Sentenza n. 46 del 1966
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SENTENZA N. 46

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 156, primo comma, del Codice civile, promosso con ordinanza emessa il 19 maggio 1965 dal Tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra Curnilli Italia e Calamassi Egidio, iscritta al n. 166 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 4 settembre 1965.

Udita nella camera di consiglio del 3 marzo 1966 la relazione del Giudice Costantino Mortati.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto di citazione del 16 settembre 1963 la signora Curnilli Italia conveniva avanti al Tribunale di La Spezia il proprio marito Calamassi Egidio, dal quale era consensualmente separata fin dal 1956, chiedendo la condanna di questi a corrisponderle l'assegno di mantenimento, cui egli si era impegnato all'atto della separazione, in misura superiore a quella allora stabilita in L. 20.000 mensili. Poiché il convenuto ha fatto rilevare che la moglie, quale dipendente del Ministero della difesa, godeva di una retribuzione solo leggermente inferiore agli emolumenti da lui percepiti quale maresciallo di sanità, ed ha eccepito la incostituzionalità dell'art. 145 del Codice civile, in relazione all'art. 3 della Costituzione, il Tribunale, nella considerazione che la rilevanza della questione sollevata, al fine della decisione della causa sottopostagli, dovesse essere stabilita in confronto all'art. 156, riguardante i rapporti fra coniugi separati, che rinvia per la disciplina dei medesimi all'art. 145, e che l'eccezione di incostituzionalità così prospettata, in relazione agli artt. 3 e 29 della Costituzione non fosse manifestamente infondata, ebbe a disporre, con sua ordinanza del 19 maggio 1965 la sospensione del giudizio e l'invio degli atti del medesimo alla Corte.

L'ordinanza, notificata e comunicata ai sensi di legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 4 settembre 1965.

Nessuna delle parti si é costituita e pertanto la Corte decide in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Si rende necessario anzitutto precisare i termini della questione entro i quali é da contenere la decisione della Corte. Risulta dalla precedente esposizione che l'eccezione di incostituzionalità, per contrasto con il principio di eguaglianza, non riguarda la diversità di trattamento che sembra derivare dal confronto fra i due commi dell'art. 145 (cui rinvia l'art. 156 pel caso di coniugi separati, allorché entrambi siano incolpevoli della separazione) pel fatto che viene addossato al marito l'obbligo di somministrare alla moglie quanto sia necessario ai suoi bisogni di vita, ed invece a quest'ultima l'altro diverso di provvedere al solo mantenimento del marito, bensì la sperequazione fra gli obblighi dei due coniugi, dato che gli articoli predetti, nel determinare la misura delle prestazioni dovute dal marito per soddisfare le esigenze della moglie non richiedono che si abbia riguardo alle condizioni economiche di lei, in difformità di quanto dispongono nel caso inverso, dell'obbligo a carico della moglie che viene invece condizionato al fatto della mancanza nel consorte di mezzi sufficienti.

2. - Per accertare se la discriminazione fra i coniugi, nei termini prospettati, contrasti con la Costituzione, é da ricordare che l'assoluto divieto fatto al legislatore dall'art. 3 di disporre qualsiasi diversità di trattamento giuridico per ragioni di sesso, incontra, per quanto riguarda i rapporti familiari, un solo e tassativo limite, qual é posto dall'art. 29, secondo comma, della Costituzione a garanzia dell'unità della famiglia: limite che, rivestendo carattere di eccezione al principio generale che l'articolo stesso formula, della piena eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, dev'essere interpretato restrittivamente, secondo quanto la Corte ha avuto occasione di statuire con la sentenza n. 64 del 1961.

Non é qui da indagare se esigenze di unità possano essere assunte per fornire una sufficiente giustificazione alla diversità di trattamento disposta dall'art. 145 per i coniugi conviventi, poiché tale questione non é stata proposta, sicché la sua soluzione deve rimanere del tutto impregiudicata. Avendo invece riguardo al regime di separazione, ricorrente nella specie, non é dato riscontrare alcun elemento che consenta di ricollegare la diversità predetta con quelle esigenze. Infatti, comunque si debba intendere l'unità voluta tutelare dall'art. 29, si deve ritenere che essa non sia invocabile di fronte a coniugi rispetto ai quali, pel fatto stesso della separazione, sono venuti a mancare i presupposti dell'unità, sia che di questa si consideri l'aspetto materiale o fisico, essendo cessata la convivenza, e con essa la collaborazione della moglie alla gestione domestica, sia quello spirituale, essendosi resa manifesta un'incompatibilità fra i due tale da rendere non più possibile la vita in comune.

Deve pertanto ritenersi contrastante con l'art. 29 il disposto dell'art. 156, nella parte in cui, prevedendo la separazione senza colpa di nessuno dei due coniugi, impone al marito di provvedere a tutto quanto si rende necessario ai bisogni di vita della moglie senza alcuna considerazione dei mezzi di cui questa per avventura disponga. A tali mezzi si deve invece avere riguardo per stabilire quale parte debba essere impiegata per consentire alla moglie separata, non già di sottrarsi allo stato di bisogno, che potrebbe anche non sussistere, bensì di mantenere quello stesso tenore di vita che avrebbe goduto se non fosse intervenuta la separazione; in concorso con le somministrazioni rivolte allo stesso scopo, che devono rimanere a carico del marito, in proporzione alle sue sostanze.

É ancora da precisare che la conclusione cui si é giunti deve valere allorché, all'atto della separazione omologata dal Tribunale, non sia stato stipulato alcun accordo circa gli obblighi patrimoniali corrispettivi, o di uno solo dei coniugi verso l'altro, né si possa, nonostante tale omissione, desumere una qualsiasi volontà implicita al riguardo. Che se invece sussistano convenzioni su tale punto, spetterà al giudice del merito stabilire se il marito, obbligandosi a erogazioni a favore della moglie, pur quando essa risultasse provvista di propri mezzi, non abbia inteso rinunciare a far valere l'esenzione che avrebbe potuto invocare a proprio favore.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 156, primo comma, del Codice civile, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ciò che é necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

Depositata in cancelleria il 23 maggio 1966.