SENTENZA N. 67
ANNO 1964
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 61, comma secondo e terzo, della legge 29 aprile 1949, n. 264, contenente provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati, modificato dall'articolo unico della legge 2 febbraio 1952, n. 54, promosso con ordinanza emessa il 25 gennaio 1963 dal Pretore di Cerignola nel procedimento civile vertente tra Di Santo Giovanni e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, iscritta al n. 58 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 80 del 23 marzo 1963.
Visti l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e l'atto di costituzione in giudizio di Di Santo Giovanni;
udita nell'udienza pubblica del 4 dicembre 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi l'avv. Giuseppe Di Stefano, per Di Santo Giovanni, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel giudizio civile in materia di lavoro promosso davanti al Pretore di Cerignola da Giovanni Di Santo nei confronti del Ministero del lavoro, l'attore ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 61, commi secondo e terzo, della legge 29 aprile 1949, n. 264, modificato dall'articolo unico della legge 2 febbraio 1952, n. 54, in relazione all'art. 36 della Costituzione.
Il Pretore, ritenuta l'eccezione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio, ha trasmesso gli atti a questa Corte, con ordinanza 25 gennaio 1963, regolarmente comunicata, notificata e pubblicata.
Si osserva nell'ordinanza che l'impugnato art. 61 prevede per gli operai involontariamente disoccupati lavori rispondenti alle loro capacità professionali, come avviene per il lavoro eseguito da operai assunti con contratti ordinari, mentre stabilisce un corrispettivo non rispondente ai requisiti richiesti dall'art. 36 della Costituzione. Rileva inoltre che i cantieri-scuola istituiti con detta legge, a differenza dei corsi per disoccupati di cui all'art. 46, non perseguono, almeno in modo preponderante, scopi di addestramento e di perfezionamento, che potrebbero giustificare una retribuzione a titolo assistenziale, ma hanno la finalità di alleviare la disoccupazione; finalità che non giustifica una non adeguata retribuzione.
Con atto 15 marzo 1963 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato.
In tale atto si sostiene che l'art. 61 e successive norme sono intesi ad attuare, non l'art. 36, ma l'art. 38 della Costituzione. Mentre, infatti, l'art. 36 ha per soggetto il lavoratore subordinato e per oggetto la sua retribuzione, l'assistenza al lavoratore disoccupato trae la sua disciplina dall'art. 38, che richiede siano assicurati all'assistito mezzi adeguati alle sue esigenze di vita.
L'essere compresa la materia dei cantieri-scuola nel titolo IV della legge n. 264 del 1949 dimostra che ci troviamo di fronte ad una forma di assistenza addestrativa, concorrente con l'assistenza economica. Si precisa che questa forma di assistenza è subordinata alla volontaria richiesta del disoccupato e che l'integrazione del sussidio di disoccupazione, prevista dall'art. 61, non ha alcuna funzione retributiva. Si conclude per l'infondatezza della proposta questione.
Il Di Santo, rappresentato e difeso dagli avvocati Becca e Melpignano, si è costituito in giudizio con atto 6 aprile 1963.
In esso si ribadisce la tesi che l'art. 61 prevede l'ammissione "al lavoro" in qualità di "lavoratori volontari", e, poiché si fa luogo a prestazioni lavorative per le quali sono previste prestazioni remuneratorie, oltre e all'infuori del sussidio di disoccupazione, si rientra nell'ambito dell'art. 36. Né l'ubicazione delle norme sui cantieri-scuola fa rientrare l'attività di questi nell'ambito dell'addestramento professionale, giacché sotto il nomen di cantieri-scuola si esplicano attività di pubblica utilità, per le quali lo Stato non può esimersi dall'osservanza delle norme costituzionali sul lavoro, e in particolare del precetto dell'art. 36. Si osserva, da ultimo, che, anche a voler considerare i lavoratori occupati nei cantieri-scuola come apprendisti, troverebbe applicazione il principio della minima retribuzione sufficiente sancito da tale articolo.
In memoria 18 novembre 1963 l'Avvocatura dello Stato insiste sul punto che il lavoratore ammesso a un cantiere-scuola conserva lo status e la qualifica di disoccupato, per cui si è nell'ambito dell'art. 38 della Costituzione, e l'integrazione del sussidio è un premio, che non può diventare retribuzione.
Nell'udienza del 4 dicembre 1963 le difese delle parti costituite hanno confermato le loro conclusioni.
Considerato in diritto
La questione non è fondata.
L'organizzazione e il funzionamento dei cantieri-scuola rientra nell'ambito delle finalità di assistenza sociale, al cui perseguimento è diretta la legge 29 aprile 1949, n. 264, avente per oggetto provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati.
L'art. 61 di essa, modificato dall'articolo unico della legge 2 febbraio 1952, n. 54, regola, pertanto, un rapporto che è di natura essenzialmente assistenziale.
Ciò è dimostrato dal fatto che il lavoratore mantiene, durante la sua attività nel cantiere, lo status di lavoratore disoccupato, a tutti gli effetti della legislazione sulla disoccupazione, mentre l'indennità che egli percepisce non è a carico di una impresa, ma è a carico del Fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori, di cui all'art. 62 della stessa legge.
D'altra parte, non solo la creazione dei cantieri-scuola è prevista per il fine sociale di alleviare la disoccupazione nelle zone in cui questa sia particolarmente accentuata (art. 59 della legge), ma ha anche lo scopo di favorire l'esercizio e il perfezionamento delle attività lavorative, come dimostra la stessa denominazione legislativa di "cantieri-scuola"; finalità che è essenziale e necessaria per tali cantieri, nello spirito dell'intera legge, comune agli altri istituti in essa compresi, e al cui effettivo perseguimento è preposto il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il quale, nell'organizzarne il funzionamento, stabilisce che alcune ore siano settimanalmente dedicate all'istruzione professionale.
In sostanza, l'istituzione dei cantieri-scuola è diretta a non fare del disoccupato un soggetto puramente passivo di prestazione assistenziale, ma a procurargli un'attività che, mentre lo mantiene nell'esercizio delle sue capacità di lavoro e ne favorisce il perfezionamento, gli fornisce, nella forma di indennità e di premi, una integrazione del sussidio di disoccupazione, destinato ad assicurargli mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, a norma dell'art. 38 della Costituzione.
E infatti nei principi contenuti in quest'articolo e nei fini di assistenza sociale da esso assegnati alla Repubblica che si inquadra il rapporto regolato dall'art. 61, il quale non è pertanto riconducibile sotto i principi di cui all'art. 36. In concreto, la peculiarità del rapporto, connessa alla struttura e alle finalità di pubblico interesse dei cantieri-scuola, si rileva nel fatto che l'alternativa dell'attuale disciplina di questi ultimi e dei rapporti che in essi si svolgono non potrebbe essere la integrale estensione ad essi della disciplina dei comuni rapporti di lavoro alle dipendenze di un'impresa, la quale altererebbe i caratteri dei cantieri e dei detti rapporti, ma sarebbe la soppressione di questa particolare forma di assistenza.
Ciò non vuol dire che il legislatore, nella determinazione della misura dell'indennità e dei premi, non debba tenere anche conto delle condizioni concrete della vita economica, considerando tali elementi non come criteri determinanti della misura della retribuzione, ma come elementi concorrenti nella disciplina complessiva del rapporto assistenziale. La necessità di tener conto di tali elementi deriva, del resto, non solo da ragioni di tutela del lavoro, ma anche dal bisogno di assicurare la bontà dell'esecuzione delle opere pubbliche a cui i cantieri debbono attendere, e dall'esigenza di impedire che essi influenzino il mercato di lavoro oltre i limiti che sono propri della loro funzione.
Va, infine, rilevato che i caratteri assistenziali del rapporto, innanzi posti in luce, non si riscontrano nel rapporto di apprendistato, a cui si è richiamata la difesa del Di Santo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione della legittimità costituzionale dell'art. 61, commi secondo e terzo, della legge 29 aprile 1949, n. 264, contenente provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati, modificato dall'articolo unico della legge 2 febbraio 1952, n. 54, proposta con ordinanza del Pretore di Cerignola del 25 gennaio 1963, in riferimento all'art. 36 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1964.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1964.
Presidente AMBROSINI
Relatore CHIARELLI