SENTENZA N. 60
ANNO 1965
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2 e 15 della legge 19 gennaio 1939, n. 294, in riferimento all'art. 41 della Costituzione, promosso con ordinanza emessa il 16 luglio 1964 dal Pretore di Foggia nel procedimento penale a carico di Pellegrini Domenico e Liotti Carlo, iscritta al n. 150 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 238 del 26 settembre 1964.
Udita nella camera di consiglio del 25 maggio 1965 la relazione del Giudice Nicola Jaeger.
Ritenuto in fatto
Nel procedimento penale a carico di Pellegrini Domenico e Liotti Carlo, imputati di contravvenzione agli artt. 1, 2 e 15 della legge 19 gennaio 1939, n. 294, per avere effettuato in concorso fra loro una vendita straordinaria di merci senza la prescritta licenza della Camera di commercio, il Pretore di Foggia, in seguito alle opposizioni ai decreti penali di condanna proposte dagli imputati, pronunciava all'udienza del 16 luglio 1964 una ordinanza, con la quale sospendeva il giudizio in corso e ordinava la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per il giudizio sulla legittimità costituzionale delle norme richiamate nei decreti di condanna.
Si legge nella ordinanza di rimessione alla Corte che "la eccezione (di illegittimità costituzionale) non appare al giudicante manifestamente infondata, in considerazione che l'art. 41 della Costituzione della Repubblica concede libera iniziativa economica privata, mentre gli artt. 1, 2 e 15 della legge 19 gennaio 1939, n. 294, prevedono ed impongono delle limitazioni alla iniziativa economica e commerciale, di guisa che sorge contrasto tra le stesse norme".
L'ordinanza, che reca la data del 16 luglio 1964, é stata comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento a mezzo raccomandate con ricevuta di ritorno in data 20 luglio 1964 e notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 23 luglio 1964; é stata quindi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 238 del 26 settembre 1964.
Nel giudizio davanti a questa Corte nessuno si é costituito.
Considerato in diritto
Con il decreto legge 19 gennaio 1939, n. 294, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739, si ritenne opportuno disciplinare le vendite straordinarie o di liquidazione, considerando tali le "forme di vendita al pubblico, con le quali un commerciante cerca di esitare in breve tempo tutte le proprie merci o gran parte di esse, presentando al pubblico la vendita come occasione particolarmente favorevole" (art. 2, primo comma).
Si dispose pertanto che potessero effettuare vendite di merci sotto tale forma soltanto coloro, che avessero ottenuto una preventiva autorizzazione della Sezione commerciale dei Consigli provinciali delle corporazioni (ora, Camere di commercio, industria e agricoltura), la quale avrebbe potuto concederla in una serie di casi compresi in un elenco contenuto nella stessa legge (artt. 1, 4, 5 e 8); e furono previste sanzioni penali (ammenda) e amministrative (ritiro della licenza di commercio) a carico di chi avesse effettuato una vendita straordinaria o di liquidazione senza avere ottenuto la preventiva autorizzazione, o avesse comunque contravvenuto alle disposizioni legislative (art. 15).
Un esame accurato della disciplina della materia non induce tuttavia a ritenere giustificate le critiche ad essa rivolte. Ne risulta infatti che sono sufficientemente specificate le ipotesi, nelle quali é consentita la concessione della autorizzazione, nonché quelle in cui tale autorizzazione non é nemmeno necessaria.
D'altra parte, sembra innegabile la opportunità che attività di questo genere siano soggette a controllo, onde evitare forme di concorrenza sleale e mistificazioni a danno degli acquirenti.
Queste considerazioni trovano conferma in una circolare n. 1198/C del 21 gennaio 1959 del Ministero dell'industria e del commercio, diramata in seguito alla constatazione che l'applicazione delle norme sopra ricordate non sarebbe stata fatta dalle varie Camere di commercio secondo criteri uniformi, poiché alcune di esse avrebbero ritenuto necessaria la speciale autorizzazione anche in casi non previsti dalla legge e "senza tenere alcun conto del principio generale di libertà stabilito dall'art. 41 della Costituzione in materia di iniziativa economica privata".
Tale circolare considera in modo ancor più particolareggiato una numerosa serie di casi, per i quali dispone che non é necessaria l'autorizzazione prevista dalle norme denunciate, ovvero che sussistono i presupposti richiesti affinché essa venga concessa. Né vi é ragione di supporre che le disposizioni ivi contenute non siano osservate dalle Camere di commercio, e tanto meno dal Prefetto, al quale gli interessati possono proporre ricorso contro le deliberazioni di esse (art. 14).
Si deve concludere pertanto che non soltanto il testo e il contenuto delle norme, ma anche il modo in cui esse risultano essere interpretate ed osservate o fatte osservare, non possono essere considerati in contrasto con i principi dell'art. 41 della Costituzione, avendo quale scopo non già di limitare l'iniziativa economica privata, ma di prevenire e reprimere vere e proprie frodi a danno dei commercianti onesti e dei consumatori incauti; e che, nella ipotesi che la applicazione in concreto di esse non risultasse conforme a tali principi, sussistano garanzie sufficienti ad assicurare la tutela dei diritti protetti dalla Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 1, 2 e 15 della legge 19 gennaio 1939, n. 294, proposta dal Pretore di Foggia con l'ordinanza del 16 luglio 1964, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1965.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 1965.