SENTENZA N. 15
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4 della legge 22 luglio 1966, n. 614, contenente "Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale", promosso con ricorso del Presidente della Regione Trentino - Alto Adige, notificato il 15 ottobre 1966, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 23 del Registro ricorsi 1966.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 18 gennaio 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Trentino - Alto Adige, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La Regione del Trentino - Alto Adige, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Guarino, con ricorso notificato il 15 ottobre 1966 ha impugnato la legge dello Stato 22 luglio 1966, n. 614, contenente "Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale".
Si riconosce nel ricorso che le competenze contemplate nei piani previsti dalla legge sono nella maggioranza statali, anche se coinvolgono materie di competenza regionale, e si afferma che nella legge é recepito il principio che, negli interventi pianificatori, é riservata allo Stato la preminenza nella fase deliberativa e alla Regione la preminenza nella fase esecutiva. Malgrado l'esatta impostazione adottata, la legge sarebbe però viziata di incostituzionalità sotto vari profili.
E, in primo luogo, per violazione degli artt. 11 e 13 dello Statuto Trentino - Alto Adige, in relazione agli artt. 5, 116, 118 della Costituzione, perché la legge non ha preso in considerazione le Province autonome di Bolzano e di Trento, del cui concorso ci si doveva avvalere per i provvedimenti che interessano i rispettivi territori, e perché il principio di coordinamento, che demanda l'attuazione dei piani alle amministrazioni autonome locali, non avrebbe trovato applicazione per quanto concerne l'esecuzione delle opere pubbliche (art. 3) e l'incentivazione delle attività agricole (art. 4).
Inoltre si deduce la violazione dell'art. 13 dello Statuto Trentino - Alto Adige, in relazione agli artt. 4, 11 e 48 del medesimo Statuto e agli artt. 5, 116, 119, 128 della Costituzione, in quanto la delega alle Amministrazioni regionali delle attribuzioni dei ministeri per l'attuazione dei programmi annuali, di cui all'art. 2 della legge impugnata, coinvolgerebbe competenze delle Province, per le quali é esclusa la possibilità della delega. Le competenze provinciali sarebbero anche lese dal penultimo comma dell'art. 1, secondo cui i piani approvati dal Comitato dei Ministri impegnano le Amministrazioni interessate ad adottare i provvedimenti necessari alla loro attuazione. Tale disposizione non può vincolare l'Amministrazione provinciale, che non può essere tenuta all'osservanza di prescrizioni venute dall'esterno e alla cui formazione non partecipa.
Infine, si deduce l'illegittimità costituzionale della norma di cui all'art. 2, penultimo comma, per violazione dell'art. 57 dello Statuto, in relazione all'art. 119 della Costituzione. Secondo detta norma, il Ministro per il tesoro assegna alle singole Regioni gli stanziamenti necessari per l'espletamento delle funzioni ad esse delegate; ma in tal modo gli organi locali sarebbero vincolati ad agire sulla base dei piani predisposti in sede centrale, in materie in cui lo Stato non poteva esercitare alcuna ingerenza.
2. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 4 novembre 1966.
In esse si eccepisce preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per tardività, non essendo esso stato notificato nei 30 giorni dalla pubblicazione della legge, ai sensi dell'art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e non potendo la Regione avvalersi della sospensione dei termini stabilita dalla legge 14 luglio 1965, n. 818, perché questa non sarebbe applicabile ai giudizi avanti la Corte costituzionale, e perché ove, per negata ipotesi, fosse applicabile, il termine sarebbe scaduto il 16 settembre 1966.
Nel merito si sostiene l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione.
Quanto alla prima censura si osserva che la speciale programmazione e pianificazione degli interventi straordinari, affidata ad organi di alta amministrazione, é di preminente interesse nazionale e che la legge impugnata si ispira ad una visione unitaria dello sviluppo economico dell'Italia centrale e settentrionale, nel quadro di quegli interessi della comunità nazionale, che costituiscono limite alla potestà normativa, non solo concorrente ma anche esclusiva, della Regione e delle Province di Trento e Bolzano. Nondimeno la legge in esame si é preoccupata di attuare un coordinamento con le Amministrazioni regionali, mentre l'assunto della Regione, che la collaborazione avrebbe dovuto estendersi alle predette Province, non ha fondamento, perché la legge non si riferisce alle materie attribuite alla loro competenza dall'art. 11 dello Statuto.
Per la stessa ragione viene a cadere la seconda censura, non essendo esatto che l'art. 2 della legge abbia disposto una delega di funzioni amministrative attribuite in via primaria alle due Province autonome. Si aggiunge che la caratteristica interprovinciale dell'intervento esclude la possibilità dell'affidamento dell'attuazione dei programmi esecutivi alle Province, né si pone per queste alcun problema di impegni particolari relativi a tale attuazione.
Infine, poiché spetta allo Stato la titolarità dell'intervento straordinario, e poiché lo Stato stesso può delegare alle Regioni l'esercizio delle funzioni amministrative di propria competenza, assumendo l'onere della spesa, é legittima la previsione degli appositi stanziamenti alle Regioni delegatarie.
La difesa della Presidenza del Consiglio conclude perché il ricorso sia dichiarato inammissibile e in ogni caso sia respinto.
3. - Con memoria depositata il 5 gennaio 1967 la difesa della Regione ha opposto alla eccezione preliminare l'applicabilità ai giudizi innanzi alla Corte costituzionale della legge 14 luglio 1965, n. 818, e il corretto uso fatto nella specie della sospensione del corso dei termini da essa disposta.
Sotto il primo profilo la memoria rileva il carattere generale della detta legge, applicabile, secondo la dizione usata nel primo articolo, a tutti i termini processuali, e quindi anche a quelli del processo costituzionale, la cui disciplina é stabilita da legge ordinaria (la legge n. 87 del 1953), integrabile con norme successive. Inoltre, la legge n. 818 del 1965 sarebbe quanto meno applicabile in via indiretta, per il richiamo, contenuto nell'articolo 22 della legge n. 87 del 1953, a tutte le norme di procedura dettate per il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato. Si osserva infine che, seguendo la tesi contraria, si porrebbe un limite irrazionale all'esercizio del diritto di azione in materia costituzionale.
Con particolare riguardo alla eccezione pregiudiziale subordinata, si osserva che la legge n. 818 del 1965 dispone una sospensione in senso tecnico, per cui la decorrenza dei termini ricomincia (o inizia) a decorrere dal 15 settembre.
Nel merito si ribadisce che la Regione non contesta che gli interventi previsti dalla legge n. 614 del 1966 riguardano essenzialmente competenze dello Stato e finalità di carattere generale, ma si censura il modo in cui si é inteso realizzare tali finalità, non considerando la connessione tra la materia regolata dalla legge e le competenze primarie delle Province in materia di urbanistica e piani regolatori e di agricoltura, e non coordinando le rispettive attività in relazione a quella serie di interventi specifici in cui si concretizza l'incentivazione delle attività produttive nelle zone depresse. Si insiste quindi nell'affermazione delle lesioni di competenze, dedotte col ricorso.
4. - Anche la difesa del Presidente del Consiglio ha depositato una memoria il 5 gennaio 1967. Inessa si insiste nell'eccezione di inammissibilità. Nel merito si esclude che nella materia che forma oggetto della legge n. 614 del 1966 vi sia concorso di competenze tra Stato e Regioni o Province, spettando essa esclusivamente allo Stato, e quindi ad organi che svolgono la loro attività su base nazionale. Tuttavia la legge ha previsto una collaborazione con le Amministrazioni regionali, adottando una soluzione opportuna e giovevole ai rapporti Stato - Regione, per quanto non necessitata da un obbligo.
La memoria si sofferma quindi a dimostrare, anche in relazione alle altre censure, la non coincidenza dei settori d'intervento considerati dalla legge con le materie attribuite dallo Statuto speciale alle Province autonome, e insiste sulla caratteristica interprovinciale dell'intervento.
Nella discussione orale le difese delle parti hanno ribadito i rispettivi argomenti.
Considerato in diritto
La difesa del Presidente del Consiglio ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità del ricorso proposto dalla Regione Trentino - Alto Adige, perché notificato oltre il termine di trenta giorni dalla pubblicazione della legge impugnata, e ha sostenuto l'inapplicabilità nei giudizi innanzi a questa Corte della legge 14 luglio 1965, n. 818, sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
L'eccezione é fondata.
Va ricordato che l'art. 137 della Costituzione prevedeva che una legge costituzionale stabilisse le condizioni, le forme e i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale. Successivamente l'art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, fissò un termine di trenta giorni per l'impugnativa di una legge della Repubblica da parte della Regione e di sessanta giorni per l'impugnativa di una legge di altra Regione. L'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, precisò quindi che nel predetto termine di trenta giorni il ricorso della Regione deve essere notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri. La stessa legge n. 87 del 1953 fissò in sessanta giorni il termine per la proposizione dei ricorsi per conflitto di attribuzione (art. 39).
Le ricordate norme sono integrate dalla disposizione che prevede la riduzione dei termini fino a metà, contenuta nell'art. 9 della citata legge costituzionale n. 1, e da altre disposizioni della citata legge n. 87, riguardanti la disciplina temporale del procedimento (art. 23, secondo comma; art. 25; art. 26; artt. 29 - 36).
Questo complesso di norme costituisce una disciplina dei termini, che é particolare dei giudizi di competenza della Corte costituzionale e corrisponde all'interesse, di diritto obbiettivo, alla sollecita rimozione di eventuali situazioni di illegittimità costituzionale, soprattutto nei rapporti tra Stato e Regioni.
Con valutazioni specificamente aderenti alla peculiare funzione dei giudizi di legittimità costituzionale, il legislatore costituente e, sulla base delle sue norme, il legislatore ordinario hanno contemperato l'esigenza della celerità del giudizio con quella di dare un congruo tempo, agli organi investiti dei poteri di promuovere i detti giudizi e di parteciparvi, per l'esercizio dei poteri medesimi.
Ne deriva che l'ordinamento processuale di tali giudizi ed il regime dei termini da esso stabilito possono trovare integrazione in principi e norme di diritto processuale comune (ad esempio, nelle norme riguardanti il giorno di inizio e di scadenza dei termini come questa Corte ebbe già ad affermare nella sentenza n. 39 del 1960), ma solo in quanto dette norme e principi non contrastino con le norme e i principi peculiari del processo costituzionale, e in quanto la loro applicazione non possa produrre alterazioni o distorsioni rispetto alla funzione a cui il detto processo é preordinato. Ciò trova conferma nel richiamo, contenuto nell'art. 22 della legge n. 87, alle norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in s.g. soltanto in quanto applicabili.
Sulla base delle esposte considerazioni é da riconoscere che la sospensione del decorso dei termini, stabilita dalla legge 14 luglio 1965, n. 818, non é applicabile nei giudizi davanti a questa Corte.
In particolare, nei giudizi di legittimità costituzionale proposti in via diretta dallo Stato o dalla Regione, come il presente, l'applicazione di tale legge, producendo sostanzialmente l'effetto di modificare, per il periodo feriale, la durata del tempo entro il quale la legge é impugnabile, prolungherebbe quella situazione di incertezza circa l'eventuale impugnazione, che il legislatore costituente e il legislatore ordinario, nell'emanare la particolare disciplina del processo costituzionale, hanno voluto non si protraesse oltre i trenta o i sessanta giorni.
D'altra parte, l'interpretazione della stessa legge 14 luglio 1965 porta ad escludere che sia stata intenzione del legislatore comprendere nel suo campo di applicazione i giudizi davanti a questa Corte.
Se, infatti, l'art. 1 di detta legge usa genericamente l'espressione "termini processuali", le successive norme dimostrano che il legislatore ha inteso riferirsi ai giudizi in materia civile, penale e amministrativa (rispettivamente, artt. 2, 3 e 4). É vero che queste norme contengono delle eccezioni alla disposizione dell'art. 1, ma ciò non autorizza ad attribuire a tale disposizione una vastità tale da comprendere giudizi che, sulla base di norme costituzionali, presentano caratteri tipici, corrispondenti a funzioni diverse da quelle degli altri giudizi considerati dalla legge.
Va infine notato che la promozione dei giudizi in via diretta davanti alla Corte é affidata ad organi la cui attività ha carattere di continuità, soprattutto nell'espletamento di funzioni di supremo interesse pubblico, come quella di promuovere i detti giudizi, così che dalla non applicazione della legge n. 818 del 1965 non deriva alcun limite all'esercizio del diritto di azione in materia costituzionale.
Dalle considerazioni innanzi esposte deriva la inammissibilità del presente ricorso, mentre resta assorbita la questione, subordinatamente proposta dalla difesa del Presidente del Consiglio, circa la asserita scadenza alla data del 16 settembre dei termini prorogati per effetto della legge 14 luglio 1965, n. 818.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile per tardività il ricorso proposto dalla Regione Trentino - Alto Adige, con atto 15 ottobre 1966, sulla legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4 della legge statale 22 luglio 1966, n. 614, relativa a "Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 febbraio 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 9 febbraio 1967.