SENTENZA N. 92
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 62, terzo comma, e 64 della legge 10 agosto 1950, n. 648, concernente il riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra, promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1965 dalla Corte dei conti - Sezione seconda giurisdizionale per le pensioni di guerra - sul ricorso di Recchione Maria Gabriella, iscritta al n. 160 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 216 del 28 agosto 1965.
Udita nella camera di consiglio del 1 giugno 1966 la relazione del Giudice Costantino Mortati.
Ritenuto in fatto
Con atto in data 16 gennaio 1957 Recchione Maria Gabriella ha prodotto ricorso alla Corte dei conti avverso decreto del Ministro del tesoro che ebbe a negarle il diritto alla pensione di privilegio da lei invocato come orfana di donna deceduta per fatto di guerra, in base alla considerazione che essa richiedente risultava figlia adulterina di Recchione Angela.
La competente Sezione della Corte dei conti, nell'esame del ricorso predetto, rilevato come la legislazione pensionistica di guerra ha espressamente inteso escludere ogni diritto a pensione nei confronti di figli adulterini, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 62, terzo comma, e 64, della legge 10 agosto 1950, n. 648, che tale esclusione sanciscono, nella considerazione che sembra non manifestamente infondato il ritenere tali norme contrastanti, anzitutto con l'art. 38 della Costituzione perché gli adulterini, al pari di tutti gli altri cittadini, se sforniti dei mezzi di sussistenza, hanno diritto all'assistenza sociale, e che la normazione in materia di pensione di guerra ha carattere prevalentemente assistenziale; in secondo luogo con l'art. 30, terzo comma, perché non assicura agli adulterini (che pure sono compresi nell'ampia categoria ivi considerata dei figli nati fuori del matrimonio) la richiesta tutela giuridica e sociale, almeno nel caso di mancanza di membri della famiglia legittima; infine con l'art. 3 perché la legislazione sulle pensioni di guerra assimila nello stesso trattamento i figli naturali sicché appare contrario al principio di eguaglianza differenziare da questo l'altro disposto per gli adulterini.
Avendo la Corte dei conti ritenuta la questione predetta rilevante al fine della risoluzione del giudizio ad essa deferito, ha, con ordinanza del 23 marzo 1965, disposta la sospensione del medesimo e l'invio degli atti alla Corte costituzionale.
L'ordinanza, debitamente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 216 del 1965.
Poiché non vi é stata costituzione di parti la Corte ha deciso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 26 della legge n. 87 del 1953.
Considerato in diritto
La questione proposta dall'ordinanza della Corte dei conti relativa alla compatibilità con gli artt. 38, primo comma, 30, terzo comma, e 3 della Costituzione delle norme sulle pensioni di guerra, che escludono dal diritto a conseguire tale pensione i figli adulterini di genitori morti a causa di eventi bellici, non é fondata.
Deve anzitutto escludersi che ricorra il motivo di incostituzionalità che si vorrebbe dedurre dall'art. 38. Infatti il diritto al mantenimento ed all'assistenza da questo garantito costituisce il contenuto di una pretesa attribuita ad ogni cittadino il quale risulti inabile al lavoro e sfornito dei necessari mezzi di sussistenza, ed é da soddisfare con appositi istituti e con determinate modalità, mentre il diritto alla pensione di guerra, pur riannodandosi al primo perché, come esso, espressione di un'esigenza di solidarietà sociale, trova il suo specifico titolo negli eventi connessi allo stato di guerra e nelle particolari situazioni da questo, direttamente o indirettamente, determinate, ed é regolato con criteri diversi da quelli che presiedono all'attività meramente assistenziale.
Neppure rilevabile é da ritenere il contrasto che si assume rispetto all'art. 30, terzo comma, della Costituzione.
La disparità di trattamento, fatta dalla legge ai figli adulterini, é stata determinata, nell'intento del legislatore, dal timore di lesioni dei diritti della famiglia legittima. Infatti nel concorso tra legittimi e adulterini il riconoscimento del diritto di questi ultimi avrebbe rischiato di ridurre la misura della pensione percepibile dai primi; preoccupazione, questa, che, comunque la si valuti, risponde allo stesso dettato dell'art. 30, comma terzo, ultima parte.
Per analogo motivo é da ritenere infondata la censura argomentata dall'art. 3 della Costituzione nella parte in cui contiene il divieto di ogni distinzione fatta derivare da "condizioni personali". Come la stessa ordinanza ricorda, la costante giurisprudenza della Corte ha interpretato tale disposizione nel senso che essa non escluda (ed anzi importi) trattamenti differenziati quando essi risultino giustificati da situazioni oggettivamente diverse.
Ora non é dubbio che la condizione dei figli adulterini e degli incestuosi, secondo le disposizioni vigenti che riflettono la comune coscienza sociale, non é equiparabile a quella degli altri figli naturali, e pertanto la esclusione del diritto a pensione disposta nei confronti dei medesimi, riflettendo il sistema cui é informata la legislazione, non può considerarsi arbitraria. Il che é sufficiente a far ritenere non contrastanti con l'art. 3 le norme denunciate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Sezione speciale per le pensioni di guerra della Corte dei conti, relativa agli artt. 62, terzo comma, e 64 della legge 10 agosto 1950, n. 648, in relazione agli artt. 38, primo comma, 30, terzo comma, 3, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1966.
Gaspare AMBROSINI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 6 luglio 1966.