SENTENZA N. 124
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 19, terzo comma, del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, sulla protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia, promosso con ordinanza emessa il 2 luglio 1965 dal Pretore di Rovato nel procedimento penale a carico di Finassi Giovanni, iscritta al n. 190 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 30 ottobre 1965.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1966 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento penale davanti al Pretore di Rovato, a carico di Finassi Giovanni, imputato del reato previsto nell'art. 19, primo e terzo comma, del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, il difensore dell'imputato sollevava la questione di legittimità costituzionale di una parte del terzo comma del suddetto articolo, contenente le parole "salvi i diritti quesiti", nei riguardi degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione. Il rappresentante del pubblico ministero si associava alla richiesta della difesa ed il Pretore pronunciava una elaborata ordinanza, con la quale dichiarava non manifestamente infondata la questione, in relazione alle citate norme della Costituzione, sospendendo il giudizio principale e rimettendo gli atti alla Corte costituzionale, con ordinanza in data 2 luglio 1965.
L'ordinanza veniva notificata e comunicata a norma di legge e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 30 ottobre 1965. Davanti alla Corte si é costituita solamente l'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato un atto di intervento e deduzioni e successivamente una memoria, concludendo perché fossero dichiarate non fondate le questioni di legittimità prospettate nell'ordinanza del Pretore di Rovato.
Ai fini di dimostrare la non manifesta infondatezza della questione, l'ordinanza richiama i precedenti legislativi della norma denunciata e la interpretazione data a questa dalla Corte di cassazione ed espone poi tutta una serie di osservazioni sul diritto di caccia, sul diritto di "appostamento" e sui rapporti fra il titolare di questo ed il proprietario del fondo, nel quale esista la così detta "zona di rispetto".
L'ordinanza si sofferma poi sul testo del terzo comma dell.'art. 19 del testo unico, il quale dispone che "Ove il terreno contenuto nel raggio di rispetto di un appostamento sia in parte di altri proprietari, occorre il loro consenso; in difetto la zona di protezione é limitata al terreno per cui esista il consenso del proprietario o possessore, salvi i diritti quesiti". A parere del giudice di merito proprio queste ultime quattro parole dovrebbero e potrebbero essere considerate in contrasto con le disposizioni degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, implicando limitazioni ingiustificate a danno dei proprietari dei fondi e dei cacciatori, a tutto vantaggio dei titolari degli appostamenti.
Vi sarebbe pertanto una grave disparità di trattamento fra i cacciatori "vecchi" ed i "giovani", a tutto vantaggio dei primi, in base ad una precedenza meramente cronologica, mentre la legge non ha fissato i presupposti per l'acquisizione del diritto in discussione; inoltre la genericità della formula usata significherebbe equivocità e quindi impossibilità da parte dell'interprete di risalire alla volontà del legislatore.
Nelle proprie deduzioni e poi nella memoria l'Avvocatura generale dello Stato conclude nel senso che vengano dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con l'ordinanza del Pretore di Rovato.
Premesso che il legislatore può dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene diverse, come é stato riconosciuto ripetutamente dalla Corte costituzionale, la difesa dello Stato contesta che la norma in questione possa essere ritenuta in contrasto con il principio di eguaglianza; esclude poi che si possa invocare nella specie quello della libertà di iniziativa economica privata e che l'esercizio della caccia costituisca una espressione del diritto di proprietà, per il proprietario del fondo e, inversamente, una compressione di tale diritto qualora la caccia venga esercitata da un soggetto diverso dal proprietario.
In quanto all'inciso del terzo comma dell'articolo in questione, che fa salvi i "diritti quesiti", l'Avvocatura dello Stato osserva nella successiva memoria che esso non ha inteso altro che conservare una disposizione di collegamento intertemporale tra norme succedutesi nel tempo, secondo un criterio discrezionalmente valutato, diretto ad evitare una frattura tra vecchia e nuova disciplina; insiste poi sui rilievi che la caccia non può dirsi estrinsecazione del diritto di proprietà, mentre il diritto del proprietario del fondo non viene ad essere né annullato, né menomato dall'esistenza della "zona di rispetto". Non si possono quindi considerare violati dalla norma in discussione né l'art. 3, né il 41 od il 42 della Costituzione.
Considerato in diritto
La Corte ritiene fondati gli argomenti esposti dalla Avvocatura generale dello Stato a dimostrazione della infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta con l'ordinanza del Pretore di Rovato.
Le considerazioni esposte nella ordinanza infatti, potrebbero servire, se mai, a porre in rilievo alcuni inconvenienti pratici dell'ordinamento in vigore e la conseguente opportunità di una revisione legislativa; ma non sono sufficienti a giustificare la pronuncia di illegittimità di un inciso, il quale ha il solo fine di salvaguardare i "diritti quesiti".
Si deve osservare, fra l'altro, che, servendosi di questi termini, il legislatore si é attenuto ad un principio generale normalmente osservato, la cui attuazione é rimessa in definitiva ai giudici di merito. A questi compete pertanto accertare di volta in volta se tali diritti sussistano, in base alle norme vigenti: compito, questo, che può indubbiamente, in taluni casi, presentare non lievi difficoltà, ma che, comunque, non può e non deve essere considerato di competenza della Corte costituzionale.
D'altra parte, é ovvio che ogni provvedimento amministrativo o legislativo in tanto viene emanato, in quanto si ritenga opportuno dagli organi competenti modificare in un senso o nell'altro la disciplina giuridica di certi rapporti; ma in taluni casi tale modificazione potrebbe importare conseguenze eccessive nei riguardi di soggetti, i quali avevano acquisito legittimamente un diritto in base alle norme preesistenti.
La emanazione successiva di una disciplina giuridica diversa non può determinare di per sé la illegittimità costituzionale di tali norme, ove non sia dimostrato che esse siano in contrasto con i principi della Costituzione; né può considerarsi illegittima una norma, che tenda a salvaguardare i diritti acquisiti in base alle leggi anteriori.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della parte del terzo comma dell'art. 19 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, sulla protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia, contenente le parole "salvi i diritti quesiti", sollevata con ordinanza 2 luglio 1965 del Pretore di Rovato, in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1966.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1966.