Sentenza n. 4 del 1962
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SENTENZA N. 4

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente 

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 29 giugno 1929, n. 1366, promosso con ordinanza emessa il 10 novembre 1960 dal Pretore di Thiene nel procedimento penale a carico di Zucchi Giovanni ed altri, iscritta al n. 93 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 315 del 24 dicembre 1960.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 20 dicembre 1961 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

Nei processi penali promossi avanti al Pretore di Thiene, e riuniti per connessione, contro Zucchi Giovanni e altri sette, tutti imputati del reato di cui agli artt. 4 e 8 della legge 29 giugno 1929 n. 1366, per aver tenuto un maschio bovino intero di età superiore a quella prescritta dal vigente regolamento per la Provincia di Vicenza, senza avere conseguito l'approvazione per la monta privata la difesa degli imputati ha sollevato la questione della costituzionalità di dette disposizioni di legge, nella considerazione che esse contrastino con gli artt. 41 e 42 della Costituzione. Il Pretore, avendo ritenuto che il regolamento ministeriale delle stazioni di monta taurina del 10 marzo 1934 per detta Provincia permette l'allevamento a scopo di procreazione solo di alcune razze bovine e che l'art. 4 della legge predetta, il quale consente tale disciplina, può far sorgere il dubbio, non manifestamente infondato, di essere in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, che garantisce la libertà dell'iniziativa economica privata, dubbio la cui risoluzione é presupposto per la definizione dei detti procedimenti, ha con sua ordinanza del 10 novembre 1960, disposto la loro sospensione e l'invio degli atti a questa Corte.

L'ordinanza predetta, debitamente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 dicembre 1960.

Le parti private non si sono costituite, mentre é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le sue deduzioni il 3 dicembre 1960. In tali deduzioni essa fa presente come le norme per le quali é stata sollevata l'eccezione di incostituzionalità sono ispirate al fine di incrementare e migliorare la produzione zootecnica, stabilendo programmi e controlli, in specie sulla produzione bovina, in relazione alle esigenze economiche generali e con riguardo alle speciali condizioni delle singole Province. E poiché questi fini rivestono indubbio carattere di utilità sociale, se ne deve dedurre la piena compatibilità dei limiti imposti (e delle pene irrogate per la loro violazione) con l'art. 41 che, appunto, consente che fini di tal genere circoscrivano la libertà della iniziativa economica privata, condizionandone l'esplicazione all'osservanza anche di programmi e controlli. Conclude chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata infondata.

Con successiva memoria depositata il 7 dicembre 1961 l'Avvocatura ha ribadito le considerazioni già svolte e fatto rilevare come le esigenze di pubblica utilità volute soddisfare con le norme denunciate chiaramente emergono dalla relazione ministeriale che ha accompagnato il disegno della legge che le contiene, nonché da quelle delle Commissioni parlamentari, le quali hanno fatto presente come condizione di successo della politica zootecnica sia la organicità e continuità dell'azione da svolgere per il miglioramento degli allevamenti, e che tali condizioni vengono appunto realizzate dalla legge in esame, che prescrive programmi di intervento per ciascuna Provincia onde intensificare e migliorare la produzione del bestiame, con riduzione dei costi. E poiché la selezione della produzione del bestiame é strumento necessario per tale incremento, e questo a sua volta assume importanza essenziale per l'alimentazione e perciò stesso appare fattore determinante del progresso biologico umano e della salute, che é oggetto di apposita tutela costituzionale, deve concludersi che il denunciato art. 4, lungi dal contrastare, risulta in piena armonia con l'art. 41. Pertanto, insiste nel richiedere il rigetto dell'eccezione proposta. Tale richiesta é stata confermata nella discussione orale, nella quale si é fatto richiamo anche alle risultanze di un "Simposium" sulla genetica applicata ed in particolare sulla discendenza dei bovini, tenutosi a Saint Vincent.

Considerato in diritto 

1. - l'art. 4 della legge 29 giugno 1929, n. 1366, sulla produzione zootecnica, denunciato per violazione dell'art. 41 Cost. in quanto contrastante con la libertà dell'iniziativa economica privata, pone il divieto per chiunque di tenere, a qualsiasi titolo, maschi bovini interi che non abbiano conseguito l'approvazione per la monta pubblica o privata, e demanda poi ai Consigli provinciali dell'economia di compilare appositi regolamenti (dei quali poi tratta il successivo art. 5) dettanti le norme per la graduale applicazione della legge stessa, ed in particolare quelle relative alle condizioni e modalità necessarie ad ottenere l'approvazione predetta.

Per giudicare della fondatezza dell'eccezione proposta é da rilevare che l'art. 41 della Costituzione, pur affermando la libertà dell'iniziativa economica privata, ha consentito l'apposizione di limiti al suo esercizio subordinandola però ad una duplice condizione: e cioè richiedendo, sotto l'aspetto sostanziale, che essi corrispondano all'utilità sociale, e sotto quello formale, che ne sia effettuata la disciplina per opera della legge.

Non é dubbio che le restrizioni al diritto di tenere bovini idonei alla riproduzione quando non sia stata previamente accertata la loro capacità alla procreazione di soggetti selezionati, che il citato art. 4 impone ai privati, corrispondano a fini di utilità sociale. Infatti, l'incremento quantitativo ed il miglioramento genetico del bestiame bovino garantiscono la soddisfazione degli interessi sociali collegati alla massima utilizzazione del bestiame stesso, in tutte le varie forme in cui essa si rende possibile, mirando a conciliare l'esigenza del più elevato rendimento con quella del minor costo dei prodotti stessi.

E non può neppure esser dubbio che per il conseguimento delle finalità prospettate si rendano necessari interventi della pubblica autorità, rivolti all'accertamento tecnico (quale può essere effettuato con il sussidio della scienza e della sperimentazione genetica) non solo della immunità dei riproduttori da malattie atte a compromettere la salute della prole, ma altresì del possesso da parte loro dei caratteri (rilevabili anche attraverso l'istituzione di appositi alberi genealogici) che ne assicurino una razionale selezione.

2. - Ammessa così la sussistenza nei confronti della norma denunciata di una delle condizioni che legittimano, ai sensi dell'art. 41, l'imposizione di limiti all'iniziativa economica privata, é ora da accertare se la norma denunciata soddisfi anche all'altra della riserva di legge. Che tale riserva, espressamente prescritta dall'ultimo comma del detto art. 41, debba ritenersi necessaria anche per l'emanazione delle misure di cui al comma precedente (che viene in considerazione nella specie) si desume, secondo é stato altre volte statuito dalla Corte (con le sent. nn. 50 e 103 del 1957, 47 e 52 del 1958) tanto dai principi generali informatori dell'ordinamento democratico, secondo i quali ogni specie di limite imposto ai diritti dei cittadini abbisogna del consenso dell'organo che trae da costoro la propria diretta investitura, quanto dall'esigenza che la valutazione relativa alla convenienza dell'imposizione di uno o di altro limite sia effettuata avendo presente il quadro complessivo degli interventi statali nell'economia inserendolo armonicamente in esso, e, pertanto, debba competere al Parlamento, quale organo da cui emana l'indirizzo politico generale dello Stato. Ciò posto, é da precisare che, riferendosi i limiti di cui si tratta a diritti su mezzi o su attività rivolte alla produzione economica, la riserva di legge di cui all'art. 41 in parola non esige che l'intera disciplina dei rapporti venga regolata con atto normativo del Parlamento, dovendosi ritenere sufficiente che questo determini i criteri e le direttive idonee a contenere in un ambito ben delineato l'esercizio tanto dell'attività normativa secondaria quanto di quella particolare e concreta di esecuzione affidate al Governo, evitando che esse si svolgano in modo assolutamente discrezionale.

L'art. 4 della legge n. 1366 non soddisfa a siffatta esigenza poiché null'altro dispone, come si é già rilevato, se non il rinvio ai regolamenti ministeriali per la determinazione delle condizioni e procedure degli interventi rivolti a circoscrivere l'autonomia dei singoli in ordine alla proprietà e disponibilità dei bovini, e d'altra parte i successivi artt. 5, 6, 7, lungi dallo specificare sia pure genericamente criteri idonei a dirigere l'attività della pubblica Amministrazione, si limitano semplicemente a indicare (ed in termini molto vaghi) l'oggetto della regolamentazione affidata al potere esecutivo (come la determinazione dell'età o della razza dei bovini da approvare, o le misure da adottare per impedire la utilizzazione a scopo riproduttivo di quelli non approvati, oppure il deferimento ad apposite commissioni del compito di concretare l'indirizzo generale da seguire nelle operazioni di visita, o infine l'imposizione di consorzi obbligatori quando le autorità locali ritenessero che il numero dei tori approvati risulti inadeguato alle esigenze della produzione bovina locale).

Il mancato rispetto della riserva di legge rende, pertanto, incostituzionale l'art. 4 di cui all'ordinanza del Pretore di Thiene. In applicazione poi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte deve dichiarare la illegittimità costituzionale anche degli artt. 5, 6 e 7, nonché dell'art. 8 che stabilisce le pene per le contravvenzioni agli articoli precedenti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara, in riferimento all'art. 41, secondo comma, della Costituzione, la illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 29 giugno 1929, n. 1366;

dichiara in conseguenza, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la illegittimità costituzionale degli artt. 5, 6 (modificato dall'art. 1 R.D.L. 15 gennaio 1931, n. 118), 7 e 8 della legge predetta n. 1366 del 1929.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 14 febbraio 1962