Sentenza n. 96 del 1966
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SENTENZA N. 96

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 dicembre 1965, intitolata "Istituzione e ordinamento dell'azienda speciale dell'autoparco regionale", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 22 dicembre 1965, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 27 successivo ed iscritto al n. 32 del Registro ricorsi 1965.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 15 giugno 1966 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il ricorrente, e l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato al Presidente della Regione siciliana il 22 dicembre 1965 il Commissario dello Stato per la detta Regione ha impugnato davanti a questa Corte la legge approvata dall'Assemblea regionale il 14 dicembre 1965, intitolata "Istituzione e ordinamento dell'azienda speciale dell'autoparco regionale".

Denuncia in primo luogo il Commissario che la legge violerebbe l'art. 12 dello statuto della Regione. Mentre questo riconosce al Governo regionale potestà regolamentare limitata alla esecuzione delle leggi, l'art. 9 della legge impugnata demanda al Governo l'emanazione di norme di organizzazione. Il ricorso richiama particolarmente l'attenzione sulle lett. a ed f dell'art. 9, che attribuiscono al Governo rispettivamente la potestà di regolare l'ordinamento interno dell'azienda e quella di stabilire entro quali limiti il dirigente dell'azienda può ordinare spese.

Afferma inoltre il Commissario che la legge violerebbe l'articolo 81 della Costituzione, poiché l'inquadramento, previsto dall'art. 8, nel ruolo del personale per la conduzione degli autoveicoli, di personale salariato temporaneo, comporterebbe, con la creazione di nuovi posti di ruolo, nuove e maggiori spese, la cui copertura non sarebbe validamente assicurata con l'imputazione, prevista dal secondo comma dell'art. 12, al fondo per le spese obbligatorie a termini dell'art. 30 della legge di contabilità dello Stato.

Resiste al ricorso la Regione siciliana, costituitasi in giudizio in persona del suo Presidente il 15 gennaio 1966. Nelle sue deduzioni, premesso che l'azienda in questione é un semplice ufficio dell'Amministrazione diretta regionale ed é soggetta perciò alle norme sui controlli, sulle impugnazioni, ecc., proprie dei comuni organi della Regione e dei loro atti, si osserva, con riferimento al primo motivo d'impugnativa, che l'art. 14, lett. p, dello Statuto, nell'attribuire alla Regione potestà legislativa in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali non instaura affatto una riserva di legge e una limitazione in ordine alla conferibilità, in materia, di potestà regolamentare al Governo. Per di più gli oggetti attribuiti dall'art. 9 della legge alla potestà regolamentare del Governo appartengono alla sfera "interna", nella quale l'Amministrazione avrebbe potuto intervenire anche senza una espressa attribuzione di poteri. Con particolare riguardo al potere del dirigente di ordinare le spese ivi previste, la Regione osserva che esso trova la sua fonte nell'art. 3, lett. c, della legge, essendo demandato al regolamento solo il compito di determinare i limiti delle spese: il che sarebbe appunto materia di regolamento di esecuzione.

Con riferimento al secondo motivo del ricorso nota poi la Regione che la legge non prevede nuovi capitoli di spesa, ma solo l'aumento degli stanziamenti del capitolo del bilancio regionale relativo alle spese per il personale. Donde la legittimità e opportunità del ricorso al fondo di cui all'art. 40 della legge di contabilità. Il ricorso - aggiunge la Regione - si riferisce solo al primo anno di applicazione della legge; e per questo il legislatore non sarebbe stato in grado di indicare l'effettivo importo della spesa, non potendosi conoscere a priori il numero degli impiegati non di ruolo aventi diritto, che avrebbero chiesto di essere immessi nel ruolo, e non essendo certo che tale immissione sarebbe avvenuta prima della fine dell'anno finanziario.

In una memoria depositata per il ricorrente il 31 marzo 1966, l'Avvocatura dello Stato deduce che dall'art. 97 della Costituzione e dagli artt. 12 e 25 dello Statuto regionale risulta chiaramente che il Governo della Regione siciliana non dispone di potestà regolamentare in materia di organizzazione degli uffici. Col conferire al Governo potestà regolamentare, da un lato in ordine alla determinazione della competenza del dirigente dell'azienda in materia di spese, dall'altro in relazione all'ordinamento interno dell'azienda e ai controlli di questa, la legge impugnata sarebbe perciò certamente in contrasto con tale principio.

Quanto alla violazione dell'art. 81 della Costituzione, l'Avvocatura osserva che essa sussiste non solo nell'art. 12, ma anche nell'art. 3, ultima parte, e nell'art. 7, della legge, dato che tutti tali articoli contemplano maggiori prestazioni e indennità, mentre nessuna copertura la legge prevede per le maggiori spese né per l'anno in corso, né quelli a venire. Del resto, neanche a far fronte alle spese relative all'anno in corso può bastare il rinvio al fondo di riserva per le spese obbligatorie, giacché l'art. 81 della Costituzione esige che ogni istituzione di nuove spese sia fronteggiata da norme sostanziali (e non meramente formali) che indichino i mezzi di copertura.

La Regione ha presentato una memoria in data 3 giugno 1966. Inessa si osserva con riferimento al primo motivo nel ricorso, che l'art. 97 della Costituzione non esclude affatto la possibilità che la legge lasci al potere regolamentare del Governo una parte della normazione in materia di organizzazione degli uffici. Di tale potere la legge in esame, e in particolare le lett. a ed f dell'art. 9, avrebbero, del resto, fatto un uso assai morigerato. Per la prima - riguardante "l'ordinamento interno dell'azienda e i relativi controlli" - ciò sarebbe di immediata evidenza. Ma anche le rimanenti lettere dell'art. 9 contemplerebbero poteri regolamentari meramente integrativi della legge e relativi a modalità esecutive per il funzionamento dell'azienda.

Con riferimento al secondo motivo d'impugnativa, la Regione, mentre si richiama alle precedenti difese, aggiunge che, anche per ciò che riguarda gli esercizi futuri il precetto dell'art. 81 della Costituzione, così come é stato inteso con la sentenza n. 1 del 1966 di questa Corte, é da considerare osservato, dovendo ritenersi idoneo a tal fine il rinvio al fondo di riserva previsto dall'art. 40 della legge di contabilità, giacché questo "costituisce una realtà effettiva e sono ben noti l'ammontare degli impegni che vengono su di esso a ricadere per la esecuzione delle norme di legge".

All'udienza di trattazione della causa i difensori delle parti hanno insistito nelle precedenti deduzioni e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Ritiene la Corte che il primo motivo del ricorso non sia fondato. É da escludere infatti che la legge impugnata, nel regolare l'ordinamento dell'azienda speciale dell'autoparco regionale da essa istituito, abbia conferito al Governo regionale una potestà normativa non consentita dallo Statuto.

L'art. 12, terzo comma, di quest'ultimo riconosce al Governo della Regione il potere di emanare i regolamenti di esecuzione delle leggi regionali. E secondo questa Corte nessuna delle materie che l'art. 9 della legge impugnata deferisce al regolamento per la sua attuazione esorbita dai limiti di tale potere; nemmeno quelle deferite alla potestà normativa del Governo dalle lettere a ed f del citato articolo, alle quali più specificamente si riferisce il Commissario dello Stato.

La prima riguarda l'"ordinamento interno" e i "controlli" dell'azienda. E, data, da un lato, la configurazione di questa come apparato amministrativo posto alle immediate dipendenze dell'amministrazione centrale della Regione (artt. 1 e 3 della legge) e sfornito di qualsiasi autonomia amministrativa e patrimoniale, e, dall'altro, la indicazione nella stessa legge dell'organo cui compete la direzione e la responsabilità del servizio (art. 3), non può riguardare se non i profili organizzatori non aventi rilevanza nei rapporti esterni e le modalità dei controlli da esercitare nell'ambito del complesso di nuova istituzione e nei confronti di esso nel quadro della gerarchia amministrativa. Materia che avrebbe potuto esser regolata normativamente dal potere esecutivo della Regione anche in base alle semplici facoltà naturalmente spettanti a qualsiasi apparato organizzatorio.

La lett. f dell'art. 9 a sua volta deferisce al potere regolamentare del Governo regionale "i limiti d'importo delle spese che possono essere ordinate dal dirigente dell'azienda", e cioè dell'organo che, come si é detto, ha la direzione e la responsabilità di questo nuovo complesso dell'organizzazione regionale.

Dato che il limite massimo riguardo all'importo delle spese, che possono essere ordinate dal dirigente, viene implicitamente segnato dallo stesso circoscritto ambito delle operazioni economiche che l'azienda deve compiere periodicamente, risultanti dalla definizione dei suoi compiti, dettagliatamente elencati nell'art. 1 della legge - operazioni da svolgersi, come specifica l'art. 3, sulla base di convenzioni nella cui stipulazione il dirigente dell'azienda non ha parte -, la norma in esame viene a conferire al Governo semplicemente una potestà riduttiva, da esercitare evidentemente tenendo presenti anche i mutevoli valori di mercato e gli elementi offerti dall'esperienza relativa al funzionamento del servizio. In proposito é da tener presente anche la tradizione legislativa: secondo l'art. 52 della legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440), regolamenti ministeriali possono fissare, per le singole amministrazioni, i limiti e le modalità entro cui i rispettivi Ministri possono delegare a funzionari dipendenti (ed eventualmente di altre amministrazioni) la facoltà di assumere impegni sul bilancio dello Stato. Sulla base di tali considerazioni é da escludere, anche per la lett. f dell'art. 9 della legge regionale impugnata, la sussistenza del denunciato vizio di legittimità costituzionale.

2. - Fondato si appalesa invece il secondo motivo del ricorso.

Con esso il Commissario dello Stato denuncia la mancata copertura della spesa occorrente per nuovi posti creati dalla legge in esame con la istituzione di un ruolo (di 112 posti) di addetti alla conduzione degli autoveicoli dell'azienda (artt. 4 e seguenti e tabella B): ruolo la cui consistenza eccede quella degli attuali ruoli del personale autista e motociclista, tanto che il secondo comma dell'art. 8 prevede il trasferimento in esso, a richiesta, di personale regionale non di ruolo e di personale di ruoli diversi.

In tal modo la legge si pone effettivamente in contrasto con l'art. 81 della Costituzione, in base all'ultimo comma del quale ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Il contrasto é di immediata evidenza con riferimento agli esercizi finanziari successivi al 1966, dato che assolutamente nulla la legge dispone in ordine al modo di fronteggiare l'incremento di spesa negli esercizi futuri (vedi la sentenza di questa Corte n. 1 del 1966). E ciò é sufficiente a far dichiarare l'illegittimità della legge, senza che occorra stabilire se possa esser considerato legittimo (il che da parte dello Stato si contesta) il modo con cui la legge stessa ha ritenuto di far fronte ai maggiori oneri per l'anno finanziario 1966, stabilendo che per essi "si provvede mediante prelievo dal fondo per spese obbligatorie, a termine dell'art. 40 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440".

Nella memoria l'Avvocatura dello Stato ha rappresentato che oltre alle disposizioni relative alla istituzione del ruolo di cui alla tabella B, anche altre disposizioni della legge prevedono nuove e maggiori spese senza che ne sia regolata la copertura. Ma la pronuncia della Corte va contenuta nei limiti dell'impugnativa.

La riscontrata illegittimità non inficia l'intera legge, bensì le sole disposizioni riflettenti il ruolo del personale per la conduzione degli autoveicoli, e precisamente gli artt. 4, 5, 6, 8 (salvo l'ultimo comma), 10, secondo comma, nonché la tabella B.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 4, 5, 6, 8 (salvo l'ultimo comma), 10, secondo comma, nonché della tabella B della legge della Regione siciliana approvata dall'Assemblea regionale il 14 dicembre 1965, intitolata "Istituzione e ordinamento dell'azienda speciale dell'autoparco regionale".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI  Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI  

 

Depositata in cancelleria il 11 luglio 1966.