Sentenza n. 112 del 1967
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SENTENZA N. 112

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 436 della Tariffa civile approvata con R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700, 34 del D. M. 28 giugno 1866 ed 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1966 dal Tribunale di Varese sul ricorso del Procuratore della Repubblica di Varese per interdizione di Baù Daniele, iscritta al n. 105 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 23 luglio 1966.

Udita nella camera di consiglio del 1 giugno 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso del 29 marzo 1965, il Procuratore della Repubblica di Varese promoveva giudizio d'interdizione contro Baù Daniele, e nel corso della istruttoria chiedeva che fosse disposta consulenza tecnica al fine di accertare lo stato di mente dell'interdicendo. Espletata la perizia, e procedutosi alla liquidazione degli onorari al perito, la somma allo stesso spettante veniva prenotata al campione civile, ma non anticipata dall'Erario. Dopo le conclusioni delle parti e la rimessione della causa al Tribunale, questo, con ordinanza del 21 gennaio 1966, ha sollevato di ufficio la questione di legittimità costituzionale degli artt. 436 della Tariffa civile approvata con R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700, 34 del D. M. 28 giugno 1866 ed 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 23 luglio 1966. Nel giudizio dinanzi questa Corte non vi é stata costituzione di parti, onde la questione é stata discussa in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal P. M., gli onorari del consulente tecnico vengono annotati a debito nel campione civile, ma non anticipati dall'Erario, il quale corrisponde soltanto le spese di viaggio, di soggiorno e le eventuali spese sostenute nel procedere alla perizia. Nel caso in cui la domanda attrice venga rigettata, il consulente non può ripetere gli onorari, non essendo ammissibile - per costante giurisprudenza - che il P.M. venga condannato al pagamento delle spese processuali. Rilevando che, al contrario, in materia penale l'Erario anticipa al perito spese ed onorari a norma dell'art. 1, primo comma n. 2, e dell'art. 3 del R.D. 23 dicembre 1865, n. 2701, l'ordinanza di rimessione ritiene violati gli artt. 3 e 36 della Costituzione, ed impugna pertanto l'art. 436 del R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700 (che approva la tariffa per gli atti giudiziari in materia civile) e l'art. 34 del D. M. 28 giugno 1866, che ritiene sostituito dall'art. 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282 (legge sul gratuito patrocinio).

2. - La Corte osserva che l'art. 436 della Tariffa civile é stato interpretato ed applicato in modo da dare luogo alla violazione dei suindicati precetti costituzionali.

La distinzione fra le spese vive e gli onorari del perito, anticipate le prime e gli altri non, prevista per le cause civili interessanti le persone ammesse al gratuito patrocinio, viene espressamente disciplinata dalla legge sul gratuito patrocinio (art. 6 del R.D. 21 novembre 1865, n. 2627, sostituito dall'art. 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282). E l'art. 34 del D. M. 28 giugno 1866, contenente istruzioni per l'esecuzione della tariffa in materia civile, riassume sostanzialmente tale disciplina, secondo la quale, nelle cause dei poveri, gli ufficiali pubblici, i notai ed i periti debbono prestare la loro opera gratuitamente, salva la ripetizione degli onorari dalla parte condannata nelle spese, ed anche dalla stessa parte ammessa al gratuito patrocinio qualora venga a cessare lo stato di povertà.

L'estensione di queste norme ai giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal P. M. é derivata dalla interpretazione dell'art. 436 della Tariffa civile che é la sola norma di legge che tratta delle spese nei suindicati giudizi, e che, pur non facendo cenno delle anticipazioni degli onorari spettanti ai periti, dispone che la nota delle spese annotate nel campione civile "sarà dettagliata come quella delle cause dei poveri". Dal che l'art. 39 dello stesso D. M. 28 giugno 1866 - quello che il giudice a quo avrebbe dovuto menzionare al posto dell'art. 34 - ha potuto dedurre che le medesime norme delle cause civili interessanti le persone ammesse al gratuito patrocinio sono applicabili ai giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal P.M.

3. - Evidente appare la violazione del principio di eguaglianza, non risultando giustificata la destinazione operata fra processo penale e processo civile, allorquando il P.M., esercitando in entrambi i casi il diritto di azione nel pubblico interesse, richiede l'opera di un ausiliare. Il P.M. che promuove l'azione civile per la tutela degli interessi delle persone incapaci, e cioè di quegli stessi interessi che sono tutelati dalla legge, esercita una funzione non dissimile da quella penale. Ne deriva una identità di posizione - avvalorata altresì dagli argomenti addetti dalla giurisprudenza a sostegno della tesi che il P.M. non può essere condannato al pagamento delle spese in caso di soccombenza -, la quale non consente discriminazioni, per quanto attiene alla anticipazione di onorari, tra gli ausiliari la cui opera viene richiesta da un identico organo.

4. - In ordine alla violazione dell'art. 36 della Costituzione, che peraltro va esaminata anche in riferimento all'art. 35, va osservato che le ragioni addotte per giustificare la prestazione gratuita del professionista in quelle cause civili, nelle quali é evidente l'interesse pubblico di fornire ai non abbienti i mezzi necessari per far valere il loro buon diritto e di assicurare quindi il retto funzionamento della giustizia nei confronti di ricchi e di poveri, non sussistono nei giudizi civili promossi dal P. M., il quale - avendo nel processo la qualità di soggetto che agisce per l'attuazione della legge - può disporre di tutti i mezzi che l'Erario ha il dovere di approntare per il buon funzionamento della giustizia. Appare certo che, nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal P.M., l'imposizione di una prestazione gratuita al libero professionista sacrifica - senza apprezzabili motivi - la tutela del lavoratore nel suo diritto alla retribuzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 436 del R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700 (che approva la tariffa per gli atti giudiziari in materia civile), nei limiti in cui non prevede l'anticipazione da parte dell'Erario degli onorari spettanti al consulente tecnico e ad altri ausiliari del giudice nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal P.M.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1967.

 

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA -  Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO -  Luigi OGGIONI

 

 

 

 

 

Depositata in cancelleria il 12 luglio 1967.