SENTENZA N. 69
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 848, concernente il "trattamento di pensione degli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione già licenziati per motivi politici", promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 24 gennaio 1966 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Aloisi Antonio ed altri e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 119 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 del 27 agosto 1966;
2) ordinanza emessa il 30 maggio 1966 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Fanasca Ostilio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 214 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 del 24 dicembre 1966.
Visti gli atti di costituzione di Severini Angelo ed altri e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
udita nell'udienza pubblica del 1 marzo 1967 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;
uditi l'avv. Quirino Di Pasquale, per Severini ed altri, e l'avv. Giorgio Cannella, per l'I.N.P.S.
Ritenuto in fatto
Il presente giudizio trae origine da due ordinanze emesse dalla sezione lavoro del Tribunale di Roma rispettivamente in data 24 gennaio e 30 maggio 1966.
La prima ordinanza si riferisce al procedimento civile promosso con citazione del 25 settembre 1964 da Aloisi Antonio ed altri contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Gli attori, ex agenti dell'A.T.A.C., allontanati dal servizio nel 1923 per motivi politici in applicazione del R.D. 23 gennaio 1923, n. 143, e successivamente riammessi in servizio o collocati a riposo, previa ricostruzione della carriera, in virtù del D.L.L. 9 novembre 1945, n. 848, lamentavano che l'art. 6 del citato provvedimento reintegrativo aveva loro assicurato un trattamento di sfavore rispetto a quello accordato da analoghi provvedimenti (R.D.L. 6 gennaio 1944, n. 9, e D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 301) a tutte le altre categorie di impiegati pubblici trovatasi nelle medesime condizioni di ex esonerati politici poi riammessi in servizio. La norma impugnata, infatti, dispone che i contributi versati all'I. N. P. S. per l'assicurazione generale obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti a favore degli ex agenti per l'attività lavorativa prestata alle dipendenze di altri datori di lavoro, durante il periodo in cui vennero a trovarsi fuori servizio dall'A.T.A.C., restino assorbiti dal fondo speciale di previdenza per gli autoferrotranvieri e siano considerati come versati dall'azienda a sgravio dell'onere della riserva matematica su di essa gravante ai sensi dell'art. 3 dello stesso D.L.L. n. 848 del 1945.
Orbene, poiché per le altre categorie di impiegati pubblici beneficiari di analoghi provvedimenti reintegrativi non sono contemplate disposizioni simili a quella contenuta nel citato art. 6, gli attori sollevavano eccezione di incostituzionalità di tale norma in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
L' I.N.P.S. costituitosi in giudizio, pur non opponendosi alla eccezione, rilevava che la norma denunciata poteva inquadrarsi nella disciplina del fondo speciale quale era all'epoca regolata dal D.L.L. 28 maggio 1945, n. 402, e che, pertanto, poteva non essere ravvisata la violazione delle norme costituzionali invocate.
Il Tribunale, nella propria ordinanza del 24 gennaio 1966, dopo aver ritenuto la rilevanza della proposta questione in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, motivando in ordine alla non manifesta infondatezza ha anzitutto osservato che la contribuzione nell'assicurazione generale obbligatoria (ai sensi del decreto legge 21 aprile 1919, n. 603) relativa al periodo 1923 - 1945, durante il quale gli ex agenti prestarono opera presso datori di lavoro privati, costituisce un preciso bene giuridico e cioè: o il titolo a vedersi corrispondere la relativa pensione, o il titolo a pretenderne la maturazione, secondo che avessero o no raggiunto il requisito dell'età; e ciò sia in base alle norme sull'assicurazione generale obbligatoria, sia in base al regolamento per il fondo di previdenza degli autoferrotranvieri (R.D. 30 settembre 1920, n. 1538, art. 14) che prevede la netta autonomia e indipendenza di effetti giuridici tra i versamenti fatti nelle due forme assicurative: obbligatoria generale e obbligatoria speciale.
Nella norma denunciata il Tribunale ha poi ravvisato una palese disparità di trattamento in danno degli autoferrotranvieri rispetto agli altri dipendenti pubblici riammessi in servizio ai sensi del R.D.L. n. 9 del 1944 e D.L.L. n. 301 del 1944.
Mentre, infatti, gli artt. 10 e 11 del D.L.L. n. 301, stabiliscono che sugli stipendi spettanti successivamente alla riammissione in servizio non deve essere operata alcuna ritenuta per il trattamento di quiescenza, relativamente al periodo intercorso tra l'esonero e la riammissione e che la pensione del non riammesso deve essere automaticamente corrispondente con esattezza alla carriera ricostruita, l'art. 6 del D.L.L. n. 848 del 1945 impone agli ex agenti il sacrificio, economicamente rilevante, di tutto il loro patrimonio assicurativo in quanto la posizione della assicurazione generale viene per intero riassorbita nel fondo speciale per gli autoferrotranvieri. Ha conseguentemente ritenuto il Tribunale che il D.L.L. n. 848 del 1945, nonostante il carattere integrativo della sua disciplina rispetto agli altri provvedimenti legislativi del 1944, sia in contrasto, per quanto attiene alla norma dell'art. 6, col principio di eguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione.
L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.
Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti gli attori, rappresentati e difesi dall'avv. Quirino Di Pasquale, il quale, nelle deduzioni depositate in cancelleria il 5 ottobre 1966 si é riportato integralmente, per l'esposizione dei fatti e le osservazioni di diritto, agli scritti difensivi del giudizio a quo.
Non ha, invece, spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
L'I. N. P. S., dal suo canto, col patrocinio degli avvocati Giorgio Cannella, Guido Nardone e Pierino Pierini, ha depositato le proprie deduzioni costitutive in data 19 aprile 1966.
In esse la difesa dopo aver premesso che l'Istituto non ha un suo particolare interesse da far valere nel processo poiché, se fosse dichiarata l'incostituzionalità della norma impugnata, l'onere del versamento di contributi nel fondo speciale si riverserebbe sulle aziende, si dà carico, ai fini di una migliore valutazione del precetto censurato, di ricordare che il fondo speciale di previdenza per i dipendenti da aziende di pubblici trasporti in concessione, istituito con il D.L.L. 25 marzo 1919, n. 467, e regolato, per la prima volta, con il R.D. 30 settembre 1920, n. 1538, ha avuto e conservato un carattere integrativo della assicurazione generale obbligatoria sino alla entrata in vigore della legge 18 luglio 1961, n. 831 - legge che non va presa in considerazione nel presente giudizio - che ne ha sancito la completa autonomia.
Ora, ad avviso della difesa dell'I.N.P.S., appare verosimile che il legislatore del 1945, nell'attuare, col D.L.L. n. 848, la "restitutio in integrum" degli ex agenti ingiustamente privati dell'impiego e del relativo trattamento di quiescenza, abbia tenuto conto del rilevato carattere integrativo del trattamento pensionistico degli agenti ed abbia in conseguenza ritenuto conveniente disporre delle posizioni assicurative costituite durante l'esonero trasferendole nel fondo. E ciò sia per evitare di violare il principio della unicità dell'assicurazione obbligatoria, sia per non concedere un vantaggio maggiore di quello che i restituendi avrebbero ricevuto qualora non fossero stati esonerati dalle rispettive aziende.
Precisa, però, la difesa dell'Istituto, per compiutezza di informazione, che già il regolamento n. 1538 del 1920 prevedeva nell'art. 14 l'autonoma utilizzazione dei contributi dell'assicurazione obbligatoria versati a favore degli agenti per i periodi di servizio non utili a pensione presso il fondo speciale; e conclude rimettendosi alla decisione della Corte costituzionale.
Con la seconda ordinanza emessa il 30 maggio 1966 nel procedimento civile vertente tra Fanasca Ostilio ex agente della S.T.E.F.E.R e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, la sezione lavoro del Tribunale di Roma ha proposto alla Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del D.L.L. 9 novembre 1945, n. 848, in termini e con enunciazioni di motivi sostanzialmente identici a quelli contenuti nella precedente ordinanza.
Nel giudizio dinanzi alla Corte, dopo l'adempimento delle formalità di rito, la parte privata non si é costituita, mentre l'Istituto, nelle deduzioni depositate il 19 novembre 1966, ha fatto riferimento agli argomenti svolti nel precedente giudizio rimettendosi, anche per il caso in esame, alla decisione della Corte.
In una memoria relativa ad entrambi i giudizi, depositata nella cancelleria della Corte il 15 febbraio 1967, la difesa dell'I.N.P.S. ha ulteriormente sviluppato e svolto le considerazioni contenute nelle deduzioni costitutive rimettendosi al giudizio della Corte.
Considerato in diritto
1. - I due giudizi, che hanno ad oggetto la medesima questione di legittimità costituzionale e sono stati trattati congiuntamente nella stessa udienza, vanno decisi con unica sentenza.
2. - La censura di incostituzionalità dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 848, in riferimento all'art. 3 della Costituzione é fondata. Dal raffronto tra la citata norma - che riguarda la ricostituzione del trattamento di pensione degli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione già licenziati per motivi politici - e le disposizioni contenute nel regio decreto - legge 6 gennaio 1944, n. 9, e nel decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 301 - concernenti la riammissione in servizio e revisione delle carriere dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni - risulta che il legislatore ha dettato unicamente nei confronti degli ex agenti dei servizi di trasporto una disciplina diversa e sfavorevole che non trova alcuna ragionevole giustificazione in una situazione particolare di tale categoria di esonerati rispetto agli altri soggetti destinatari delle indicate leggi riabilitative del 1944.
Queste ultime leggi, nel regolare il trattamento di pensione da attribuire ai dipendenti pubblici già licenziati per motivi politici che per raggiunti limiti di età o per sopravvenuta inabilità non potevano essere riammessi in servizio, stabiliscono che deve farsi luogo ad una nuova liquidazione del trattamento di quiescenza considerando utile a tal fine il periodo di tempo intercorso dalla data del licenziamento a quella del raggiungimento del limite di età o a quella cui risale l'inabilità al lavoro ed in base agli stipendi che avrebbero percepito se fossero rimasti in attività di servizio (artt. 6 e 11 del D.L.L. n. 301 del 1944).
Nessun contributo, per la ricostituzione del trattamento pensionistico, il legislatore ha però posto a carico degli esonerati non riammessi, come del resto nessun contributo é previsto per i riammessi (art. 10 del D.L.L. n. 301 del 1944).
Questa la disciplina generale, dettata indistintamente per tutti gli ex esonerati politici dal D.L.L. n. 301 del 1944, che avrebbe dovuto trovare applicazione anche nei confronti della categoria degli ex addetti ai pubblici servizi di trasporto se il D.L.L. n. 848 del 1945, successivamente intervenuto, - nonostante il suo dichiarato carattere di normazione integrativa dell'altro provvedimento riabilitativo (art. 1) - non avesse, per contro, stabilito con la norma impugnata (art. 6) che tanto l'assicurazione obbligatoria invalidità e vecchiaia quanto le assicurazioni sostitutive di questa, costituite dagli ex agenti in dipendenza di un rapporto di lavoro svolto durante il periodo dell'allontanamento dal servizio, venissero annullate e che conseguentemente i contributi versati in dette assicurazioni fossero trasferiti nel fondo speciale di previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto al quale gli agenti erano iscritti prima del licenziamento.
La norma in esame in tal modo ha importato la perdita dell'intero patrimonio assicurativo che gli ex agenti avevano acquisito con la propria attività esplicata in circostanze così difficili e dolorose alle dipendenze di datori di lavoro diversi dalle aziende di trasporto dalle quali erano stati esonerati.
Di tale perdita vengono a trarre vantaggio le aziende che disposero il licenziamento riconosciuto poi ingiusto poiché la norma impugnata ha stabilito che i contributi trasferiti al fondo speciale di previdenza siano considerati come versati dalle aziende a sgravio dell'onere su di esse gravante (art. 3) di corrispondere ai fini della liquidazione delle pensioni i contributi afferenti al periodo di allontanamento dal servizio. E ciò nonostante che per far fronte a tale onere il successivo art. 4 del D.L.L. n. 848 del 1945 avesse consentito la istituzione di supplementi di tariffe i quali, poi, furono puntualmente adottati col successivo D. L. C. P. S. 14 gennaio 1947, n. 68.
La giustificazione della disparità di trattamento non può certo basarsi sul preteso carattere integrativo del trattamento pensionistico del fondo di previdenza rispetto all'assicurazione generale obbligatoria e neppure sull'intento normativo di evitare il cumulo di due pensioni relative ad un medesimo periodo di tempo di servizio.
Nella specie, infatti, ci si trova in presenza di due distinte posizioni assicurative: la prima costituita in base a contributi versati durante l'esonero per l'assicurazione generale invalidità, vecchiaia e superstiti, in parte dal lavoratore esonerato e in parte da datori di lavoro diversi dalla azienda dalla quale essi in origine dipendevano; la seconda a carico del fondo speciale per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione. Quest'ultima va ricostituita senza alcun onere per gli ex agenti posto che la loro posizione é in tutto simile a quella degli altri pubblici dipendenti esonerati per identici motivi politici nei cui confronti é stata disposta la ricostituzione del trattamento di quiescenza senza aggravio di sorta per gli interessati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riunite le due cause indicate in epigrafe,
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 848, concernente il "trattamento di pensione degli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione già licenziati per motivi politici".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 9 giugno 1967.