SENTENZA N. 1
ANNO 1964
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo e terzo comma, del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato, promosso con ordinanza emessa il 31 gennaio 1963 dalla Corte suprema di cassazione - Sezioni unite civili - su ricorso del Consiglio dell'Ordine dei geometri della Provincia di Roma contro il Ministero dei lavori pubblici, l'Ordine degli ingegneri e il Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia, iscritta al n. 84 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 125 dell'11 maggio 1963.
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei lavori pubblici, del Consiglio dell'Ordine dei geometri della Provincia di Roma, dell'Ordine degli ingegneri e del Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia;
udita nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1963 la relazione del Giudice Michele Fragali;
uditi l'avv. Gianfilippo Delli Santi, per l'Ordine degli ingegneri e per il Collegio degli ingegneri ed architetti, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Elio Vitucci, per il Ministero dei lavori pubblici.
Ritenuto in fatto
1. - Viene all'esame di questa Corte, a seguito di ordinanza 31 gennaio 1963 della Corte di cassazione, una questione di legittimità costituzionale tratta dal contesto del secondo e terzo comma dell'art. 34 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato: dei quali il primo prescrive che il ricorso al Consiglio di Stato non é ammesso contro il provvedimento amministrativo definitivo che sia stato impugnato con ricorso al Presidente della Repubblica e il secondo dispone che tuttavia, quando il provvedimento si riferisce direttamente ad altri interessati, il ricorso predetto non può essere proposto se non siano decorsi i termini per l'impugnazione in via giurisdizionale, ovvero quando nessuno degli interessati abbia dichiarato, entro quindici giorni, di fare opposizione. In caso contrario, continua il terzo comma dell'art. 34, il giudizio avrà luogo in sede giurisdizionale.
La Cassazione decideva su un'impugnazione per difetto di giurisdizione ad essa prodotta dal Consiglio dell'Ordine dei geometri della Provincia di Roma avverso la sentenza dei Consiglio di Stato 24 maggio 1961, la quale aveva dichiarato inammissibile un ricorso proposto dal predetto Ordine dei geometri come controinteressato non sentito, contro il decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1959, che, su istanza dell'Ordine degli ingegneri di Venezia e del Collegio degli ingegneri e degli architetti della Provincia di Venezia, aveva annullato, in via straordinaria, una circolare 5 maggio 1955 del Ministero dei lavori pubblici.
La Cassazione rilevava che il Consiglio di Stato aveva negato l'ammissibilità del ricorso giurisdizionale contro il decreto presidenziale, perché non erano stati dedotti vizi di procedimento o di forma propri di quel decreto, in conformità di una giurisprudenza che risale alla stessa istituzione del Consiglio di Stato, come giudice di legittimità per la tutela di interessi legittimi. Considerava che un mutamento di tale giurisprudenza, sia pure per quanto concerne i controinteressati, come era l'Ordine dei geometri, avrebbe lasciato "dubbi sulla sua esattezza e sullo stesso mantenimento di una diversa interpretazione, dato il peso degli argomenti che sono apparsi efficaci fino all'attuale Costituzione, e alla previsione dell'art. 113 della stessa, circa la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi". Non ravvisando l'opportunità di un riesame della questione con riguardo particolare agli argomenti addotti dal Consiglio di Stato, la Corte di cassazione riteneva che avrebbe avuto influenza sul fondamento del ricorso ad essa proposto "una pronuncia di illegittimità costituzionale dei su citati commi secondo e terzo dell'art. 34, per quanto attengono ai controinteressati e alle conseguenze che ne deriverebbero circa la scindibilità delle posizioni soggettive degli interessati ricorrenti in relazione ai loro rispettivi interessi legittimi".
2. - L'ordinanza é stata notificata alle parti in data 4 aprile 1963 ed al Presidente del Consiglio dei Ministri il 5 aprile successivo.
É stata comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati il 9 aprile 1963.
Si sono costituiti innanzi a questa Corte, il 24 aprile 1963, il Consiglio dell'Ordine dei geometri della Provincia di Roma e, il 31 maggio 1963,l'Ordine degli ingegneri e il Collegio degli ingegneri ed architetti della Provincia di Venezia.
Il 30 maggio 1963, si é costituito inoltre il Ministero dei lavori pubblici; non é intervenuto invece il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nell'atto della costituzione solo il Consiglio dell'Ordine dei geometri e il Ministero dei lavori pubblici hanno svolto specifiche deduzioni e istanze. Il Ministero ha chiesto che la Corte risolva come di giustizia la dedotta questione; il Consiglio invece ha concluso per la dichiarazione di illegittimità dell'art. 34 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, e, nei limiti in cui si ritiene che esistano, i principi generali dai quali si pretende di far discendere l'impossibilità per il controinteressato di impugnare in sede giurisdizionale l'atto amministrativo con il quale viene deciso il ricorso straordinario. Il Collegio e il Consiglio dell'Ordine degli ingegneri di Venezia si sono limitati ad una generica contestazione della fondatezza della questione proposta e si sono riservati di depositare memorie.
Memorie sono state presentate il 10 ottobre 1963 soltanto dal Ministero dei lavori pubblici e dall'Ordine dei geometri.
3. - Il Ministero dei lavori pubblici ha fatto presente che la regola di alternatività fra ricorso al Consiglio di Stato e ricorso straordinario, desumibile dall'art. 34 del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato, non é conforme alla Costituzione quando da essa si fa derivare la conseguenza che il titolare di un interesse legittimo per la prima volta leso dalla decisione del ricorso straordinario non ha la possibilità di sperimentare alcun mezzo di tutela giurisdizionale. Non varrebbe obiettare che l'art. 34 predetto sostanzialmente intende come rinunzia a questa tutela la proposizione del ricorso straordinario, sia perché un negozio assolutamente presunto non ha cittadinanza nel nostro ordinamento, sia perché é artificioso attribuire al ricorrente la volontà di prescindere dalla tutela contro i vizi intrinseci della pronunzia del Capo dello Stato, quando si ammette che egli può provocarne l'annullamento per vizi estrinseci, sia infine perché colui il quale non ha avuto notizia del ricorso straordinario non ha esplicato alcuna attività nel procedimento iniziato con il ricorso, epperò non v'é un suo comportamento idoneo a fare argomentare una qualsiasi volontà di rinunzia. Il principio di alternatività fra i due ricorsi fu proposto e si consolidò quando entrambi questi atti erano ritenuti di natura amministrativa; venne successivamente conservato perché fu creduto che essi determinassero sostanziali equivalenti garanzie di giustizia e di effetti pratici. Essendo però ormai riconosciuto che solo il ricorso al Consiglio di Stato é di carattere giurisdizionale, l'alternativa si risolve in un diniego di giustizia, non consentito dal contenuto perentorio dell'art. 113 della Costituzione.
La difficoltà che é insita nel fatto per cui, ammettendosi il ricorso giurisdizionale contro il decreto del Presidente della Repubblica, il Consiglio di Stato verrebbe chiamato a pronunziarsi due volte sullo stesso affare, darebbe luogo soltanto ad inconvenienti di fatto, del tutto superabili, perché l'Adunanza generale del Consiglio di Stato, competente a dare il parere sul ricorso straordinario, é valida quando sia presente la metà dei magistrati, in modo che é possibile una temporanea applicazione, alla Sezione che dovrà decidere sul ricorso giurisdizionale, di magistrati appartenenti ad altre Sezioni non intervenuti nell'Adunanza generale: un disegno di legge, ancora in corso di esame, vi rimedia proponendo che il parere sui ricorsi straordinari sia dato da una commissione speciale.
Non é nemmeno supponibile, continua il Ministero, che l'interesse legittimo leso dall'atto amministrativo, una volta proposto il ricorso straordinario, si autodegradi ad interesse semplice, perché oltretutto ne conseguirebbe la confisca del diritto alla tutela giurisdizionale in danno dei controinteressati ignari del procedimento.
Poiché infine il ricorso straordinario é proponibile pure a tutela di diritti soggettivi ed é pacifico che il rigetto del ricorso nel quale si faccia questione di tali diritti non preclude l'azione giudiziaria, l'alternativa si risolve in danno della tutela degli interessi legittimi, che potrebbero definitivamente rimanere pregiudicati da un atto di indole amministrativa, e che, sotto il riflesso della garanzia giurisdizionale, sono posti dalla Costituzione nello stesso piano dei diritti soggettivi.
4. - L'Ordine dei geometri rileva che la questione deve limitarsi alle conseguenze del principio di alternatività sulla posizione dei controinteressati, salvo alla Corte di estendere la sua pronunzia di illegittimità anche ai cointeressati in base all'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n, 87.
Osserva che, secondo l'avviso espresso nella sentenza di questa Corte 27 giugno 1958, n. 40, anche le decisioni contenziose sono atti amministrativi garantiti dall'art. 113 della Costituzione: il ricorso straordinario, il cui carattere giurisdizionale é da escludere, come é escluso, non può perciò sfuggire a tale garanzia. E non é ammissibile quindi che colui il quale ha un interesse contrario all'accoglimento del ricorso straordinario non possa far valere i vizi della decisione anteriori al parere del Consiglio di Stato: i controinteressati solo dall'accoglimento del ricorso straordinario ricevono lesione al loro interesse legittimo, e la scelta effettuata dal ricorrente non può pregiudicarli, quando il ricorrente non ha dato loro notizia della proposizione del ricorso. Se é legittimo che la legge ordinaria determini situazioni di decadenza o di acquiescenza, non lo é quando essa crea fattispecie di rinunzie implicite o presunte per mascherare la violazione di una norma costituzionale.
La decisione straordinaria lede l'interesse del controinteressato in quanto questi, pur invocando l'osservanza delle stesse norme invocate dal ricorrente, ne vede assunta un'interpretazione opposta a quella che lo proteggerebbe. L'interesse legittimo del ricorrente é stato leso dall'atto dell'Amministrazione, quello dei controinteressati dalla decisione straordinaria; e pertanto v'é una diversità di situazioni concrete, cui corrisponde una sostanziale diversità di interessi legittimi.
Il principio del ne bis in idem, se sussiste, non potrebbe legittimare il disconoscimento di un diritto costituzionalmente garantito; così come non potrebbe disconoscere tale diritto il carattere complesso del procedimento straordinario, perché esso risulta dalla determinazione di una legge ordinaria. La tutela che l'art. 113 della Costituzione appresta non garantisce soltanto una protezione sostanzialmente giurisdizionale, ma ne garantisce una che anche soggettivamente sia giurisdizionale, perché vuole "tutela giurisdizionale... dinanzi agli organi di giurisdizione".
5. - All'udienza pubblica del 23 ottobre 1963 i difensori dell'Ordine degli ingegneri e Collegio degli ingegneri e architetti e del Ministero dei lavori pubblici hanno ribadito le proprie tesi.
Considerato in diritto
1. - L'ordinanza della Corte di cassazione richiama soltanto il secondo e il terzo comma dell'art. 34 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, contenente il T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato. Viceversa, l'Ordine dei geometri chiede, sia nell'atto di costituzione, sia nella memoria, che sia dichiarato illegittimo l'art. 34 predetto, e quindi anche il suo primo comma. Questa Corte deve però stare ai termini della questione così come é stata proposta dalla Cassazione.
Deve stare a tali termini anche per escludere che possa essere seguita l'impostazione data alla questione dal Ministero dei lavori pubblici, il quale ha discusso ampiamente se le disposizioni denunciate contrastano con l'art. 113 della Costituzione, in quanto in via generale pongono al soggetto leso da un atto amministrativo definitivo l'alternativa fra il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato e quello straordinario al Presidente della Repubblica. Tale metodo ha indotto l'Ordine dei geometri ad intrattenersi sull'argomento, sia pure con brevi cenni; ma il dubbio proposto dalla Corte di cassazione riguarda soltanto il precetto, ritenuto implicito in quell'alternativa, in base al quale la possibilità di impugnare in Consiglio di Stato la decisione che accoglie il ricorso straordinario é preclusa a coloro che avevano un interesse contrario a tale accoglimento.
2. - L'esistenza di questo precetto é stata messa in dubbio dall'Ordine dei geometri; ma esso risulta dal significato generalmente attribuito alle disposizioni in esame.
E però fondato l'assunto della sua illegittimità costituzionale.
Il principio si suole spiegare osservandosi, per un verso, che la tutela dei controinteressati contro l'istanza proposta con il ricorso straordinario é assicurata dalla presenza, nel procedimento instaurato da quel ricorso, dell'organo dell'Amministrazione che ha formato l'atto impugnato, e, per altro verso, che i controinteressati sono vincolati dalla scelta esercitata dai cointeressati, fra la via amministrativa e quella giurisdizionale, ai sensi delle norme richiamate.
A parte che non sempre nel procedimento é presente la Amministrazione da cui promana l'atto denunciato per l'annullamento, come si può intendere considerando il caso in cui questo atto non promana dallo stesso Ministro competente per la decisione, é incontestabile che l'interesse legittimo, cadendo nella sfera giuridica del singolo, si differenzia da quello della Amministrazione, e deve perciò comportare una possibilità di difesa indipendente dalle ragioni che può esporre l'autorità alla quale l'atto si deve imputare; il che é riconosciuto quando si esige la notifica del ricorso ai controinteressati. Tanto più la posizione di costoro deve ritenersi autonoma nei riguardi della pubblica Amministrazione in quanto nemmeno é sempre vero che gli uni e l'altra possono dedurre difese identiche.
Quanto alla scelta spettante ai cointeressati fra il ricorso straordinario e il ricorso al Consiglio di Stato, scelta che la Corte di cassazione, non avendo proposto la questione della sua legittimità, ha ritenuto non contrastante con il dettato dell'art. 113 della Costituzione, essa non potrebbe mai pregiudicare i controinteressati, la cui posizione soggettiva é del tutto contrapposta a quella dei cointeressati, e ai quali quindi non possono non spettare poteri propri. Non accordandoli, le norme predette hanno negato ai controinteressati financo quel modo di tutela che comunque esse avevano ritenuto sufficiente per i cointeressati.
3. - Deve pertanto ritenersi fondata la questione proposta dalla Corte di cassazione e deve decidersi in conformità senza che (ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87) si possa dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'intero contenuto delle norme denunciate, come domanda l'Ordine dei geometri nella sua memoria, non essendo di ordine conseguenziale la questione che concerne il ricorrente e i cointeressati;
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dei secondo e del terzo comma dell'art. 34 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, contenente il T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato, in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilità della tutela giurisdizionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1964.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI.
Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 1964.