Sentenza n. 33 del 1961
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SENTENZA N. 33

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dei DD.PP.RR. nn. 4048 e 4385 del 28 dicembre 1952 (pubblicati, rispettivamente, nei supplementi ordinari n. 2 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 23 gennaio 1953 e n. 9 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 1953) promosso con ordinanza 4 giugno 1959 del Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Falconi Pietro, Tenerini Elia in proprio e nei nomi di Londini Franco, Anna Maria, Elena, Mario, Lamberto, Guidoni Atide e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Ricasoli Firidolfi Caterina in Corsini e Ricasoli Firidolfi Eleonora, iscritta al n. 110 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 288 del 28 novembre 1959.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 27 aprile 1961 la relazione del Giudice Mario Cosatti;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per Falconi ed altri, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il Ministro per l'agricoltura e per le foreste e per l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale.  

Ritenuto in fatto 

Le sorelle Caterina Ricasoli Firidolfi in Corsini ed Eleonora Ricasoli Firidolfi erano nel 1949 proprietarie della tenuta della "Grancia" nella Maremma grossetana; nel 1950 e 1951, con successivi atti, diversi appezzamenti della predetta tenuta furono venduti a vari acquirenti.

In applicazione della legge 21 ottobre 1950, n. 841 (così detta legge stralcio), contenente norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini, l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale pubblicò, in data 4 e 28 dicembre 1951, due piani particolareggiati di esproprio nei confronti, rispettivamente, di Caterina e di Eleonora Ricasoli; piani che colpivano terreni rimasti in proprietà delle sorelle medesime dopo le vendite di cui sopra.

Caterina Ricasoli, con istanza 7 dicembre 1951, sottoscritta anche dalla sorella e corredata da una relazione tecnica (a firma dott. Pini), ed Eleonora Ricasoli con altre istanze 18 gennaio 1952, chiesero che i terreni di loro proprietà ricadenti nel Comune di Grosseto fossero, ai sensi dell'art. 10 della citata legge, esonerati da espropriazione quali terreni a coltura intensiva formanti aziende agricole organiche ed efficienti (aziende modello).

In data 29 settembre 1952 furono pubblicati, a cura dell'Ente Maremma e in sostituzione dei predetti piani di esproprio, due nuovi piani particolareggiati: l'uno, nei confronti di Caterina Ricasoli (Foglio annunzi legali della Provincia di Grosseto n. 157 del 29 settembre 1952); l'altro, nei confronti di Eleonora (Foglio annunzi legali della Provincia n. 154 del 29 settembre 1952).

I nuovi piani particolareggiati furono approvati con DD.PP.RR. 28 dicembre 1952, nn. 4048 e 4385, riguardanti rispettivamente Caterina ed Eleonora (decreti pubblicati il primo nel supplemento ordinario n. 2 alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1953, il secondo nel supplemento ordinario n. 9 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 1953). Con tali decreti i terreni vennero trasferiti in proprietà all'Ente Maremma tosco-laziale e ne fu ordinata l'immediata occupazione da parte dell'Ente stesso.

Con i citati decreti furono prevalentemente colpiti gli appezzamenti dalle sorelle Ricasoli venduti con atti 1950 e 1951 e precisamente a Falconi Pietro, Tenerini Elia ved. Londini e figli e Guidoni Ansano e Atide.

Tali acquirenti, con citazione 3 ottobre 1956, convenivano davanti al Tribunale di Firenze l'Ente Maremma e il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, chiedendo che, previa, occorrendo, declaratoria di illegittimità o di invalidità dei decreti presidenziali di esproprio, si riconoscesse loro la piena proprietà degli appezzamenti acquistati e se ne ordinasse la restituzione; in via subordinata, che l'Ente Maremma e il Ministero dell'agricoltura fossero condannati al rimborso del valore corrispondente.

Con altra contemporanea citazione gli stessi acquirenti convenivano, sempre davanti al Tribunale di Firenze, Caterina ed Eleonora Ricasoli, chiedendo che fossero condannate al risarcimento dei danni.

Nelle due domande giudiziali gli attori assumevano che la sostituzione dei secondi piani particolareggiati a quelli precedenti, con il conseguente carico del debito di esproprio delle sorelle Ricasoli sui terreni da loro acquistati, appariva illegittima, con conseguente illegittimità, per eccesso dai limiti della delega legislativa, dei decreti presidenziali.

Riunite per connessione le due cause, il Tribunale, con ordinanza 13 maggio 1957, ordinava all'Ente Maremma e al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, ai sensi dell'art. 210 Cod. proc. civile, "di produrre in giudizio gli atti e i documenti relativi ai procedimenti di espropriazione, ivi compresi gli atti e i documenti relativi alla pubblicazione sia dei primi che dei secondi piani particolareggiati, e gli atti e i documenti relativi ai provvedimenti che determinarono il trasferimento delle espropriazioni dai terreni compresi nei primi piani di esproprio a quelli compresi nei secondi".

La difesa dell'Ente Maremma depositava un fascicolo con vari documenti. Il Tribunale, in data 4 giugno 1959, emetteva una seconda ordinanza con la quale, ritenuto che le questioni sollevate dagli attori sulla legittimità costituzionale dei decreti presidenziali di esproprio fossero non tutte manifestamente infondate e attesa la rilevanza ai fini del decidere, ordinava la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Secondo il Tribunale la sostituzione, da parte dell'Ente Maremma, dei piani particolareggiati pubblicati nel 1951 con quelli pubblicati nel 1952, in quanto provvedimento limitativo del diritto di proprietà, avrebbe dovuto essere motivata. Ora, nei secondi piani si fa menzione dell'art. 2 della legge 2 aprile 1952, n. 339, contenente norme integrative e interpretative delle leggi n. 230 del 1950, n. 841 del 1950 e n. 333 del 1951, il quale consente che, in determinati casi, piani particolareggiati possano essere pubblicati dopo il termine del 31 dicembre 1951, stabilito dall'art. 1 della legge 18 maggio 1951, n. 333, e fino al 30 settembre 1952; ma nei piani di cui trattasi non si specifica quale di quelle determinate ipotesi ricorra nella specie.

É vero - osserva il Tribunale - che dalla documentazione prodotta si intuirebbe che la specifica ragione della sostituzione dei secondi ai primi piani particolareggiati sarebbe stata la dichiarazione di esonero dall'esproprio, essendosi riconosciuto che i terreni compresi nei primi piani presentavano i caratteri di cui all'art. 10 della legge stralcio; senonché tale documentazione consisterebbe in semplici minute, neppure autenticate e prive, pertanto, di attendibilità.

Sempre secondo il Tribunale, si arguirebbe che la dichiarazione di esonero si sarebbe basata sulla relazione Pini, relazione di parte allegata all'istanza di esonero rivolta al Ministero dell'agricoltura da Caterina Ricasoli. Tale relazione riguarderebbe tutta la tenuta della "Grancia", non i soli terreni esonerati ma anche quelli espropriati in base ai secondi piani. Data l'unità e l'omogeneità della tenuta, si dovrebbe, quindi, ritenere che, se gli speciali requisiti di cui all'art. 10 della legge stralcio ricorrevano per i primi terreni, avrebbero dovuto riconoscersi anche per i secondi; onde la possibilità di un eccesso di potere che - cosi nell'ordinanza - potrebbe aver viziato anche i successivi decreti presidenziali.

Altre deduzioni enunciate dalla difesa degli attori sono state, invece, ritenute dal Tribunale manifestamente infondate.

L'ordinanza del Tribunale, notificata a tutte le parti il 7 ottobre 1959 e il 13 successivo al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere, é stata iscritta al n. 110 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata per disposizione del Presidente della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 288 del 28 novembre 1959.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, é intervenuto con atto depositato in cancelleria il 26 novembre 1959.

Si sono costituiti il Ministro per l'agricoltura e per le foreste e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, rappresentati e difesi dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 26 novembre 1959; i signori Falconi Pietro, Guidoni Atide, Londini Anna Maria, Elena, Lamberto, Franco e Mario, depositando in cancelleria il 7 novembre 1959 le loro deduzioni, con procura conferita all'avv. Domenico Albenzio con elezione di domicilio in Roma presso l'avvocato medesimo; Falconi e Guidoni hanno di poi associato alla propria difesa l'avv. Antonio Sorrentino.

Nelle sue deduzioni e successiva memoria riassuntiva depositata il 25 maggio 1960, l'Avvocatura dello Stato ha prospettato dubbi, in via pregiudiziale, sulla validità dell'ordinanza in quanto il Tribunale, ritenendo non soddisfacenti gli atti e documenti prodotti in quella sede, verrebbe sostanzialmente a rimettere alla Corte costituzionale la valutazione di dette prove.

Nel merito, osserva che la dichiarazione di azienda modello é atto amministrativo discrezionale la cui mancanza può dar luogo, al più, ad un vizio di legittimità sul piano amministrativo ma non su quello della legislazione delegata. Quand'anche, prosegue l'Avvocatura, si volesse trasferire sul piano costituzionale la questione della mancata dichiarazione di azienda modello e conseguente mancato esonero dei terreni dall'espropriazione, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare improponibile la questione in quanto, versandosi qui in tema di esercizio di potestà discrezionale, per il disposto dell'art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'esercizio del controllo costituzionale non avrebbe potuto trovare ingresso.

L'Avvocatura conclude, pertanto, che la Corte voglia dichiarare inammissibile la questione proposta o, comunque, infondata nel merito.

La difesa del Falconi, dei Londini e della Guidoni nelle proprie deduzioni insiste particolarmente sui seguenti punti:

1) mentre nel decreto di esproprio n. 4048, emesso nei confronti di Caterina Ricasoli, leggesi che non ricorrono per i terreni compresi nei piani di recupero i requisiti di azienda modello di cui all'art. 10 della legge stralcio, tale dichiarazione manca nel decreto n. 4385, emesso nei confronti di Eleonora Ricasoli;

2) la dichiarazione di esonero dei terreni compresi nei primi piani non poteva essere fatta né a favore di Caterina, avendo essa venduto con atto 6 ottobre 1950 la sua parte della tenuta "Grancia" alla sorella, né a favore di Eleonora, non avendo quest'ultima presentato la necessaria istanza;

3) la dichiarazione di esonero, che avrebbe dovuto necessariamente precedere la formazione e pubblicazione dei piani di recupero, reca la data del 4 ottobre 1952, data cioè posteriore sia a quella di pubblicazione dei piani di recupero (29 settembre 1952), sia alla scadenza del termine ultimo (30 settembre 1952) stabilito dall'art. 2 della legge n. 339 del 1952 entro cui potevano essere utilmente pubblicati nuovi piani di esproprio;

4) infine, l'art. 10 della legge stralcio é stato applicato, con la suddetta dichiarazione di esonero, a una parte dell'azienda, mentre, interpretando rettamente l'art. 10, l'esonero avrebbe dovuto concedersi a tutta l'azienda nel suo complesso organico.

Nella successiva memoria, depositata in cancelleria il 25 maggio 1960, la difesa delle parti private contesta l'eccezione di invalidità dell'ordinanza di rimessione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, osservando che il Tribunale non ha espresso dubbi sulla consistenza e fondatezza delle prove, ma le ha valutate insufficienti.

La difesa, comunque, rivolge istanza affinché la Corte, avvalendosi dei propri poteri istruttori, ordini al Ministero dell'agricoltura e delle foreste e all'Ente Maremma di esibire tutti i documenti e gli atti che concorsero alla formazione dei decreti di esproprio ed al trasferimento della espropriazione dai terreni compresi nei primi piani a quelli che sono stati, invece, compresi nei secondi.

Conclude, nel merito, che la Corte voglia dichiarare l'illegittimità costituzionale dei decreti presidenziali.

Nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1960 si é svolta innanzi a questa Corte la discussione della causa e l'avv. Sorrentino per il Falconi ed altri e il sostituto avvocato generale dello Stato Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il Ministro per l'agricoltura e foreste e per l'Ente Maremma, hanno illustrato le tesi svolte e le conclusioni enunciate negli scritti difensivi.

La Corte, con ordinanza n. 42 del 10 giugno 1960, ha ritenuto opportuno, prima di esaminare le questioni della causa, di acquisire i documenti relativi ai procedimenti di espropriazione nei confronti delle sorelle Ricasoli e, sospesa ogni pronuncia sulle questioni pregiudiziale e di merito, ha disposto che l'Ente Maremma e il Ministero della agricoltura e foreste depositassero nella cancelleria della Corte, entro sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza stessa, gli atti e documenti in questione.

Per il tramite dell'Avvocatura dello Stato sono state depositate nella cancelleria della Corte, in data 28 luglio 1960, due fascicoli di atti e documenti relativi alle predette sorelle Ricasoli Firidolfi.

Gli avvocati Domenico Albenzio e Antonio Sorrentino hanno in data 13 aprile 1961 depositato una seconda memoria difensiva.

In essa si rileva, anzitutto, che anche a seguito dell'ordinanza della Corte non é stata prodotta in originale la dichiarazione di esonero che, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della legge n. 339 del 1952, avrebbe dovuto legittimare la sostituzione di nuovi piani di esproprio a quelli già pubblicati nel termine normale. Da ciò desume, allo stato degli atti, l'inesistenza della dichiarazione in parola.

Osserva di poi che, anche a voler ammettere la esistenza della dichiarazione di esonero, essa risulterebbe emessa il 4 ottobre 1952 e cioè oltre il termine ultimo (30 settembre 1952) utile per legittimamente procedere alla formazione e pubblicazione dei nuovi piani di esproprio in sostituzione dei precedenti.

Dall'esame degli atti la difesa trae, inoltre, argomento per denunciare altri vizi di illegittimità dei decreti impugnati che le aziende Ricasoli non sarebbero state valutate nella loro consistenza alla data del 15 novembre 1949, ma in quella che avevano alla data della dichiarazione di esonero; che le aziende stesse sarebbero state valutate cumulativamente ai soli effetti della dichiarazione di esonero come se costituissero un unica azienda, mentre alla predetta data del 15 novembre 1949 i terreni per i quali era stato richiesto l'esonero facevano parte di due aziende separate e distinte; che per i terreni esonerati non ricorrerebbero le condizioni prescritte dall'art. 10 della legge n. 841 del 1950 per far luogo alla concessione di esonero.

La difesa conferma le conclusioni precedentemente prese.

L'Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 13 aprile 1961, osserva, per quanto riguarda la dichiarazione di esonero, che il competente Ministro avrebbe preso la sua determinazione fin dalla primavera 1952 e che l'Ente ne sarebbe stato " informato per le vie brevi" prima della data della comunicazione scritta in data 4 ottobre 1952, "spedita molto tempo dopo l'adozione del provvedimento soltanto per completezza formale di pratica".

L'Avvocatura dello Stato conferma, quindi, le conclusioni già enunciate.

All'udienza del 27 aprile 1961 l'avv. Sorrentino e il sostituto avvocato generale Agrò hanno svolto le tesi difensive e confermato le loro conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - L'Avvocatura generale dello Stato, nelle deduzioni depositate in cancelleria il 26 novembre 1959, ha sollevato eccezione pregiudiziale di inammissibilità della questione, osservando che con l'ordinanza 4 giugno 1959 il Tribunale di Firenze, ritenuti non soddisfacenti gli atti e documenti relativi al procedimento di esproprio ed espressi dubbi sulla consistenza di dette prove, avrebbe sostanzialmente rimesso alla Corte costituzionale la valutazione delle prove stesse.

L'eccezione - sulla quale, invero, l'Avvocatura dello Stato non si é più soffermata nelle successive memorie depositate il 25 maggio 1960 e il 13 aprile 1961 e nella discussione orale - deve essere disattesa.

Dal testo dell'ordinanza può, infatti, desumersi che il Tribunale ha affrontato e risolto le questioni della causa, compiendo il suo esame in ordine al valore degli atti e documenti prodotti in giudizio in ottemperanza alla propria ordinanza 13 maggio 1957.

Né é esatto affermare che il Tribunale non abbia al riguardo espresso alcun giudizio, ma solo prospettato dubbi sulla consistenza degli atti prodotti, perché nell'ordinanza stessa leggesi che "la documentazione consiste tutta in semplici minute, neppure autenticate e prive, pertanto, di qualsiasi attendibilità" e che "l'accertata insufficienza dei documenti esibiti... non può rappresentare un difetto di prova da parte degli attori". Espressioni queste che non destano incertezze circa il convincimento del giudice sul valore degli atti e documenti dinanzi ad esso prodotti; ed é, appunto, in conseguenza di ciò che il Tribunale, ritenendo l'eccezione di illegittimità costituzionale dei decreti di esproprio, sollevata dalle parti private, non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio principale, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

2. - Questa Corte, avvalendosi dei poteri istruttori previsti dagli artt. 13 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 12 delle Norme integrative e in accoglimento di istanza in proposito avanzata dalla difesa delle parti private, ha ritenuto opportuno, sospesa ogni pronuncia sulle questioni di causa, acquisire i documenti relativi ai procedimenti di espropriazione nei confronti delle sorelle Caterina ed Eleonora Ricasoli Firidolfi, ivi compresi tutti gli atti concernenti la dichiarazione di esonero; ed all'uopo, con ordinanza n. 42 del 10 giugno 1960, ha disposto che l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco- laziale e il Ministero dell'agricoltura e delle foreste depositassero nella cancelleria della Corte i documenti di cui sopra.

3. - In base agli atti già acquisiti e alla documentazione in questa sede prodotta, debbono esaminarsi i denunciati vizi di illegittimità costituzionale per eccesso di delega dei decreti di esproprio nn. 4048 e 4385 del 28 dicembre 1952 emessi nei confronti delle sorelle Ricasoli.

Il primo di tali vizi consisterebbe nella circostanza che i due decreti avrebbero valicato il limite temporale posto dall'art. 1 della legge 18 maggio 1951, n. 333, in relazione agli artt. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, 1 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e 2 della legge 2 aprile 1952, n. 339, in quanto i relativi piani particolareggiati di esproprio sono stati pubblicati oltre il termine del 31 dicembre 1951 stabilito dall'art. 1 della legge n. 333 del 1951, senza che nella specie ricorresse alcuna delle ipotesi eccezionali le quali, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 339 del 1952, ne avrebbero consentito la pubblicazione oltre il termine del 31 dicembre 1951 e fino al 30 settembre 1952.

Come é stato riassunto in narrativa, il Tribunale, nell'ordinanza di rimessione, ha rilevato che il motivo per il quale i primi piani particolareggiati di esproprio, pubblicati entro il 31 dicembre 1951, furono sostituiti con i successivi pubblicati il 29 settembre 1952, sarebbe quello che nei primi piani erano stati compresi terreni a coltura intensiva formanti aziende agrarie organiche ed efficienti e, quindi, terreni suscettibili di esonero dall'esproprio ai sensi dell'art. 10 della legge 21 ottobre 1950, n. 841. Il Tribunale ha desunto tale motivo sia dalle copie delle istanze presentate dalle sorelle Caterina ed Eleonora Ricasoli rispettivamente in data 7 dicembre 1951 e 18 gennaio 1952 (acquisite allora in copia ed ora in originale), istanze dirette ad ottenere l'esonero di terreni compresi negli iniziali piani particolareggiati, sia da un documento 4 ottobre 1952 proveniente dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste (prodotto dinanzi al Tribunale in copia dattiloscritta priva di dichiarazione di conformità all'originale), documento concernente la concessione, in accoglimento delle suddette istanze delle interessate, del richiesto esonero.

La difesa del Falconi ed altri, pur negando ogni valore probatorio a tale documento così come prodotto, sostiene che, anche volendo in ipotesi tener conto di esso, i decreti di esproprio sarebbero ugualmente illegittimi recando il documento in parola la data del 4 ottobre 1952, posteriore a quella di pubblicazione dei secondi piani (29 settembre 1952), i quali avrebbero dovuto, invece, essere necessariamente preceduti dalla dichiarazione di esonero.

La Corte ritiene fondato il motivo di illegittimità in esame nei riguardi di entrambi i decreti presidenziali.

Infatti, per l'art. 1 della legge n. 333 del 1951 il termine ultimo, entro cui gli Enti dovevano procedere alla formazione e pubblicazione dei piani di esproprio, era quello del 31 dicembre 1951. L'art. 2 della legge n. 339 del 1952 consentiva che gli Enti di riforma pubblicassero piani particolareggiati di esproprio oltre il termine suindicato e fino al 30 settembre 1952 in alcuni casi tassativamente indicati, tra i quali quello previsto dal n. 1 del citato articolo: quando, cioè, in conseguenza dell'applicazione dell'art. 10 della legge n. 841 del 1950 fossero "stati esonerati dalla espropriazione" terreni compresi in piani espropriativi pubblicati nei termini e fosse così divenuta necessaria, per integrare la quota di scorporo in osservanza della legge medesima, la pubblicazione di nuovi piani che comprendessero altri terreni in luogo di quelli esonerati.

Orbene, dalla lettera stessa delle norme contenute nei citati articoli palesemente risulta che il termine ordinario o normale, entro cui gli Enti dovevano pubblicare i piani, poteva eccezionalmente essere superato quando, essendo intervenuta una dichiarazione di esonero dall'esproprio di terreni compresi in precedenti piani, si rendesse necessario pubblicare nuovi piani di recupero.

É, pertanto, evidente che la facoltà dell'Ente di pubblicare piani di recupero era condizionata all'esistenza di una preventiva e, quindi, già intervenuta, dichiarazione di esonero, la quale doveva essere di data anteriore a quella stabilita come termine ultimo per la pubblicazione dei piani di recupero (30 settembre 1952).

Nella specie, i secondi piani particolareggiati di esproprio, come si é detto, risultano pubblicati il 29 settembre 1952 entro il termine eccezionale. Per quanto concerne la dichiarazione di esonero, in atti esistono due fogli relativi ad una nota n. 39381 in data 4 ottobre 1952, che il Ministero dell'agricoltura e delle foreste avrebbe diretto all'Ente Maremma all'oggetto: "Dichiarazione di esonero - Ditta Ricasoli Caterina e Ricasoli Eleonora". In tali fogli leggesi che "a norma dell'ultimo comma dell'art. 10 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, si dichiara che i terreni... appartenenti alle sorelle Ricasoli... sono esonerati dalla espropriazione". Segue l'indicazione degli elementi catastali occorrenti per la identificazione dei terreni in parola specificatamente per Caterina e per Eleonora; leggesi, infine, che "codesto Ente vorrà rielaborare i piani particolareggiati di esproprio" - "si resta in attesa di conoscere la estensione della superficie eventualmente recuperabile in sostituzione dei terreni come sopra esonerati dall'espropriazione".

Giova precisare che i due fogli di cui trattasi consistono: l'uno, nella minuta, proveniente dal Ministero, con il numero di protocollo e la indicazione della firma del Ministro Pro-tempore e la consueta stampiglia di archivio "scaricato"; l'altro, in una copia fotostatica di copia dattiloscritta dell'atto.

Occorre qui rilevare che sia il Tribunale di Firenze sia la Corte costituzionale hanno disposto il deposito degli atti e documenti relativi al procedimento di esproprio e che, in base all'art. 210 Cod. proc. civile, il Ministero e l'Ente avrebbero dovuto depositare documenti originali; non é stato prodotto documento originale di dichiarazione di esonero, onde é mancata la richiesta prova.

L'Avvocatura dello Stato ha dedotto che, data l'urgenza di siffatti provvedimenti e i continui rapporti, quale quotidiana collaborazione tra Ministero ed Enti di riforma, la deliberazione di esonero sarebbe stata fatta in tempo utile e comunicata "per vie brevi"; avrebbe, poi, fatto seguito, "per completezza di pratica", la nota 4 ottobre 1952. Al riguardo la Corte osserva che, a parte l'ammissibilità di determinazioni o dichiarazioni non formali in materia tanto delicata che tocca diritti privati, nei documenti prodotti non trovasi alcuna traccia, neppure sotto forma di appunto per memoria, di una determinazione del genere. Ma vi é di più: la forma in cui é redatto il documento di cui si discute indurrebbe a ritenere che esso non sia soltanto - come deduce l'Avvocatura dello Stato - la comunicazione all'Ente di riforma della determinazione di esonero tempestivamente adottata, ma costituisca insieme il provvedimento formale di esonero e la relativa comunicazione.

Richiamando, infatti, il testo dell'atto sopra riportato, sotto la voce "oggetto" leggesi "Dichiarazione di esonero" e più oltre "si dichiara che i terreni... sono esonerati"; successivamente "codesto Ente vorrà rielaborare i piani particolareggiati di esproprio" e, infine, richiesta di notizie della superficie recuperabile.

Si aggiunge che in alcuni tra i vari documenti prodotti é fatto riferimento al concesso esonero; in nessuno di essi é indicata precedente tempestiva determinazione o dichiarazione al riguardo come pur sarebbe stato naturale e spontaneo, ma é esclusivamente citato l'atto 4 ottobre 1952 (vedi, ad es., raccomandata a mano n. 53000 del 18 ottobre 1952 diretta dall'Ente al Ministero, nella quale si dà notizia degli effettuati recuperi proprio in riferimento all'atto 4 ottobre 1952; - note illustrative in data 9 dicembre 1952 allegate alle raccomandate a mano nn. 66352 e 66362 del 10 dicembre 1952 - trasmesse dall'Ente al Ministero).

Anche volendo, in ipotesi, attribuire un valore probatorio alla minuta o alla copia fotostatica di copia dell'atto, deve concludersi che, recando esso la data 4 ottobre 1952, il provvedimento é successivo, e non precedente, alla formazione e pubblicazione dei piani particolareggiati di recupero, piani che, per le richiamate norme di legge, in tanto avrebbero potuto essere legittimamente predisposti e pubblicati in quanto fosse già intervenuta preventiva formale dichiarazione di esonero, la quale, ai sensi degli artt. 10 della legge n. 841 del 1950 e 2 della legge n. 339 del 1952, ne avrebbe costituito il necessario presupposto. Il procedimento risulta, quindi, viziato con conseguente illegittimità costituzionale dei decreti di espropriazione per eccesso dai limiti della delega legislativa attribuita dalle disposizioni in materia.

É, infine, opportuno rilevare che non é in discussione, sempre in ordine al vizio di illegittimità in esame, il potere discrezionale dell'Amministrazione circa la dichiarazione di esonero, perché la questione non verte sul punto se sussistessero o meno le condizioni idonee a rendere esonerabili i terreni Ricasoli come aziende modello ai sensi dell'art. 10 della legge stralcio; ma, ai fini della legittimità dei decreti, si discute se nel relativo procedimento la dichiarazione di esonero abbia o meno preceduto la pubblicazione dei piani di recupero.

Date le conclusioni cui sopra é pervenuta la Corte, non occorre scendere all'esame degli altri motivi di illegittimità denunciati nell'ordinanza di rimessione e dalle parti private.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

respinge l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato; dichiara la illegittimità costituzionale dei DD.PP.RR. 28 dicembre 1952, nn. 4048 e 4385 (pubblicati, rispettivamente, nei supplementi ordinari n. 2 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 23 gennaio 1953 e n. 9 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 1953), in relazione agli artt. 1 della legge 18 maggio 1951, n. 333, e 2, n. 1, della legge 2 aprile 1952, n. 339, e in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1961.