SENTENZA N. 46
ANNO 1960
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. GAETANO AZZARITI
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. TOMASO PERASSI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale del decreto del C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, concernente il termine di notificazione dell'avviso di accertamento di valore nei trasferimenti di ricchezza, promossi con due ordinanze emesse il 3 e 10 luglio 1958 dalla Commissione provinciale delle imposte dirette e indirette sugli affari di Ragusa sui ricorsi proposti, rispettivamente, da Monaco Lorenzo contro l'Ufficio del registro di Ragusa e da Piccione Ignazio Luigi contro l'Ufficio del registro di Scicli, iscritte ai nn. 74 e 75 del Registro ordinanze 1959 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 dell'11 luglio 1959.
Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1960 la relazione del Giudice Tomaso Perassi;
udito il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per l'Amministrazione delle finanze dello Stato e per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
La questione che forma oggetto dei due giudizi, congiuntamente discussi, riguarda la legittimità costituzionale del D.L. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, col quale venne fissato in un anno, ai fini dell'applicazione della legge sul registro, il termine per la notificazione, da parte degli uffici finanziari, dell'avviso di accertamento di maggior valore dei beni trasferiti; termine che l'art. 21 del R. D. 7 agosto 1936, n. 1639, aveva fissato in 180 giorni.
La questione é stata rimessa alla Corte con due ordinanze della Commissione provinciale delle imposte dirette e indirette sugli affari di Ragusa, emesse, rispettivamente, il 3 e 10 luglio 1958.
Chiamata a pronunciarsi su due ricorsi contro accertamenti di valore agli effetti dell'imposta sul registro, notificati oltre il 180 giorno dalla data dei rispettivi atti di trasferimento di immobili, la Commissione ha ritenuto necessario l'esame della Corte costituzionale, "diretto a stabilire se, per effetto dell'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, e particolarmente degli artt. 76 e 77, la mancata presentazione al Parlamento abbia comportato o meno l'inefficacia del D.L. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, ed abbia quindi, automaticamente, ripreso vigore il R. D. 7 agosto 1936, n. 1639, che limita a 180 giorni il termine per la notifica dell'accertamento di valore da parte dell'Ufficio del registro".
Le due ordinanze, debitamente notificate alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicate ai Presidenti delle due Camere, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 164 dell'11 luglio 1959.
In entrambi i giudizi così proposti dinanzi a questa Corte si é costituita l'Amministrazione delle finanze dello Stato ed ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nell'interesse di entrambi questi organi, l'Avvocatura dello Stato chiede che la Corte dichiari infondata la questione di legittimità costituzionale rimessa al suo esame, per i seguenti motivi.
Il D.L. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, rientra fra i provvedimenti legislativi emanati in base all'art. 4 del decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, con il quale fu disposto che fino a quando non sarà entrato in funzione il nuovo Parlamento i provvedimenti aventi forza di legge sono deliberati dal Consiglio dei Ministri, e in base all'art. 3 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, con il quale tali poteri del Governo furono confermati per tutta la durata dell'Assemblea costituente e fino alla convocazione del Parlamento a norma della nuova Costituzione, salvo per le materie costituzionali e per le leggi elettorali e quelle di approvazione dei trattati, le quali sarebbero state deliberate dall'Assemblea costituente. Con la XV disposizione transitoria della Costituzione il decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, fu convertito in legge e la XVII disposizione transitoria richiamò espressamente il decreto luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. Perciò tutti i provvedimenti legislativi emanati in base a questi due decreti restano fuori dell'ambito di applicazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, coi quali non possono venire in contrasto.
Con l'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, fu stabilito che i provvedimenti legislativi deliberati dal Governo in base all'art. 3 dello stesso decreto dovevano essere sottoposti a ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione. Fra i provvedimenti da sottoporre a ratifica rientrava, quindi, anche il D.L. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25. Senonché, contrariamente a quanto si afferma nelle due ordinanze della Commissione delle imposte di Ragusa, che parlano di "mancata presentazione", il decreto impugnato fu presentato per la ratifica al Parlamento entro l'anno dalla prima riunione, e precisamente nella data del 4 maggio 1949. Il decreto impugnato non fu, peraltro, ratificato del Parlamento nella prima legislatura. Fu quindi ripresentato alla Camera nella seconda legislatura, il 19 novembre 1953, e fu ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561.
Senonché il termine fissato nell'art. 6 del decreto luogotenenziale del 1946, rileva l'Avvocatura dello Stato, non riguardava - né poteva riguardare - l'attività del Parlamento. Riguardava soltanto una attività del Governo (presentazione di atti legislativi alle Camere) e, benché non fosse un termine perentorio, fu tuttavia rispettato. Il ritardo delle Camere nel procedere alla ratifica non ha rilevanza e, quindi, l'invalidità o l'inefficacia dell'atto impugnato non può essere sostenuta sotto nessun profilo.
A prova di quanto dedotto circa le date di presentazione e ripresentazione al Parlamento, per la ratifica, del provvedimento legislativo impugnato, l'Avvocatura dello Stato esibisce una comunicazione del Segretario generale della Camera, dr. Piermani, in data 29 aprile 1959.
L'Avvocatura generale dello Stato, in una memoria per il Presidente del Consiglio e per l'Amministrazione delle finanze dello Stato, depositata il 26 maggio 1960, ha svolto le precedenti conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Le due cause, promosse dalla Commissione provinciale delle imposte dirette e indirette sugli affari di Ragusa con le ordinanze indicate in epigrafe e discusse congiuntamente, avendo per oggetto la stessa questione di legittimità costituzionale del decreto del C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, vengono riunite per essere decise con unica sentenza.
2. - Il termine per la notificazione dell'avviso di accertamento d'ufficio dei valori venali di beni trasferiti agli effetti dell'imposta di registro, che era stato fissato in 180 giorni dal decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016), ed elevato temporaneamente ad un anno dalla legge 19 febbraio 1942, n. 133, venne stabilito dal decreto legislativo del C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, in un anno dal pagamento dell'imposta e, nel caso di dilazione regolarmente concessa, dalla data dell'atto di dilazione.
Il decreto del C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, é stato emanato in virtù dei poteri legislativi attribuiti al Governo dall'art. 4 del decreto-legge 25 giugno 1944, n. 151, e dall'art. 3 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. Secondo l'art. 6 di quest'ultimo decreto, i provvedimenti legislativi deliberati dal Consiglio dei Ministri nel periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento a norma della nuova Costituzione dovevano "essere sottoposti alla ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione".
La Commissione provinciale delle imposte dirette ed indirette sugli affari di Ragusa, con le due ordinanze 3 e 10 luglio 1958, ha proposto alla Corte la questione di legittimità costituzionale del decreto del C. P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, prospettando il dubbio se "la mancata presentazione al Parlamento per l'approvazione abbia comportato o meno l'inefficacia" del detto decreto "ed abbia, quindi, automaticamente ripreso vigore il decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, che limita a 180 giorni il termine per la notifica dell'accertamento di valore da parte dell'Ufficio del registro".
La questione della legittimità costituzionale del decreto 21 gennaio 1947, n. 25, é stata sottoposta al giudizio di questa Corte con riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione adducendosi, come unico motivo dell'impugnazione, l'allegata "mancata presentazione" al Parlamento del detto decreto in relazione alla disposizione dell'art. 6 del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98, secondo la quale quel decreto legislativo doveva essere sottoposto a ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione.
Per decidere la questione di legittimità costituzionale così proposta dalla Commissione provinciale di Ragusa é preliminarmente necessario di accertare se si é verificata in fatto la circostanza della mancata presentazione del decreto impugnato al Parlamento, addotta come unico motivo di pretesa illegittimità costituzionale di esso.
Ora il decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, come é attestato da una comunicazione del Segretario generale della Camera dei deputati in data 29 aprile 1959, esibita in giudizio dall'Avvocatura generale dello Stato, e come risulta dagli atti parlamentari, venne presentato insieme con molti altri decreti legislativi alla Camera dei deputati per la ratifica il 4 maggio 1949 (stampato Camera n. 620), e cioè entro l'anno dalla sua entrata in funzione, che ebbe luogo l'8 maggio 1948. Non essendo stato ratificato nel corso della prima legislatura a causa del sopraggiunto scioglimento della Camera, quel decreto venne ripresentato alla nuova Camera il 19 novembre 1953 (stampato Camera n. 377) e ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561 (Gazzetta Ufficiale 25 giugno 1956, n. 156), essendo compreso nella tabella annessa a detta legge nella quale sono indicati i decreti legislativi ratificati con la medesima a norma dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. Ma la circostanza che la ratifica del decreto impugnato, presentato alla Camera dei deputati il 4 maggio 1949, siasi perfezionata solo nel 1956 con la legge 17 aprile 1956, n. 561, non é rilevante agli effetti dell'art. 6 del decreto luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, in quanto questa norma si é limitata a prescrivere l'obbligo per il Governo di presentare al Parlamento per la ratifica i decreti legislativi, da esso emanati, entro l'anno dall'entrata in funzione delle nuove Camere.
In queste condizioni, - a prescindere dalla considerazione che la questione di legittimità costituzionale del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, non può porsi in riferimento agli artt. 76 e 77 della sopravvenuta Costituzione, non essendo stato il detto decreto esercizio di funzione legislativa delegata ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, ma dei poteri legislativi attribuiti al Governo dal decreto-legge 25 giugno 1944, n. 151, e dal decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98 -, la Corte non può che dichiarare non fondata la questione, proposta dalle ordinanze della Commissione provinciale delle imposte di Ragusa, sulla legittimità costituzionale del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunciando con unica sentenza nei giudizi riuniti indicati in epigrafe:
dichiara non fondata la questione, proposta dalla Commissione provinciale delle imposte dirette e indirette sugli affari di Ragusa con le ordinanze 3 e 10 luglio 1958, sulla legittimità costituzionale del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, concernente il termine di notificazione dell'avviso di accertamento di valore nei trasferimenti di ricchezza, in relazione all'art. 6 del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98, ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1960.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.
Depositata in Cancelleria il 30 giugno 1960.