Ordinanza n. 57 del 1961
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ORDINANZA N. 57

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

ORDINANZA 

nei giudizi riuniti promossi con i seguenti ricorsi:

1) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 28 settembre 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 ottobre 1960 ed iscritto al n. 20 del Registro ricorsi 1960, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana, sorto a seguito del decreto dell'Assessore per le finanze della Regione siciliana 16 maggio 1960, n. 424, concernente speciali regimi d'imposizione dell'imposta generale sull'entrata per l'anno 1960;

2) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 12 giugno 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 17 giugno 1961 ed iscritto al n. 7 del Registro ricorsi 1961, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana, sorto a seguito del decreto dell'Assessore per le finanze della Regione siciliana 18 febbraio 1961, n. 356, concernente speciali regimi d'imposizione una volta tanto dell'imposta generale sull'entrata per l'anno 1961 per alcune categorie di entrate.

Udita nell'udienza pubblica del 18 ottobre 1961 la relazione del Giudice Francesco Pantaleo Gabrieli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e gli avvocati Guido Aula e Giovambattista Adonnino, per la Regione siciliana;

Ritenuto che con decreto 16 maggio 1960, n. 424 - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 30 luglio 1960 l'Assessore per le finanze di detta Regione ha determinato speciali regimi d'imposizione della imposta generale sull'entrata per l'anno 1960;

che con ricorso (n. 20 del 1960) depositato nella cancelleria di questa Corte il 6 ottobre 1960, notificato al Presidente della Regione con atto del 28 settembre 1960, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato conflitto di attribuzione, deducendo che il decreto summenzionato esorbita dai poteri attribuiti all'Assessore dalla legge regionale 30 giugno 1956, n. 40; viola le leggi nazionali che disciplinano la materia; é in contrasto evidente ed insanabile con il regime tributario vigente nel restante territorio dello Stato per effetto dei decreti ministeriali emanati ai sensi dell'articolo 10 del D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 348.

Nel ricorso premesso:

che la legge regionale siciliana 30 giugno 1956, n. 40, ha attribuito all'Assessore per le finanze la facoltà preveduta dall'art. 10 del D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 348 (determinare speciali regimi di imposizione dell'imposta generale sull'entrata), oltre che per le entrate derivanti dagli atti economici indicati nel detto articolo e successivi, anche per le entrate derivanti dal commercio delle fave secche e della manna;

che col citato decreto 16 maggio 1960, n. 424, l'Assessore per le finanze, modificando il precedente provvedimento del 3 febbraio 1960, n. 174, ha spostato il momento impositivo del tributo nella vendita dei prodotti ortoflorofrutticoli ecc. ed ha modificato, altresì, le modalità di pagamento del tributo stesso (forma dell'abbonamento mediante canoni ragguagliati al volume); mentre, secondo il decreto ministeriale 14 dicembre 1959, n. 177912, l'atto di immissione in consumo si concreta con lo acquisto dei detti prodotti da parte degli esercenti tenuti ad assolvere l'imposta in base a fattura o ad altro documento;

che detto decreto é in contrasto anche con la legge 16 dicembre 1959, n. 1070, che ha esentato in via generale dall'imposta generale sull'entrata l'ultimo passaggio imponibile, abolendo il sistema del "forfait";

che questo rilievo vale anche per le disposizioni del provvedimento assessoriale relativo ai produttori diretti, tenuti a corrispondere l'imposta una tantum in abbonamento, anziché in base a documento all'atto del passaggio dei prodotti dal luogo di produzione ai negozi di vendita al pubblico, com'è, invece, stabilito dal decreto del Ministro delle finanze;

che, infine, nel provvedimento regionale le aliquote d'imposta sono state mantenute ferme nella misura del 3 per cento e del 2 per cento, vigente prima che entrasse in vigore la legge 16 dicembre 1959, n. 1070, che le ha maggiorate di 30 centesimi; e che, inoltre, vi sono ricompresi, come già in quello precedente del 3 febbraio 1960, prodotti o non contemplati (carrube) o espressamente esclusi (uva passa) dal corrispondente decreto ministeriale.

Tutto ciò premesso, si conclude deducendo che il decreto assessoriale citato esorbita dalla competenza attribuita agli organi esecutivi della Regione dall'articolo 20 dello Statuto della Regione siciliana in relazione all'articolo 36 dello stesso e all'articolo 23 della Costituzione, in quanto detti organi, in materia tributaria, possono svolgere funzioni esecutive ed amministrative entro i limiti delle leggi costituzionali e dei principi ed interessi cui si informa la legislazione statale relativamente ai singoli tributi e perché, inoltre, l'Assessore avrebbe in concreto esercitato attività legislativa riservata all'Assemblea.

L'Avvocatura dello Stato, nella memoria a stampa, insiste nella su esposta tesi, sostenendo che il decreto assessoriale 16 maggio 1960, n. 424, esorbita dai poteri che l'articolo 10 del D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 348, attribuisce al Ministro delle finanze e che la legge regionale 30 giugno 1956, n. 40, ha trasferito all'Assessore; il quale, esercitando in materia tributaria attività amministrativa, avrebbe violato l'art. 10 citato, usurpando i poteri che la Costituzione (art. 23) riserva al potere legislativo dello Stato o quanto meno alla Regione; e chiede che la Corte dichiari l'incompetenza della Regione, e per essa dell'Assessore per le finanze, ad emanare le norme contenute nel decreto assessoriale 16 maggio 1960, n. 424 e, quindi, annulli il decreto stesso.

Ritenuto, altresì, che il Presidente della Regione siciliana, ritualmente costituito in giudizio depositando in data 17 ottobre 1960 le prescritte deduzioni, assume:

che i motivi, innanzi specificati, della impugnazione proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri, se fondati, riguarderebbero questioni di legittimità attinenti al merito del provvedimento, e non alla competenza dell'organo che lo ha emanato; e tanto meno al profilo costituzionale di tale competenza; profilo costituzionale insussistente anche ove si affermi che l'Assessore avrebbe svolto un'attività riservata all'Assemblea regionale;

che, nel merito, il decreto impugnato non esorbita dai limiti fissati dalla legge regionale 30 giugno 1956, n. 40, in quanto tutte le disposizioni di esso attengono inequivocabilmente al "regime di imposizione dell'imposta generale sull'entrata" e che detta legge é attributiva di facoltà proprio "ai fini della determinazione degli speciali regimi d'imposizione dell'imposta sull'entrata";

che nella memoria a stampa la difesa della Regione rileva che il principio per cui l'attribuzione alla Regione di potestà legislativa e conseguente potestà amministrativa non importa il passaggio automatico delle funzioni amministrative e degli uffici dallo Stato alla Regione senza particolari norme legislative, non vale per le materie per le quali la Regione, essendo titolare di potestà normativa, l'abbia in concreto esercitata, come é avvenuto con la legge 30 giugno 1956, n. 40, costitutiva del trapasso delle funzioni amministrative e degli organi dallo Stato alla Regione, per cui l'Assessore alle finanze per la Sicilia deve ritenersi legittimamente investito di potestà amministrativa entro i limiti della cennata legge regionale;

che il ricorso, pur presentato come conflitto di attribuzione, non si riferisce a norme costituzionali attributive di potestà, ma riguarda un preteso contrasto del decreto assessoriale impugnato con il regime tributario vigente sul territorio nazionale per l'imposta in oggetto, onde la inammissibilità, sotto questo profilo, del ricorso per regolamento di competenza; e conclude chiedendo che la Corte dichiari inammissibile il ricorso e, subordinatamente, lo respinga nel merito;

che con altro ricorso (n. 7 del 1961 notificato al Presidente della Giunta regionale siciliana il 12 giugno 1961 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 17 dello stesso mese) il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato altro conflitto di attribuzione in riferimento al decreto assessoriale 18 febbraio 1961, sostanzialmente identico al precedente 16 maggio 1960. Anche in questo secondo ricorso le parti si sono costituite, presentando deduzioni e memorie con cui insistono nelle rispettive posizioni difensive;

che nella discussione orale svoltasi congiuntamente per i due ricorsi all'udienza del 18 ottobre 1961, la difesa dello Stato e della Regione si sono richiamate alle già prese conclusioni;

Considerato che i decreti 16 maggio 1960, n. 424, e 18 febbraio 1961, n. 356, che hanno dato luogo al presente duplice conflitto di attribuzione, sono stati emanati dall'Assessore per le finanze della Regione siciliana in virtù dell'art. 1 della legge regionale 30 giugno 1956, n. 40, secondo il quale "l'Assessore per le finanze può avvalersi della facoltà prevista dall'art. 10 del D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 348, ai fini della determinazione degli speciali regimi d'imposizione dell'imposta sull'entrata ivi contemplati, oltre che per le entrate derivanti dagli atti economici indicati nel detto articolo e da quelli previsti dall'art. 9 del D.L.L. 7 giugno 1945, n. 386, ecc... ., anche per le entrate derivanti dal commercio delle fave secche e della manna".

che l'art. 10 del citato D.L.L. n. 348 e successive leggi integrative (D.L. 7 giugno 1945, n. 386; D.L. C. p.s. 27 dicembre 1946, n. 469; D.L. 3 marzo 1948, n. 799 ecc.) attribuiscono al Ministro per le finanze la facoltà di determinare con propri decreti le modalità di pagamento dell'imposta sull'entrata derivante dal commercio dei prodotti ortofrutticoli ecc., speciali regimi d'imposizione della stessa imposta e le relative aliquote;

che, secondo la difesa della Regione, la legge n. 40 avrebbe operato - in mancanza di norme di attuazione - il trapasso delle funzioni amministrative dagli organi dello Stato agli organi della Regione e che, costituendo essa la fonte dei poteri esercitati dall'Assessore, legittimi devono considerarsi i decreti emanati in materia di I. G. E. ;

che, ciò premesso, per risolvere i conflitti in esame é necessario vedere se l'Assemblea regionale poteva trasferire all'Assessore la facoltà di regolare l'I. G. E. ; che si rende perciò necessario esaminare, se la legge regionale 30 giugno 1956, n. 40, che ha trasferito detti poteri all'Assessore, sia costituzionalmente legittima; che questa Corte con l'ordinanza n. 22 del 5 aprile 1960 ha ammesso la possibilità di sollevare, in via incidentale su istanza di parte, la questione di legittimità costituzionale di disposizioni legislative in base alle quali il conflitto dovrebbe risolversi. E a maggior ragione l'incidente può essere sollevato anche di ufficio, essendo irrilevante l'impulso di parte nel procedimento costituzionale, che si svolge in piena indipendenza dal giudizio principale (art. 22 Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale); che, infine, la questione di legittimità costituzionale non appare manifestamente infondata;  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

1) dispone la riunione dei due giudizi per conflitto di attribuzione di cui in epigrafe;

2) dispone che la questione di legittimità costituzionale della legge regionale 30 giugno 1956, n. 40, sollevata d'ufficio, venga trattata davanti alla Corte stessa;

3) ordina il rinvio del presente giudizio da trattarsi congiuntamente con la questione di legittimità costituzionale summenzionata;

4) ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Regione siciliana; e che, inoltre, sia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana;

5) assegna alle parti il termine di venti giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica per il deposito delle deduzioni sulla questione di legittimità costituzionale.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 28 novembre 1961.