Sentenza n. 18 del 1964
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SENTENZA N. 18

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, terzo comma, seconda parte, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 1963 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Francescangeli Mario e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 79 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 118 del 4 maggio 1963.

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Francescangeli Mario;

udita nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 1963 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

udito l'avv. Franco Agostini, per Francescangeli Mario.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto di citazione notificato il 20 giugno 1961 il sig. Mario Francescangeli conveniva davanti al Tribunale di Roma l'Istituto nazionale della previdenza sociale, esponendo che, essendo già titolare di pensione di vecchiaia, aveva presentato domanda per ottenere la liquidazione di un supplemento di pensione in relazione ai contributi versati regolarmente a suo favore dal datore di lavoro per gli anni dal luglio 1958 al gennaio 1960, ma la liquidazione gli era stata rifiutata, con la motivazione che già in precedenza gli era stato liquidato un supplemento per altri periodi di contribuzione e che l'art. 21 del decreto presidenziale 26 aprile 1957, n. 818, non ammetteva che il supplemento potesse essere attribuito al pensionato più di una volta; che peraltro, la disposizione sulla quale l'Istituto aveva basato la propria decisione doveva ritenersi incostituzionale, avendo ecceduto i limiti della delega contenuta nella legge 4 aprile 1952, n. 218.

L'Istituto si costituiva in giudizio e chiedeva la reiezione della domanda dell'attore, contestando recisamente che la norma applicata al caso potesse essere considerata costituzionalmente illegittima.

In pendenza del giudizio, si avveravano peraltro alcuni fatti nuovi, sui quali le parti richiamavano l'attenzione del Tribunale nelle rispettive comparse conclusionali. L'attore faceva presente che lo stesso Tribunale di Roma aveva sollevato in due giudizi la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 in discussione, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale, e che altrettanto aveva fatto in altro giudizio il Tribunale di Genova. Ricordava poi che nei riguardi della ordinanza pronunciata da quest'ultimo la Corte aveva disposto, con ordinanza n. 113 del 12 dicembre 1962, la restituzione degli atti al Tribunale, perché questo esaminasse se sussistesse tuttora la rilevanza della questione proposta, dato che nel frattempo era sopravvenuta la legge 12 agosto 1962, n. 1338, che recava una nuova disciplina della materia, e abrogava fra l'altro l'art. 21 del decreto presidenziale del 1957, n. 818, con effetto dal 1 luglio 1962.

L'attore osservava poi che, avendo egli presentato la domanda di supplemento fin dal 18 maggio 1960, restava pur sempre da risolvere il problema sul suo diritto a ottenere il supplemento da tale data a quella della entrata in vigore della nuova legge. Nella sua comparsa conclusionale l'Istituto convenuto contestava però il diritto dell'attore ad ottenere il supplemento sin dalla data della domanda amministrativa.

Il Tribunale accoglieva la tesi che, ai fini della propria decisione su questo punto, fosse rilevante la questione di legittimità costituzionale del terzo comma, seconda parte, dell'art. 21 del decreto presidenziale 26 aprile 1957, n. 818, nonostante l'avvenuta abrogazione, e pertanto sospendeva il giudizio e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con ordinanza in data 13 marzo 1963.

L'ordinanza, iscritta al n. 73 del Registro ordinanze del 1963, é stata notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 23 marzo 1963, comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati in data 26 marzo e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 4 maggio 1963, n. 118.

Nel giudizio davanti alla Corte si é costituito il Francescangeli, mentre non si é avuta costituzione dell'Istituto, né intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Nelle deduzioni depositate in cancelleria il 24 maggio 1963 la difesa del Francescangeli osserva che lo stesso legislatore, cogliendo l'occasione della introduzione di altri benefici a favore dei pensionati, ha provveduto con la legge n. 1338 del 1962 a sanare una situazione della cui costituzionalità evidentemente dubitava. Essa rileva nella nuova disposizione una conferma del principio, da essa sostenuto e contestato invece costantemente dalla parte avversa, della corrispettività tra contributi e prestazioni, e, riproponendo tesi già sostenute nel giudizio principale e in altre sedi, contesta la legittimità della norma in questione, affermando che il legislatore delegato avrebbe ecceduto dai limiti della delega, quali sono stati precisati anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, avendo posto limitazioni ad un diritto altrimenti risultante illimitato dal complesso delle disposizioni vigenti in materia e in particolare dalla legge di delega. L'art. 27 di questa, disponendo che l'obbligo di versamento dei contributi "non cessa", intenderebbe disporre che esso continui, non solo con le modalità, ma anche con gli effetti che lo contraddistinguono. Per queste ragioni, e per altre dedotte dalle intenzioni del legislatore ricavabili dal sistema assicurativo, non si potrebbe dubitare della illegittimità della norma denunciata.

Gli stessi argomenti sono stati ribaditi all'udienza dal difensore del Francescangeli.

 

Considerato in diritto

 

La rilevanza della questione di legittimità costituzionale proposta dal Tribunale di Roma, ai fini della decisione del giudizio principale, trova esauriente dimostrazione nell'ordinanza di rimessione degli atti a questa Corte; né si potrebbe obbiettare che la norma denunciata é stata ormai abrogata, posto che il Tribunale ha espressamente avvertito che la decisione della causa sottoposta al suo giudizio richiede precisamente l'applicazione della norma suddetta, da considerare in vigore per il tempo anteriore alla data del 1 luglio 1962, con riferimento alla quale la legge 12 agosto 1962, n. 1338, ha disposto l'abrogazione della disposizione in discussione.

Nel merito la Corte osserva che l'art. 21 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, attribuiva al pensionato il diritto ad "un solo supplemento" per i contributi versati dopo aver conseguito la pensione, negandogli il diritto di ottenere ulteriori maggiorazioni in relazione ai contributi versati successivamente.

Esso introduceva così nella liquidazione del supplemento di pensione una limitazione, non contenuta nella legge di delegazione e che risulta in contrasto con la constatazione, già fatta da tempo da questa Corte, che "a ben considerare il succedersi delle leggi nel campo della legislazione sociale, affiorano da esse direttive sempre più favorevoli al lavoratore, soprattutto ai fini del diritto alla pensione; in modo particolare vanno ricordate le disposizioni che agevolano il raggiungimento del minimo pensionabile, il mantenimento ai fini della pensione della qualità di assicurato, il conseguimento del massimo della contribuzione con effetto integrativo della pensione stessa, il cumulo in taluni casi delle pensioni previdenziali" (sentenza n. 2 del 28 febbraio 1961).

L'art. 4 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, che ha sancito espressamente il diritto del titolare di pensione ad ottenere la liquidazione di ulteriori supplementi dopo la decorrenza del primo, in relazione ai contributi versati successivamente alla liquidazione della pensione di invalidità, vecchiaia e superstiti, si é adeguato alle direttive suddette, dalle quali la norma impugnata costituiva una deviazione.

Esso ha dato inoltre attuazione esplicita ad un altro principio riconosciuto quasi unanimemente valido nel complesso della legislazione sociale: la corrispettività tra contributi versati e misura della pensione, con la conseguente utilizzazione di tutti i contributi che figurano nella posizione assicurativa del lavoratore. E con ciò ha confermato che, dettando la disposizione denunciata, il legislatore delegato aveva ecceduto oltre i limiti della delega conferitagli e violato l'art. 77 della Costituzione;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 21, seconda parte del terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, in relazione all'articolo 27 della legge di delegazione 4 aprile 1952, n. 218, ed in riferimento all'art. 77 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 14 marzo 1964.