SENTENZA N. 76
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma settimo, del R.D. 16 novembre 1939, n. 2229, recante norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio, promosso con ordinanza emessa il 24 febbraio 1966 dal Pretore di Massa nel procedimento civile vertente tra Rossari Gaudenzio e Giorgi Ugo, iscritta al n. 73 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 118 del 14 maggio 1966.
Visti gli atti di costituzione di Rossari Gaudenzio e di Giorgi Ugo;
udita nell'udienza pubblica del 31 maggio 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli.
Ritenuto in fatto
Con atto 19 gennaio 1965 l'ing. Ugo Giorgi, premesso di essere stato incaricato da un decreto del Prefetto di Massa e Carrara, in base all'art. 4 del decreto - legge 16 novembre 1939, n. 2229, di sottoporre a controllo le opere in cemento armato da eseguirsi dalla impresa Gaudenzio Rossari per la costruzione di un immobile, proponeva ricorso al Pretore di Massa, assumendo che per le prestazioni professionali eseguite gli era dovuta la somma di lire 47.661, come specificato da notula recante il parere dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Massa e Carrara; essendogli già state corrisposte lire 16.000, chiedeva decreto ingiuntivo per la somma residua. Il Pretore, in data 20 gennaio 1965, emetteva il richiesto decreto.
Il Rossari proponeva opposizione, affermando di nulla dovere, avendo già versato la cifra che era stata stabilita dal decreto prefettizio; il Giorgi chiedeva il rigetto dell'opposizione.
Nel corso del giudizio il Rossari sollevava eccezione di illegittimità costituzionale del citato art. 4, comma settimo, del D. L. n. 2229 del 1939, per contrasto con l'art. 23 della Costituzione, in quanto, dovendosi considerare il compenso dell'ingegnere-ispettore, posto a carico del costruttore, come una specie di tassa, il detto art. 4, col rinviare alla tariffa professionale, non indica criteri precisi per la sua delimitazione.
Il Pretore, ritenuta la questione non manifestamente infondata, la rimetteva a questa Corte, con ordinanza 24 febbraio 1966, regolarmente notificata e comunicata.
Si osserva nell'ordinanza che l'opera svolta, nella specie, dall'ingegnere incaricato dell'ispezione é assimilabile a quella del collaudatore, prevista dall'art. 5, lett. h, della tariffa professionale, approvata con legge 2 marzo 1949, n. 143; ma poiché, secondo tale articolo, gli onorari dovuti per i collaudi delle strutture complessive in cemento armato sono stabiliti a discrezione del professionista, mancano criteri adeguati per delimitare la discrezionalità dell'ente impositore, che nella specie non sarebbe neanche la pubblica Amministrazione, ma il libero professionista. L'ordinanza afferma inoltre che il R.D. 16 novembre 1939, n. 2229, può essere ritenuto atto avente forza di legge per effetto della delega contenuta nell'art. 18 del R.D.L. 25 giugno 1937, n. 1114. É pertanto proposta la questione di legittimità costituzionale del più volte citato art. 4, con riferimento all'art. 5 della legge 2 marzo 1949, n. 143, in relazione all'art. 23 della Costituzione.
Nel presente giudizio si sono costituite entrambe le parti: il Rossari rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Andreani; il Giorgi, dall'avv. Aldo Cenci Campani.
Nelle deduzioni 17 marzo 1966, con cui si é costituito il Rossari, si deduce che l'obbligo del costruttore di sottoporre le opere a visite di controllo dà luogo a un rapporto di diritto pubblico, in cui la pubblica Amministrazione agisce nella sua potestà d'imperio a tutela dell'incolumità pubblica. La somma che il privato deve pagare all'ingegnere - ispettore ha quindi la natura di un tributo, e rientra precisamente nella categoria delle tasse obbligatorie per l'esercizio di una determinata attività. La norma dell'art. 4, comma 7, del citato decreto n. 2229, deve essere considerata una norma in bianco, in quanto rimanda alle tariffe professionali, e poiché queste, per le prestazioni di cui trattasi, stabiliscono una retribuzione a discrezione, si ha violazione dell'art. 23 della Costituzione, in quanto non sono indicati i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'organo al quale é stato attribuito il potere impositore. Si conclude per la dichiarazione di illegittimità.
Resiste la difesa del Giorgi, costituitosi con atto 14 marzo 1966, in cui si afferma che le prestazioni di cui all'ord. 5 della tariffa non sono prevedibili né apprezzabili ai fini di una preventiva estimazione economica; comunque, le notule formulate dal professionista sono sottoposte al visto dell'Ordine professionale e all'eventuale sindacato dell'Autorità giudiziaria. Si chiede pertanto il rigetto della richiesta del sig. Rossari.
Nelle memorie sono stati ribaditi gli argomenti hinc inde prospettati.
Considerato in diritto
1. - Le "Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio", compilate dal Consiglio nazionale delle ricerche e approvate e rese obbligatorie con R.D. 16 novembre 1939, n. 2229 (avente forza di legge in base all'art. 3, n. 1, della legge 31 gennaio 1926, n. 100, e all'articolo unico del decreto - legge 5 settembre 1938, n. 1787), stabiliscono all'art. 4, comma settimo, che "agli ingegneri incaricati delle visite di controllo sono corrisposte, a carico dei costruttori, le competenze sancite dalla tariffa professionale". La tariffa professionale degli ingegneri e architetti, approvata con legge 2 marzo 1949, n. 143, dispone a sua volta, all'art. 5, ritenuto applicabile nella specie, che "gli onorari sono stabiliti a discrezione... per le prestazioni seguenti...: h) collaudi di strutture complessive in cemento armato"; e il precedente art. 2 della medesima tariffa spiega che "a discrezione" vuoi dire: "a criterio del professionista".
La proposta questione di legittimità costituzionale ha per oggetto il riportato comma dell'art. 4 del R.D. n. 2229 del 1939, in relazione all'art. 5, lett. h, della tariffa professionale. Premesso che il rapporto tra privato costruttore e pubblica Amministrazione é di natura pubblicistica, e che l'ingegnere incaricato delle funzioni ispettive é assimilabile a pubblico ufficiale, si sostiene che la somma dovuta a quest'ultimo dal costruttore é un tributo imposto dalla legge; ma poiché la tariffa professionale stabilisce che la determinazione di tale somma é a discrezione dell'ingegnere, si deduce la violazione dell'art. 23 della Costituzione, per la mancata previsione di criteri idonei a delimitare la discrezionalità del soggetto impositore.
2. - Osserva la Corte che il punto decisivo della questione proposta - la quale non ha per oggetto l'accollo al privato delle competenze dell'ingegnere ispettore, ma il modo di determinarne la misura - non é se la prestazione di cui trattasi abbia o non natura di tributo (o, più specificamente, di tassa, come si assume da una delle parti), ma se il sistema previsto dalla legge assoggetta il privato a una prestazione la cui misura può essere determinata ad incontrollato arbitrio del soggetto a cui la prestazione é dovuta.
Al quesito si deve dare risposta negativa.
L'art. 4, comma settimo, in esame, assoggetta la attività del costruttore, per ragioni di sicurezza, a un controllo che si esplica mediante la prestazione d'opera di un professionista, di ciò incaricato dall'Amministrazione. Col disporre che le competenze per l'opera del professionista, posto a carico del costruttore, saranno corrisposte secondo le tariffe professionali, la norma sostanzialmente stabilisce che la misura del compenso sarà quella fissata in via generale per l'opera professionale in cui il controllo si concreta. La posizione del costruttore soggetto al controllo é così parificata a quella del diretto committente, nel comune assoggettamento alla disciplina degli onorari professionali, contenuta in norme giuridiche generali, quali sono le tariffe, che, nel caso degli ingegneri, sono state approvate con legge.
La circostanza che, per i collaudi delle strutture complessive e in cemento armato, la tariffa vigente prevede che gli onorari siano stabiliti a criterio del professionista non vuol dire che l'obbligato al pagamento, sia esso il costruttore dell'opera soggetta a controllo come il diretto committente, sia soggetto all'arbitrio del professionista; ma indica che, per ragioni tecniche, all'opera del professionista per il collaudo delle dette strutture non sono state ritenute applicabili le tabelle che stabiliscono, per il collaudo di altre opere, un compenso a percentuale, né é stato ritenuto applicabile il sistema della determinazione del compenso a quantità o a vacazione. Ma anche quando la tariffa si richiama al criterio del professionista, con ciò non attribuisce alla sua esclusiva discrezionalità la liquidazione dell'onorario, la cui misura deve corrispondere a criteri obbiettivi, indicati nelle norme di diritto comune sul lavoro autonomo e sulle professioni intellettuali, ed é soggetta al controllo del Consiglio dell'Ordine e, in caso di contestazione giudiziaria, alla determinazione del giudice.
Infatti, per avvalersi del procedimento ingiuntivo, l'ingegnere che ha eseguito il collaudo deve munirsi del parere del Consiglio dell'Ordine, a norma dell'art. 636 del Codice di procedura civile; ed in caso di procedimento ordinario, sorto per opposizione all'ingiunzione o promosso in via principale, il compenso sarà determinato dal giudice, secondo i criteri posti negli artt. 2225 e 2233 del Codice civile (corrispondenza al risultato dell'opera e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo, importanza dell'opera, decoro della professione).
Pertanto le disposizioni impugnate nel presente giudizio non assoggettano il privato all'obbligo di una prestazione la cui misura può essere arbitrariamente e insindacabilmente fissata dal soggetto creditore, ma prevedono la prestazione di un compenso la cui misura deve corrispondere a criteri positivamente indicati dall'ordinamento giuridico: corrispondenza che é garantita, oltre che dall'intervento del Consiglio dell'Ordine, dai poteri attribuiti dalla legge all'Autorità giudiziaria.
Deve quindi riconoscersi l'infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, proposta con l'ordinanza 24 febbraio 1966 del Pretore di Massa, della legittimità costituzionale dell'art. 4, comma settimo, del R.D. 16 novembre 1939, n. 2229, recante "Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato" in relazione all'art. 5, lett. h, della legge 2 marzo 1949, n. 143, con riferimento all'art. 23 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 3 luglio 1967.