Sentenza n. 166 del 1963
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SENTENZA N. 166

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39 del testo unico delle leggi sul credito fondiario approvato con R.D. 16 luglio 1905, n. 646, promosso con ordinanza emessa il 5 marzo 1963 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Cremisini Amalia e l'Istituto federale di credito agrario per l'Italia centrale, iscritta al n. 98 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 138 del 25 maggio 1963.

Visti l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e gli atti di costituzione in giudizio di Cremisini Amalia e dell'Istituto federale di credito agrario per l'Italia centrale;

udita nell'udienza pubblica del 6 novembre 1963 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per l'Istituto di credito, e il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Davanti al Pretore di Roma, nel corso del giudizio civile vertente fra Cremisini Amalia e l'Istituto federale di credito agrario per l'Italia centrale, per opposizione ad un precetto di pagamento intimato alla prima su istanza di detto Istituto, la difesa della Cremisini eccepiva la illegittimità costituzionale dell'art. 39 del T.U. delle leggi sul credito fondiario approvato con R.D. 16 luglio 1905, n. 646.

La difesa dell'opponente osserva che questa norma, abilitando l'Istituto di credito a chiedere esecutivamente il pagamento integrale delle somme mutuate senza previa pronuncia da parte del giudice in ordine alla risoluzione del contratto di mutuo, violerebbe due norme della Costituzione: l'art. 24, primo comma, in quanto sottrarrebbe al mutuatario la garanzia della giurisdizione di merito, e l'art. 3 perché darebbe luogo a disuguaglianza e sperequazioni tra i cittadini che contraggono debiti agrari e quelli che contraggono debiti di altra specie.

Il Pretore, ritenuta la questione non manifestamente infondata e rilevante per la definizione del giudizio, con ordinanza del 5 marzo 1963 rimetteva gli atti a questa Corte. Secondo il Pretore, la disposizione impugnata, attribuendo all'Istituto di credito la facoltà di chiedere esecutivamente il pagamento delle somme mutuate e quindi precludendo al mutuatario la prova della impossibilità della prestazione come causa dell'inadempimento, determinerebbe una "lesione della garanzia accordata al cittadino dall'attuale Costituzione dello Stato" e darebbe altresì luogo ad una situazione di "privilegio esoso" a favore di una parte e a detrimento dell'altra, violando in tal modo l'art. 24, primo comma, combinato con l'art. 3 della Costituzione.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata all'Istituto di credito convenuto e al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 138 del 25 maggio 1963.

Con atti di intervento del 14 giugno e del 9 maggio 1963, si sono costituiti la Cremisini, l'Istituto di credito e il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato.

La difesa della Cremisini fa proprie le argomentazioni su cui é fondata la ordinanza di rinvio, rilevando in particolare che l'art. 39 violerebbe il principio secondo il quale tutti possono agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi.

Secondo la difesa dell'Istituto, la disposizione impugnata non sarebbe in contrasto con le citate norme costituzionali, in quanto disciplinerebbe il caso di inadempimento da parte dell'obbligato mutuatario in conformità delle norme generali in tema di adempimento delle obbligazioni, senza, peraltro, dar luogo ad alcuna preclusione di azioni giudiziarie nei confronti di chi contrae mutui fondiari.

L'art. 39 d'altra parte avrebbe una sua precisa giustificazione nel sistema del credito fondiario e agrario, in quanto, tenendo a garantire la puntualità nei pagamenti da parte dei mutuatari, assicurerebbe il buon funzionamento del meccanismo sul quale quel sistema principalmente si fonda.

L'Avvocatura dello Stato, in ordine alla denunciata violazione dell'art. 24, primo comma, della Costituzione, osserva che la norma impugnata non precluderebbe affatto all'obbligato mutuatario la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Risolvendosi, infatti, la funzione della norma dell'art. 39 nel conferimento di valore di titolo esecutivo a quella particolare categoria di contratti di mutuo, resterebbe al debitore salva la possibilità di esperire tutte le azioni contemplate in relazione al processo di esecuzione. Relativamente alla denunciata violazione dell'art. 3, l'Avvocatura rileva che non sarebbe a parlarsi di una disparità di trattamento fra ente mutuante e privato mutuatario in quanto il potere riconosciuto al creditore di agire in via esecutiva nei confronti del debitore inadempiente non darebbe luogo ad un "privilegio esoso"; né un "privilegio esoso" potrebbe ravvisarsi nel diritto a pretendere il pagamento della intera somma, giacché la inadempienza da parte del mutuatario renderebbe quest'ultimo immeritevole dei benefici che derivano dalle particolari forme di credito in esame.

La difesa dell'Istituto e l'Avvocatura dello Stato hanno depositato memorie in cancelleria rispettivamente il 23 ed il 24 ottobre 1963, riportandosi alle deduzioni di cui agli atti di intervento.

 

Considerato in diritto

 

L'art. 39 del T.U. delle leggi sul credito fondiario, approvato con R.D. 16 luglio 1905, n. 646, sarebbe, secondo il Pretore, in contrasto con due norme della Costituzione: con l'art. 3, in quanto la norma darebbe luogo a disuguaglianza e sperequazioni fra i cittadini che fanno operazioni di credito agrario e quelli che contraggono debiti di altra specie; e con l'art. 24, primo comma, in quanto sottrarrebbe al mutuatario la garanzia della giurisdizione di merito.

La questione non é fondata. In ordine alla lamentata violazione dell'art. 3, la Corte osserva che le speciali garanzie assicurate agli istituti di credito fondiario e agrario dalla norma impugnata rispondono a particolari esigenze di questo settore. L'art. 39, infatti, rientra in un complesso di disposizioni, contenute nello stesso R.D. 16 luglio 1905, n. 646, e nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, sul credito agrario, e dirette a fornire speciali garanzie agli istituti di credito contro le inadempienze dei mutuatari. E ciò al fine di assicurare, attraverso la più rapida ed agevole realizzazione, il buon funzionamento del meccanismo del credito, nell'interesse non soltanto degli istituti ma anche di coloro che del credito fondiario e agrario hanno necessità di servirsi. Pertanto, é da escludere che l'impugnato art. 39 dia vita a un privilegio esoso, giacché la speciale posizione in cui in virtù della detta norma vengono a trovarsi i mutuatari rispetto agli istituti di credito ovvero rispetto a coloro che contraggono mutui in genere, avendo una sua precisa e concreta giustificazione, non dà luogo ad alcuna arbitraria discriminazione in danno di quella categoria di cittadini.

Circa la pretesa violazione dell'art. 24 della Costituzione la Corte osserva che la norma impugnata non lede minimamente il diritto del mutuatario ad agire in giudizio per la tutela delle proprie ragioni, in quanto non gli preclude la possibilità di agire in relazione alla natura del rapporto giuridico in questione, che é quello derivante da un titolo esecutivo, e quindi con i mezzi concessi dalla legge in materia di esecuzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del T.U. delle leggi sul credito fondiario approvato con R.D. 16 luglio 1905, n. 646, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

BIAGIO PETROCELLI REDATTORE

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1963.