Sentenza n. 40 del 1961
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SENTENZA N. 40

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti promossi con i seguenti ricorsi:

1) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri notificato il 4 febbraio 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale l'11 febbraio 1961 ed iscritto al n. 3 del Registro ricorsi del 1961, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione della Valle d'Aosta, sorto a seguito della deliberazione 6 dicembre 1960, n. 8921/2, della Giunta regionale della Valle d'Aosta, con la quale é stato sciolto, per motivi di ordine pubblico, il Consiglio comunale di Champorcher;

2) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri notificato il 4 febbraio 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale l'11 febbraio 1961 ed iscritto al n. 4 del Registro ricorsi del 1961, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione della Valle d'Aosta, sorto a seguito della deliberazione 6 dicembre 1960, n. 3902/1, della Giunta regionale della Valle d'Aosta, con la quale é stata sciolta l'amministrazione del Consorzio dei Comuni valdostani del bacino imbrifero montano della Dora Baltea e nominato un Commissario straordinario per la provvisoria amministrazione.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione della Valle d'Aosta;

udita nell'udienza pubblica del 24 maggio 1961 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il ricorrente, e l'avv. Arturo Carlo Jemolo, per il Presi dente della Regione della Valle d'Aosta.  

Ritenuto in fatto 

Con deliberazione del 6 dicembre 1960, n. 8921/2, la Giunta regionale della Valle d'Aosta disponeva lo scioglimento del Consiglio comunale di Champorcher, a seguito delle dimissioni di due consiglieri e del rinvio a giudizio di altri otto, tra i consiglieri ed assessori, per il reato di corruzione.

Il provvedimento dell'Amministrazione regionale era motivato dal fatto che l'Amministrazione comunale di Champorcher era venuta a trovarsi "nella impossibilità morale, giuridica e politica di continuare ad esercitare le sue funzioni, la quale impossibilità discende da quel turbamento di ordine pubblico - nella sua accezione lata - che si verifica allorché gli amministratori di un Comune sono in grande maggioranza incriminati di un reato infamante contro la pubblica Amministrazione", e, pertanto, a sensi degli artt. 323 del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 (in relazione all'art. 10 del D. P. R. 5 aprile 1951, n. 203, e all'art. 25 della legge 9 giugno 1947, n. 530), e 43 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, decideva lo scioglimento del Consiglio comunale di Champorcher e la nomina di un Commissario straordinario.

Con deliberazione n. 3902/1 del 6 dicembre 1960, la Giunta regionale della Valle d'Aosta scioglieva anche l'amministrazione del Consorzio dei Comuni valdostani del bacino imbrifero montano della Dora Baltea e nominava un Commissario straordinario per la provvisoria amministrazione.

Si legge nelle premesse della deliberazione che il Presidente del Consorzio era stato denunziato all'Autorità giudiziaria per il reato di corruzione e che, anche dopo la sua sospensione dalla carica, aveva continuato a partecipare alle sedute di commissioni di studio del Consorzio; che, malgrado lai gravità dei fatti delittuosi addebitati al Presidente del Consorzio, l'intera amministrazione consorziale aveva peccato di inerzia e di supina acquiescenza verso di lui, dimostrando assoluta insensibilità e denunziando uno stato di disfunzione amministrativa e morale tale da imporre lo scioglimento dell'intera amministrazione consorziale; che, inoltre, l'amministrazione del Consorzio era incorsa nella illegittimità prevista dalla seconda ipotesi dell'art. 166 della legge comunale e provinciale del 1934, in quanto, richiamata all'osservanza di obblighi e di norme di legge, ha persistito nella violazione.

Avverso entrambi i provvedimenti il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto separati ricorsi alla Corte costituzionale per regolamento di competenza, sostenendo che i citati provvedimenti esorbitano dalla sfera di competenza attribuita alla Giunta regionale dal secondo comma dell'art. 43 dello Statuto sociale.

I due ricorsi, iscritti rispettivamente ai nn. 3 e 4 del Registro ricorsi del 1961, sono stati notificati al Presidente della Giunta regionale il 4 febbraio 1961.

In entrambi i giudizi si é costituita la Regione della Valle d'Aosta.

1. - Con il ricorso introduttivo del giudizio iscritto al n. 3 del Registro ricorsi 1961 e con la successiva memoria depositata in cancelleria il 29 aprile 1961, si espone che il provvedimento disposto dalla Giunta regionale in ordine allo scioglimento del Consiglio comunale di Champorcher esorbita dalle funzioni ad essa attribuite dagli artt. 43 e 44 dello Statuto ed invade la sfera di attribuzione riservata allo Stato.

Che il provvedimento sia stato dettato da ragioni d'ordine pubblico risulterebbe non soltanto dalla sua motivazione (anche se essa accenna cautelativamente ad un concetto di ordine pubblico, inteso "nella sua accezione lata"), ma anche dalla considerazione che nella specie non ricorreva l'altra ipotesi, che poteva legittimare lo scioglimento del Consiglio comunale, e cioè la persistente violazione degli obblighi imposti per legge.

Ciò premesso, si sostiene che lo scioglimento dei Consigli comunali, provinciali e consortili per motivi d'ordine pubblico, richiedendo una valutazione globale del pubblico interesse, deve ritenersi di esclusiva competenza statale. E ciò non soltanto nell'ambito delle Regioni a statuto ordinario, come é dato desumere dall'art. 64 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, ma anche per quelle a statuto speciale, come emerge dal complesso del nostro sistema costituzionale.

Vero é che - a differenza degli altri Statuti regionali - l'art. 43 dello Statuto valdostano riconosce alla Giunta regionale la facoltà di sciogliere i Consigli dei Comuni e degli altri enti locali, ma tale facoltà, in mancanza di espressa statuizione, non può estendersi ai casi di scioglimento per motivi d'ordine pubblico.

Né, dal raffronto tra l'art. 7 del decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, sull'ordinamento amministrativo provvisorio della Valle, e l'art. 43 dello Statuto regionale, può trarsi argomento per una soluzione diversa.

L'art. 7 del decreto del 1945 attribuiva al "Consiglio" della Valle la facoltà di sciogliere le amministrazioni comunali e provinciali per gravi motivi d'ordine pubblico e per persistente violazione della legge; l'art. 43, capoverso, dello Statuto riconosce alla "Giunta" il potere di sciogliere i consigli dei Comuni e degli altri enti locali, senza alcuna specificazione circa le varie cause di scioglimento.

Ora, il fatto che l'art. 43 non abbia specificato le diverse ipotesi di scioglimento, così come faceva l'art. 7 del decreto del 1945, non significa affatto che tale specificazione sia stata ritenuta superflua e che lo Statuto regionale abbia inteso richiamare la disciplina dettata nell'art. 7 del decreto del 1945, ma anzi sta a significare che, disciplinando ex novo la materia, lo Statuto non ha creduto di riprodurre la norma eccezionale contenuta nel citato art. 7.

Un argomento a favore di tale tesi potrebbe trarsi dal raffronto tra l'art. 11 dello stesso decreto del 1945 e l'art. 48 dello Statuto regionale, dove, in materia di scioglimento del Consiglio regionale, lo Statuto ha espressamente riportato ed elencato le cause di scioglimento, così come aveva fatto il legislatore del 1945.

Sostiene l'Avvocatura che la causa del provvedimento in questione sia da ricercarsi nel pericolo di turbamento dell'ordine pubblico.

Ora, lo scioglimento degli enti locali per motivi d'ordine pubblico rientra nella materia della pubblica sicurezza e rappresenta uno dei mezzi rivolti al mantenimento delle fondamentali esigenze della comunità statale; e questa materia, postulando una valutazione complessiva del pubblico interesse, é riservata allo Stato. Di conseguenza, allo Stato si deve ritenere riservato anche il potere di sciogliere gli enti locali per motivi d'ordine pubblico; lo scioglimento dettato dalla impossibilità, in cui gli enti si trovano, di funzionare e per persistente violazione della legge, é invece, demandato alla Regione.

Tale tesi troverebbe ulteriore conferma nel disposto degli artt. 2, 3, 4, 42 e 43 dello Statuto della Valle, che attribuiscono alla Regione competenza amministrativa in varie materie, mentre quella dell'ordine pubblico é regolata dall'art. 44 dello Statuto, il quale dispone che il Presidente della Giunta regionale provvede al mantenimento dell'ordine pubblico per delegazione e secondo le disposizioni del Governo della Repubblica. Il raffronto tra gli artt. 43 e 44 dello Statuto conforterebbe l'opinione che il legislatore costituzionale abbia voluto escludere il potere di sciogliere gli enti locali per motivi di ordine pubblico dalla materia dei controlli sugli atti e sugli organi dei predetti enti, per inserirlo nella materia dell'ordine pubblico. Il che si spiega anche con la considerazione che lo scioglimento delle amministrazioni locali per il citato motivo é uno dei mezzi che l'ordinamento appresta per la tutela dell'ordine pubblico, che non può essere riservato allo Stato, e tale rimane finché non vi sia stata una delega di poteri e finché non siano state impartite le opportune disposizioni del Governo.

L'Avvocatura dello Stato conclude: perché, in accoglimento del ricorso, la Corte costituzionale voglia dichiarare che il potete di scioglimento delle amministrazioni comunali, provinciali e consorziali, per motivi d'ordine pubblico, nella Valle d'Aosta é riservato allo Stato.

La tesi dell'Avvocatura dello Stato é contrastata dalla difesa della Regione valdostana, la quale, nelle deduzioni depositate in cancelleria il 22 febbraio 1961, sostiene che il ricorso dello Stato é infondato per i seguenti motivi.

Premesso che nella subietta materia é ininfluente il richiamo delle norme contenute negli Statuti speciali di altre Regioni autonome e dell'art. 64 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, concernente le Regioni a statuto comune, la Regione osserva che la materia dello scioglimento degli organi degli enti locali é tutta e compiutamente disciplinata dall'art. 43 dello Statuto della Valle d'Aosta, il quale demanda tale potere alla Regione, senza distinguere i motivi in base ai quali lo scioglimento avviene. Né, in mancanza di una tale esemplificazione limitativa, é dato all'interprete procedere a tale specificazione, per dedurne che qualora lo scioglimento sia dettato da motivi d'ordine pubblico tale potere spetti al Presidente della Repubblica, mentre ove lo scioglimento sia motivato da persistente violazione di legge, competente a provvedere é la Giunta regionale.

Una distinzione di tal genere non solo non é autorizzata dall'art. 43 dello Statuto valdostano, ma non trova conforto neanche nel sistema dell'ordinamento comunale e provinciale dello Stato, per il quale l'art. 323 della legge comunale e provinciale del 1915 non fa alcuna distinzione tra scioglimento per motivi d'ordine pubblico e scioglimento per persistente violazione di legge.

Né, ad avviso della Regione, ha consistenza l'argomento tratto dal capoverso dell'art. 7 del decreto 7 settembre 1945, n. 545, dove si dispone che "lo scioglimento delle amministrazioni comunali per gravi motivi d'ordine pubblico o per persistente violazione della legge, spetta al Consiglio della Valle", per trarne le conseguenze cui perviene l'Avvocatura dello Stato. Anzi, dal raffronto tra il citato art. 7 e l'art. 43 dello Statuto della Valle d'Aosta, il quale non contiene alcuna specificazione dei diversi casi di scioglimento, si può dedurre, se mai, che lo Statuto regionale ha inteso riprodurre sostanzialmente il disposto dell'art. 7 del decreto del 1945 e affidare alla Giunta il potere di scioglimento degli enti locali, qualunque ne sia il motivo.

In secondo luogo, la Regione rileva che il richiamo che l'Avvocatura dello Stato fa all'art. 44 dello Statuto della Valle d'Aosta é basato sull'errore di confondere l'ordine pubblico, inteso come turbamento della quiete, che può mettere in pericolo la sicurezza generale, con quel buon funzionamento degli uffici pubblici, con quel prestigio degli organi amministrativi, che potrà designarsi anche con lo stesso nome, ma che é cosa ben diversa dal concetto di ordine pubblico in senso stretto e che lo stesso diritto distingue. E noto, infatti, che il termine di ordine pubblico sfugge ad una troppo precisa definizione.

La difesa regionale osserva che nel provvedimento impugnato la Giunta aveva testualmente parlato di ordine pubblico inteso nella sua "accezione lata", in cui rientra anche l'impossibilità morale che l'organo preposto al Comune continui ad esercitare le sue funzioni, allorché la maggioranza dei suoi componenti risulta sottoposta a procedimento penale. Ora, il compito di assicurare una buona amministrazione, attraverso l'opera di funzionari forniti del dovuto prestigio, rientra nelle attribuzioni della Giunta regionale, alla quale, pertanto, si deve riconoscere il potere di esercitare un controllo non solo sugli atti degli enti locali, ma anche sulle persone che li compongono, fino allo scioglimento degli enti, così come, nella specie, la Regione ha fatto.

Pertanto, la Regione conclude per la reiezione del ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2. - Con il ricorso iscritto al n. 4 del Registro ricorsi 1961, e con successiva memoria depositata in cancelleria il 29 aprile 1961, si impugna lo scioglimento dell'amministrazione del Consorzio dei Comuni valdostani del bacino imbrifero montano della Dora Baltea per i motivi posti a base del parallelo ricorso n. 3, relativo allo scioglimento del Comune di Champorcher e di cui si é detto.

In aggiunta a quei rilievi, l'Avvocatura dello Stato osserva, nella fattispecie, che la decisione della Giunta regionale - la cui motivazione appare contraddittoria e perplessa - viola l'art. 43 dello Statuto speciale, anche in relazione all'art. 149 della legge comunale e provinciale del 1915, n. 148, ed agli artt. 165 e 166 della legge comunale e provinciale del 1934, n. 383. Il citato art. 166 prevede l'ipotesi di scioglimento del Consiglio, oltre che per motivi di ordine pubblico, anche per gravi e persistenti violazioni di legge. In quest'ultima ipotesi, però, come anche il Consiglio di Stato ha avuto occasione di rilevare, perché si possa far luogo allo scioglimento, occorre il concorso di alcuni requisiti, quali una ripetuta violazione di legge, intesa come norma imperativa e non come precetto di buona amministrazione; l'invito a far cessare il comportamento antigiuridico entro un termine prescritto; l'inutile decorso di questo termine; l'insufficienza dei normali controlli. Ora, nella specie, non ricorreva nessuno di questi requisiti, essendo il provvedimento della Regione basato sul fatto del rinvio a giudizio del Presidente del Consorzio. Circostanza questa che non legittimava lo scioglimento dell'amministrazione, ma che, a sensi dell'art. 149 della legge del 1915, in relazione all'art. 165 del T.U. del 1934, costituisce solo causa di sospensione del Presidente.

La decisione della Giunta viola perciò le disposizioni della legge statale, alla cui osservanza l'art. 43 dello Statuto speciale subordina il potere di sciogliere le amministrazioni locali. E la violazione della legge statale, quando costituisca un limite al potere attribuito all'organo regionale, implica il vizio di incompetenza costituzionale ed integra l'invasione della sfera di competenza riservata allo Stato.

Pertanto, l'Avvocatura chiede che, in accoglimento del ricorso, sia dichiarato che non spetta alla Regione valdostana il potere di sciogliere l'amministrazione degli enti locali per motivi d'ordine pubblico e, di conseguenza, sia annullato il provvedimento adottato dalla Giunta regionale della Valle d'Aosta.

A sua volta la Regione della Valle d'Aosta, costituitasi anche nel presente giudizio, chiede il rigetto del ricorso dello Stato per le seguenti ragioni.

Anzitutto, la deliberazione, che scioglie l'amministrazione del Consorzio dei Comuni valdostani del bacino imbrifero montano della Dora Baltea ha richiamato nelle sue premesse le reiterate inadempienze del Consorzio e la sua persistente resistenza ai richiami dell'Amministrazione regionale in sede di tutela, per cui può omettersi tutto il discorso, fatto nel parallelo giudizio per lo scioglimento del Comune di Champorcher, in materia di scioglimento per ragioni d'ordine pubblico e su ciò che debba intendersi per ordine pubblico. Quindi, anche a voler dare all'art. 43 dello Statuto della Valle il significato restrittivo che l'Avvocatura crede di attribuirgli, e cioè il potere di scioglimento per motivi diversi da quelli dell'ordine pubblico, la Giunta regionale avrebbe sempre esercitato un proprio potere. E l'aver parlato, nella motivazione del provvedimento, anche di motivi d'ordine pubblico, non significa che la Giunta abbia ecceduto dai limiti della propria competenza.

In secondo luogo, osserva la Regione che male é invocato, nel ricorso dello Stato, l'art. 149 del T.U. del 1915 sulla rimozione del sindaco, per dedurne che, a seguito del rinvio a giudizio del Presidente del Consorzio, la Regione poteva solo dichiarare sospeso il Presidente dalla sua carica, ma non anche disporre lo scioglimento dell'amministrazione consortile. La norma é male invocata perché se le disposizioni relative ai Consigli comunali sono applicabili sic et simpliciter anche alle amministrazioni consortili, non può dirsi che le norme che toccano la persona del sindaco siano applicabili senza limitazioni ai presidenti dei consorzi, perché le disposizioni che si riferiscono alla persona del sindaco tengono conto della sua duplice qualità di capo dell'amministrazione comunale e di ufficiale di governo, il che non si verifica per i presidenti dei consorzi locali.

Inoltre, rileva la Regione, richiamare l'art. 166 del T.U. del 1934, come fa l'Avvocatura dello Stato, é controproducente per la tesi dello Stato. Infatti, il secondo comma dell'articolo citato stabilisce - con formulazione generica e senza distinguerne i motivi - che lo scioglimento é decretato dalla stessa autorità che ha provveduto all'approvazione o costituzione del Consorzio. Poiché, nella specie, trattasi di consorzi creati nel 1955 con provvedimento regionale, non si può disconoscere allo stesso organo regionale il potere di procedere al suo scioglimento.

Affermare poi, come si fa nel ricorso, che nella fattispecie non esistevano gli estremi per lo scioglimento del Consorzio, significa portare in questa sede elementi che esulano dalla questione di legittimità costituzionale.

La Regione conclude perché il ricorso dello Stato sia rigettato.

Con memorie di identico contenuto, depositate il 10 maggio 1961, la difesa della Regione illustra ulteriormente il proprio assunto.  

Considerato in diritto 

1. - Le due cause, avendo per oggetto questioni identiche, vengono decise con unica sentenza.

2. - É fuori discussione che lo scioglimento del Consiglio comunale di Champorcher é stato determinato da motivi di ordine pubblico. É, invece, controversa tra le parti che cosa debba intendersi per "motivi di ordine pubblico" agli effetti qui considerati. La difesa della Regione sostiene che ci si debba riferire ad un concetto di ordine pubblico nella sua "accezione lata", secondo la testuale espressione della deliberazione impugnata: ci si debba, cioè, riferire non soltanto alla tutela della quiete e della sicurezza pubblica, ma anche alla tutela del buon funzionamento degli uffici pubblici e del prestigio degli organi amministrativi. Nell'ambito di questa nozione acquisterebbe anche rilevanza l'impossibilità morale che l'organo preposto al Comune continui ad esercitare le sue funzioni allorché la maggioranza dei suoi componenti risulti sottoposta a procedimento penale.

La Corte non può condividere questa tesi. Tra le diverse nozioni che dell'ordine pubblico si hanno nella legislazione, la nozione da accettarsi ai fini dello scioglimento dei Consigli comunali é quella che attiene alla sicurezza ed alla quiete pubblica. Tale é il costante orientamento della dottrina e della giurisprudenza, della quale sono noti gli sforzi sempre compiuti per fare rientrare in questa nozione le situazioni più varie, pur di non incrinare il concetto fondamentale di ordine pubblico nel senso tradizionalmente ricevuto in questa materia.

La tradizione trova una salda conferma nella nuova Costituzione, essendo evidente come la tutela delle autonomie locali postuli criteri restrittivi nella valutazione dei casi che legittimano lo scioglimento dei normali organi amministrativi degli enti.

Sulla base di queste premesse occorre interpretare il secondo comma dell'art. 43 dello Statuto per la Valle d'Aosta.

É da rilevare, in partenza, che il primo comma dello stesso articolo attribuisce alla Valle il controllo sugli atti e non anche quello sugli organi. Il secondo comma dello stesso articolo, che demanda alla Giunta regionale la facoltà di sciogliere i Consigli dei Comuni e degli altri enti locali, deve essere, quindi, interpretato non come espressione ed applicazione di un principio generale, secondo cui tutti i poteri in questa materia spetterebbero alla Regione, ma come norma speciale che deve essere inserita nel sistema tracciato dallo Statuto in ordine ai rapporti che nella materia stessa intercorrono fra lo Stato e la Regione.

É questo l'unico criterio valido di interpretazione della norma. Difatti, non giovano i sussidi dell'interpretazione letterale, né quelli tratti dalle norme precedenti o dalla discussione avvenuta in seno all'Assemblea costituente.

Non varrebbe in questo caso dire che, siccome la legge non distingue tra scioglimento per motivi di ordine pubblico e scioglimento per persistente violazione di legge, l'interprete non debba distinguere. Il capoverso dell'art. 43 si trova tra il primo comma dello stesso articolo, che demanda alla Regione il controllo sugli atti, e l'art. 44 che riserva allo Stato il mantenimento dell'ordine pubblico, sia pure attraverso una delega al Presidente della Giunta regionale. É per questo che una interpretazione soltanto letterale della norma in esame non potrebbe condurre ad una esatta identificazione del suo significato.

Né giova il richiamo dell'art. 7 del decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, il quale espressamente demandava al Consiglio della Valle lo scioglimento delle Amministrazioni comunali per gravi motivi di ordine pubblico o per persistente violazione della legge, dal momento che il sistema previsto da quel decreto non é stato trasportato di peso nello Statuto. Mentre, infatti, il decreto del 1945 affidava, senza distinguere tra controllo sugli organi e controllo sugli atti, al Presidente del Consiglio della Valle i poteri di vigilanza sulle Amministrazioni comunali, alla Giunta la tutela ed al Consiglio lo scioglimento delle Amministrazioni stesse, lo Statuto ha attribuito alla Regione il solo potere di controllo sugli atti e specificamente alla Giunta regionale il potere di scioglimento delle Amministrazioni.

E poiché é fuori dubbio che il potere di scioglimento non rientra tra i poteri di controllo sugli atti, il secondo comma dell'art. 43 non può essere assunto nello stesso significato che aveva il secondo comma dell'art. 7, tanto più che la norma dello Statuto non contiene la specificazione che si leggeva nella disposizione del 1945.

E alla chiarificazione non offre neppure elementi idonei la discussione che fu fatta nell'Assemblea costituente in sede di approvazione dello Statuto.

Vero é che fu respinto un emendamento con cui si proponeva la soppressione del secondo comma dell'art. 44 del progetto (corrispondente all'art. 43 del testo definitivo), ma é ugualmente vero che il mantenimento della disposizione fu giustificato dal relatore nel senso che lo scioglimento spettasse al Presidente della Giunta regionale, come successore del Prefetto.

Tutto ciò conferma che l'unico elemento sicuro per procedere ad una esatta interpretazione del secondo comma dell'art. 43 é quello tratto dal sistema dello Statuto: poiché, da un canto, la materia del controllo sugli atti degli enti locali é di spettanza della Regione, mentre, d'altro canto, la materia della tutela dell'ordine pubblico é di spettanza dello Stato, la logica del sistema conduce a far ritenere che lo scioglimento degli organi di tali enti deve competere alla Regione quando causa del provvedimento sia la persistente violazione della legge ed allo Stato quando la causa risieda nella tutela dell'ordine pubblico.

Resta il problema di stabilire se il provvedimento, in questo secondo caso, rientri nella competenza del Presidente della Giunta regionale ai sensi dell'art. 44 dello Statuto della Valle.

Senza che occorra procedere, in via generale, ad una disamina dei presupposti, dell'estensione e dei limiti che la norma ora richiamata pone nei riguardi delle funzioni delegate al Presidente della Giunta, basterà rilevare, ai fini della presente controversia, che il potere di scioglimento degli organi degli enti locali non può ritenersi compreso nella delega quando per le leggi statali (che per i casi di scioglimento sono state espressamente richiamate nel secondo comma dell'art. 43 dello stesso Statuto) il provvedimento deve essere adottato con atto del Capo dello Stato, essendo ovvio che i provvedimenti previsti dal primo comma dell'art. 44 sono quelli che competono alle autorità locali.

Le considerazioni esposte nei riguardi del provvedimento con cui é stato sciolto il Consiglio comunale di Champorcher valgono integralmente anche nei riguardi dello scioglimento dell'amministrazione del Consorzio dei Comuni valdostani del bacino imbrifero montano della Dora Baltea.

Vero é che a base di questo secondo provvedimento sta anche il motivo di persistente violazione della legge, ma la Corte ritiene che in questa sede non si possa esaminare se, eventualmente, il provvedimento possa restare ugualmente in piedi anche quando, venendo meno la sua base di legittimità per una parte dei motivi su cui esso si basava, ne sia rimasta integra un'altra parte, sufficiente a giustificare il provvedimento stesso. Se questo talvolta può avvenire in sede di giudizio sulla legittimità degli atti amministrativi, non può verificarsi in sede di conflitto di attribuzione dove, accertata che sia l'incompetenza di un'autorità, il relativo atto deve essere annullato, salvo per l'autorità stessa la possibilità di rinnovarlo nell'ambito della propria competenza, se legittimo.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

pronunciando con unica sentenza nei giudizi riuniti indicati in epigrafe:

dichiara che lo scioglimento dei Consigli dei Comuni e degli altri enti locali della Valle d'Aosta, quando sia determinato da motivi di ordine pubblico, é di competenza diretta dello Stato;

annulla, in conseguenza, i provvedimenti adottati dalla Giunta regionale della Valle d'Aosta del 6 dicembre 1960, con i quali vennero sciolti il Consiglio comunale di Champorcher e l'amministrazione del Consorzio dei Comuni valdostani del bacino imbrifero montano della Dora Baltea.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria l'11 luglio 1961.