SENTENZA N. 72
ANNO 1961
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente
Prof. Gaspare AMBROSINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione Trentino-Alto Adige con ricorso notificato il 18 gennaio 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il giorno 26 successivo ed iscritto al n. 2 del Registro ricorsi 1961, per conflitto di attribuzione tra la Regione Trentino-Alto Adige e lo Stato, sorto a seguito del decreto del Vice Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano del 18 novembre 1960, n. 12647, con il quale, in applicazione dell'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, é stata disposta la requisizione di 13 alloggi costruiti dall'Istituto autonomo per le case popolari di Bolzano, ai sensi della legge 2 luglio 1949, n. 408.
Udita nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1961 la relazione del Giudice Antonio Manca;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Con ricorso, notificato il 18 gennaio 1961 e depositato con le deduzioni il giorno 26 successivo, il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige, debitamente autorizzato e rappresentato dall'avv. Giuseppe Guarino, ha sollevato conflitto di attribuzione riguardo al decreto del Vice Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano del 18 novembre 1960, n. 12647, con il quale, in applicazione dell'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo, é stata disposta la requisizione di 13 alloggi costruiti dall'Istituto autonomo per le case popolari di Bolzano, ai sensi della legge 2 luglio 1949, n. 408 (contenente disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie).
Con tale provvedimento, secondo quanto assume la difesa della Regione, il Vice Commissario avrebbe violato:
1) gli artt. 4, 13 e 46 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in relazione all'art. 56 della legge regionale 17 maggio 1956, n. 7, contenente norme sull'espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico dello Stato, da eseguirsi nella Regione.
Si sostiene in proposito che l'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo potrebbe applicarsi soltanto nei casi di necessità non specificamente regolati da altre norme legislative; mentre nella specie rientrerebbe nella competenza del Presidente della Giunta provinciale emanare provvedimenti del genere in base all'art. 71 della legge sull'espropriazione per pubblica utilità (25 giugno 1865, n. 2359) e in relazione all'art. 4 dello Statuto speciale ed all'art. 56 della ricordata legge regionale del 1956.
2) Il provvedimento impugnato sarebbe, altresì, in contrasto con gli artt. 11 e 13 dello Statuto speciale, in relazione agli artt. 1, 6, 7 e seguenti del D.L. 26 gennaio 1959, n. 28, contenente le norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige nella materia delle case popolari, circa le quali i poteri attribuiti agli organi dello Stato dal T.U. 28 aprile 1938, n. 1165, e successive modificazioni, sono stati trasferiti alle autorità provinciali. Donde il difetto di potere del Commissario, non essendo contestabile che il provvedimento impugnato riguarderebbe la materia delle case popolari, per il suo contenuto, per le circostanze che ne avrebbero determinato l'emanazione, ed anche perché assoggetta le persone, a favore delle quali é stata disposta la requisizione, alle stesse disposizioni che disciplinano i rapporti fra l'Istituto autonomo delle case popolari e gli assegnatari degli alloggi.
3) Sussisterebbe, altresì, la violazione dell'art. 76 dello Statuto speciale in relazione all'art. 16 del D.L. 12 dicembre 1948, n. 1414, contenente norme di attuazione, in quanto al Vice Commissario potrebbero essere attribuiti solo i poteri delegabili: e, fra questi, non sarebbe compreso il potere di emanare ordinanze di urgenza; il quale, date le caratteristiche particolari, dovrebbe essere esercitato dal Prefetto e, quindi, nella Regione, dal Commissario.
La Regione chiede, quindi, che si dichiari che soltanto alla Provincia spetta il potere di cui si controverte e che, per conseguenza, si annulli il provvedimento ora impugnato.
Si é costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le deduzioni il 2 febbraio 1961, ed una memoria illustrativa l'11 ottobre 1961, concludendo perché sia respinto il ricorso e sia dichiarato che spetta tuttora agli organi dello Stato adottare i provvedimenti preveduti dall'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo.
Circa i tredici alloggi, che hanno formato oggetto della requisizione disposta con il provvedimento impugnato, l'Avvocatura fa presente (allegando i relativi documenti) che, con nota del 17 novembre 1960, l'Assessore per l'assistenza sanitaria del Comune di Bolzano aveva segnalato al Commissario dello Stato la necessità di assicurare un alloggio a talune famiglie abitanti in locali pericolanti, e, nei confronti delle quali era stata emessa ordinanza di sgombero dal Sindaco.
Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso, la difesa dello Stato obietta che, cessata l'efficacia delle varie leggi emanate per le requisizioni rese necessarie per le esigenze belliche, l'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo, allo stato della legislazione, sarebbe la sola norma autorizzante la requisizione in uso dei beni immobili, per sopperire a gravi ed urgenti necessità pubbliche improvvise ed imprevedibili, come sarebbe, appunto, quella di dare alloggio a persone rimaste senza casa. A questa conclusione l'Avvocatura perviene (ricordando anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato), data la distinzione tra il potere attribuito esclusivamente ad organi statali dall'art. 7 della legge sul contenzioso e quello derivante dall'art. 71 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per pubblica utilità. In sostanza, le due ipotesi prevedute da questa disposizione, una concernente l'occupazione di urgenza di un immobile per calamità naturali, l'altra per la dichiarata indifferibilità dell'esecuzione dei lavori, pur avendo ciascuna caratteristiche proprie, si riferirebbero, tuttavia, entrambe alla occupazione temporanea di fondi per la costruzione di opere pubbliche.
Pure carattere sostanzialmente diverso, in confronto del citato art. 7, avrebbero le ordinanze contingibili ed urgenti che il sindaco può emanare, nelle situazioni di carattere eccezionale e accidentale che possano pregiudicare la pubblica incolumità, in materia di edilizia, igiene e polizia locale, ai sensi dell'art. 173 del T.U. della legge comunale e provinciale (4 febbraio 1915, n. 148); ordinanze che, nella pratica, non avrebbero mai avuto per oggetto la requisizione di immobili. Donde la conseguenza che il potere di requisizione in base all'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo resterebbe riservato allo Stato, non essendo mai stato trasferito alla Regione o alla Provincia.
Circa il secondo motivo del ricorso si obietta che le norme che la Regione assume violate dal provvedimento impugnato, riguarderebbero la vigilanza sugli enti autorizzati alla costruzione di case popolari ed il finanziamento degli enti medesimi. Sarebbe, perciò, da escludere che, in base alle accennate disposizioni, si potesse procedere a requisire la proprietà di privati, o di enti pubblici, per sopperire a gravi e urgenti necessità come si sarebbe verificato nella specie, secondo i documenti esibiti.
Sarebbe anche infondato il terzo motivo del ricorso, in quanto nessuna norma vieterebbe la delega da parte del Commissario al Vice Commissario dei poteri di adottare i provvedimenti di urgenza; essendo, comunque, da rilevare che un eventuale errore nella ripartizione interna delle attribuzioni fra Commissario e Vice Commissario, non violerebbe le norme statutarie sulla competenza regionale, il che porterebbe a ritenere l'inammissibilità di questo motivo.
Nella memoria depositata il 25 ottobre 1961, la difesa della Regione illustra specialmente le osservazioni già esposte nel secondo motivo del ricorso.
Osserva, in riferimento anche alla giurisprudenza di questa Corte, che, nei giudizi per conflitto di attribuzione, per accertare se il provvedimento impugnato sia o no legittimo, non sarebbe sufficiente la menzione delle norme attributive del potere, ma occorrerebbe aver riguardo al contenuto ed ai molti del provvedimento stesso ed alle circostanze dell'emanazione. Rileva che l'essersi l'organo dello Stato avvalso dell'art. 7 per una materia di competenza provinciale ha impedito di fatto l'esplicazione del potere che, in tale materia, sarebbe attribuito agli organi locali, accennando pure ad irregolarità che si sarebbero verificate nella specie. Ne trae la conseguenza, ai fini della controversia, che, in sostanza, sarebbe stata invasa la competenza degli organi provinciali in materia di case popolari. Il che sarebbe anche confermato dal fatto che l'indennità e le modalità della requisizione corrispondono ai canoni di affitto e alla disciplina stabiliti dalla legge per l'assegnazione degli alloggi all'Istituto autonomo per la case popolari. Con l'effetto, tra l'altro, che le assegnazioni verrebbero sottratte alla procedura del concorso stabilito dalla legge.
Nella memoria illustrativa del ricorso la difesa dello Stato, per quanto riguarda la tesi sostenuta dalla Regione nel primo motivo del ricorso, accennando alla dibattuta questione circa la distinzione concettuale fra occupazioni d'urgenza autorizzate dall'art. 71 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilità nel caso di calamità naturali, e le requisizioni in uso degli immobili, pur non escludendo qualche dubbio circa la legittimità costituzionale dell'art. 56 della legge regionale 17 maggio 1956, n. 7, sopra ricordata, richiamando i principi enunciati al riguardo dalla giurisprudenza e dalla dottrina, ammette, in conclusione, che il potere relativo alle occupazioni di urgenza per le finalità previste dall'art. 71 della legge del 1865, può considerarsi trasferito agli organi regionali, per quanto attiene alle opere pubbliche non statali, in base all'art. 4, n. 4, ed alla Provincia in base all'art. 11, n. 14, anche in relazione all'art. 46 dello Statuto speciale, per quanto riguarda le calamità naturali. Ribadisce, quindi, che resterebbe, invece, riservato allo Stato, perché nessuna norma lo avrebbe trasferito agli organi locali, il potere di requisizione in uso di mobili ed immobili per qualsiasi ragione di interesse pubblico, preveduto, con norma di carattere generale, dall'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo. Potere di contenuto più ampio e di carattere eccezionale, in relazione alla genericità degli interessi pubblici ai quali si riferisce, alla indeterminatezza dei beni che può colpire ed alle modalità con le quali viene esercitato.
Né, si aggiunge, potrebbe trarsi argomento, a favore della tesi sostenuta dalla Regione, dall'art. 46 dello Statuto speciale, poiché il potere attribuito al Presidente della Giunta provinciale di adottare i provvedimenti contingibili ed urgenti non uscirebbe dall'ambito dell'art. 153 del T.U. della legge comunale e provinciale dal quale deriva; potere che sarebbe ritenuto, anche dalla giurisprudenza, sempre distinto da quello derivante dall'art. 7 della legge sul contenzioso.
Considerato in diritto
1. - Deve ritenersi fondata l'eccezione di inammissibilità dedotta dall'Avvocatura dello Stato circa il terzo motivo del ri - corso, nel quale la difesa della Regione prospetta l'incompetenza del Vice Commissario del Governo ad emanare il decreto di requisizione, in quanto, trattandosi di provvedimento demandato dalla legge ai Prefetti, rientrerebbe nella competenza esclusiva del Commissario, ai sensi dell'art. 76, n. 3 dello Statuto speciale, senza possibilità di delega ad altro organo.
É, peraltro, da obiettare che se anche fosse esatto l'assunto della Regione, il vizio denunciato riguarderebbe la ripartizione della competenza fra organi dello stesso ufficio, e che non può dar luogo perciò a questione di rilevanza costituzionale da esaminarsi in questa sede.
2. - Nel primo e nel secondo motivo si prospettano due questioni.
La prima, se il decreto di requisizione, emesso in base all'art. 7 della legge 20 marzo 1865, all. E, sul contenzioso amministrativo, abbia invaso la sfera di competenza spettante alle autorità regionali e provinciali nella materia dell'espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico dello Stato, ai sensi degli artt. 4, n. 4, 13 e 46 dello Statuto speciale, ed all'art. 56 della legge regionale 17 maggio 1956, n. 7, riguardante, appunto, le espropriazioni.
La seconda, di carattere particolare, se, in ogni modo, la illegittimità del provvedimento di requisizione debba essere dichiarata, in quanto, avendo per oggetto alloggi costruiti dall'Istituto autonomo per le case popolari, tutti i poteri, nella materia, sarebbero stati trasferiti, alle Province di Trento e di Bolzano, in virtù degli artt. 11, n. 11, e 13 dello Statuto speciale, e delle norme di attuazione contenute nel decreto legislativo del 26 gennaio 1959, n. 28.
Circa la prima questione, la difesa della Regione muove dal presupposto che la disposizione contenuta nel ricordato art. 7 sia applicabile nei casi di urgente necessità, non espressamente regolati da altre norme legislative. Rileva, peraltro, che, trattandosi nella specie di occupazione di urgenza ricompresa nella prima parte del primo comma dell'art. 71 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilità (28 giugno 1865, n. 2359, modificato dalla legge 18 dicembre 1879, n. 5188), ed essendo l'art. 71 trasfuso nell'art. 56 della ricordata legge regionale del 1956, il potere di adottare il provvedimento in questione non spetterebbe agli organi statali, bensì al Presidente della Giunta provinciale.
La tesi, ad avviso della Corte, non può ritenersi fondata.
L'occupazione di urgenza di immobili cui si riferisce il primo comma dell'art. 71 della legge sulle espropriazioni, di poco posteriore a quella sul contenzioso amministrativo, costituisce, com'é generalmente ritenuto, applicazione della regola generale racchiusa nell'art. 7 di quest'ultima legge, regola che legittima gli atti di disposizione della proprietà privata immobiliare e mobiliare, quando urgenti necessità di interesse pubblico ciò richiedono. Come del pari sono da considerare specificazioni della predetta regola le numerose leggi sulle requisizioni in proprietà per i mobili ed in uso per gli immobili, emanate, al fine di disciplinare con norme particolari la procedura e gli effetti, per le esigenze belliche e post - belliche, e quelle vigenti circa la requisizione in tempo di pace per le esigenze militari e per il pronto soccorso in caso di disastri tellurici ed altri del genere.
Ma dal collegamento della disposizione dell'art. 7 con la legge del 30 novembre 1950, n. 996, che attribuisce carattere definitivo ai provvedimenti emanati dai Prefetti, nell'esercizio dei poteri conferiti da detto articolo, risulta chiarito come l'accennata disposizione sia, altresì, per sé stessa, attributiva agli organi dello Stato di poteri da esercitarsi nei casi di urgente necessità, non espressamente preveduti da altre norme legislative.
É vero, quindi, che le occupazioni di urgenza autorizzate dal citato art. 71 possono anche equipararsi, nella sostanza, a requisizioni in uso analoghe a quelle prevedute dalla legge sul contenzioso, con le quali vengono ad avere in comune il presupposto, cioè l'urgente necessità, a differenza delle occupazioni temporanee di immobili collegate alla esecuzione di un'opera di pubblica utilità. Non é altrettanto esatto però che, nelle accennate occupazioni d'urgenza, si comprendano, come si vuol sostenere, tutti i casi di disposizione della proprietà privata, in guisa da precludere l'applicabilità dell'art. 7. Difatti, per quanto largamente interpretata, la norma dell'art. 71 della legge sulle espropriazioni deve ritenersi tuttavia operante, per logico coordinamento del sistema, nell'ambito espressamente delimitato. La quale norma autorizza l'occupazione temporanea di beni immobili, per un fine determinato, in quanto cioè sia necessaria per l'esecuzione delle opere (in largo senso), occorrenti nei casi di pubbliche calamità, negli altri casi di forza maggiore e di assoluta urgenza.
Ne deriva che l'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo ha un campo di applicazione più vasto, e, nell'ordinamento, funziona come norma di carattere generale e fondamentale, che completa il sistema legislativo nella materia delle requisizioni; ed é applicabile, come si é accennato, qualora, per un pubblico interesse, si debba, in via di urgenza, disporre della proprietà privata mobiliare ed immobiliare. Posto ciò, é chiaro che il potere derivante dall'art. 7 spetta esclusivamente agli organi dello Stato, e che non può ritenersi trasferito alle autorità regionali e provinciali, anche se si ammette, secondo quanto rileva la difesa dello Stato, che queste possano emanare provvedimenti relativi all'occupazione temporanea della proprietà privata, per l'esecuzione di opere pubbliche o nei casi di calamità naturali, sulla base e nei limiti dell'art. 4, n. 4, e dell'art. 11, n. 14, dello Statuto speciale. É perciò infondata la conclusione cui perviene la difesa della Regione nel senso che tutti i provvedimenti di urgenza, nella Regione Trentino-Alto Adige, sarebbero di competenza delle autorità locali e non più di Governo, in relazione anche all'art. 46 dello Statuto, che attribuisce al Presidente della Giunta provinciale la competenza ad emanare provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di igiene e di sicurezza pubblica. Questa disposizione si ricollega, infatti, all'art. 55 del T.U. della legge comunale e provinciale (3 marzo 1934, n. 383); ed é preordinata, secondo una costante interpretazione, alla tutela della pubblica incolumità.
Sotto l'aspetto finora esaminato, pertanto il provvedimento impugnato deve ritenersi legittimo.
3. - Circa la seconda questione é da premettere che non si discute fra le parti se, in generale, gli alloggi costruiti, come nella specie, dagli Istituti autonomi delle case popolari possano formare oggetto di requisizione, quando ricorra l'urgente necessità di pubblico interesse preveduta dall'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo. Con provvedimento cioè concernente beni che concorrono a formare il patrimonio degli Istituti autonomi, da assegnare in locazione, o, con patto di futura vendita, alle categorie di soggetti indicati dalla legge; i quali beni, nonostante il vincolo derivante dalla destinazione ai fini assistenziali, restano di regola soggetti al regime della proprietà privata, nel cui ambito, sotto certi aspetti, sono ricondotti anche dalla legge che li riguarda, poiché consente, tra l'altro, che su di essi, possano essere iscritte ipoteche.
Secondo la difesa della Regione, invece, il decreto del Vice Commissario avrebbe invaso la sfera di competenza riservata alle autorità provinciali nella materia delle case popolari, in base all'art. 11, n. 11, dello Statuto speciale ed alle norme di attuazione del 1959 sopra ricordate. In quanto cioè il provvedimento, nella sostanza, sarebbe stato preordinato all'assegnazione delle case popolari, in contrasto con le disposizioni legislative dalle quali tali assegnazioni sono regolate.
Ora, é vero che, in base alle citate norme statutarie e di attuazione, alle Province di Trento e di Bolzano é stata attribuita potestà normativa e amministrativa nella materia delle case popolari, con le limitazioni, peraltro, indicate nelle norme di attuazione, ritenute legittime con la sentenza n. 2 del 1960 di questa Corte; e che sono state trasferite alle Province stesse anche le facoltà attribuite al Ministero dei lavori pubblici dal T.U. del 1938, compresa, ai sensi dell'art. 6, ultimo comma, e dell'art. 7 delle ricordate norme di attuazione, la vigilanza per quanto riguarda l'attività edilizia degli enti autonomi e l'assegnazione delle case da essi costruite.
É d'altra parte pacifico, come risulta anche dal contenuto del l'accennato decreto che la requisizione, per la durata di un anno dalla data del decreto impugnato (18 novembre 1960, periodo già scaduto), ha avuto per oggetto i tredici alloggi, in atto disponibili, costruiti dall'Istituto autonomo di Bolzano ai sensi della legge 2 luglio 1949, n. 408.
Si desume, inoltre, dalla motivazione e dai documenti esibiti dall'Avvocatura dello Stato, che il provvedimento é stato adottato dal Vice Commissario, in seguito a due lettere, dell'8 e del 17 novembre 1960, con le quali il Sindaco di Bolzano informava circa il pericolo di crollo delle abitazioni occupate da un gruppo di famiglie nelle lettere stesse elencate, dava, altresì, notizia che erano state emesse dall'autorità comunale ordinanze di sgombero e segnalava la necessità di provvedere con urgenza per l'alloggio delle famiglie anzidette.
Posto ciò e data la provvisorietà del provvedimento, la cui efficacia, limitata, come si é detto, ad un anno, deve ritenersi ormai definitivamente cessata, é da escludere che, nel provvedimento stesso, possa ravvisarsi un'assegnazione a carattere continuativo di case popolari, ai sensi e per gli effetti preveduti dalle leggi che disciplinano la materia.
Non hanno, d'altra parte, rilevanza, in contrario, perché attengono alle modalità di esecuzione, a garanzia dei diritti dell'Istituto autonomo di Bolzano, la misura dell'indennità equiparata ai canoni di affitto e il riferimento alla legge sulle case popolari per ciò che riguarda la disciplina dei rapporti fra l'Istituto e le persone, a favore delle quali gli alloggi sono stati requisiti.
Restano, pertanto, assorbite le osservazioni mosse dalla difesa della Regione nel presupposto che si tratti nella specie della predetta assegnazione; ed é da aggiungere, altresì, che non possono formare oggetto di esame in questa sede i rilievi concernenti asserite irregolarità delle già menzionate ordinanze di sgombero, emanate dalle autorità comunali.
La difesa della Regione, nella memoria, fa notare, altresì, che l'invasione della sfera di competenza riservata alle Province nella materia delle case popolari sussisterebbe anche perché l'esercizio del potere da parte dell'organo dello Stato avrebbe impedito di fatto agli organi locali di esplicare, nell'assegnazione delle case popolari, le attività statutariamente garantite.
Anche tale rilievo non appare fondato.
Non si contesta (e si desume anche dalla deliberazione della Giunta provinciale di Bolzano prodotta fra gli atti della causa) che il provvedimento del Vice Commissario ha requisito alloggi tuttora disponibili, circa i quali non risulta che i competenti organi abbiano neppure iniziato il procedimento per l'assegnazione, mentre nessun ostacolo avrebbe apportato al riguardo il provvedimento di requisizione. D'altra parte, non é dimostrato che l'inattività dei predetti organi sia da ricollegare all'emanazione e all'attuazione del provvedimento impugnato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta agli organi dello Stato il potere di emanare provvedimenti ai sensi dell'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo, ed in particolare, riguardo ad alloggi costruiti dall'Istituto autonomo delle case popolari di Bolzano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1961.
Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1961.