SENTENZA N. 79
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato il 17 gennaio 1966, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 27 successivo ed iscritto al n. 2 del Registro ricorsi 1966, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito del decreto del Ministro per l'industria e per il commercio 28 ottobre 1965 recante "Modalità relative alle conferenze periodiche in materia di energia elettrica".
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 4 maggio 1966 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;
uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per la Regione siciliana, e il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso depositato il 27 gennaio 1966, la Regione siciliana, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Sorrentino e Arturo Carlo Jemolo, ha sollevato conflitto di attribuzione per l'invasione della propria sfera di competenza, in relazione al decreto del Ministro per l'industria e il commercio 28 ottobre 1965, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 289 del 19 novembre 1965 e intitolato: "Modalità relative alle conferenze periodiche in materia di energia elettrica". Questo decreto si fonda sulla legge 6 dicembre 1962, n. 1643, "Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento allo stesso delle imprese esercenti le industrie elettriche", la quale, nel delegare (art. 2) al Governo l'emanazione di norme relative ai poteri del Comitato dei Ministri e del Ministro per l'industria e il commercio, all'organizzazione dell'Ente, alle sue funzioni, ai limiti della sua attività, a tutto quanto attiene ai trasferimenti e a quanto altro previsto dalla legge, stabilisce al n. 7 dell'art. 3: "saranno previste periodiche conferenze per la consultazione di rappresentanze locali ed economiche ed in particolare delle Regioni, degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e dei corpi scientifici"; e sul D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670, "Organizzazione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica", che, al n. 5 dell'art. 2, dichiara che spetta al Ministro per l'industria e il commercio di stabilire le modalità per le conferenze previste dal ricordato art. 3, n. 7, della legge istitutiva dell'Ente.
In particolare, il decreto ministeriale stabilisce all'art. 3 la composizione delle "conferenze", indicando al n. 2, tra coloro che vi partecipano, un rappresentante della Regione, e riconoscendo al Ministro per l'industria e il commercio la facoltà di determinare i rappresentanti degli organismi di ricerca e culturali e, in caso di necessità, gli esperti nella materia oggetto delle conferenze che devono essere invitati a parteciparvi.
2. - La difesa della Regione, richiamata la competenza legislativa e amministrativa spettante alla Regione in materia di industria e commercio ex artt. 14, lett. d, e 20 dello Statuto speciale e ricordato altresì che le attribuzioni del Ministero dell'industria e del commercio sono esercitate nella Regione dall'amministrazione regionale ai sensi dell'art. 1 del D.P.R. 5 novembre 1949, n. 1182, lamenta che, in base al decreto ministeriale impugnato, la Regione siciliana abbia nelle conferenze un solo rappresentante e, inoltre, che la designazione delle persone, la partecipazione delle quali non sia già fissata dal decreto medesimo, sia attribuita a organi diversi dalla Regione, ad organi governativi e, nella maggior parte dei casi, all'E.N.E.L. Ad avviso della difesa, la stessa materia dell'organizzazione delle conferenze avrebbe dovuto essere attribuita, per la Sicilia, al potere legislativo, anzi, forse più propriamente, al potere regolamentare della Regione, essendo le "conferenze" un "corpo consultivo", che deve "consentire l'esame dei problemi di sviluppo economico e sociale della Regione", non vedendosi perciò alcuna ragione per la quale non debba essere la Regione a indicare gli enti in grado di esprimere le varie esigenze regionali.
La difesa prospetta l'ipotesi se la Regioneavrebbe dovuto sollevare il conflitto al momento dell'emanazione del decreto legislativo delegato che attribuiva al Ministro la facoltà di stabilire le modalità delle conferenze. Ma la prospetta per respingerla, richiamando una sentenza di questa Corte, giusta la quale, quando una materia non sia completamente regolata dalla legge statale e si faccia rinvio a ulteriori norme senza menzione espressa delle Regioni e dei loro problemi, non si può intendere ancora verificata la lesione dei diritti regionali, potendo le norme, alle quali si fa rinvio, tener conto di questi diritti. Nel caso che ha dato origine al presente conflitto di attribuzione, tanto meno poteva configurarsi una siffatta lesione, in quanto l'art. 2 della legge delegata potrebbe, anzi, dovrebbe essere interpretato nel senso che al Ministro si sia voluta attribuire soltanto la determinazione, di natura regolamentare, delle modalità esecutive delle conferenze, non già la costituzione degli organi, la competenza a designare i membri delle conferenze e l'altra a investire l'organo della trattazione dei singoli problemi, materie tutte che dovrebbero formare oggetto di normazione primaria. Se codesta interpretazione fosse respinta, la difesa regionale sostiene che dovrebbe essere accolta l'altra, giusta la quale il Ministro dovrebbe limitarsi a provvedere solo là dove non esistono Regioni a statuto speciale. Se il Governo accettasse queste interpretazioni, la Regione dichiara che le sue "deplorazioni" cadrebbero. Tuttavia, qualora si ritenessero non fondate tutte e due queste interpretazioni, dovrebbe dichiararsi l'illegittimità costituzionale della norma dell'art. 2, n. 5, per aver affidato al Ministro di stabilire le modalità per le conferenze, mentre a ciò era stato delegato il Governo il quale non avrebbe potuto, a sua volta, delegare il Ministro per l'industria e il commercio.
In definitiva, la tesi principale della Regione é che le norme sull'organizzazione delle conferenze devono essere stabilite dalla Regione; la tesi subordinata, che la Regione sia competente ogni volta che il decreto non fissi esso stesso le persone che partecipano alla conferenza, ma dia agli organi statali o all'E.N.E.L. un potere di elezione, nonché nel caso in cui si debbano invitare alle conferenze rappresentanti di organismi di ricerca e culturali.
Conclude chiedendo che la Corte, previa, se necessaria, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 2, n. 5, del D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670, dichiari che spetta alla Regione il potere di organizzare le conferenze previste dalla legge istitutiva dell'E.N.E.L. , dettando le norme circa le persone chiamate a parteciparvi e la loro periodicità; in subordine, che spettino ad essa le scelte e le designazioni di cui si é detto e che pertanto annulli il decreto ministeriale impugnato.
3. - Al ricorso resiste il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato, come per legge, dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato deduzioni il 4 febbraio 1966.
Alla tesi principale della Regione l'Avvocatura obietta:
a) che avendo di mira le conferenze, delle quali é questione, il conseguimento di fini di interesse nazionale, quali sono quelli assegnati dalla legge all'E.N.E.L. é evidente che la loro composizione non possa essere affidata alla Regione senza che si rischi di rendere impossibile un'equilibrata attività consultiva utile all'esercizio dei compiti assegnati dalla legge al Ministro e al Comitato dei Ministri. Le conferenze devono essere, si organizzate in modo da consentire l'esame dei problemi di sviluppo delle Regioni, ma sempre in relazione ai compiti istituzionali dell'Ente, che sono fondamentalmente quelli di assicurare l'equilibrato sviluppo economico del Paese;
b) che la composizione delle conferenze non comporta che gli interessi della Regione non siano congruamente valutati. Se é vero che il decreto impugnato prevede un solo rappresentante regionale, ciò é vero se per Regione s'intende il solo governo regionale, non se, invece, si fa riferimento agli interessi regionali, dei quali sono portatori quasi tutti i membri della conferenza, nella stragrande maggioranza provenienti da organi se non della Regione, di "estrazione regionale". Nemmeno vero sarebbe che la designazione di questi membri sia attribuita all'E.N.E.L. , dovendosi invece ritenere che, essendo essi invitati a partecipare alla conferenza a titolo di rappresentanza di vari organismi, a questi spetterà evidentemente la designazione.
Infine, la difesa dello Stato ritiene manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, n. 5, del D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670. A suo avviso, questa disposizione conterrebbe due proposizioni, una principale ma implicita, l'altra conseguente: quella, cioè, che ha affidato al Ministro per l'industria e il commercio di stabilire le modalità per le conferenze previste dal n. 7 dell'art. 3 della legge istitutiva dell'E.N.E.L. La proposizione implicita sarebbe appunto questa, vale a dire la norma della legge delegante che imponeva al legislatore delegato di provvedere a conferenze periodiche. Al Governo, perciò, era riservata soltanto la competenza della previsione delle conferenze, non già quella di stabilirne le modalità che poteva ben essere attribuita a un componente del Governo titolare istituzionale della materia, appunto il Ministro per l'industria e il commercio.
Conclude chiedendo che la Corte, previa dichiarazione di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, n. 5, del D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670, respinga il ricorso proposto dalla Regione siciliana e per gli effetti dichiari che la previsione delle periodiche conferenze di cui all'art. 3, n. 7, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, spetta, anche per quanto si riferisce alla Regione siciliana, allo Stato e non alla Regione.
4. - La difesa della Regione ha pure depositato il 20 aprile 1966 una memoria, nella quale ribadisce le sue tesi e insiste nelle conclusioni già prese.
5. - Nell'udienza del 4 maggio 1966 le difese delle parti hanno illustrato le tesi sostenute negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1. - Le due censure mosse dalla Regione al provvedimento del Ministro per l'industria e il commercio, che regola la composizione e il funzionamento delle conferenze periodiche in materia di energia elettrica, sono infondate: sia la prima, che costituisce la tesi principale della difesa regionale, sia la seconda, che é proposta come tesi subordinata.
Quanto alla prima, che rivendica alla Regione la competenza nella determinazione delle "modalità esecutive" delle conferenze periodiche, occorre ricordare che la Regione siciliana non ha competenza nelle materie delle riforme economiche e sociali, tra le quali, come la Corte ha avuto occasione di affermare (sentenza n. 13 del 1964), rientra la nazionalizzazione dell'industria elettrica. Il richiamo alla competenza regionale in materia di industria e commercio (art. 14, lett. d, dello Statuto siciliano) e alle relative norme di attuazione (D. P. R. 5 novembre 1949, n. 1182) non é fatto a proposito, perché la competenza nella materia delle riforme agrarie e industriali esplicitamente riservata allo Stato, in virtù del primo comma dell'art. 14 dello Statuto siciliano, non può ritenersi trasferita alla Regione come parte della competenza che ad essa spetta in materia di industria e commercio. Né il richiamo a questa competenza può superare il generale limite dell'interesse nazionale che la potestà legislativa regionale incontra e che é prevalente nel caso della nazionalizzazione dell'industria elettrica. Pertanto, il trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione in materia di industria e commercio si deve intendere avvenuto col rispetto dei limiti assegnati alla competenza legislativa regionale, conformemente al sistema che prevede, nell'ambito regionale - e anche in quello delle Regioni a statuto speciale -, una stretta correlazione fra potestà legislativa e potestà amministrativa. Di conseguenza, così come spetta allo Stato la competenza a deliberare le riforme agrarie e industriali, anche allo Stato spetta la competenza ad emanare le relative norme di organizzazione. Se esigenze di buon funzionamento richiedono l'istituzione di organi e strutture periferiche, che agevolino l'attuazione delle riforme e l'aderenza loro alle necessità locali, non ne consegue che la normativa di siffatta organizzazione, articolata su base regionale o su altra ripartizione territoriale, sia di competenza della Regione.
2. - Se é infondata la censura principale mossa dalla Regione al provvedimento ministeriale, infondata é anche la censura proposta in via subordinata.
Infatti, se la determinazione delle modalità esecutive delle conferenze periodiche non spetta in via di principio alla Regione, non si vede come possa spettargliene una parte: la designazione, cioè, degli enti che devono essere rappresentati negli organi consultivi, o l'individuazione delle organizzazioni di categoria più rappresentative operanti nella Regione, indicate nei numeri 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25 del primo comma dell'art. 3 del decreto ministeriale, alle quali l'E.N.E.L. é tenuto a richiedere la nomina di rappresentanti, o, infine, la determinazione degli organismi di ricerca e cultura, i cui rappresentanti devono essere invitati dal Ministro a far parte delle conferenze, e degli esperti che il Ministro medesimo deve designare, "qualora se ne ravvisi la necessità". Anche per questi particolari aspetti della composizione degli organi consultivi, che vanno sotto il nome di conferenze periodiche, la competenza non può essere se non dello Stato. Non che sia da escludere in via di principio la possibilità di un concorso di competenze amministrative tra Stato e Regione, ma ciò sempre quando vi sia un analogo concorso di competenze legislative, non quando, come nel caso, la competenza spetti nella materia del tutto allo Stato (o alla Regione) e, per di più, l'eventuale diversità di criteri ispiratori della duplice e concorrente competenza amministrativa possa dar luogo a una ridotta funzionalità dell'organo e a una non perfetta sua corrispondenza allo scopo per il quale é costituito.
La Corte ha avuto sì occasione di affermare che nella disciplina delle materie di competenza generale dello Stato, come le riforme agrarie e industriali e la programmazione, deve essere fatta salva la competenza delle Regioni e la tutela degli interessi, dei quali queste sono portatrici. Ma, nel caso di specie, si é visto che non sussisteva una competenza della Regione che potesse perciò essere illegittimamente disattesa; e sta poi in fatto che, in questa periodica consultazione che l'Ente é tenuto a fare nello svolgimento della sua attività, necessariamente impostata su fondamenti unitari, estesa a tutto il territorio dello Stato e rivolta a interessi generali, gli interessi regionali sono tenuti presenti, la maggior parte dei componenti delle conferenze essendo rappresentanti di enti ed organismi regionali o di organi statali operanti nella Regione e designati di regola da codesti medesimi enti, organismi od organi, e non dal Ministro, né dall'E.N.E.L.
3. - La Regione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, n. 5, del D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670, che dichiara spettare al Ministro di "stabilire le modalità per le conferenze previste dal n. 7 dell'art. 3 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643", che, come si é ricordato, impone al Governo delegato di prevedere periodiche conferenze per la consultazione di rappresentanze locali ed economiche, e, in particolare, delle Regioni e degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e dei corpi scientifici. La questione é sollevata nei confronti dell'art. 76 della Costituzione, che risulterebbe violato, in quanto il Governo, al luogo di esercitare la delega conferitagli, avrebbe a sua volta delegato uno dei suoi componenti: il Ministro per l'industria e il commercio. La questione é irrilevante,
Essa, infatti, non si trova in rapporto di pregiudizialità con il conflitto sollevato davanti alla Corte; non é necessario, cioè, stabilire se il legislatore delegato si sia tenuto o no nell'ambito della delegazione per risolvere il conflitto tra Stato e Regione, risultando aliunde che la competenza nella materia de qua é dello Stato e che perciò non si é verificata l'invasione della sfera di competenza regionale, costituzionalmente garantita.
Ma la questione é anche infondata, dovendosi ravvisare nella norma impugnata, non già una subdelegazione, ma l'attribuzione di una competenza al Ministro per l'industria, che ben rientra nei limiti dei poteri del legislatore delegato. La legge di delegazione aveva dettato su questo punto già essa stessa norme sufficientemente precise circa i fini di questi organi consultivi, e circa gli enti che vi dovevano essere rappresentati, perché non rimanesse spazio se non per una normativa di tipo regolamentare.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato stabilire la composizione e il funzionamento delle conferenze periodiche in materia di energia elettrica.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1966.
Gaspare AMBROSINI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 2 luglio 1966.