SENTENZA N. 11
ANNO 1963
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonto MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale delle vigenti norme sulla censura cinematografica (dal R.D. 24 settembre 1923, n. 3287, fino alla legge 20 dicembre 1961, n. 1312), degli artt. 668 e 266, n. 3, del Codice penale, dell'art. 68 del T.U. delle leggi di p.s. e dell'art. 118 del relativo regolamento, promosso con ordinanza emessa il 24 febbraio 1962 dal Giudice istruttore del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di La Pira Giorgio, iscritta al n. 59 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 110 del 28 aprile 1962.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di La Pira Giorgio;
udita nell'udienza pubblica del 23 gennaio 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;
uditi gli avvocati Giorgio Della Pergola e Paolo Barile, per La Pira Giorgio.
Ritenuto in fatto
Nel procedimento penale contro il prof. Giorgio La Pira - imputato delle contravvenzioni previste dagli artt. 668, secondo capoverso, del Codice penale, in relazione all'art. 266, n. 3, dello stesso Codice, e 68 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773), in relazione all'art. 118 del regolamento per l'esecuzione di detto testo unico (R.D. 6 maggio 1940, n. 635), per avere fatto proiettare, senza la licenza del Questore e nonostante il divieto della Commissione di censura, la pellicola cinematografica "Tu ne tueras point" (Non uccidere) nel corso di una riunione non avente carattere privato per lo scopo, l'oggetto e il numero degli intervenuti - la difesa ha sollevato questione di legittimità costituzionale sia in merito alle vigenti norme sulla censura cinematografica (dal R.D. 24 settembre 1923, n. 3287, fino alla legge 20 dicembre 1961, n. 1312), perché sarebbero in contrasto con l'ultimo comma dell'art. 21 della Costituzione, sia in merito agli artt. 668, 266, n. 3, del Codice penale, 68 del T.U. delle leggi di p.s. e 118 del relativo regolamento, perché in contrasto col diritto di piena libertà delle riunioni in luogo privato od in luogo aperto al pubblico, di cui all'art. 17 della Costituzione.
Con ordinanza del 24 febbraio 1962, il Giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze - riconosciuta la non manifesta infondatezza della questione e la rilevanza della risoluzione di essa per la definizione del giudizio di merito - ha ordinato la sospensione del procedimento e la rimessione degli atti a questa Corte.
Nell'ordinanza si osserva che l'art. 21 della Costituzione consente misure preventive (nella specie, la censura) soltanto per evitare manifestazioni di pensiero contrarie al buon costume, e che questo va inteso in senso ristretto "come l'insieme delle norme che esigono il rispetto della pubblica moralità nel campo sessuale". Al contrario, la Commissione di censura ha vietato la proiezione del film "Non uccidere" per un motivo diverso da un'offesa al buon costume inteso nel senso sopraindicato, in quanto ha in esso rilevato la sussistenza di una forma indiretta di istigazione, consistente nella esaltazione di fatti costituenti reato, in modo da suggestionare altri a commetterlo. Ha applicato, cioè, la disposizione dell'art. 3 del R.D. 24 settembre 1923, n. 3287, mantenuta in vigore dall'art. 11 del D.L.L. 5 ottobre 1945, n. 678, e prorogato da altre successive leggi, che vieta il rilascio del nulla osta quando si riscontri nel film apologia di reato.
L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 28 aprile 1962.
Dinanzi questa Corte si é costituito soltanto il prof. Giorgio La Pira.
Considerato in diritto
Nelle more del giudizio dinanzi questa Corte é stata pubblicata la legge 21 aprile 1962, n. 161, sulla revisione dei films e dei lavori teatrali. E poiché essa disciplina ex novo tutta la materia della censura cinematografica, per quanto attiene alla composizione delle Commissioni di primo e di secondo grado, al rilascio del nulla osta e ai casi in cui questo può essere rifiutato, appare necessario che il giudice a quo riesamini - alla luce delle nuove disposizioni - la rilevanza della risoluzione della questione di legittimità costituzionale per la definizione del procedimento penale.
Assume la difesa del prof. La Pira che la Corte può prescindere da un nuovo esame del giudice a quo sulla rilevanza; e sostiene che l'ius superveniens non tocca il profilo sotto il quale il Giudice istruttore ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, e cioè che la Commissione di censura abbia negato il nulla osta alla proiezione del film per un motivo (apologia di reato) diverso da quello dell'offesa al buon costume, cui si riferisce l'art. 21 della Costituzione. Ed invero, anche se la nuova legge ha mutato i presupposti amministrativi della norma penale, il divieto di proiezione di un film, cui la censura abbia negato il nulla osta (nel che si concreta la materialità del fatto contravvenzionale previsto dall'art. 668 del Codice penale) sussiste ora, come sussisteva prima della pubblicazione della nuova legge. Non si verterebbe, quindi, in un caso di successione di leggi penali, che avrebbe richiesto un nuovo giudizio sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale. Comunque - anche a voler ammettere la successione di leggi penali - si tratterebbe, sempre secondo i difensori, di una legge temporanea (20 dicembre 1961, n. 1312) con scadenza prefissata al 30 aprile 1962 e, come tale, sempre applicabile ai fatti commessi durante la sua vigenza, ai sensi dell'art. 2 del Codice penale. E, secondo una consolidata giurisprudenza, questa Corte può in tali ipotesi giudicare della legittimità costituzionale di una legge che non é più in vigore.
Questi argomenti non sono, però, convincenti.
Prima di giungere, infatti, alla conclusione che si possa fare a meno di investire il giudice a quo di un nuovo esame sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, la Corte dovrebbe esaminare se e quali effetti la legge del 1962, n. 161, esplichi sulla situazione precedente alla sua pubblicazione, e dovrebbe decidere le questioni prospettate dalla difesa, e specialmente se si verta in un caso di successione di leggi penali, quando la nuova legge abbia mutato non la norma incriminatrice, ma i presupposti amministrativi di essa. Il che si traduce nell'emettere un giudizio sulla rilevanza, il quale ha per oggetto il rapporto tra processo ordinario e giudizio di costituzionalità della legge, ma comprende altresì la soluzione di tutte le questioni secondarie, che ineriscono a tale rapporto. E già con ripetute decisioni questa Corte ha stabilito che la competenza a giudicare della rilevanza spetta esclusivamente al giudice a quo, che ha il dovere e la responsabilità di condurre sollecitamente verso l'epilogo il giudizio principale, senza che sia ammissibile alcuna ingerenza di altri organi su questo punto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 1963.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.
Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1963.