SENTENZA N. 43
ANNO 1959
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del D. P. R. 19 aprile 1958, n. 536, recante modifiche alla circoscrizione territoriale dei Commissariati regionali per la liquidazione degli usi civici, promosso con ordinanza 12 giugno 1958 emessa dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici di Venezia nel procedimento vertente tra il Comune di Trasaghis e le sue frazioni di Trasaghis, Braulins, Alesso, Avasinis, Oncedis e Peonis, iscritta al n. 26 del Registro ordinanze del 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 174 del 19 luglio 1958.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 29 aprile 1959 la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;
udito il vice avvocato generale dello Stato Cesare Arias per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di una vertenza tra il Comune di Trasaghis e le sue frazioni di Trasaghis, Braulins, Alesso, Avasinis, Oncedis e Peonis, in provincia di Belluno, in ordine alla natura demaniale o patrimoniale di vari terreni, il Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici di Venezia, con ordinanza 12 giugno 1958, ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 1958, n. 536, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 giugno 1958) n. 132, con il quale sono state modificate alcune circoscrizioni territoriali dei Commissariati regionali per la liquidazione degli usi civici e in particolare la circoscrizione della provincia di Belluno é stata sottratta al Commissariato di Venezia ed attribuita al Commissariato di Trieste.
L'ordinanza é stata notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica, nonché pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 1958, n. 174.
L'ordinanza prospetta la questione di legittimità costituzionale del citato decreto presidenziale n. 536 in relazione ai seguenti aspetti:
Il decreto presidenziale sarebbe stato emanato in base a una delega disposta in modo specifico dall'art. 25 del R. D. 22 maggio 1924, n. 751, riprodotto all'art. 27 della successiva legge di conversione 16 giugno 1927, n. 1766, riguardante il riordinamento degli usi civici, nonché in base alla delega generale di cui all'art. 1, n. 3, della legge 31 gennaio 1926, n. 100.
In seguito all'entrata in vigore della Costituzione, la delega specifica e la delega generale sarebbero diventate inoperanti, e perché l'art. 97 della Costituzione stessa prescrive che i pubblici uffici devono essere organizzati secondo disposizioni di legge, e perché le leggi di delegazione non sono conformi alle norme degli articoli 76 e 77 della Costituzione.
L'ordinanza poi rileva che con il decreto presidenziale si sarebbe violata la norma contenuta nell'art. 108 della Costituzione che riserva alla legge le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni altra magistratura, in quanto la competenza dei Commissari regionali per la liquidazione degli usi civici, organi con funzioni giurisdizionali, avrebbe dovuto essere stabilita con legge e non con decreto del Governo. In relazione a questo punto inoltre si osserva che il decreto presidenziale impugnato non avrebbe rispettato il principio generale della perpetuatio iurisdictionis e, per l'ordinaria sua breve vacatio, avrebbe reso difficile il completamento degli affari amministrativi pendenti ed interrotto giudizi in corso.
Infine il Commissario per la liquidazione degli usi civici di Venezia ritiene che il decreto presidenziale sia in contrasto con gli articoli 131, 132 e 117 della Costituzione per violazione del principio della ripartizione della Repubblica in Regioni, essendosi assegnata la provincia di Belluno, che appartiene alla Regione del Veneto e fa naturalmente capo a Venezia, al Commissariato con sede a Trieste, città questa che fa parte della Regione Friuli-Venezia Giulia. La variazione della circoscrizione territoriale del Commissariato con sede in Venezia sarebbe stata disposta quindi contro il carattere regionale che l'art. 27 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e le successive modificazioni intesero attribuire ai Commissariati, violando i principi costituzionali relativi alla ripartizione del territorio della Repubblica in Regioni e al potere delle Regioni di emanare norme legislative in materia di usi civici.
Per il Presidente del Consiglio dei Ministri si é costituita l'Avvocatura generale dello Stato, che ha presentato due memorie, rispettivamente in data 6 luglio 1958 e 13 aprile 1959, nelle quali si chiede che le censure di illegittimità costituzionale formulate contro il decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 1958, n. 536, siano dichiarate inammissibili e comunque infondate.
Preliminarmente l'Avvocatura generale dello Stato eccepisce la inammissibilità della questione perché il decreto impugnato sarebbe atto amministrativo e non legislativo. In particolare si afferma che il decreto presidenziale non avrebbe né le caratteristiche esteriori, né la portata sostanziale di una legge delegata o di un decreto legge. Esso non fa riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione, né é stato emanato previa la deliberazione del Consiglio dei Ministri; per il suo contenuto inciderebbe in materia di organizzazione di pubblici servizi. L'attribuzione al Ministero della facoltà di stabilire le circoscrizioni territoriali e le sedi dei Commissariati prevederebbe soltanto atti di esercizio del potere di amministrazione. Mancandovi la menzione che é stato sentito il Consiglio di Stato, il decreto presidenziale non sarebbe neppure un regolamento in senso stretto e formale; se mai potrebbe essere un regolamento per autorizzazione speciale.
Quando l'ordinanza fa appello all'art. 97 della Costituzione per sostenere che la variazione della circoscrizione territoriale doveva essere disposta con legge - prosegue la difesa del Governo - finge che l'atto da sindacare sia una legge o un atto avente forza di legge, riconoscendo per altro che non é tale. In realtà, si aggiunge, l'art. 97, per l'organizzazione dei pubblici servizi, non pone una riserva di legge. Comunque la norma avrebbe carattere programmatico e quindi non inficerebbe la legge 16 giugno 1927, n. 1766, in base alla quale i Commissariati per gli usi civici sono organizzati.
Per quanto riguarda la denunciata violazione dell'art. 108 della Costituzione, l'Avvocatura generale dello Stato rileva che le funzioni giurisdizionali dei Commissariati per la liquidazione degli usi civici sono del tutto secondarie e, rispetto alle funzioni amministrative, hanno carattere strumentale e incidentale. I Commissariati fin dalla loro origine hanno assunto in prevalenza funzioni amministrative.
Infine, il difetto del carattere regionale della variazione disposta dal decreto presidenziale impugnato non concreterebbe una violazione della Costituzione, ma, se mai, ove non si volesse riconoscere una facoltà discrezionale del Governo in proposito, una violazione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, non denunciabile davanti alla Corte costituzionale.
Considerato in diritto
La Corte ritiene fondata l'eccezione sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato di inammissibilità della questione, proposta d'ufficio dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici di Venezia con ordinanza del 12 giugno 1958, sulla legittimità del decreto del Presidente della Repubblica del 19 aprile 1958, n. 536, che, in particolare, ha apportato modifiche alla circoscrizione territoriale del Commissariato di Venezia.
Secondo la norma dell'art. 134 della Costituzione, oggetto del giudizio di legittimità costituzionale può essere soltanto una legge o un atto avente forza di legge.
Ora, nel caso attuale, l'esame della forma del detto decreto é sufficiente per escludere che sia un atto avente forza di legge.
A prescindere dalle questioni relative alla sua connessione con l'art. 27 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, che peraltro attribuisce la competenza a determinare la circoscrizione e la sede di ciascun Commissariato al Ministro per l'economia nazionale e non al Capo dello Stato, sta di fatto che il decreto presidenziale non solo non si richiama all'istituto della delegazione previsto negli articoli 76 e 77 della Costituzione, ma é stato adottato senza la deliberazione del Consiglio dei Ministri, che e necessaria per l'emanazione dei decreti delegati. Deve quindi considerarsi non un decreto delegato avente forza di legge come assume l'ordinanza, ma un atto amministrativo, sottoposto alle impugnative proprie degli atti amministrativi.
Data la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale proposta con l'ordinanza suindicata del Commissario per gli usi civici di Venezia, non vi é luogo ad esaminare i motivi di merito in essa prospettati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione, proposta dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici di Venezia con ordinanza emessa il 12 giugno 1958, sulla legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica del 19 aprile 1958, n. 536, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 4 giugno 1958, n. 132.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1959.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA.
Depositata in cancelleria il 15 luglio 1959.