ORDINANZA N. 103
ANNO 1963
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,
ha deliberato in camera di consiglio la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 5 del R. D. 24 settembre 1940, n. 1949; del D. L. L. 2 aprile 1946, n. 142; della legge 22 novembre 1949, n. 861, della legge 14 aprile 1956, n. 307, e del D.P.R.13 maggio 1957, n. 853, del sopracitato art. 5 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, e dell'art. 5 del D. L. 23 gennaio 1948, n. 59; del D.L.C.P.S. 13 maggio 1947, n. 493, e del D. L. 23 gennaio 1948, n. 59, contenenti norme per l'accertamento, la determinazione e la riscossione dei contributi unificati in agricoltura; nonché di varie circolari del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale emanate nella stessa materia, promossi con otto ordinanze pronunziate dal Pretore di Genzano di Lucania in data 28 febbraio 1962 nei procedimenti civili vertenti tra Glionna Luigi, Tripputi Francesco, Messero Ferdinando, Di Chio Sebastiano, Lella Tommaso, D'Innella Eduardo, Raguso Oronzo e Berardi Pasquale, da una parte, e l'Esattoria comunale di Genzano di Lucania ed il Servizio dei contributi agricoli unificati, dall'altra, iscritte, rispettivamente ai nn. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 22 e 23 del Registro ordinanze 1963 e pubblicate tutte nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1963, ad eccezione dell'ordinanza iscritta al n. 23 del predetto Registro che risulta pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 9 febbraio di quello stesso anno.
Udita nella camera di consiglio del 6 giugno 1963 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;
Viste le deduzioni presentate per il Servizio dei contributi unificati nel giudizio relativo alla causa promossa da Berardi Pasquale, depositate nella cancelleria di questa Corte il 14 aprile 1962, nessun altro essendosi costituito in tale giudizio, così come nessuno si é costituito in tutti gli altri giudizi;
Ritenuto che le otto ordinanze indicate in epigrafe sono state tutte notificate e comunicate nei giorni 28 e 22 novembre 1962, salvo le ordinanze in causa Raguso ed in causa Berardi che risultano notificate l'11 gennaio 1963;
Ritenuto che con le otto ordinanze, identiche nella motivazione e nel dispositivo, sono state sollevate le seguenti questioni:
1) gli artt. 4 e 5 del R. D. n. 1949 del 1940 sarebbero in contrasto con l'articolo unico del R. D. L. 28 novembre 1938, n. 2138, e con gli artt. 76 e 77 della Costituzione per avere andato l'accertamento dell'impiego della mano d'opera a commissioni provinciali;
2) il D. L. L. 2 aprile 1946, n. 142, sarebbe in contrasto con il R. D. L. n. 2138 del 1938 e con l'art. 77 della Costituzione per avere posto l'onere contributivo a carico totale del datore di lavoro;
3) le deleghe concesse al Governo con le leggi 22 novembre 1949, n. 861, e 14 aprile 1956, n. 307, per la determinazione dei contributi, non sarebbero conformi al disposto dell'art. 76 della Costituzione, e pertanto sarebbe anche illegittimo il decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1957, n. 853;
4) gli artt. 5 del R. D. n. 1949 del 1940 e 5 del D. L. 23 gennaio 1948, n. 59, concernenti la determinazione, accertamento ed imposizione dei contributi, nonché il D. L. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 493, e il D. L. 23 gennaio 1948, n. 59, e successive leggi di proroga per quanto concerne la riscossione dei contributi, sarebbero in contrasto con gli artt. 2, 3, 38, 41, 42 e 44 della Costituzione, perché:
a) lederebbero "i principi dei diritti umani e della iniziativa economica ed anche quelli sull'assistenza e previdenza", quali oneri della collettività e non dei singoli o di categorie;
b) i contributi dovrebbero "gravare e diluirsi su tutta la superficie coltivabile del Paese e non solo su alcune aziende, e non essere accertati da commissioni prefettizie con sistemi preventivi ma con il sistema dell'effettivo impiego di mano d'opera";
c) sussisterebbe disparità di trattamento circa la riscossione, essendo permesso ad alcuni il versamento in conto corrente mentre gli altri devono servirsi dell'Esattoria delle imposte con il carico degli aggi;
d) ci sarebbe contrasto con l'art. 1920 del Cod. civile e con l'art. 2 della Costituzione, in quanto i contributi si devono pagare per persone determinate e non già per persone immaginarie;
5) le circolari del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale violerebbero il disposto dell'art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale e dell'art. 76 della Costituzione;
Considerato che con sentenza 7 giugno 1962, n. 65, la Corte ha dichiarato: a) la illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 5 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, e dell'art. 5 del D. L. 23 gennaio 1948, n. 59, nella parte in cui consente di lasciare sussistere il sistema dell'accertamento presuntivo; b) non fondate le questioni aventi per oggetto il D. L. L. 2 aprile 1946, n. 142, il D.L.C.P.S. 13 maggio 1947, n. 493, e l'art. 1 del D.L. 23 gennaio 1948, n. 59, in riferimento agli artt. 3 e 77 ed alla disposizione transitoria XV della Costituzione; c) inammissibili, per la loro genericità, le questioni riflettenti le leggi 22 novembre 1949, n. 861, e 14 aprile 1956, n. 307, il D.L.L. 8 febbraio 1945, n. 75, il R.D. 24 settembre 1940, n. 1954, ed il D.P.R.13 maggio 1957, n. 853; ed inammissibili le questioni concernenti il contrasto delle disposizioni predette con gli artt. 1 delle disposizioni sulla legge in generale e 1920 del Cod. civile, nonché quelle aventi per oggetto le circolari ministeriali;
che nelle ordinanze in esame permane la stessa genericità delle questioni rilevate con la citata sentenza che, per questo, le dichiarò inammissibili e permane ugualmente la invocazione di un giudizio di legittimità costituzionale sopra norme che non hanno forza di legge o in riferimento a norme che non hanno carattere costituzionale, mentre le sole questioni non genericamente prospettate si identificano sostanzialmente con quelle già esaminate dalla Corte con la suindicata sentenza, che in parte le accolse dichiarando l'inefficacia di alcune norme ed in parte le respinse dichiarando non fondate le relative questioni;
che nella specie nessuna nuova apprezzabile argomentazione viene addotta, tale da determinare la possibilità di un riesame delle questioni già risolute con la precedente decisione, che é stata seguita da varie conformi ordinanze con le quali é stata dichiarata la manifesta infondatezza delle stesse questioni;
che, per queste varie ragioni, anche le questioni prospettate con le ordinanze in epigrafe debbono essere ugualmente dichiarate manifestamente infondate;
Visti gli articoli 26, secondo comma, e 29 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l'art. 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER OUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale delle norme indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1963.
GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE
ANTONINO PAPALDO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 18 giugno 1963.