SENTENZA N. 29
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale della Sardegna il 15 gennaio 1964, concernente "Utilizzazione dei mezzi, dei fondi e del personale a disposizione della Giunta regionale nel corso delle elezioni del quarto Consiglio regionale della Sardegna", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri notificato il 28 maggio 1965, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 4 giugno successivo ed iscritto al n. 11 del Registro ricorsi 1965.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione autonoma della Sardegna;
udita nell'udienza pubblica del 19 gennaio 1966 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'avv. Pietro Gasparri, per il Presidente della Regione sarda.
Ritenuto in fatto
Con ricorso depositato in cancelleria il 4 giugno 1965 il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dal l'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge regionale sarda 15 gennaio 1964, riapprovata dal Consiglio regionale il 7 maggio 1965, concernente la istituzione di una Commissione consiliare di inchiesta col compito di accertare ed indagare "sulla utilizzazione dei mezzi, dei fondi e del personale a disposizione della Giunta regionale nel corso delle elezioni del quarto Consiglio regionale della Sardegna".
Secondo l'Avvocatura la legge impugnata sarebbe illegittima per i seguenti motivi:
1) violazione dell'art. 121 in relazione agli artt. 123 e 116 della Costituzione e degli artt. 15, 27 e 34 dello Statuto sardo perché il Consiglio regionale avrebbe invaso la sfera di competenza che le citate norme attribuiscono alla Giunta, al suo Presidente e ai suoi componenti;
2) violazione degli artt. 116 e 82 della Costituzione e degli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto perché l'inchiesta non figura nelle norme statutarie che specificano quali sono le materie nelle quali la Regione ha competenza legislativa, né d'altra parte si potrebbe estendere al Consiglio regionale sardo quell'autonomo potere di inchiesta che l'art. 82 della Costituzione riserva alle Camere;
3) violazione degli artt. 100, comma secondo, 103, comma secondo, e 125 della Costituzione nonché degli artt. 31 e 56 dello Statuto perché la legge impugnata comporterebbe una invasione del campo riservato alla giurisdizione dello Stato ed al controllo da parte della Corte dei conti alla quale soltanto spetta il sindacato sulla legittimità degli atti della Giunta che prevedono una spesa.
Il Consiglio regionale - ad avviso dell'Avvocatura - può controllare le spese effettuate dalla Giunta solo in sede di approvazione del bilancio (art. 31 dello Statuto) ma non può - senza valicare i limiti delle competenze attribuitegli - disporre inchieste per procedere a siffatto controllo.
Il Presidente della Regione autonoma della Sardegna, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Gasparri, si é costituito nel presente giudizio mediante deposito di deduzioni in cancelleria in data 18 giugno 1965.
Sul primo motivo del ricorso la difesa della Regione, dopo aver rilevato che il riferimento fatto dall'Avvocatura agli artt. 121, 123 e 116 della Costituzione é inammissibile e irrilevante trattandosi di norme che concernono le Regioni a statuto ordinario, venendo all'esame delle norme statutarie che si assumono violate osserva:
a) che la legge in esame non ha invaso la sfera di competenza che l'art. 34 dello Statuto attribuisce alla Giunta, al suo Presidente e suoi componenti, in quanto tra le competenze di detti organi non é compresa quella di deliberare e svolgere inchieste sul loro stesso operato;
b) che il potere di inchiesta che il Consiglio ha, nella specie, inteso esercitare trova il suo specifico fondamento nell'art. 37 dello Statuto costituendo un naturale completamento e logico strumento del potere di sindacato politico spettante al Consiglio. Infondata é la censura di una invasione della sfera di competenza della Giunta perché il Consiglio non ha voluto arrogarsi un potere di annullamento o riforma degli atti da questa emessi, ma ha inteso istituire una Commissione di inchiesta al solo scopo di raccogliere notizie utili al fine di poter esercitare le sue scelte in ordine alla conservazione o al ritiro della fiducia.
Sul secondo motivo del ricorso, che lamenta la violazione degli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto in quanto fra le materie contemplate da queste norme non potrebbe comprendersi quella relativa alla istituzione di Commissioni di inchiesta, la difesa della Regione rileva che la istituzione di Commissioni non é una "materia" ma é uno dei modi in cui l'autorità del Consiglio può esercitarsi nelle diverse materie riservate alla Regione.
Il potere del Consiglio regionale di disporre inchieste nelle materie di sua competenza troverebbe fondamento - secondo la difesa - nell'art. 19 dello Statuto in cui é detto che "il Consiglio regionale elegge, tra i suoi componenti,.... commissioni in conformità al regolamento interno". In armonia con tale disposizione gli artt. 127 e 128 del Regolamento del Consiglio prevedono delle Commissioni costituite in modo da rispecchiare la composizione dei gruppi consiliari, nominabili dal Presidente, per delega del Consiglio e aventi per fine l'espletamento di inchieste.
La Commissione istituita con la legge impugnata - che rientra in queste previsioni - sarebbe quindi legittima a meno che non si voglia mettere in dubbio la legittimità costituzionale dei citati articoli del regolamento.
In ordine al terzo motivo del ricorso la difesa osserva che la istituzione della Commissione di inchiesta non comporta lesione della competenza dell'autorità giurisdizionale e, in particolare, delle competenze giurisdizionali e di controllo della Corte dei conti, perché le funzioni ispettive del Consiglio si svolgono su un piano diverso; esse tendono, infatti, solo ad assumere informazioni sul comportamento dell'Amministrazione per l'adozione di determinazioni politiche e non a bloccare in via preventiva atti amministrativi comportanti spese illegittime, né tanto meno ad accertare responsabilità pecuniarie di funzionari.
Inesatta sarebbe, infine, la tesi secondo la quale il controllo sulla spesa può essere effettuato dal Consiglio solo ai sensi dell'art. 31 dello Statuto in sede di approvazione del bilancio in quanto il controllo finanziario, oltre che in modo periodico, può essere effettuato occasionalmente su singole operazioni o fasi dell'azione amministrativa.
Conclude, pertanto, la difesa chiedendo che la Corte voglia respingere il ricorso.
In una memoria, depositata in cancelleria il 6 gennaio 1966, l'Avvocatura dello Stato ha ulteriormente svolto i motivi di incostituzionalità della legge impugnata osservando che con essa:
a) si dispone l'esercizio di un potere inquirente relativo a una funzione consiliare già esercitata. Ciò in quanto, a distanza di quattro anni dall'approvazione da parte del Consiglio regionale, del rendiconto consuntivo, comprensivo delle spese affrontate dalla Giunta durante la campagna elettorale del 1961, si pretende di svolgere un nuovo e più completo accertamento rispetto a tali spese;
b) si dispongono accertamenti documentali, amministrativi e personali che esorbitano dai limiti entro i quali si esercitano i normali poteri di indagine costituenti l'aspetto accessorio e sussidiario delle funzioni specificamente attribuite dallo Statuto al Consiglio regionale in materia di controllo politico e amministrativo - finanziario;
c) si attribuisce alla Commissione di inchiesta mediante l'uso dello strumento legislativo una funzione inquirente con carattere di autonomia ed indipendenza dalle funzioni specificamente spettanti al Consiglio, estendendo così in via analogica alla Regione sarda quell'autonomo potere di inchiesta in materia di pubblico interesse che l'art. 82 della Costituzione riserva alle Camere;
d) si invade, infine, il campo riservato allo Stato (Corte dei conti) in materia di controllo di legittimità sugli atti della Giunta e in materia di giurisdizione per responsabilità amministrativo-contabili.
Sulla base di tali considerazioni l'Avvocatura insiste perché la legge impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima.
Anche la difesa della Regione ha ritualmente depositato in cancelleria una memoria difensiva.
In essa si riafferma in primo luogo il potere del Consiglio regionale di disporre inchieste, sia perché analogo potere viene esercitato anche dai Consigli comunali e provinciali, sia perché, per la Regione sarda il potere in questione é previsto da idonee disposizioni dello Statuto e del Regolamento interno del Consiglio regionale.
Si sostiene, quindi, dalla difesa che oggetto della inchiesta può ben essere l'operato della Giunta ed in particolare l'uso di fondi posti a disposizione di questa. Le inchieste del genere - che non comportano lesione né della sfera di competenza della Giunta, né di quella della Delegazione regionale della Corte dei conti - si propongono lo scopo di fornire al Consiglio dati utili per l'esercizio della sua funzione di controllo politico.
L'unico dubbio che - ad avviso della difesa - si può avere in ordine alla fattispecie in esame é quello relativo alla necessità o meno di una legge per la nomina di una Commissione d'inchiesta. Su tale specifico punto la difesa, dopo aver osservato che secondo l'art. 82 della Costituzione la disposizione di inchieste costituisce esercizio dell'autonomia delle singole Camere e non atto legislativo dell'intero Parlamento, e che del pari, per l'art. 19 dello Statuto, l'elezione o istituzione di Commissioni é atto distinto da quello propriamente legislativo, afferma che, qualora dovesse ritenersi che la forma della legge non sia necessaria per la nomina di Commissioni d'inchiesta, la conseguenza che ne deriverebbe nel caso in esame sarebbe semplicemente quella che il provvedimento impugnato, valido nella sua sostanza dispositiva, dovrebbe considerarsi viziato nella forma per la erronea sua denominazione. Erroneamente cioè lo si sarebbe chiamato "legge" ed altrettanto erroneamente lo si sarebbe inviato al Commissario dello Stato ed erroneamente questi e il Governo lo avrebbero preso in considerazione e impugnato come legge. Con la conseguenza, secondo la difesa, che, trattandosi di atto invalido come legge nel senso formale del termine ma valido come atto di autonomia interna del Consiglio non sarebbe impugnabile davanti questa Corte, quanto meno con la procedura dell'art. 33 dello Statuto speciale.
La difesa della Regione ha precisato le sue conclusioni chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.
Considerato in diritto
1. - I motivi di incostituzionalità dedotti nel ricorso a sostegno della illegittimità della legge regionale impugnata pongono, nel loro insieme, alla Corte l'esame del problema se spetti al Consiglio regionale sardo un potere d'inchiesta e, nell'affermativa, entro quali limiti possa essere esercitato.
2. - In ordine al primo punto, va presa in considerazione la censura, esposta nel secondo motivo del ricorso, secondo la quale la legge regionale in esame comporterebbe la violazione degli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto, in quanto, nelle materie riservate da tali norme alla competenza legislativa della Regione, non figurerebbe quella relativa alla istituzione, da parte del Consiglio, di Commissioni di inchiesta.
Il rilievo é però infondato perché il potere d'inchiesta - come é stato osservato anche dalla difesa della Regione - non costituisce una materia nel senso nel quale sono - ad esempio - materie l'agricoltura o l'industria o l'istruzione rispettivamente contemplate negli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto.
L'inchiesta consiste in una indagine diretta a raccogliere elementi di conoscenza più approfondita su fatti o persone ed ha essenzialmente funzione strumentale in vista dei provvedimenti che potranno essere adottati, non dalla Commissione all'uopo nominata che ha svolto l'indagine, ma dall'organo deliberativo che l'ha disposta ai fini di una migliore e più adeguata esplicazione delle proprie attività istituzionali.
L'inchiesta non si configura come una funzione autonoma dei Consigli regionali, ma é un potere connaturato e implicito nelle varie funzioni spettanti ai Consigli medesimi, rappresenta cioè un modo di estrinsecazione di dette funzioni. Potrà perciò presentarsi la necessità o l'opportunità di una inchiesta tanto come strumento per l'esercizio della funzione legislativa quanto come strumento per l'esercizio delle altre funzioni spettanti al Consiglio.
Sulla base di tali considerazioni non può non riconoscersi al Consiglio regionale della Sardegna il potere di ordinare inchieste anche se non previste da una puntuale disposizione del relativo Statuto.
3. - Nel secondo aspetto del problema viene anzitutto in esame la questione se il Consiglio possa disporre con legge l'istituzione di una Commissione d'inchiesta. La stessa difesa della Regione ha sul punto formulato dubbi per sostenere, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso.
Ritiene la Corte che la scelta dello strumento legislativo, adottato dal legislatore regionale nel caso di specie, non dia luogo a vizio di legittimità costituzionale.
Se si pone mente al fatto che la legge é il mezzo naturale e ordinario di espressione della volontà di detto organo e si tiene conto, inoltre, che, per la ricordata sua natura accessoria, l'inchiesta si configura come un modo di estrinsecazione delle funzioni del Consiglio, non si vede per quale motivo non debba essere consentita al legislatore regionale la possibilità di adottare la forma della legge per deliberare una inchiesta riconosciuta di sua spettanza.
4. - Egualmente infondate sono le altre censure mosse contro la legge in esame.
In primo luogo non sussiste violazione della sfera di competenza che l'art. 34 dello Statuto assegna al Presidente della Giunta regionale, alla Giunta e ai suoi componenti. Ed invero l'indagine che il Consiglio si propone di fare mediante la Commissione, riguardando un controllo sull'uso fatto dalla Giunta di mezzi, di fondi e di personale a sua disposizione durante la campagna elettorale del 1961, non lede l'indipendenza dei suddetti organi e non ne usurpa o invade le rispettive funzioni.
Il Consiglio, per contro, agendo nella sfera delle sue attribuzioni, ha fatto uso di un suo potere istituzionale: quello del sindacato, strettamente inerente ai suoi compiti di controllo politico, sull'operato degli organi esecutivi della Regione. Ha quindi disposto con la legge in esame una indagine che é aspetto accessorio e sussidiario dell'anzidetta funzione di controllo politico.
Né sussiste violazione dell'art. 82 della Costituzione, che si riferisce esclusivamente alle inchieste disposte dalle Camere, perché nelle singole disposizioni della legge impugnata non si rinviene una indebita estensione alla Commissione regionale di quei poteri che il citato articolo attribuisce alle Commissioni di nomina parlamentare.
Neppure fondato é il preteso contrasto con l'art. 31 dello Statuto basato sul rilievo che la legge avrebbe disposto a quattro anni di distanza un nuovo accertamento più completo e penetrante rispetto a spese già approvate dal Consiglio regionale in sede di approvazione del rendiconto consuntivo presentato dalla Giunta.
A parte la circostanza che il rendiconto dell'esercizio finanziario 1961, durante il quale furono erogate le spese oggetto dell'inchiesta, non risulta ancora approvato dal Consiglio (l'ultima legge approvativa di rendiconto é quella del 3 ottobre 1962, n. 11, relativa al conto consuntivo dell'anno 1953), deve ritenersi che anche dopo l'approvazione del rendiconto possa essere disposta una inchiesta su determinate operazioni o fasi della azione amministrativa ai fini dell'esercizio del controllo politico ispettivo spettante al Consiglio regionale.
Infondata é alfine la censura di violazione della sfera di competenza della Corte dei conti sia quale organo di controllo sugli atti della Regione, sia quale organo di giurisdizione in tema di responsabilità amministrativa e contabile (artt. 100 e 103, comma secondo, della Costituzione).
Il controllo della Corte ha per oggetto gli atti della Giunta e dell'Amministrazione regionale, tende a rilevarne gli eventuali vizi di illegittimità e ad impedire che gli atti illegittimi possano ricevere esecuzione.
La giurisdizione della Corte ha per oggetto l'accertamento della responsabilità amministrativa e contabile degli amministratori, dei funzionari e degli agenti della Regione.
Diverso, invece, per natura e finalità, é il controllo che il Consiglio si propone di esercitare con la legge in esame, essendo diretto ad accertare il comportamento dei componenti la Giunta ai fini delle conseguenti determinazioni politiche.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 28 maggio 1965, sulla legittimità costituzionale della legge regionale sarda 15 gennaio 1964 concernente "Utilizzazione dei mezzi, dei fondi e del personale a disposizione della Giunta regionale nel corso delle elezioni del quarto Consiglio regionale della Sardegna".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1966.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1966.