del solo Ente di riforma. Con tale sentenza infatti dopo avere dichiarato la nullità della convenzione di cui al rogito Risso del 31 maggio 1940 contenente la cessione in enfiteusi della "Valle Testa" dal Comune di Comacchio in favore del Ferné - in base al rilievo che la convenzione poneva in essere una sostanziale subenfitousi in quanto il concedente era a sua volta enfiteuta della "Valle Testa" la cui nuda proprietà apparteneva al Demanio dello Stato - il Tribunale ha altresì dichiarato che alla data del 15 novembre 1949 enfiteuta esclusivo del terreni in questione era il Comune di Comacchio.

Sostiene in questa sede la difesa dell'Ente l'erroneità dell'accertamento compiuto dal Tribunale e chiede, in via principale, che la Corte, sulla scorta degli atti processuali, voglia direttamente statuire in modo definitivo su tutte le questioni che sono connesse e che condizionano il giudizio di legittimità costituzionale. Tale tesi però non può essere accolta in quanto le questioni di cui trattasi, che attengono nella specie al giudizio di rilevanza di esclusiva competenza del giudice a quo, sono state esaminate e risolte con la sentenza non definitiva del 1961.

Né d'altra parte la riserva di appello potrebbe giustificare la restituzione degli atti al Tribunale perché sulle questioni decise con la citata sentenza si formi la cosa giudicata. La pronuncia della Corte é indipendente dallo svolgimento del giudizio principale e la formula "in quanto", costantemente adoperata nelle sentenze di specie, fa salva la possibilità che, nel prosieguo del giudizio di merito o nei successivi gradi, possa giungersi ad una differente pronuncia sulle questioni di fatto e di diritto che rappresentano il presupposto del sindacato di costituzionalità.

2. - Il giudizio della Corte sul decreto impugnato deve quindi muovere dalla sentenza del 1961. E la soluzione della questione sollevata con la successiva ordinanza di rimessione - conformemente a casi analoghi già decisi - é quella della illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 3322 del 1952 sia perché per l'art. 4, commi secondo e quarto, della legge stralcio possono formare oggetto di esproprio per la riforma fondiaria soltanto terreni in proprietà o enfiteusi di privati e non anche beni appartenenti agli stessi titoli ad enti pubblici; sia perché nel contrasto tra intestazioni catastali e prova giuridica del diritto, quest'ultima deve prevalere come decisiva.

Nel caso in esame, come risulta dagli atti di causa, gli organi amministrativi preposti alla riforma fondiaria hanno eseguito lo scorporo basandosi unicamente sulle indicazioni catastali che, alla data del 15 novembre 1949, facevano apparire il Ferné enfiteuta della "Valle Testa" in forza dell'atto del notar Risso del 1940. E l'esproprio é avvenuto nonostante l'Ente fosse stato informato, con opportune notificazioni da parte del Comune, e prima ancora dell'emanazione del decreto di scorporo, della pendenza di giudizi, instaurati contro il

Ferné, miranti ad ottenere la dichiarazione giudiziale di nullità di quella convenzione che lo faceva apparire enfiteuta in catasto, convenzione che veniva in prosieguo dichiarata nulla con effetto retroattivo dal Tribunale con la richiamata sentenza.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 3322, in quanto ha incluso nell'espropriazione i terreni della "Valle Testa" sui quali il soggetto privato espropriato non aveva il diritto enfiteutico risultante dai dati catastali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1968.

 

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 26 aprile 1968.