SENTENZA N. 53
ANNO 1960
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. TOMASO PERASSI, Presidente
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione Trentino-Alto Adige con ricorso notificato il 23 aprile 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 30 aprile 1960 ed iscritto al n. 8 del Registro ricorsi 1960, per conflitto di attribuzione tra la Regione Trentino-Alto Adige e lo Stato sorto a seguito degli atti del Ministero dei lavori pubblici di cui al foglio n. 9013 in data 8 maggio 1959 e al telegramma n. 15279 in data 28 novembre 1959 dai quali risulta l'assegnazione di 43 milioni di lire a favore dell'Istituto autonomo per le case popolari di Bolzano per la costruzione di case popolari nei Comuni di Salorno e di Cortina all'Adige, in applicazione della legge 9 agosto 1954, n. 640.
Udita nell'udienza pubblica del 22 giugno 1960 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Trentino-Alto Adige, e il sostituto avvocato generale dello Stato Luigi Tavassi La Greca, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
In data 8 maggio 1959 il Ministero dei lavori pubblici, allo scopo di permettere la costruzione di case popolari nei Comuni di Salorno e di Cortina all'Adige, disponeva, a favore dell'Istituto autonomo per le case popolari di Bolzano, l'assegnazione di 43 milioni di lire, "in applicazione della legge 9 agosto 1954, n. 660", "per la costruzione di alloggi di tipo popolare da destinarsi a nuclei familiari dei predetti centri, allocati in abitazioni improprie e malsane".
In data 9 gennaio 1960 la Provincia di Bolzano, dopo aver inutilmente sollecitato l'I.A.C.P. di Bolzano e il Ministero dei lavori pubblici a darle comunicazione di tali provvedimenti, dei quali non aveva avuto piena e diretta conoscenza, proponeva ricorso al Consiglio di Stato in s. g. per l'annullamento ("se e in quanto esista") del provvedimento ministeriale col quale era stata disposta la costruzione di alloggi a spese dello Stato nel Comune di Salorno. All'udienza del 26 febbraio 1960, fissata per la trattazione dell'istanza di sospensiva del provvedimento impugnato, la difesa dello Stato depositava in giudizio il foglio n. 9013 in data 8 maggio 1959 e il telegramma n. 15279 in data 28 novembre 1959 del Ministero dei lavori pubblici, Direzione generale edilizia statale e sovvenzionata, 16a Ter, dai quali risulta l'assegnazione dei 43 milioni di cui si é detto.
A seguito del deposito di tali documenti, la Regione Trentino-Alto Adige, con ricorso notificato il 23 aprile 1960 al Presidente del Consiglio dei Ministri, e al Commissario del Governo presso la Regione, ha elevato conflitto di attribuzione innanzi a questa Corte, chiedendo che sia dichiarata l'incompetenza dello Stato e la competenza della Provincia di Bolzano, nella materia relativa alla costruzione di case popolari in detta Provincia, in applicazione dell'art. 11, n. 11, e dell'art. 13 dello Statuto speciale Trentino-Alto Adige, nonché degli aret. 3 e 4 delle norme di attuazione approvate con D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28; e con ciò che siano annullati i sopra menzionati atti del Ministero dei lavori pubblici, venuti a conoscenza della Provincia il 26 febbraio 1960.
Premesso che alla data dell'8 maggio 1959 - in cui avvenne l'assegnazione dei 43 milioni per la finalità sopra riferita - erano già in vigore da oltre tre mesi le norme di attuazione dello Statuto regionale in materia di case popolari, approvate col D.P.R. n. 28 del 1959, la Regione deduce che l'invasione della sfera di competenza della Provincia sussiste sotto tre profili diversi:
a) per ragioni di materia, perché, per quanto attiene alle case popolari e alla loro costruzione, la competenza é passata ormai alla Provincia (art. 3 del D.P.R. n. 28 del 1959 contenente le norme di attuazione dello Statuto T.-A.A. in materia di case popolari);
b) per ragioni di "apparato", e cioè "inerenti alla qualificazione soggettiva degli organi dichiarati competenti", perché, a norma dell'art. 4 del citato decreto n. 28, per quelle iniziative che vengono attuate in materia di case popolari con l'intervento finanziario dello Stato, il Ministro dei lavori pubblici deve comunicare alle Province di Trento e di Bolzano le quote ad esse destinate; ed inoltre l'ammontare delle quote deve "essere attribuito ai singoli enti ed utilizzato in accordo con le Province rispettive per gli scopi indicati dalle leggi" (cose, entrambe, non avvenute). Né può valere in contrario il fatto che le somme stanziate non sarebbero a carico del bilancio del Ministero per gli esercizi finanziari 1958 - 59 e seguenti, cui fa riferimento l'art. 4, ma sarebbero state reperite su fondi residui di esercizi precedenti.
La norma, infatti, non mira a risolvere problemi di carattere finanziario, ma a dare decorrenza, a partire dall'esercizio finanziario 1958-59, alla nuova regolamentazione sostanziale della materia, anche in relazione ai fondi provenienti da precedenti esercizi. Del resto, i fondi destinati alle finalità della legge 640 del 1954, non utilizzati nel corso dell'esercizio finanziario, essendo "utilizzabili", ai sensi dell'art. 18 della stessa legge, negli esercizi successivi, sono da considerare trasferiti a tali esercizi;
c) per ragioni di procedimento perché, trattandosi di attribuzioni che lo Statuto e le norme di attuazione hanno devoluto alle Province, stabilendo anche le modalità del loro esercizio, lo Stato avrebbe adottato un provvedimento secondo un procedimento diverso da quello previsto dalle norme di attuazione, e che priva la Provincia dell'esercizio di attribuzioni a essa spettanti.
Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri con deduzioni depositate il 12 maggio 1960, chiedendone, in linea pregiudiziale, la dichiarazione d'inammissibilità perché proposto dopo la scadenza del termine perentorio di sessanta giorni. Ciò perché l'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato deve ritenersi quanto meno coeva alla notificazione del ricorso al Consiglio di Stato (9 gennaio 1960).
Nel merito, l'Avvocatura chiede il rigetto del ricorso, deducendone l'infondatezza sulla base delle sentenze n. 2 e n. 19 del 1960 di questa Corte, in quanto l'attribuzione della materia delle case popolari in favore delle Province di Trento e Bolzano non esclude l'intervento dello Stato con mezzi propri quando si tratti di soddisfare esigenze di carattere generale e non localizzato. Nega, quindi, che siano stati violati l'art. 11, n. 11, e l'art. 13 dello Statuto, e tanto meno l'art. 3 delle norme di attuazione, perché proprio il secondo comma di quest'ultimo, col negare il trasferimento in proprietà a favore delle Province delle case costruite dallo Stato a totale suo carico, prova che lo Stato medesimo non ha inteso affatto disinteressarsi della materia.
Deduce, poi, l'Avvocatura che l'erogazione della somma di che trattasi, che comunque riflette stanziamenti anteriori al decreto n. 28, deve considerarsi un intervento "per così dire straordinario", che non intacca la quota normale destinata alla Provincia, giusta l'art. 4 del decreto citato. Inoltre, l'"accordo", di cui é cenno nello stesso articolo, concerne soltanto l'attribuzione ed utilizzazione delle quote, una volta stanziate a favore delle Province del T.- A. A., e non si estende alla destinazione delle predette quote, né alla determinazione delle quote stesse, attività entrambe riservate al Ministro dei lavori pubblici.
La Regione e lo Stato hanno ulteriormente illustrato le loto tesi con memorie depositate rispettivamente il 9 e il 7 giugno 1960.
Sulla eccezione pregiudiziale la Regione osserva che la Provincia ha proposto ricorso al Consiglio di Stato proprio al fine di conoscere la effettiva esistenza dei provvedimenti ministeriali poi impugnati per conflitto di attribuzione. Del resto, soltanto dopo aver preso visione degli atti, la Provincia é stata in grado di "specificare" - come esige l'art. 39 legge 87 del 1953 - l'atto ritenuto lesivo della sua competenza. Infine, essendo il ricorso per conflitto di attribuzione proposto non dalla Provincia, ma dalla Regione, ai fini della decorrenza dei termini dovrebbe dimostrarsi la avvenuta conoscenza degli atti da parte della Regione e non della Provincia.
Nel merito, la Regione contesta la tesi dell'Avvocatura, secondo la quale, pur in quei settori nei quali le Province hanno acquistato una propria autonoma competenza, lo Stato conserva analoghi poteri di provvedere in via amministrativa in tutti quei casi nei quali sia sollecitato da interessi generali e nazionali e lo faccia usando mezzi propri. Infatti, le richiamate sentenze 2 e 19 della Corte hanno posto fine a giudizi di legittimità costituzionale, nei quali si discuteva se lo Stato potesse o meno, per soddisfare interessi di carattere nazionale, emanare, in materia di case popolari, leggi destinate a favorire, a carico della propria finanza, l'incremento edilizio nei territori della Regione; nel caso in esame, invece, si tratta di stabilire se, dato un determinato ordinamento legislativo che ha fissato le attribuzioni amministrative rispettive dello Stato e della Provincia, possa un organo dello Stato adottare provvedimenti amministrativi secondo regole di competenza diverse da quelle risultanti dall'ordinamento stesso.
Alle altre deduzioni dell'Avvocatura la Regione replica assumendo che il secondo comma dell'art. 3 del decreto n. 28, in base al quale per le case costruite dallo Stato a totale suo carico non si opera alcun trasferimento di proprietà alle Province, non può capovolgere il significato letterale e logico del primo comma dello stesso articolo, il quale trasferisce alle Province, con disposizione di carattere generale, ogni attribuzione amministrativa già statale. Aggiunge che non basta che lo Stato qualifichi come "straordinario" un suo intervento per eludere le norme che prevedono la competenza provinciale. Definisce, infine, artificiosa la distinzione effettuata dall'Avvocatura tra attribuzione e utilizzazione delle quote dei fondi stanziati ai sensi dell'art. 4, da un lato, e destinazione e determinazione di esse, dall'altro, perché, se é vero che queste ultime attività, - essendo basate sul duplice criterio delle disponibilità di bilancio e del bisogno delle popolazioni delle due Province, considerato rispetto a quello delle popolazioni delle altre Province, - spettano allo Stato, é altresì vero che esse non si estendono né alla valutazione del diverso bisogno delle popolazioni appartenenti alla stessa Provincia, né alla scelta delle zone in cui gli alloggi devono essere costruiti; attività queste che rientrano nel concetto di "utilizzazione" della quota e che lo Stato può esercitare solo in accordo con la Provincia interessata.
Nella sua memoria l'Avvocatura, in primo luogo, insiste nel sostenere che la competenza provinciale in materia di case popolari non esclude che lo Stato possa intervenire nella stessa materia con mezzi propri ed in relazione ad interessi che sono dettati da esigenze collettive nazionali, in aggiunta e ad integrazione delle provvidenze che normalmente affluiscono con la procedura di cui all'art. 4 del decreto n. 28 e nega, quindi, ogni invasione di sfera di competenza provinciale.
In secondo luogo, rileva che non sussiste alcuna violazione del così detto "apparato", perché questo si riferisce al normale intervento dello Stato in attuazione delle leggi in materia, attraverso l'assegnazione di un contributo, mentre nel caso concreto si tratta di un intervento straordinario, a totale carico dello Stato, il quale conserva la proprietà degli stabili costruiti. In ogni caso, l'accordo previsto dal citato art. 4 tra Stato e Provincia non si estende alla destinazione e distribuzione delle quote stanziate, attività riservata al Ministro dei lavori pubblici. Infine, la somma di 43 milioni, destinata dallo Stato alla costruzione di case ai sensi della legge 640, riflette fondi residui di esercizi precedenti a quello del 1958-59 (a partire dal quale soltanto trova applicazione il ripetuto art. 4), fondi per di più non destinati specificamente a una determinata parte del territorio dello Stato, e ora, per la prima volta, assegnati alla Provincia di Bolzano.
Nega, poi, l'Avvocatura che possa parlarsi di violazione dell'art. 13 dello Statuto per ragioni di procedimento, sia perché - come detto innanzi - non vi é stata alcuna invasione di competenza provinciale, sia perché lo Stato, come non ha abrogato le precedenti norme in materia di case popolari, così ha conservato i procedimenti previsti dalle norme stesse al fine di farne uso ogni qualvolta si renda necessario un suo diretto intervento con accollo completo dell'onere finanziario.
Osserva, da ultimo, l'Avvocatura che non si riesce a comprendere quale vantaggio si proporrebbe di conseguire la Provincia con l'annullamento dei provvedimenti ministeriali, dato che l'annullamento condurrebbe al "riaccredito" a favore dello Stato delle somme destinate da quei provvedimenti all'edilizia locale.
Considerato in diritto
1. - L'eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvocatura dello Stato circa l'inammissibilità del ricorso per tardività deve essere respinta.
A prescindere dalla questione se possa essere eccepita alla Regione Trentino-Alto Adige, che é la sola legittimata a elevare conflitti di attribuzione per l'invasione da parte dello Stato della competenza delle sue Province, la remota conoscenza, da parte della Provincia interessata, del provvedimento di cui si discute, sta di fatto che nella specie l'Avvocatura dello Stato - cui ne incombeva l'onere - non ha fornito alcuna prova che anteriormente al 26 febbraio 1960 la Provincia di Bolzano abbia avuto piena conoscenza del provvedimento ministeriale, in relazione al quale é stato proposto il presente conflitto di attribuzione (provvedimento mai comunicato alla Provincia e mai pubblicato). E da prestar fede, dunque, all'assunto della Regione, secondo il quale nessuna conoscenza la Provincia ebbe del provvedimento anteriormente al deposito effettuatone il 26 febbraio 1960 dalla stessa Avvocatura innanzi al Consiglio di Stato, dove la Provincia lo aveva impugnato "se e in quanto esista", e cioè mostrando di ignorarne gli estremi e l'esatto contenuto.
2. - Nel merito il ricorso appare fondato.
L'Avvocatura dello Stato sostiene che i fondi destinati dal Ministero dei lavori pubblici, col provvedimento impugnato dalla Regione in questa sede, alla costruzione di case popolari da eseguirsi nei Comuni di Salorno e Cortina all'Adige, ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640, per l'eliminazione delle abitazioni malsane, sebbene devoluti a tale utilizzazione successivamente all'entrata in vigore delle norme di attuazione dello Statuto T.-A. A., emanate col D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 28, erano fondi "straordinari", sopravanzati da esercizi finanziari anteriori a quello dell'anno 1958-59, ed eccedenti quelli di quest'ultimo esercizio destinati alla costruzione di case popolari nella Provincia di Bolzano ai sensi del primo comma dell'art. 4 delle citate norme di attuazione. Il provvedimento impugnato non lederebbe, pertanto, in alcun modo i poteri attribuiti alla Provincia dalle norme stesse. Quando impegni propri fondi, in aggiunta alla quota destinata alle case popolari nelle Province di Trento e di Bolzano ai sensi del primo comma del cit. art. 4, lo Stato, infatti, ben avrebbe diritto di realizzare, in piena autonomia, nelle anzidette Province, alloggi del genere di quelli in questione, destinati a soddisfare esigenze di carattere generale, e non localizzate.
A sostegno della tesi l'Avvocatura si richiama alla sentenza di questa Corte 31 marzo 1960, n. 19. Con quest'ultima però la Corte, pur affermando - come ora riafferma - che lo Stato ben ha il diritto di operare nella Regione Trentino-Alto Adige con proprie leggi e con propri mezzi in settori della edilizia popolare ed economica attinenti a particolari interessi di carattere nazionale, dichiarò che il legislatore, nonostante che statutariamente non vi fosse tenuto, aveva, tra l'altro, devoluto, con l'art. 3 delle citate norme di attuazione, alle Province di Trento e di Bolzano tutte le potestà amministrative in materia di edilizia popolare ed economica spettanti all'Amministrazione statale dei lavori pubblici ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640. Fin quando duri il sistema instaurato da tali norme, ogni potestà amministrativa in materia, già di spettanza del Ministero dei lavori pubblici, appartiene, dunque, nella Regione Trentino-Alto Adige, alle Province, e non allo Stato.
Orbene, siccome ai sensi dell'art. 1 della legge 640 spetta al Ministero dei lavori pubblici "disporre la costruzione" degli alloggi destinati a soddisfare le esigenze contemplate da quella legge, tale competenza é passata, nel Trentino-Alto Adige, alle Province. Compete ad esse perciò provvedere all'amministrazione (e quindi alla destinazione) dei fondi disponibili a tal fine, anche se, per avventura, si tratti di fondi eccedenti quelli assegnati alle Province ai sensi dell'art. 4 delle norme di attuazione più volte ricordate.
Di conseguenza, la domanda di annullamento dell'atto impugnato, col quale lo Stato ha provveduto per proprio conto a destinare alla utilizzazione nei Comuni di Salorno e Cortina all'Adige fondi da impiegare ai fini della legge 640, deve essere accolta, salva e impregiudicata la competenza del Ministero in ordine alla legittima destinazione delle case costruite.
3. - La domanda di annullamento del contenuto del telegramma ministeriale n. 15279 del 28 novembre 1959 non é invece pertinente, consistendo tale contenuto semplicemente nel rifiuto di dar conoscenza alla Provincia del provvedimento di destinazione di fondi, che poi ha formato oggetto del presente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la competenza della Provincia di Bolzano a disporre circa l'utilizzazione dei fondi destinati alla costruzione di case popolari nell'ambito della Provincia stessa ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640;
annulla, di conseguenza, con le salvezze di cui in motivazione, il provvedimento del Ministero dei lavori pubblici (Dir. gen. edilizia statale e sovvenzionata) di cui al foglio 8 maggio 1959, n. 9013, col quale si destinavano alla utilizzazione nei Comuni di Salorno e Cortina all'Adige fondi per la costruzione di case popolari ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1960.
Tomaso PERASSI - Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 1960.