Sentenza n. 13 del 1966
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 13

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, e dell'art. 17 della legge 31 luglio 1956, n. 991 (modifiche alla legge 8 gennaio 1952, n. 6, sull'istituzione della Cassa di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori), promosso con ordinanza emessa il 9 marzo 1965 dal Presidente del Tribunale di Aosta su istanza di Giansoldati Silvano, iscritta al n. 47 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 109 del 30 aprile 1965.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 1 dicembre 1965 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

udito il vice avvocato generale dello Stato Dario Foligno, per il Presidente del Consiglio dei Ministri;

 

Ritenuto in fatto

 

Nell'intento di proporre opposizione contro l'avviso di pagamento e contemporaneo precetto, intimatogli dalla cancelleria del Tribunale di Aosta per il versamento di lire tremila alla Cassa di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori, il curatore del fallimento della società Onice Valdostana, rag. Silvano Giansoldati, con istanza diretta al Presidente di quel Tribunale, ha chiesto che il Tribunale ritenesse fondata la questione di legittimità costituzionale delle norme degli artt. 3 e 4 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, "avendo la legge posto in essere una situazione di ingiustificato privilegio per gli avvocati e procuratori". Con ordinanza del 9 marzo 1965, il Presidente del suddetto Tribunale ha sollevato la questione in riferimento agli artt. 3, 36 e 53 della Costituzione, osservando, in particolare, che l'art. 53, prevedendo l'obbligo per tutti di concorrere nelle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva, viene implicitamente ad escludere che lo Stato possa imporre un determinato contributo, da pagarsi non all'orario, ma ad una Cassa da questo nettamente distinta, avente finalità proprie ed amministrazione autonoma.

La stessa ordinanza rileva che l'art. 17 della legge 31 luglio 1956, n. 991, affidando al dirigente dell'ufficio di cancelleria di decidere, con provvedimento non soggetto ad impugnazione, se un atto sia ricevibile o meno qualora sorgano contestazioni circa l'obbligo di applicazione delle marche, viola gli artt. 111, 113 ed, in special modo, l'art. 102 della Costituzione, in quanto viene a consentire ad un funzionario amministrativo di paralizzare inoppugnabilmente il corso della giustizia, dichiarando irricevibile un determinato atto.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 109 del 30 aprile 1965. Non vi é stata costituzione di parti. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato.

Con l'atto di intervento del 20 maggio 1965, l'Avvocatura deduce l'inammissibilità della questione e, nel merito, la infondatezza della medesima. Sotto il primo profilo, sostiene che difetta, nel caso in esame, il presupposto della pendenza di un giudizio davanti ad un organo investito di potestà giurisdizionale; e che il Presidente del Tribunale non ha esaminato se la proposta opposizione fosse rivolta al Collegio, oppure al Presidente, essendo evidente che egli non aveva il potere, nella qualità, di sollevare la questione nel caso in cui dovesse decidere il Collegio. E, qualora la domanda fosse rivolta al Presidente, avrebbe dovuto esaminare se a lui sia attribuito un potere decisorio di giurisdizione, o di amministrazione nella qualità di superiore gerarchico del cancelliere.

 

Considerato in diritto

 

L'eccezione di inammissibilità deve essere accolta perché la questione di legittimità costituzionale non é stata sollevata nel corso di un giudizio.

Il principio fondamentale, secondo il quale la questione di costituzionalità in via incidentale può essere sollevata soltanto nel corso di un giudizio, é stato affermato dalla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità é ancora ribadito da due specifici obblighi imposti dallo stesso art. 23 al giudice a quo: quello di esaminare se il procedimento principale non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale, e quello di sospendere "il giudizio in corso".

La sussistenza dunque di un procedimento principale condiziona il promovimento del giudizio di costituzionalità davanti a questa Corte.

Nella fattispecie, non sussiste tale condizione.

Un esposto diretto al Presidente del Tribunale, definito nel contesto come "ricorso" e contenente la dichiarazione di proporre opposizione ad un atto ingiuntivo per il pagamento di spese di giustizia, fra le quali é compreso anche il contributo dovuto alla Cassa di previdenza per gli avvocati e procuratori, non é atto idoneo ad instaurare un giudizio e dare quindi luogo allo svolgimento di un procedimento.

Infatti, a termini dell'art. 645 del Codice di procedura civile richiamato dall'art. 42 delle relative norme di attuazione, l'opposizione alla ingiunzione di pagamento di spese di giustizia si propone mediante atto di citazione "davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto"; decreto che nel caso in esame é quello che ha reso esecutiva la parcella delle spese redatta dal cancelliere.

Per di più, il Presidente del Tribunale - al quale era diretto quell'esposto - non era autorizzato a prendere alcun provvedimento al riguardo e non era comunque legittimato a sollevare la questione di legittimità costituzionale per difetto di ogni potere decisorio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, e dello art. 17 della legge 31 luglio 1956, n. 991, (modifiche alla legge 8 gennaio 1952, n. 6, sulla istituzione della Cassa di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori), questione sollevata con ordinanza del 9 marzo 1965 del Presidente del Tribunale di Aosta in riferimento agli artt. 3, 36, 53, 102, 111 e 113 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 febbraio 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

Depositata in cancelleria il 12 febbraio 1966.