SENTENZA N. 54
ANNO 1962
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del R.D.L. del 3 febbraio 1936, n. 278, e della legge di conversione del 23 aprile 1936, n. 829, promosso con ordinanza emessa il 15 febbraio 1961 dal Pretore di Melito di Porto Salvo nel procedimento penale a carico di Sergi Filippo ed altri, inscritta al n. 96 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 del 5 agosto 1961.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica dell'11 aprile 1962 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;
uditi l'avv. Arturo Carlo Jemolo, per Sergi Filippo, l'avv. Rosario Nicolò, per il Consorzio del bergamotto di Reggio Calabria - parte civile -, e il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel procedimento penale pendente davanti il Pretore di Melito di Porto Salvo a carico di Sergi Filippo ed altri, imputati di violazione degli artt. 1 e 2 del R.D.L. 3 fabbraio 1936, n. 278, convertito in legge con modificazioni il 23 aprile dello stesso anno, per aver acquistato o venduto essenza di bergamotto direttamente e non per il tramite del Consorzio di Reggio Calabria, é stata sollevata questione di legittimità costituzionale delle indicate norme. Con sua ordinanza del 15 febbraio 1961, il Pretore, ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Secondo l'ordinanza, le norme impugnate, in quanto fanno obbligo ai produttori e ai detentori di essenza di bergamotto di depositare annualmente tutto il prodotto nei magazzini generali del bergamotto presso il Consorzio dell'agrumicultura di Reggio Calabria, e dispongono che la vendita abbia luogo esclusivamente per il tramite del Consorzio, sono in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, il quale sancisce il principio della libertà della iniziativa economica privata.
L'ordinanza, notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto 1961, n. 194.
Si sono costituiti in giudizio: l'imputato Sergi, difeso dall'avv. Arturo Carlo Jemolo, il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto di intervento e deduzioni dell'Avvocatura generale dello Stato, e il Consorzio del bergamotto di Reggio Calabria, difeso dall'avv. Rosario Nicolò.
Tutti hanno illustrato le proprie deduzioni con memorie, presentate in cancelleria rispettivamente il 28, il 29 e il 27 marzo 1962.
Tenendo presenti le deduzioni e le memorie, le argomentazioni delle parti possono riassumersi nei termini seguenti.
La difesa del Sergi sostiene che dall'art. 41, considerato nelle sue varie parti e secondo la interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che ne é stata data, emerge un concetto di utilità e di fini sociali che non ha nulla a che vedere con i fini della legge di cui si tratta. É sancito l'obbligo dei produttori e detentori di depositare l'intero prodotto nei magazzini generali del Consorzio, ed é vietata ogni vendita all'interno e all'estero che non segua per il tramite del Consorzio. Queste disposizioni costituiscono una compressione dell'attività privata, non giustificata da alcuna utilità o finalità sociale, dovendosi escludere che l'elemento della socialità possa riscontrarsi negli interessi economici particolari e tutti propri di un determinato gruppo. Il tener alto il prezzo di un prodotto, anche se voluttuario, non risponde di solito all'interesse generale. L'impedire il calo dei prezzi di un prodotto voluttuario non rappresenterebbe mai, secondo la difesa, quella utilità sociale che consente di deflettere dalla regola della libera iniziativa privata. Viene invocata la giurisprudenza di questa Corte che, secondo la difesa, definendo nelle sue sentenze il concetto di utilità sociale, si sarebbe orientata nel senso di riconoscere l'utilità sociale nel conseguimento di un bene comune, in superiori esigenze della comunità statale, e comunque in norme disciplinatrici di generi che incidano profondamente su tutta la economia nazionale: il che non potrebbe dirsi in rapporto alla esigua produzione, in una ristrettissima zona di terreno, di un genere voluttuario come il bergamotto. Se il legislatore crede di dover favorire una certa categoria di produttori, ha altri mezzi per farlo che non siano le limitazioni alla libera iniziativa privata, come, ad es., esoneri fiscali, sovvenzioni, premi di esportazione, ecc. Col sistema instaurato dalla legge impugnata si crea in sostanza un regime di prezzi minimi obbligatori, regime il quale, in mancanza della utilità sociale, si traduce in una situazione di monopolio, vale a dire precisamente in ciò che la norma costituzionale é diretta a combattere.
La difesa del Sergi, inoltre, sostiene che le disposizioni dettate dal legislatore ordinario, nel porre limiti alla libertà di iniziativa economica privata, debbono avere il requisito di sufficiente specificazione, sì da non permettere che alla discrezionalità legislativa in materia venga a sostituirsi una inammissibile discrezionalità amministrativa.
La difesa del Consorzio del bergamotto di Reggio Calabria, premessi alcuni richiami sullo svolgimento della disciplina legislativa della materia, rileva che funzione del Consorzio é tipicamente quella di una qualunque organizzazione consortile fra produttori per la vendita dei loro prodotti. Il deposito dell'essenza non importa trasferimento della proprietà al Consorzio, il quale ne cura soltanto la vendita nell'interesse dei produttori, come loro mandatario, e in relazione agli effettivi risultati raggiunti nel complesso annuale delle operazioni di vendita liquida il ricavato ai vari produttori in proporzione delle quantità depositate, salva la detrazione delle spese di gestione. La difesa stessa sostiene indi essere pienamente legittima la limitazione che dalle norme impugnate deriva alla libertà di iniziativa economica dei produttori di essenza di bergamotto. Legittimo é, in generale, il sistema del conferimento obbligatorio e della gestione collettiva di determinati prodotti, sistema che vige in Italia anche per altri prodotti, ad esempio per quanto riguarda la canapa. In particolare, per quanto riguarda il Consorzio in questione, bisogna anche tener presente che il Consorzio del bergamotto non stabilisce d'autorità il prezzo, ma distribuisce in proporzione tra i soci le somme che riesce a conseguire, sì da potersi ritenere che questa organizzazione consortile altro non sia che un modo di potenziamento della loro iniziativa economica, la quale si svolge in forma associativa, anziché individualmente in forma disorganizzata e frammentaria. Circa l'utilità sociale la difesa del Consorzio rileva che se, da un punto di vista strettamente formale, si può ritenere che sussista una limitazione alla libertà economica, questa é indubbiamente preordinata alla realizzazione di una finalità di benessere collettivo, che direttamente riguarda i produttori, ma indirettamente l'economia generale della Provincia. La coltivazione del bergamotto, infatti, la trasformazione del frutto in essenza e la vendita di questa merce rappresentano un elemento fondamentale nella struttura economica della Provincia di Reggio Calabria, ed investe anche l'interesse di altre categorie economiche.
L'Avvocatura dello Stato sostiene che la creazione del Consorzio obbligatorio, traducendosi nella protezione di moltissimi piccoli proprietari (altrimenti in balia di forze economiche artatamente determinate) si risolve indubbiamente nel perseguimento di fini sociali e nella tutela di interessi generali. La necessità di disciplinare con provvedimenti adeguati il settore del bergamotto, travagliato in regime di libero commercio da ripetute gravi crisi che avevano impoverito tutti i produttori, nonché ridotto, insieme al valore del prodotto, i relativi cespiti tributari, é stata in ogni tempo sentita. Conclude, pertanto, che la proposta questione di legittimità costituzionale sia dichiarata infondata.
Considerato in diritto
Secondo l'ordinanza di rinvio, le norme impugnate, disponendo l'obbligo del deposito dell'essenza di bergamotto e il divieto di ogni vendita del prodotto che non sia effettuata per il tramite del Consorzio provinciale di Reggio Calabria, sono in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, in quanto tale norma stabilisce il principio della libertà della iniziativa economica privata. In questa sua letterale formulazione, la questione si presenta impostata in relazione al primo comma dell'art. 41. Il quale, invece, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, va considerato nel suo complesso, vale a dire con l'indispensabile riferimento agli altri due commi, e in modo particolare al terzo.
Non é dubbio che il principio della libera iniziativa economica privata sia nettamente riaffermato nel primo comma dell'art. 41, però con i limiti fissati dal secondo e terzo comma, in forza dei quali l'iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, e l'attività pubblica e privata può essere indirizzata e coordinata a fini sociali mercé programmi e controlli determinati dalla legge. Se si tien presente, d'altra parte, che per quanto riguarda in genere il conferimento obbligatorio dei prodotti, questa Corte, anche con sua recente sentenza (n. 5 del 1962), ha riconosciuto trattarsi di una misura di direzione pubblica dell'economia rientrante fra quelle consentite dall'art. 41, la soluzione della questione dipende, appunto, dallo stabilire se le limitazioni che le norme impugnate apportano alla libera iniziativa dei produttori di bergamotto siano tali da potersi qualificare conformi alle condizioni disposte dal citato terzo comma dell'art. 41.
La Corte ritiene che la finalità sociale non possa escludersi, in via di principio, in vista del carattere particolare o localmente limitato della categoria di operatori economici; e nemmeno in considerazione della natura voluttaria del prodotto. Anche una produzione limitata, infatti, e relativa a prodotti di non largo consumo può avere apprezzabili riflessi sull'economia generale e assumere quel carattere, più o meno intenso, di socialità che é idoneo a giustificare l'intervento direttivo e coordinatore della legge.
Il contrasto delle norme impugnate con l'art. 41 é, invece, da ravvisarsi nella non rispondenza di esse al principio della riserva di legge, nei termini in cui questa é disposta dal terzo comma di detto articolo. Una grave limitazione, invero, alla iniziativa economica privata, tale da inibire in sostanza ogni libera disponibilità del prodotto, é stata disposta dalla legge impugnata non soltanto senza la minima specificazione di indirizzi e programmi, ma senza indicazione alcuna di dati attraverso i quali si manifestino in qualche modo i fini di utilità sociale e i criteri ai quali all'uopo la legge stessa si sarebbe ispirata. A tale esigenza, più volte dichiarata nelle sentenze di questa Corte, non si può opporre che nel caso in questione, data la natura dell'attività del Consorzio per il bergamotto e il modo come essa si svolge, cioè sostanzialmente quale esplicazione di un mandato nell'interesse dei produttori e in aderenza fedele alle leggi del mercato, non vi sarebbe concreta possibilità di dettare legislativamente criteri in ordine alla determinazione del prezzo e alla distribuzione del prodotto. E l'obbiezione non regge perché il negare tale possibilità per questo caso significa ammettere in sostanza che, in casi analoghi, di cui la configurabilità non si può circoscrivere, il principio della riserva di legge potrebbe di fatto subire deroghe ad arbitrio. Le determinazioni programmatiche della legge possono essere indubbiamente diverse, a seconda della natura della attività economica e della finalità sociale che si tende a perseguire; e può anche ammettersi che in talune ipotesi esse si presentino di complessità notevolmente minore che non in altre. Ma non può esser dubbio che la loro totale mancanza, come nel caso in questione, significhi che il principio della riserva di legge non é rispettato.
Con ciò rimane assorbita ogni altra considerazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale del R.D.L. del 3 febbraio 1936, n. 278, e della legge di conversione del 23 aprile 1936, n. 829 in riferimento all'art. 41 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 1962.
Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria il 14 giugno 1962.