SENTENZA N. 19
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1425, promosso con ordinanza emessa il 12 marzo 1966 dal Tribunale di Cosenza nel procedimento civile vertente tra Di Francia Alfonsina ed altri e l'Opera per la valorizzazione della Sila, iscritta al n. 104 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 175 del 16 luglio 1966.
Visti gli atti di costituzione di Di Francia Alfonsina, Esterina e Francesco e dell'Opera per la valorizzazione della Sila;
udita nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1968 la relazione del Giudice Enzo Capalozza;
uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per i Di Francia, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per l'Opera Sila.
Ritenuto in fatto
Con decreto del Presidente della Repubblica del 18 dicembre 1951, n. 1425, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (supplemento ordinario n. 299 del 31 dicembre dello stesso anno), vennero espropriati in danno del signori Alfonsina, Esterina e Francesco Di Francia e trasferiti in proprietà dell'Opera per la valorizzazione della Sila, terreni per una superficie di ettari 319, 48, 20, siti in contrada Spineto dell'agro di Aprigliano.
Nel corso del giudizio promosso dinanzi al Tribunale di Cosenza con citazione 1 febbraio 1965, diretto ad ottenere la restituzione del terreni, i Di Francia sollevavano la questione di legittimità costituzionale del citato decreto di esproprio, sotto il profilo che in esso decreto si era fatto riferimento alle risultanze del nuovo catasto entrato in conservazione nella zona il 1 agosto 1953, anziché alle risultanze in atto alla data del 15 novembre 1949.
Costituitosi il contraddittorio, l'Opera per la valorizzazione della Sila, resistendo alla domanda, deduceva che gli attori non avevano mai lamentato il mancato rispetto del limite di trecento ettari posto dall'art. 2 della legge 12 maggio 1950, n. 230 (c.d. "legge Sila"). Sul mancato riferimento nel decreto di esproprio alle risultanze del catasto in atto alla data del 15 novembre 1949, l'Ente convenuto osservava che la legge n. 230 del 1950 (c.d. "legge Sila"), a differenza della successiva legge 21 ottobre 1950, n. 841 (c.d. "legge stralcio"), non richiede alcun riferimento alle risultanze catastali e che, pertanto, per determinare la quota di scorporo ai sensi della legge de qua, si deve fare riferimento unicamente alla consistenza patrimoniale effettiva. A giudizio dell'Ente convenuto, una conferma della sua tesi si trarrebbe dall'ordinanza n. 173 del 23 dicembre 1963 con la quale questa Corte, in una controversia in tema di riforma fondiaria, nella quale era parte la stessa Opera per la valorizzazione della Sila, per giudicare della legittimità del decreto di esproprio in relazione alla quota espropriata, rinviava gli atti al giudice a quo perché fosse accertata l'effettiva consistenza del terreni, senza tener conto delle risultanze né del vecchio né del nuovo catasto.
Il Tribunale di Cosenza con ordinanza del 12 marzo 1966 rimetteva a questa Corte la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione, del suindicato decreto di esproprio per il mancato riferimento alle risultanze del catasto in conservazione alla data del 15 novembre 1949.
Sulla non manifesta infondatezza della questione osserva il Tribunale che, per quanto sia esatto il rilievo dell'Ente convenuto che gli attori non hanno mai lamentato la violazione del limite di trecento ettari, é nondimeno incontestato che il piano ed il decreto di esproprio hanno tenuto conto del dati catastali non ancora attivati nella zona alla data del 15 novembre 1949, mentre il riferimento ai dati catastali in vigore a tale data, nel sistema della legislazione della riforma fondiaria, é requisito di natura procedurale essenziale per la legittimità dei decreti di scorporo, requisito che, sebbene prescritto esplicitamente soltanto per la c.d. "legge stralcio" (legge n. 841 del 1950), varrebbe anche per la c.d. "legge Sila". Di qui l'incostituzionalità del denunziato decreto di esproprio per eccesso di delega, indipendentemente dalla circostanza che, in concreto, sia stato violato o meno il limite di trecento ettari.
L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 16 luglio 1966.
Nei termini di legge si sono costituiti nel presente giudizio i signori Di Francia e l'Opera per la valorizzazione della Sila, difesa dall'Avvocatura generale dello Stato.
La difesa degli espropriati chiede che sia dichiarata l'illegittimità del decreto di esproprio, sostenendo che anche per le espropriazioni disposte ai sensi della c.d. "legge Sila", la quota di scorporo sia determinata sulla base delle risultanze catastali in atto alla data del 15 novembre 1949; ed al riguardo deduce che in entrambe le leggi di riforma si é adottato tale criterio formale e si é scartato quello fondato sulle effettive misurazioni del terreni, a motivo delle lungaggini e delle difficoltà cui avrebbero dato luogo; e aggiunge che, essendo stata accertata la violazione del criterio accolto dal legislatore, si era, nel giudizio di merito, ritenuto superfluo accertare se, in concreto, fosse stato rispettato il limite di trecento ettari per ciascuno degli espropriati, ma che, in effetti, per taluno di essi, tale limite é stato violato.
L'Avvocatura generale dello Stato chiede, invece, che la questione sia dichiarata infondata, e ripropone anche in questa sede gli argomenti già addotti in tal senso, dall'Opera, nel giudizio di merito.
Entrambe le parti hanno presentato nei termini brevi memorie illustrative a conforto delle rispettive conclusioni. La difesa delle parti private sottolinea, tra l'altro, che la tesi dell'Ente di riforma, secondo cui dovrebbe farsi riferimento alle effettive estensioni del terreni, é contraddetta dallo stesso provvedimento denunziato che si riferisce invece ai dati del nuovo catasto e pertanto ad un criterio formale e non effettivo; e contesta la tesi, data per pacifica dall'Ente di riforma, secondo la quale non sarebbe stato violato il limite di trecento ettari, deducendo che il relativo accertamento dovrà, occorrendo, essere compiuto dal giudice di merito. L'Avvocatura insiste invece nel sostenere che non v'é questione fra le parti sul rispetto del suddetto limite alla cui tutela sarebbero predisposte tutte le garanzie previste dalla c.d. "legge Sila" circa l'estensione del suolo da espropriare, e deduce che l'avere gli espropriati ripiegato sull'assunto della violazione del limite suddetto é un indice della debolezza delle loro argomentazioni difensive.
All'udienza di trattazione i difensori delle parti hanno insistito nelle rispettive tesi e conclusioni.
Considerato in diritto
Il D.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1425, emanato in applicazione della legge 12 maggio 1950, n. 230 (c.d. "legge Sila"), viene denunziato a questa Corte per il solo fatto d; non essersi riferito alle risultanze del catasto in conservazione nella zona alla data del 15 novembre 1949. Non si deduce, nell'ordinanza di rinvio, la violazione del limite del trecento ettari né si lamenta che non sia stata tenuta presente la consistenza terriera effettiva degli espropriati alla data sopra indicata.
La questione é infondata.
La "legge Sila", nell'assoggettare ad espropriazione i terreni di proprietà privata, suscettibili di trasformazione, ha adottato, come criterio determinante, quello della loro appartenenza a persone o società che "al 15 novembre 1949 avevano più di trecento ettari", e non quello basato su un riferimento a dati catastali, a motivo dell'uniformità del terreni e della vetustà del catasto nel territorio considerato (cfr. Relazione al Senato del Ministro proponente, doc. n. 744). Consegue da ciò che, nel sistema della "legge Sila", le proprietà soggette ad espropriazione, in quanto superiori al limite sopra indicato, non possono essere determinate se non sulla base della consistenza terriera effettiva degli espropriandi alla data del 15 novembre 1949, a prescindere da qualsiasi riferimento a risultanze catastali. L'adozione di questo diverso criterio di espropriazione, riferito immediatamente alla superficie del terreni da espropriare, dà anche ragione della differente disciplina seguita nelle due leggi di riforma fondiaria per determinare la proprietà esente dallo scorporo, che, nel sistema della "legge Sila", deve essere individuata con esclusivo riferimento alla sua superficie effettiva, anziché sulla base del reddito dominicale, quale risulta dalle tavole catastali, secondo il sistema seguito, invece, dalla legge 21 ottobre 1950, n. 841 (c.d. "legge stralcio").
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione proposta dal Tribunale di Cosenza con ordinanza 12 marzo 1966 sulla legittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1425, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1968.
Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI
Depositata in cancelleria il 28 marzo 1968.