SENTENZA N. 49
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 340 del Codice civile, promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1965 dal Tribunale per i minorenni di Torino su ricorso di Riva Secondina, iscritta al n. 164 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 242 del 25 settembre 1965.
Udita nella camera di consiglio del 3 marzo 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Branca.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento promosso da ricorso della signora Secondina Riva, il Tribunale per i minorenni di Torino, con ordinanza del 10 luglio 1965, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 340 del Codice civile.
Secondo il Tribunale di Torino il primo comma dell'art. 340 e in genere tutto il suo contenuto contrasterebbero con gli artt. 3 e 29 della Costituzione: vi si stabilisce, infatti, che la vedova, quando passi a nuove nozze, sia sottoposta a controllo del giudice perché possa conservare l'amministrazione dei beni dei figli del primo letto; poiché questo controllo é escluso nel caso in cui passi a nuove nozze il vedovo, ciò importerebbe una discriminazione tra vedova e vedovo non ammessa dai principi costituzionali: infatti non troverebbe giustificazione neanche nella chiusa dell'art. 29 della Costituzione essendo cessata, con la morte d'uno dei coniugi, quell'unità familiare che consente limiti alla eguaglianza fra i due.
Non c'é stato intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri né costituzione della parte privata.
Considerato in diritto
L'ordinanza di rinvio denuncia l'art. 340 del Codice civile per disparità di trattamento tra vedovo e vedova, cioè per contrasto cogli artt. 3 e 29 della Costituzione: mentre il vedovo che contrae nuovo matrimonio conserva il potere di amministrare i beni dei figli minori di primo letto, la vedova, prima di passare a nuove nozze, deve avvisarne il tribunale, che può anche toglierle l'amministrazione, dalla quale decade, del resto, se manca quel preavviso.
La norma fa parte di quella complessa disciplina dei rapporti familiari sulla quale, come questa Corte ha già osservato, é opportuno un sistematico intervento legislativo. Tuttavia la questione é infondata.
Poiché l'art. 29 della Costituzione garantisce l'eguaglianza dei coniugi come fondamento e ordine del matrimonio, appare manifesto che l'una é voluta solo in funzione dell'altro; di modo che col cessare del vincolo matrimoniale, pur dovendosi rispetto al principio generale d'eguaglianza (art. 3 della Costituzione), cade la ragione di quella speciale garanzia. Cade non tanto perché non si possa ipotizzare un'eguaglianza fra i coniugi se uno di loro é mancato, quanto perché, colla cessazione del matrimonio, vengono meno quei rapporti interconiugali che esigono l'assoluta parità morale e giuridica dei soggetti: da quel momento infatti il rapporto familiare si pone soltanto fra il coniuge superstite e i figli, la cui posizione inoltre, per la possibilità del genitore di crearsi un'altra famiglia con un nuovo matrimonio, richiede una particolare tutela legislativa.
Dato ciò, nel sancire che alla madre rimasta vedova, e non al padre rimasto vedovo, possa essere negata l'amministrazione dei beni, il legislatore é stato mosso indubbiamente dal proposito di tutelare gli interessi dei figli di primo letto: se, da questo punto di vista e con questa preoccupazione, ha ritenuto che la madre, per essersi creata una nuova famiglia ed essendo distratta dalle cure che essa importa, possa dare minore affidamento od avere minori attitudini alla buona amministrazione di quei beni, la norma, anche perché il suo motivo ispiratore ritorna in altre disposizioni del Codice, non può dirsi arbitraria. Cosicché non risulta violato nemmeno il principio generale d'eguaglianza (art. 3 della Costituzione), mentre una dichiarazione di illegittimità costituzionale assimilerebbe la vedova al vedovo, ma sottrarrebbe al minore quella garanzia che, sia pure limitatamente alla madre, la norma impugnata oggi gli offre.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 340 del Codice civile (nuove nozze della madre), proposta, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, con l'ordinanza citata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1966.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 23 maggio 1966.