SENTENZA N. 60
ANNO 1960
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 1952, nn. 3838 e 3839, promosso con ordinanza emessa il 24 ottobre 1959 dalla Corte di appello di Roma nel procedimento civile vertente tra Sacchetti Beatrice e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, iscritta al n. 126 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 316 del 31 dicembre 1959.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 12 ottobre 1960 la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;
uditi l'avv. Domenico Mario De Leva, per Sacchetti Beatrice, l'avv. Guido Astuti, per l'Ente Maremma, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
La signora Francesca Guglielmi in Sacchetti, proprietaria della tenuta denominata "Farnesiana", dell'estensione complessiva di Ha. 3.443.84.94, sita in territorio di Allumiere e in territorio di Tarquinia, per atto del notaio Pampersi di Civitavecchia in data 30 marzo 1945, divise la sua proprietà in quattro parti, donandone tre di quasi uguale valore rispettivamente alle figlie Maria, Carolina e Beatrice, e trattenendo per sé la parte restante.
La questione verte sulla quota donata alla figlia Beatrice Sacchetti in Pagani Planca Incoronati, e precisamente sulla parte di tale quota sita in territorio di Allumiere, la cui estensione, agli effetti dell'applicazione della legge 21 ottobre 1950, n. 841, é calcolata diversamente dalla signora Beatrice, da un lato, e dall'Ente per la colonizzazione della maremma tosco-laziale e del territorio del Fucino, dall'altro.
In data 21 dicembre 1951 l'Ente Maremma depositò i piani particolareggiati di esproprio nei riguardi della Beatrice Sacchetti, determinando la complessiva consistenza delle di lei proprietà di Allumiere e di Tarquinia in Ha. 1096.12.33; e ciò attenendosi alle risultanze catastali del vecchio catasto alla data del 15 novembre 1949, per cui, sommando la proprietà di Allumiere, che risultava dell'estensione di Ha. 716.19.10, a quella di Tarquinia di Ha. 369. 17.40, si arrivava all'incirca alla superficie complessiva di Ha. 1096.12.33.
La signora Beatrice Sacchetti ricorse all'Ente Maremma per chiedere la rettifica dell'errore materiale di tale computo, adducendo che l'estensione complessiva delle sue proprietà era di Ha. 898.04.12 e non di Ha. 1096.12.33, quale era indicata nei piani di esproprio, giacché l'estensione della proprietà di Allumiere ammontava soltanto ad Ha. 498.70.18 e non ad Ha. 716.19.10.
In seguito a questo reclamo l'Ente Maremma attribuì i due cento ettari di differenza alle sorelle di Beatrice, Maria e Carolina Sacchetti, formulando, nei riguardi di esse, due suppletivi piani di esproprio, contro i quali però le suddette Maria e Carolina produssero ricorso all'Ente il quale, riconoscendone la fondatezza, ritornò in definitiva ai primitivi piani di esproprio in riguardo alla Beatrice Sacchetti, ritenendola proprietaria anche dei suddetti duecento ettari, talché predispose l'esproprio calcolando la superficie complessiva delle di lei proprietà in Ha. 1096.12.33 e non in Ha. 898.04.12. Sulla base di questo secondo dato vennero emanati nei riguardi della Beatrice Sacchetti i due decreti presidenziali di scorporo nn. 3838 e 3839 del 27 dicembre 1952.
Con atto di citazione del 19 novembre 1953 la signora Beatrice Sacchetti chiamò in giudizio davanti al Tribunale di Roma l'Ente Maremma per sentire dichiarare che i decreti presidenziali nn. 3838 e 3839 avevano erroneamente determinato la superficie espropriabile in Ha. 1096.12.33, in quanto i terreni donati dalla madre a Beatrice per il territorio di Allumiere, erano della estensione non di Ha. 716.19.10, ma di Ha. 498.70.18, secondo quanto risultava dall'atto di donazione del 1945, dal reclamo presentato dalla madre di Beatrice il 12 marzo 1949 e dal nuovo catasto di Allumiere entrato in attivazione il 1 dicembre 1952, prima cioè dell'emanazione dei decreti presidenziali di esproprio.
Il Tribunale di Roma, con sentenza 18 marzo - 13 maggio 1955, risolse in via incidentale la questione di legittimità costituzionale dei decreti di scorporo negando che essi avevano esorbitato dalla legge di delega. Osservò il Tribunale che l'Ente aveva giustamente tenuto conto dei dati di superficie del vecchio catasto di Allumiere, vigente alla data del 15 novembre 1949, e che, non avendo la marchesa Beatrice Sacchetti presentato ricorso contro i piani di esproprio ai sensi dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, la sua domanda doveva essere respinta.
Contro tale sentenza la signora Beatrice Sacchetti interpose appello avanti alla Corte di appello di Roma, chiedendo in via principale il risarcimento dei danni che assumeva provocatile dal comportamento dell'Ente Maremma, ed in via subordinata la dichiarazione di illegittimità costituzionale dei decreti presidenziali di esproprio.
Accogliendo la domanda subordinata, la Corte di appello, con ordinanza del 24 ottobre 1959, ha dichiarato che l'eccezione di legittimità costituzionale é rilevante, e che non é manifestamente infondata.
Tenuto per fermo che la rettificazione del vecchio catasto fu operata di ufficio con la formazione del nuovo catasto, e che la Beatrice Sacchetti non presentò ricorso a termini dell'art. 6 della legge n. 841, l'ordinanza pone il quesito "se la preclusione di contestazioni circa la estensione di terreni, derivante dal mancato esercizio della facoltà di ricorso alla Commissione censuaria centrale (a termini del succitato art. 6), sia operante anche quando la rettificazione sia stata operata di ufficio, mediante la attivazione del nuovo catasto, avvenuta anteriormente alla espropriazione".
Disposta la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, l'ordinanza é stata regolarmente notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, ed é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 316 del 31 dicembre 1959.
La signora Sacchetti si é costituita nel presente giudizio depositando delle deduzioni a stampa in data 13 gennaio 1960, cui ha fatto seguito una memoria in data 29 settembre 1960.
La difesa Sacchetti sostiene che l'Ente commise una serie di errori: un primo errore non tenendo presente che nell'atto di donazione la consistenza complessiva della quota donata alla Beatrice é tassativamente indicata in Ha. 898.04.12. Nell'atto suddetto si dice bensì che l'assegnazione é fatta "a corpo e non a misura", ma questa deve considerarsi una frase di stile, che comunque non ammetterebbe un limite di tolleranza superiore al 5 per cento contemplato dall'art. 1538 Cod. civ.; limite questo che il provvedimento di esproprio nei confronti della Beatrice ha largamente superato.
L'Ente avrebbe commesso un ulteriore errore quando, accogliendo il reclamo della Beatrice, attribuì i 200 ettari di differenza alle di lei sorelle Maria e Carolina, e più ancora quando, accogliendo i reclami prodotti da queste ultime contro i piani suppletivi di esproprio pubblicati nei loro riguardi, riconsiderò i suddetti 200 ettari come appartenenti alla Beatrice e ritornò ai precedenti piani di esproprio coi quali si attribuiva alla Beatrice una proprietà dell'estensione complessiva di Ha. 1096.12.33, invece di quella di Ha. 898.04.12.
Di fronte ai ricorsi prima della Beatrice Sacchetti e poi delle di lei sorelle Maria e Carolina, l'Ente avrebbe dovuto "non irrigidirsi nella nuda ed errata indicazione del vecchio catasto di Allumiere", ma approfondire lo studio della situazione allo scopo di ben individuare le tre proprietà, e specialmente quella della Beatrice, la cui consistenza era, in realtà, di Ha. 898.04.12, secondo l'indicazione fatta nell'atto di donazione, la correzione disposta nel giugno 1949 dalla Commissione censuaria di Allumiere in seguito al reclamo della marchesa Guglielmi madre della Beatrice, e le risultanze precise del nuovo catasto di Allumiere entrato in conservazione prima della emanazione dei decreti di esproprio; dati tutti ai quali l'Ente avrebbe dovuto attenersi e non si attenne.
Per quanto si riferisce al mancato esercizio da parte della Beatrice della facoltà di ricorso contro il piano di esproprio ai sensi dell'art. 6 della legge n. 841, la di lei difesa sostiene che tale ricorso non occorreva perché si sarebbe trattato di rettificare un puro e semplice errore materiale per cui ai proprietari spetta la facoltà di ricorso prevista dall'art. 4 della legge n. 230 del 1950; ricorso che la Beatrice produsse all'Ente Maremma appena furono pubblicati i piani di esproprio. Dal confronto tra l'art. 6 della legge n. 841 con l'art. 4 della legge n. 230 si ricaverebbe che la esclusione di qualsiasi ricorso, prevista nell'ultimo capoverso dell'art. 6, varrebbe soltanto quando sono in contestazione, nelle zone a vecchio catasto, la qualità e la classe dei terreni, non anche quando il ricorso attiene alla non corrispondenza della estensione della proprietà. Il ricorso previsto dall'art. 4 della legge n. 230 per gli errori materiali dei piani di esproprio, quindi, sarebbe concorrente con quello contemplato dall'art. 6 della legge n. 841. E, nella specie, sottolinea la difesa, si trattava di un errore materiale.
Si conclude, quindi, sostenendo che i due decreti presidenziali sono illegittimi perché hanno violato gli artt. 42, 70, 76 e 77 p. p. della Costituzione, nonché le leggi di delega 12 maggio 1950, n. 230, e 21 ottobre 1950, n. 841, ed in particolare l'art. 4 di quest'ultima legge.
In via subordinata, la difesa deduce la violazione degli artt. 25 e 117 della Costituzione, perché in seguito al comportamento dell'Ente Maremma (che, dopo avere accolto, con la pubblicazione dei piani suppletivi di esproprio a carico di Maria e Carolina il ricorso di Beatrice Sacchetti, ripristinò l'errore in cui prima era incorso per il calcolo della proprietà della Beatrice) - l'interessata non avrebbe più potuto tutelare i suoi diritti con i mezzi che la legge consentiva.
L'Ente per la colonizzazione della maremma tosco-laziale ha depositato le sue deduzioni in data 19 gennaio 1960 ed una memoria in data 26 settembre 1960.
La difesa dell'Ente, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui le leggi delegate di esproprio, in base all'art. 4 della legge di delega 21 ottobre 1950, n. 841, dovevano tenere conto non solo della consistenza della proprietà, ma anche dei dati catastali relativi alla superficie, la qualità e la classe dei terreni al 15 novembre 1949, sostiene che l'Ente si é proprio attenuto a tali dati per calcolare la consistenza della proprietà di Beatrice Sacchetti.
Per quanto riguarda il titolo di acquisto, si assume, che l'oggetto della donazione é con precisione indicato nelle particelle catastali, e che la volontà di donare il terreno corrispondente a quelle particelle é del pari chiaramente manifestata dalla espressione che la donazione era fatta "a corpo e non a misura". E per quanto riguarda i dati catastali, si deduce che i dati del vecchio catasto di Allumiere davano, in base alle particelle indicate, una superficie complessiva non di Ha. 498.70.18, ma di Ha. 716.19.10, cioè la superficie tenuta a base, unitamente a quella dei terreni di Tarquinia, dai decreti presidenziali di esproprio.
Se la Sacchetti avesse voluto contestare che le particelle indicate nel rogito Pampersi non corrispondevano alla superficie indicata nel vecchio catasto, avrebbe dovuto farlo ai sensi e nei termini dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, presentando ricorso alla Commissione censuaria centrale. "Una diversa interpretazione condurrebbe a sostenere che rientrava nei compiti o nei poteri dell'Ente compilatore dei piani la verifica caso per caso della corrispondenza dei dati catastali alla situazione effettiva: ma tutto il sistema della c. d. legge stralcio esclude che agli enti di riforma fosse conferito un tale potere. Gli enti avevano l'obbligo tassativo di attenersi ai dati certi risultanti dal catasto per quanto riguardava la estensione dei terreni, la qualità e classe delle colture; e, in caso di contestazioni concernenti i terreni a vecchio catasto, dovevano attenersi alle decisioni della Commissione censuaria centrale tempestivamente adita. La Sacchetti non può invocare un ingiusto danno, in quanto essa non si é servita del mezzo che la legge le metteva a disposizione.
"E pertanto, conclude l'Ente Maremma, in mancanza del ricorso di cui all'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, i decreti di esproprio sono stati legittimamente emessi nell'ambito della delega sulla base dei dati catastali vigenti al 15 novembre 1949, e vigenti ancora alla data della pubblicazione dei piani particolareggiati di esproprio".
In via subordinata, poi, per il caso che la Corte non accolga questa tesi, la difesa dell'Ente fa presente che la denunziata illegittimità dei due decreti di espropriazione non comporterebbe la declaratoria della illegittimità totale di essi, bensì soltanto parziale, "in quanto, in tale denegatissima ipotesi, sarebbe stata espropriata una superficie superiore a quella scorporabile, per avere calcolato la quota di scorporo sulla base della superficie complessiva di Ha. 1095 circa, anziché di Ha. 877 circa".
L'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, é intervenuta nel presente giudizio, presentando le sue deduzioni in data 12 gennaio 1960 e una memoria difensiva del 25 settembre 1960.
La questione di legittimità costituzionale dei due decreti presidenziali, secondo l'Avvocatura dello Stato, può riassumersi nei termini seguenti: "se i decreti presidenziali di espropriazione nn. 3838 e 3839 del 27 dicembre 1952, emanati nei confronti della ditta Sacchetti, siano illegittimi, per avere determinato la quota di scorporo sulla base della estensione dei terreni (Ha. 1098.12.33) contemplata dal vecchio catasto in vigore al 15 novembre 1949, anziché della estensione (Ha. 877.87.58) rettificata dal nuovo catasto, entrato in vigore dopo la predetta data, ma anteriormente al decreto di esproprio".
L'Avvocatura dello Stato nega che possa sussistere il dubbio avanzato dall'ordinanza della Corte di appello in ordine al problema se la mancata presentazione del ricorso di cui all'art. 6 debba ritenersi preclusiva anche quando tra il deposito dei piani e l'emanazione del decreto di esproprio siano stati rettificati i dati catastali mediante l'attivazione del nuovo catasto. "L'unico procedimento di revisione dei dati catastali vigenti al 15 novembre 1949, consentito dalla legge, é quello previsto dal citato art. 6. In mancanza di tale procedura, l'Ente non poteva prendere a base dello scorporo i dati catastali introdotti dopo il 15 novembre 1949, in quanto ciò avrebbe portato a considerare una seconda data ai fini della determinazione della consistenza terriera, mentre unica data di riferimento prevista dalla legge, come ha più volte affermato la Corte costituzionale, é il 15 novembre 1949".
Se, per le zone a vecchio catasto, non c'é corrispondenza tra dati e realtà fisica, l'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, dà facoltà di ricorrere soltanto alla Commissione censuaria centrale.
Onde sarebbe infondato il dubbio che per la correzione di eventuali errori del vecchio catasto (rispetto alla data del 15 novembre 1949) possa considerarsi non indispensabile il ricorso di cui all'art. 6 della legge suddetta.
Considerato in diritto
La Corte di appello di Roma, nel proporre con la ordinanza del 24 ottobre 1959 la questione della legittimità costituzionale degli impugnati decreti presidenziali di scorporo, ha sollevato il dubbio se la mancata produzione del ricorso in base all'ultimo comma dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, da parte della signora Sacchetti Beatrice contro i piani particolareggiati di esproprio pubblicati nei di lei confronti dall'Ente Maremma, importi la preclusione di contestazioni circa la superficie complessiva del patrimonio terriero indicata in tali piani.
La difesa dell'Ente e l'Avvocatura generale dello Stato sostengono che la legge n. 841, avendo previsto espressamente il caso di non corrispondenza della estensione dei terreni censiti a vecchio catasto alla consistenza effettiva di essi, aveva offerto, per chiedere la rettifica dei piani particolareggiati di espropriazione, l'unico rimedio di cui all'art. 6.
Il fatto, quindi, che per la rettifica dell'addotto errore materiale di determinazione della superficie terriera indicata nei piani di espropriazione, la Sacchetti presentò ricorso in base alla norma dell'art. 4 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e non, invece, in base alla norma dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, avrebbe importato la decadenza a far valere i motivi della rettifica dei dati risultanti dal vecchio catasto alla data del 15 novembre 1949.
La Corte ritiene che tale assunto é infondato.
Non é, invero, esatto che l'ultimo comma dell'art. 6 della legge n. 841 offra agli interessati, per la rettifica dei dati riguardanti l'estensione dei terreni soggetti a scorporo, l'unico rimedio del ricorso previsto dal primo comma dello stesso art. 6.
L'ultimo comma di questo articolo detta: "Al di fuori dei casi previsti dal primo comma del presente articolo, non é ammesso alcun altro ricorso per la determinazione della qualità e classe dei terreni ai fini della quota di scorporo contro le risultanze del catasto".
L'esclusione di qualsiasi altro ricorso é, quindi, prevista soltanto "per la determinazione della qualità e classe dei terreni", e non anche in riguardo alla determinazione della superficie di essi; per il quale ultimo caso resta perciò agli interessati la facoltà di ricorrere contro i piani di esproprio in base all'art. 4 della legge 12 maggio 1950, n. 230. Questo art. 4, dopo d'avere disposto nel primo comma che i piani di esproprio debbono, a cura dell'Opera, essere depositati per la durata di venticinque giorni nell'ufficio di ciascun Comune per la parte relativa da espropriare nel territorio comunale ed essere pubblicati in estratto nel Foglio degli annunzi legali della Provincia, - soggiunge nel successivo comma: "nello stesso termine gli interessati possono richiedere all'Opera la rettifica di eventuali errori materiali".
Orbene, la signora Beatrice Sacchetti si avvalse legittimamente di questa disposizione per chiedere la rettifica dell'assunto errore materiale del vecchio catasto di Allumiere.
Escluso che la mancata presentazione di un ricorso a termini dell'art. 6 della legge n. 841 abbia importato preclusione di contestazioni circa la estensione del patrimonio terriero soggetto ad esproprio, resta a vedere quale era la estensione complessiva dei terreni di proprietà della signora Beatrice Sacchetti siti nei Comuni di Allumiere e di Tarquinia, per cui doveva procedersi all'espropriazione ai sensi della legge 21 ottobre 1950, n. 841, - e concretamente se l'estensione di Ha. 1096.12.33, considerati nei piani particolareggiati di esproprio in base ai dati del vecchio catasto alla data del 15 novembre 1949, debba ridursi di circa duecento ettari secondo i calcoli fatti dalla signora Sacchetti.
La differenza si riferisce precisamente alla proprietà sita in territorio di Allumiere, che, mentre nel vecchio catasto figura dell'estensione di Ha. 716.19.10, nel nuovo catasto entrato in conservazione prima della emanazione dei decreti di esproprio, ma dopo il 15 novembre 1949, é calcolato in Ha. 498.70.18, - risultando così la proprietà complessiva della Sacchetti di circa duecento ettari inferiore a quella presa a base dell'esproprio da parte dell'Ente Maremma.
Assumevano ed assumono la difesa dell'Ente e l'Avvocatura generale dello Stato che per l'esproprio bisognava attenersi alle risultanze del vecchio catasto alla data del 15 novembre 1949, fissata dall'art. 4 della legge n. 841, e che non si poteva perciò prendere in considerazione alcuna variazione o rettifica posteriore a tale data, quale quella risultante dal nuovo catasto.
Ma é in contrario da osservare, come questa Corte ha in varie sentenze affermato, che agli effetti della determinazione della consistenza della proprietà terriera ai sensi dell'art. 4 suddetto, bisogna in definitiva fare riferimento alla consistenza effettiva della proprietà stessa.
Ora nella fattispecie, la consistenza effettiva del patrimonio terriero della signora Beatrice Sacchetti alla data del 15 novembre 1949 era inferiore a quella risultante dai dati del vecchio catasto, indicata nei piani particolareggiati di espropriazione.
La Corte ritiene che basta in proposito rilevare che quando vennero pubblicati i piani particolareggiati di espropriazione nei riguardi della signora Beatrice Sacchetti, questa presentò ricorso all'Ente, chiedendo che la superficie complessiva del patrimonio terriero indicato in tali piani come ammontante ad Ha. 1096.12.33 in base ai dati del vecchio catasto, venisse ridotta ad Ha. 898.04.12, quale era la superficie effettiva. Accogliendo tale reclamo, l'Ente attribuì i duecento ettari di differenza alle sorelle della signora Beatrice, Maria e Carolina Sacchetti, le quali avevano ricevuto anch'esse in donazione dalla comune madre signora Francesca Guglielmi in Sacchetti, con lo stesso atto di donazione del 30 marzo 1945, dei terreni siti nei medesimi Comuni di Allumiere e di Tarquinia.
Contro i suppletivi piani particolareggiati di espropriazione emanati nei confronti delle sorelle Maria e Carolina Sacchetti, queste presentarono ricorso.
Accogliendo quest'altro ricorso, l'Ente credette di poter dare nuovamente corso ai primitivi piani particolareggiati di espropriazione pubblicati nei riguardi della signora Beatrice Sacchetti. Non tenne però conto del fatto che la Beatrice aveva già presentato ricorso contro tali piani e che esso Ente lo aveva accolto, e non procedette ad alcuna altra indagine, né all'elaborazione di suppletivi piani di espropriazione nei riguardi della detta signora Beatrice Sacchetti.
Col suo reclamo la signora Beatrice Sacchetti aveva dunque ottenuto dall'Ente il riconoscimento della sua richiesta.
Ora non può l'efficacia di questo reclamo accolto dall'Ente essere inficiata dalla tesi che la interessata avrebbe potuto reclamare soltanto in base alla norma dell'art. 6 della legge n. 841, giacché tale norma non esclude, come sopra é stato detto, il diritto di proporre ricorso in base alla disposizione dell'art. 4 della legge n. 230, per ottenere la rettifica dei dati relativi alla superficie indicati nei piani particolareggiati di espropriazione.
I decreti presidenziali impugnati debbono pertanto considerarsi costituzionalmente illegittimi in quanto nel procedimento dell'espropriazione si é fatto riferimento ad una superficie superiore alla consistenza effettiva del patrimonio terriero della signora Beatrice Sacchetti alla data del 15 novembre 1949, estendendo lo scorporo ad una quota maggiore di quella scorporabile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 1952, nn. 3838 e 3839, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 21 gennaio 1953, n. 16, in relazione agli artt. 4 e 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in quanto nel procedimento di scorporo il patrimonio terriero della signora Beatrice Sacchetti é stato determinato in una superficie superiore a quella che era la sua consistenza effettiva alla data del 15 novembre 1949.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 novembre 1960.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.
Depositata in Cancelleria il 16 novembre 1960.