SENTENZA N. 20
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 545, quarto comma, del Codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1967 dal pretore di Brescia nel procedimento civile vertente tra Saottini Giacomo e Pastacaldi Attilio, iscritta al n. 121 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 del 29 luglio 1967. Udita nella camera di consiglio del 29 febbraio 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Branca.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento civile proposto dal sig. Giacomo Saottini nei confronti del suo debitore sig. Attilio Pastacaldi il pretore di Brescia sollevava d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 545, comma quarto, del codice di procedura civile in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La relativa ordinanza, emessa il 24 maggio 1967, é stata ritualmente notificata e pubblicata.
L'art. 545, comma quarto, del Codice di procedura civile stabilisce che le retribuzioni dovute in virtù di rapporto di lavoro privato sono pignorabili da terzi creditori nella misura d'un quinto. Secondo il pretore di Brescia questa norma violerebbe il principio d'eguaglianza. Infatti la pignorabilità di solo un quinto dell'ammontare attua una adeguata tutela del percettori di alti stipendi; ma colpirebbe profondamente coloro i quali hanno "una bassa retribuzione appena sufficiente a soddisfare quelle necessità immediate di vita che devono ritenersi, secondo la norma in questione, prevalenti rispetto all'interesse del creditori": e sono proprio loro ad essere più frequentemente esposti, per le scarse risorse economiche, ad azioni esecutive ex art. 545 del Codice di procedura civile.
Considerato in diritto
É stato denunciato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, il quarto comma dell'art. 545 del Codice di procedura civile, che consente il pignoramento d'un quinto della retribuzione dovuta a un lavoratore da privati. Con ciò si vorrebbero a "parificare" ingiustamente i lavoratori meno retribuiti a tutti gli altri e non si terrebbe conto delle "disuguaglianze economiche e sociali" che distinguono i primi dai secondi.
La questione é infondata.
La norma impugnata limita ad un quinto l'ammontare della retribuzione che può essere aggredita da terzi per crediti insoddisfatti: ha per scopo il contemperamento dell'interesse del creditore con quello del debitore che percepisca, da un privato, uno stipendio o un salario.
Poiché il primo non può essere sacrificato totalmente, quali che siano le condizioni economiche del secondo, la legge ha fissato una percentuale che é la stessa per tutti i salariati e gli impiegati.
Certo la privazione d'una parte del salario é un sacrificio che può essere molto gravoso per il lavoratore scarsamente retribuito; ma il legislatore se ne é dato carico contenendo in limiti angusti la somma pignorabile e attenendosi a un principio d'eguaglianza: chi ha una retribuzione più bassa, infatti, é colpito in misura proporzionalmente minore. Perciò non é vero che siano state "parificate" situazioni diverse, né si può ritenere arbitraria la norma impugnata sol perché non ha escluso gli stipendi e i salari più esigui. Esigui o non esigui, la legge ha ritenuto che tutti siano suscettibili di pignoramento, ma entro certi limiti; per la determinazione dei quali essa poteva adottare il criterio della proporzionalità rispetto alla misura della retribuzione o quella della progressività: criteri fondati, il primo, su elementi obiettivi, il secondo su valutazioni subiettive e teoricamente razionali ambedue, anche negli insegnamenti della scienza economica. La scelta dell'uno piuttosto che dell'altro rientrava pertanto nel potere, costituzionalmente insindacabile, del legislatore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 545, comma quarto, del Codice di procedura civile, proposta in riferimento all'art. 3 della Costituzione dal pretore di Brescia con l'ordinanza 24 maggio 1967.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1968.
Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI
Depositata in cancelleria il 28 marzo 1968.