SENTENZA N. 47
ANNO 1961
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente
Prof. Gaspare AMBROSINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 28 dicembre 1952, n. 4141 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 1953), promosso con ordinanza 27 dicembre 1956 del Tribunale di Bari nel procedimento civile vertente tra la "Pia Fondazione Maria Grazia Barone" e 'Ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania, Sezione speciale per la riforma fondiaria, iscritta al n. 39 del Registro ordinanze 1957 e pubblicata della Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 6 aprile 1957.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 7 giugno 1961 la relazione del Giudice Mario Cosatti:
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'Ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania.
Ritenuto in fatto
Con testamento olografo 2 dicembre 1949 Giuliani Antonio istituì erede la "Pia Fondazione Maria Grazia Barone" in Foggia della terza parte dei suoi beni in agro di Foggia.
Dopo la morte del testatore, avvenuta il 28 giugno 1951, fu pubblicato in data 31 dicembre 1951, a cura dell'Ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania - Sezione speciale per la riforma fondiaria, il piano particolareggiato di espropriazione relativo ai terreni ricadenti nel Comune di Foggia, nel quale era compresa la ditta Giuliani Antonio fu Vito Orazio.
Con D.P.R. 28 dicembre 1952, n. 4141 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 1953) venne approvato il detto piano di espropriazione nei confronti della ditta Giuliani Antonio (eredi) e i beni furono trasferiti in proprietà del detto Ente.
La Fondazione convenne in giudizio l'Ente dinanzi al Tribunale di Bari, lamentando che con la disposta espropriazione la terza parte dei beni a lei spettante per successione ereditaria si era notevolmente ridotta di estensione.
Assumeva la Fondazione che il decreto presidenziale era incorso in eccesso di delega, disponendo espropriazione di beni non privati, poiché essa Fondazione all'atto della pubblicazione del piano di espropriazione era da vari mesi, e cioè dalla data di morte del Giuliani, proprietaria per successione mortis causa di un terzo dei fondi e che, pertanto, non poteva nei suoi confronti estendersi lo scorporo; chiedeva il risarcimento dei danni.
Resisteva l'Ente osservando che, ai fini di cui trattasi, é essenziale prendere in considerazione la consistenza patrimoniale dei privati al 15 novembre 1949, indipendentemente dalle modificazioni successivamente intervenute per effetto di trasferimenti ereditari o di altra natura. Alla detta data tutti i beni compresi nell'eredità di poi apertasi nel giugno 1951 appartenevano al testatore Giuliani; legittimamente, quindi, la complessiva consistenza patrimoniale é stata presa a base del piano di espropriazione.
La difesa della Fondazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale e ha chiesto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; si é opposta la difesa dell'Ente.
Il Tribunale, con ordinanza 27 dicembre 1956, ha osservato che, mentre sembra non dubbio che debbano ricondursi nel patrimonio di un soggetto privato beni che ne siano usciti per atti a favore di altri soggetti privati, non può con altrettanta sicurezza affermarsi che lo stesso principio valga in caso di trasferimenti di beni a favore di Enti pubblici dal momento che, per le norme della Costituzione (art. 42), alla proprietà pubblica é concessa maggiore garanzia rispetto alla proprietà privata. Ha ritenuto, quindi, non manifestamente infondata e rilevante la proposta questione se il decreto presidenziale 28 dicembre 1952 sia viziato da illegittimità costituzionale per eccesso di delega avendo compreso nella espropriazione terreni già acquisiti per successione mortis causa dalla Fondazione Barone "prima del momento della concreta determinabilità della consistenza terriera privata soggetta a scorporo".
L'ordinanza, comunicata ai Presidenti delle Camere e notificata il 5 marzo 1957 alle parti in causa e il 9 marzo 1957 al Presidente del Consiglio dei Ministri, é stata pubblicata, per disposizione del Presidente della Corte costituzionale ai sensi dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 6 aprile 1957.
Le parti si sono costituite in giudizio: la Sezione speciale di riforma fondiaria rappresentata e difesa dall'Avvocato generale dello Stato, che il 21 marzo 1957 ha depositato le sue deduzioni - la Fondazione Barone rappresentata e difesa dall'avv. Guido Lo Re domiciliato in Roma, che ha a sua volta depositato deduzioni il 22 marzo 1957.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, é intervenuto nel presente giudizio con atto depositato in cancelleria il 26 marzo 1957.
La Fondazione, svolgendo la tesi esposta nel giudizio di merito, deduce che il momento nel quale la proprietà privata é in concreto assoggettata allo scorporo é quello della pubblicazione del piano di espropriazione e che i terreni che a quella data non costituiscono proprietà privata debbono esserne esenti. Le norme interpretative contenute nella legge 18 maggio 1951, n. 333 (così detta legge Salomone), fanno riferimento alla stessa data 15 novembre 1949, ma esclusivamente per gli atti tra vivi a favore di enti morali di beneficenza, assistenza ed istruzione, onde debbono ritenersi escluse le successioni testamentarie.
Il decreto 28 dicembre 1952, n. 4141, con riferimento al 15 novembre 1949, ha compreso nei terreni soggetti a espropriazione anche quelli che per successione testamentaria erano già divenuti proprietà della Fondazione; deve, quindi, dichiararsi viziato da illegittimità costituzionale.
L'Avvocatura dello Stato nelle sue deduzioni solleva, anzitutto, eccezione di improponibilità della questione, richiamandosi agli argomenti enunciati in precedenti giudizi. Nel merito, insiste nel concetto che per valutare la legittimità o meno dei decreti di espropriazione occorre far riferimento non già alla data di pubblicazione dei piani, bensì a quella del 15 novembre 1949 posta d alla legge per stabilire la consistenza della proprietà terriera dei privati agli effetti di cui si discute. Il Giuliani, al 15 novembre 1949, aveva una consistenza patrimoniale per cui, in base alle norme contenute nella legge 21 ottobre 1950, n. 841 (così detta legge stralcio), era soggetto a scorporo per una determinata quota.
L'Avvocatura dello Stato conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare improponibile o, comunque, infondata la proposta questione di legittimità costituzionale.
Nell'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'Avvocatura dello Stato si riporta alle deduzioni e conclusioni enunciate nell'interesse della Sezione speciale di riforma fondiaria.
La discussione della causa, già fissata per l'udienza del 26 marzo 1958, é stata più volte rinviata a nuovo ruolo su istanza di parte.
L'Avvocatura dello Stato per la Sezione speciale di riforma fondiaria e l'avv. Lo Re per la Fondazione Barone hanno rispettivamente depositato memorie in data 12 marzo 1959 e 12 maggio 1961, memorie nelle quali confermano le conclusioni già prese.
Alla udienza pubblica il sostituto avvocato generale Francesco Agrò si é riportato agli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1. - L'Avvocatura generale dello Stato ha sollevato anche in questo giudizio eccezione di improponibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto presidenziale di esproprio perché la impugnazione del decreto stesso sarebbe stata proposta dinanzi al Tribunale di Bari come oggetto principale della controversia e non in via incidentale quale presupposto necessario per la definizione del giudizio principale.
Tale eccezione é stata già respinta con numerose decisioni di questa Corte a partire da quella n. 59 del 13 maggio 1957, alla quale, pertanto, basta far qui riferimento.
2. - Nell'ordinanza di rimessione e nelle memorie difensive della "Pia Fondazione Maria Grazia Barone" si prospetta la questione se ai fini della individuazione dei soggetti passivi della espropriazione e della determinazione della consistenza terriera possa tenersi presente la data sotto cui la riforma é stata concretamente attuata e cioè la data di pubblicazione del piano particolareggiato di esproprio (nella specie, 31 dicembre 1951).
La difesa della Fondazione, convinta della esattezza dell'accennata tesi, osserva che a quella data la terza parte dei fondi di Antonio Giuliani era già di proprietà della Fondazione stessa e precisamente dal 28 giugno 1951, data di morte del testatore. E, movendo da tale premessa, la difesa deduce che, non potendo la proprietà terriera degli enti pubblici essere oggetto di espropriazione in base all'art. 42 della Costituzione e alle norme in materia di riforma fondiaria, il decreto di esproprio deve ritenersi costituzionalmente illegittimo.
Ma la premessa delle deduzioni della difesa della Fondazione é palesemente inesatta, poiché per tutto il sistema delle leggi di riforma fondiaria e, in particolare, per l'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841 (così detta legge stralcio), la consistenza dei terreni e i soggetti passivi debbono essere determinati con riferimento alla data del 15 novembre 1949: data questa fondamentale per l'attuazione della legge stralcio, come é stato affermato dalla Corte fin dalla sentenza n. 67 del 14 maggio 1957 e ribadito in molte successive.
L'art. 4 della legge stralcio pone un'eccezione circa i trasferimenti mortis causa ai discendenti in linea retta, riconoscendo l'efficacia dei trasferimenti stessi oltre la data del 15 novembre 1949 e fino a quella di entrata in vigore della legge (29 ottobre 1950). L'art. 20 dichiara, poi, inefficaci nei confronti degli enti di riforma tutti gli atti tra vivi a titolo gratuito posteriori al 1 gennaio 1948, ad eccezione delle donazioni in contemplazione di matrimonio e di quelle a favore di enti morali di beneficenza, assistenza ed istruzione effettuate fino al 15 novembre 1949, come precisa l'art. 4 della legge 18 maggio 1951, n. 333 (così detta legge Salomone).
Resta, quindi, ben chiarito che in ordine ai trasferimenti a causa di morte la limitata eccezione di cui sopra riguarda esclusivamente i discendenti in linea retta; mentre il legislatore, nelle norme contenute nell'art. 20, ha considerato gli enti morali di beneficenza, assistenza ed istruzione, ma soltanto a proposito di atti tra vivi (donazioni) e non di atti mortis causa.
Ciò posto, la Fondazione Barone, che é divenuta proprietaria per successione di parte dei fondi del Giuliani alla data di morte del testatore (28 giugno 1951), non aveva al 15 novembre 1949 alcun titolo sui fondi stessi; e, pertanto, ai fini del decidere, non occorre né accertare la natura dell'ente - la quale, per altro, non risulta nei suoi esatti elementi da alcun documento in atti -, né scendere all'esame della questione sull'espropriabilità o meno nei confronti di enti pubblici ai sensi dell'art. 42 della Costituzione e delle leggi sulla riforma fondiaria.
Correttamente, quindi, lo scorporo ha colpito la consistenza terriera del Giuliani con riferimento alla data 15 novembre 1949 e deve in conseguenza dichiararsi non fondata la questione di legittimità costituzionale del decreto presidenziale 28 dicembre 1952 n. 4141.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
respinge l'eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato;
dichiara non fondata la questione, proposta dal Tribunale di Bari con ordinanza 27 dicembre 1956, sulla legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1952, n. 4141, in relazione agli artt. 4 e 20 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e all'art. 4 della legge 18 maggio 1951, n. 333, e in riferimento agli artt. 42,76 e 77, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1961.
Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria l'11 luglio 1961.