SENTENZA N. 157
ANNO 1963
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, e dell'art. 15 del R.D. 10 marzo 1904, n. 108, promosso con deliberazione emessa l'11 ottobre 1962 dal Consiglio comunale di Reggio Emilia su ricorso di Salsi Mario contro Ferrari Franco, iscritta al n. 43 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 del 2 marzo 1963.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 20 novembre 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il signor Mario Salsi, con proposta del 22 settembre 1962, chiedeva al Consiglio comunale di Reggio Emilia la dichiarazione di decadenza del dr. Franco Ferrari da presidente della commissione amministratrice dell'azienda municipalizzata F. C. R. (Farmacie comunali riunite) di Reggio Emilia: questi era stato nominato "medico assistente straordinario dirigente il centro ortottico dell'Arcispedale", il che costituiva causa di ineleggibilità a consigliere comunale e, pertanto, a componente la commissione amministratrice dell'azienda: tutto ciò in virtù degli artt. 5 del T.U. 15 ottobre 1925, n. 2578, e 15 del regolamento (R.D. 10 marzo 1904, n. 108).
Il Consiglio comunale, riunitosi l'11 ottobre 1962, emetteva nella stessa data una deliberazione di rinvio a questa Corte proponendo la questione di legittimità costituzionale delle due norme citate (artt. 5 del T.U. 15 ottobre 1925, n. 2578, e 15 del regolamento R.D. 10 marzo 1904, n. 108); norme che sarebbero sospette di incostituzionalità poiché la prima contrasterebbe con l'art. 51 della Costituzione, che afferma il diritto di ogni cittadino ad accedere alle cariche elettive, mentre la seconda, attribuendo funzione giurisdizionale al Consiglio comunale, urterebbe con l'art. 102 della Costituzione, che vieta le giurisdizioni "straordinarie".
2. - Il Presidente del Consiglio si é costituito, a mezzo della Avvocatura generale dello Stato, con un atto depositato il 3 febbraio 1963 e con deduzioni depositate il 10 ottobre 1963.
L'Avvocatura dello Stato sostiene che la questione é inammissibile poiché l'ordinanza di rinvio é stata emanata da un organo che non svolgeva né poteva svolgere funzioni giurisdizionali: infatti, tali funzioni sono attribuite eccezionalmente ai Consigli comunali solo se si tratta di materia elettorale, mentre nella specie si esulava dalla materia elettorale.
Altra ragione di inammissibilità limitatamente all'art. 15 del R.D. del 1904, n. 108, sarebbe il fatto che questa é una norma regolamentare non avente forza di legge.
L'Avvocatura inoltre osserva che la deliberazione di rinvio é priva di qualunque giudizio sulla rilevanza.
Infine, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 del T.U. sarebbe infondata poiché l'art. 51 della Costituzione garantisce il diritto di accesso ai pubblici uffici di tutti i cittadini ("in condizioni di eguaglianza") solo se sussistono "i requisiti stabiliti dalla legge": la norma impugnata non fa altro che esigere per la nomina a componente la commissione amministratrice delle aziende dei Comuni almeno gli stessi requisiti che la legge richiede per i consiglieri comunali e ciò non importerebbe un'ingiusta discriminazione rispondendo ad un criterio assolutamente razionale.
3. - Nella discussione orale l'Avvocatura dello Stato ha ribadito le sue tesi.
Considerato in diritto
1. - Occorre innanzi tutto esaminare l'eccezione d'inammissibilità fondata sugli artt. 1 delle leggi costituzionali del 1948, n. 1, e del 1953, n. 1, nonché sull'art. 23 della legge del 1953, n. 87: infatti l'Avvocatura dello Stato assume che il procedimento, attraverso cui il Consiglio comunale dichiara la decadenza d'un componente della commissione amministratrice d'un'azienda municipalizzata, non é giurisdizionale; perciò nel corso di tale procedimento non potrebbe essere proposta una questione di legittimità costituzionale.
L'eccezione é fondata.
Il Consiglio comunale non ha di regola funzioni giurisdizionali; ma le svolge eccezionalmente quando decide delle controversie in materia elettorale: e questa singolare potestà, com'é noto, ha la sua origine in un'antica tradizione di autonomia cittadina, alla quale si richiama il principio che primo giudice della composizione d'un organo eletto dal popolo debba essere lo stesso organo su cui é confluito il voto popolare. Poiché, invece, la commissione amministratrice dell'azienda municipalizzata si compone di persone non elette col voto cittadino, ma nominate dal Consiglio comunale, le deliberazioni consiliari che le riguardano non toccano la materia del contenzioso elettorale e in conseguenza non sono atti giurisdizionali. Il Consiglio comunale, avendo la potestà di nomina e di controllo delle commissioni amministratrici, quando dichiara la decadenza d'un loro componente, esercita niente altro che questa potestà e pertanto svolge attività amministrativa.
Il relativo procedimento é analogo a quello, ritenuto da alcuni giurisdizionale, che conduce alla dichiarazione di decadenza d'un consigliere comunale (art. 160 del R.D. 12 febbraio 1911, n. 297); ma l'analogia é solo parziale ed esteriore, determinata soprattutto dalla stessa esigenza di interessare i cittadini all'attività delle aziende comunali (onde la facoltà dell'elettore o del contribuente di avanzare una proposta di decadenza) e di mettere gli stessi componenti della commissione amministratrice in condizione di difendersi. Del resto per escludere la giurisdizionalità del procedimento riguardante le commissioni amministratrici, può anche rilevarsi innanzi tutto che la dichiarazione relativa alla decadenza d'un consigliere comunale apre il campo ai vari stadi tipici del c. d. contenzioso elettorale in virtù dell'art. 160, terzo comma, mentre niente di simile ha disposto il legislatore rispetto alla dichiarazione di decadenza d'un componente della commissione amministratrice di aziende municipalizzate: per cui é da credere che, in questo ultimo caso, dopo la dichiarazione del Consiglio comunale si debba seguire la via della giurisdizione amministrativa ordinaria; e può rilevarsi, in secondo luogo, che un semplice regolamento esecutivo, come quello che conferisce al Consiglio comunale la potestà di dichiarare la decadenza dei componenti le commissioni amministratrici, non poteva introdurre una nuova giurisdizione od estendere ad altra materia una potestà giurisdizionale avente carattere di eccezionalità e limitata alle controversie elettorali.
Si conclude che il Consiglio comunale, nel corso d'un procedimento relativo alla decadenza di componenti la commissione amministratrice di aziende municipalizzate, non può sollevare questioni di costituzionalità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578 (T. U. sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie), e 15 del regolamento esecutivo R.D. 10 marzo 1904, n. 108, promossa con la deliberazione 11 ottobre 1962 del Consiglio comunale di Reggio Emilia, in riferimento agli artt. 51 e 102 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1963.
GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE
GIUSEPPE BRANCA, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1963.