Sentenza n. 78 del 1958
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SENTENZA N. 78

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Prof. Aldo SANDULLI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621, contenente norme circa il massimo impiego di lavoratori agricoli, promosso con ordinanza 22 gennaio 1957 del Tribunale di Trani nel procedimento civile tra Tondolo Pasquale e la Commissione comunale per la massima occupazione agricola di Minervino Murge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 104 del 20 aprile 1957 e iscritta al n. 40 del Registro ordinanze 1957.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 22 ottobre 1958 la relazione del Giudice Mario Cosatti;

uditi l'avvocato Antonio Putzolu per il Tondolo e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Malinconico per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel giugno 1954 l'esattore comunale di Andria (Bari) eseguì per delega pignoramento mobiliare a carico di Tondolo Pasquale per morosità nel pagamento di somme dovute per mano d'opera assegnatagli dalla Commissione comunale per la massima occupazione agricola di Minervino Murge e non assunta.

Avverso l'esecuzione il Tondolo propose opposizione innanzi al Pretore di Andria e chiese che il Pretore stesso sospendesse l'esecuzione, rimettendo le parti al Tribunale competente per valore e territorio.

Il Pretore, in accoglimento dell'istanza, ordinò la sospensione dell'esecuzione e rimise le parti innanzi al Tribunale di Trani.

Il Tondolo, riassumendo il giudizio, convenne innanzi al detto Tribunale la Commissione comunale per la massima occupazione agricola di Minervino Murge, in persona del Sindaco presidente pro tempore, per sentir dichiarare non dovuti i richiesti pagamenti di mano d'opera agricola. Per la Commissione si costituì il Sindaco.

In corso di istruttoria, la difesa della Commissione eccepì la nullità della citazione per difetto di legittimazione passiva del Sindaco; quella del Tondolo sollevò eccezione di illegittimità costituzionale del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621, contenente norme circa il massimo impiego di lavoratori agricoli, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 41, 42, 44 della Costituzione, chiedendo la sospensione del procedimento e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Si oppose la bCommissione, insistendo sul difetto di legittimazione passiva del Sindaco.

Il Tribunale, con ordinanza 22 gennaio 1957, richiamata una propria sentenza in materia del 1951 e giurisprudenza della Corte di cassazione, ha ritenuto legittimamente istituito il contraddittorio. Passando poi all'esame della fondatezza o meno della proposta questione di legittimità costituzionale del decreto n. 929 del 1947, ha considerato le norme in esso contenute in riferimento agli artt. 38, 41, 42, 44 della Costituzione.

Ha osservato che le norme del ricordato decreto pongono una limitazione all'autonomia contrattuale nei rapporti tra datori di lavoro e lavoratori e possono trovare non pacifico fondamento nelle disposizioni della Costituzione.

Scopo del decreto appare principalmente quello di favorire il massimo impiego di lavoratori agricoli, riducendo la disoccupazione; tal fine involge invero un problema di interesse generale e sembra dubbio che esso possa rientrare nella disciplina della proprietà terriera quale posta dalla Costituzione. Né sembra che il diritto dei lavoratori involontariamente disoccupati ad adeguati mezzi di sussistenza, di cui all'art. 38 della Costituzione, possa trovare tutela limitando l'autonomia contrattuale soltanto nel settore dell'agricoltura; venendo in tal modo a violare il principio della libertà di iniziativa economica fissato nell'art. 41 della Costituzione stessa. Non sembra, infine, che obblighi e vincoli della proprietà terriera siano dagli artt. 42 e 44 della Costituzione previsti in funzione del problema della disoccupazione.

Il Tribunale pertanto ha sospeso il procedimento e ha disposto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.

La detta ordinanza, notificata alle parti il 4 marzo 1957 e il 7 successivo al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere, é stata pubblicata, per disposizione del Presidente di questa Corte ai sensi dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 104 del 20 aprile 1957 e iscritta al n. 40 del Registro ordinanze 1957.

Nel giudizio innanzi a questa Corte il Tondolo si é costituito depositando in cancelleria il 9 maggio 1957 le sue deduzioni, con procura conferita agli avvocati Domenico Pastina e Aldo Dedin con elezione di domicilio in Roma presso quest'ultimo; successivamente il Tondolo ha associato alla propria difesa anche gli avvocati Antonio Putzolu e Odoardo Censi del Foro di Roma.

Nelle predette deduzioni la difesa del Tondolo osserva che il decreto n. 929 del 1947 é in contrasto con i seguenti articoli della Costituzione:

a) con l'art. 38, che, pur riconoscendo il diritto dei lavoratori involontariamente disoccupati a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, fa a tal uopo riferimento ad organi e istituti predisposti dallo Stato, che si concretano in quelle che sogliono qualificarsi assicurazioni sociali; non é quindi legittimo porre a carico di singole aziende agricole l'assistenza a lavoratori agricoli disoccupati.

b) con l'art. 41, che proclama la libertà dell'iniziativa economica privata purché non in contrasto con l'utilità sociale, la sicurezza, la libertà, la dignità umana. Le norme del decreto n. 929 annullano invece ogni facoltà di iniziativa dei conduttori delle aziende agricole in materia di assunzione di mano d'opera, perché i criteri di massimo carico obbligatorio sono stabiliti dai Prefetti e lo svolgimento e l'interruzione del rapporto di lavoro sono sottratti alla volontà dei datori di lavoro.

c) con gli artt. 42 e 44, in quanto il decreto impone gravi oneri alla proprietà terriera di alcune zone, ed anzi di quelle economicamente più depresse, non allo scopo di assicurarne la funzione e l'utilità sociale, di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, ma a quello di favorire il massimo impiego possibile di mano d'opera agricola.

d) con l'art. 23, per il quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Il decreto invece prevede genericamente imposizioni di oneri per effetto di provvedimenti prefettizi e quindi praticamente lascia al criterio discrezionale dell'Amministrazione di individuare province o zone di esse nelle quali il decreto stesso deve anno per anno trovare applicazione.

e) con l'art. 3, perché, violando il principio in esso affermato, crea una disuguaglianza di trattamento tra gli agricoltori di varie province.

Conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare la illegittimità costituzionale del decreto n. 929 del 1947.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'avvocato generale dello Stato, é intervenuto nel presente giudizio con atto depositato in cancelleria il 25 marzo 1957.

L'Avvocatura dello Stato anzitutto solleva eccezione di inammissibilità dell'ordinanza poiché il Tribunale di Trani non avrebbe pregiudizialmente risolto l'eccezione sollevata nel giudizio a quo anche sotto il profilo della legittimazione passiva ad causam del Sindaco presidente della Commissione comunale, né avrebbe esaminato altra eccezione relativa alla competenza del Tribunale adito ai sensi degli artt. 25 Cod. proc. civ. e 6 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato.

Nel merito l'Avvocatura deduce che:

a) il sistema di assunzione di lavoratori agricoli disoccupati, con conseguente limitazione dell'autonomia contrattuale nei rapporti di lavoro, risponde ad una evoluzione della concezione sociale di siffatti rapporti. Tale sistema trova fondamento nell'interesse generale del massimo impiego di lavoratori agricoli ed é informato al concetto di un tipo di proprietà aperta ai bisogni della collettività per incrementare il benessere (art. 42 della Costituzione);

b) non vale osservare che il diritto dei lavoratori, involontariamente disoccupati, ad adeguati mezzi di sussistenza é previsto come onere di carattere generale e che, come tale, non può far carico soltanto su di una particolare categoria di cittadini (art. 38), poiché per risolvere tale problema non si é fatto ricorso a una imposizione pecuniaria ad esclusivo carico dei datori di lavoro, ma ad una prestazione di opera che logicamente deve essere retribuita;

c) né le norme contenute nel decreto n. 929 vengono a violare la libertà dell'iniziativa economica privata (art. 41), perché tale libertà di iniziativa é prevista appunto in funzione di utilità sociale.

L'Avvocatura dello Stato conclude chiedendo che la Corte, ove ritenga di poter superare l'eccezione di inammissibilità, voglia dichiarare non fondata la questione sulla legittimità costituzionale delle norme contenute nel decreto n. 929 del 1947.

In replica alle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, la difesa del Tondolo, con memoria depositata il 31 ottobre 1957, rileva, per quanto riguarda la eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvocatura, che nel giudizio a quo l'unica pregiudiziale posta dalla difesa della Commissione é stata decisa dal Tribunale, che ha riconosciuto la legittimazione passiva del Sindaco quale presidente pro tempore della Commissione, e che in quella sede non era stata proposta alcuna eccezione di incompetenza.

Nel merito la difesa, dopo aver insistito sul rilievo che il decreto n. 929 ha finalità contingenti proprie dell'eccezionale momento storico-politico nel quale fu emanato onde tende a favorire il massimo impiego possibile di lavoratori agricoli e non a favorire la produzione, ribadisce, con richiami giurisprudenziali, argomentazioni in riferimento agli artt. 23, 38, 41, 44 e 3 della Costituzione.

L'Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 31 ottobre 1957, si rimette al giudizio della Corte per l'eccezione pregiudiziale e svolge le deduzioni contenute nell'atto di intervento, confermando le sue conclusioni.

Nell'udienza del 13 novembre 1957, udita la relazione del Giudice Cosatti, gli avvocati Aldo Dedin e Antonio Putzolu per il Tondolo e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Malinconico per il Presidente del Consiglio dei Ministri hanno illustrato le tesi e le conclusioni enunciate negli scritti difensivi.

La Corte costituzionale, con ordinanza n. 128 del 28 novembre 1957, ha ritenuto che prima di esaminare le questioni della causa fosse opportuno acquisire elementi circa i luoghi, i modi e i risultati della concreta applicazione del decreto legislativo n. 929 del 1947 e ha ordinato che tali elementi fossero forniti, con riferimento alle rispettive competenze, dal Ministero dell'agricoltura e foreste e dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

I predetti Ministeri hanno rispettivamente trasmesso alla Corte le relazioni n. 5444 del 29 marzo 1958 e n. 67264/16-371 del 1 aprile 1958 con allegati prospetti in materia; documenti che sono stati depositati in cancelleria.

La difesa del Tondolo ha depositato il 9 ottobre 1958 deduzioni aggiuntive, nelle quali trae dall'esame degli elementi di cui sopra conferma dei denunziati vizi di illegittimità costituzionale delle norme contenute nel decreto n. 929; l'imponibile di mano d'opera, a dire della difesa, si risolverebbe essenzialmente in un aggravio per le aziende agricole senza alcun corrispondente apporto produttivo.

L'Avvocatura dello Stato ha, a sua volta, depositato l'8 ottobre 1958 "osservazioni" con le quali sostiene che le norme del decreto sono state in concreto applicate in conformità degli scopi che intendevano perseguire, e cioè incrementare lo sviluppo dell'economia agricola e alleviare la disoccupazione dei lavoratori di tale settore, e che esse sono state applicate nei luoghi ove concorrevano i due presupposti: possibilità di maggiore produttività dei fondi, sia pure intesa in senso economico-sociale, ed esistenza di lavoratori agricoli disoccupati.

Nell'udienza del 22 ottobre 1958 l'avv. Putzolu e il sostituto avvocato generale dello Stato Malinconico si sono riportati alle memorie scritte.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'Avvocatura generale dello Stato ha sollevato eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell'ordinanza di rimessione 22 gennaio 1957 del Tribunale di Trani, deducendo che con la stessa il Tribunale non sì é compiutamente pronunciato su due questioni pregiudiziali relative l'una al difetto di legittimazione passiva del Sindaco di Minervino Murge quale presidente pro timore della Commissione comunale per la massima occupazione agricola, l'altra alla competenza del Tribunale medesimo.

Il Tribunale ha ritenuto di risolvere con la citata ordinanza la prima questione, espressamente pronunciando su di essa e facendo anche riferimento ad una precedente sua sentenza. La seconda questione, invero, non é stata in quella sede proposta dalla Commissione comunale; comunque essa verrebbe ad essere implicitamente risolta dalla pronuncia emessa sulla prima questione.

Pertanto la pregiudiziale - per la quale l'Avvocatura dello Stato nella memoria depositata il 31 ottobre 1957 si é rimessa al giudizio di questa Corte senza insistervi nella discussione orale - deve essere disattesa.

2. - Con l'ordinanza 22 gennaio 1957 il Tribunale di Trani propone la questione di legittimità costituzionale non già di alcune norme contenute nel decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621, ma dell'intero decreto.

Ritiene questa Corte - come già in precedenti giudizi - di impostare il suo esame sul decreto n. 929 nel suo complesso, poiché trattasi di norme intimamente collegate le une con le altre, onde, ai fini del presente giudizio, non é dato enucleare singole disposizioni, ma tutte devono essere considerate e valutate nel loro insieme in ordine al sistema che esse pongono ed attuano.

3. - Non é anzitutto inopportuno brevemente tratteggiare il contenuto delle norme del decreto n. 929.

Per l'art. 1, "al fine di favorire il massimo impiego possibile di lavoratori agricoli", il Prefetto ha facoltà di prendere l'iniziativa affinché in tutta la provincia o in singole zone o in determinati comuni di essa, in cui particolarmente grave si manifesti la disoccupazione, possa trovare applicazione il decreto n. 929.

A tale scopo il Prefetto, previo parere favorevole della Commissione centrale per la massima occupazione in agricoltura costituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, stabilisce con proprio decreto "l'obbligo per i conduttori a qualsiasi titolo di aziende agrarie o boschive di assumere la mano d'opera da adibirsi nell'annata agricola o durante le singole stagioni di essa alla coltivazione, alla manutenzione ordinaria o straordinaria dei fondi, delle vie di accesso e delle piantagioni nonché all'allevamento di bestiame".

Il decreto prefettizio - sulla base delle proposte e dei criteri enunciati dalla Commissione provinciale sotto indicata - precisa il massimo carico obbligatorio di giornate lavorative per ettaro-coltura da imporsi alle categorie suddette ed i criteri per la determinazione del numero delle unità lavorative disoccupate da assegnare ad ogni azienda entro il limite del carico predetto.

All'uopo nelle province, per le quali la Commissione centrale ha espresso parere favorevole, vengono costituite la Commissione provinciale, a cura del Prefetto, presso l'Ufficio provinciale del lavoro e la Commissione comunale per iniziativa dell'Ufficio provinciale del lavoro (ove i disoccupati agricoli superino il numero di cinquanta).

Compiti essenziali della Commissione provinciale: stabilire i criteri in base ai quali la Commissione comunale deve predisporre gli elenchi qui di seguito precisati; proporre al Prefetto, sulla base degli elenchi stessi, i provvedimenti da adottarsi a termini del decreto n. 929.

La Commissione comunale compila gli elenchi dei lavoratori agricoli disoccupati, ripartendoli per gruppi di specializzazione, e gli elenchi delle aziende agricole con indicazione della superficie, qualità delle colture, forme di conduzione e numero dei lavoratori stabilmente occupati nelle aziende medesime.

La Commissione comunale, infine, cura l'applicazione del decreto prefettizio, assegnando nominativamente i lavoratori disoccupati alle varie aziende.

Per la misura delle retribuzioni dovute dai conduttori di aziende ai lavoratori loro assegnati si applicano gli accordi sindacali o, in mancanza, le tariffe locali vigenti. I conduttori di aziende che si rendano, in tutto o in parte, inadempienti all'obbligo dell'assunzione della mano d'opera sono tenuti a versare, oltre l'equivalente delle mancate retribuzioni, una penale pari alla metà dell'importo di esse; la Commissione comunale compila mensilmente il ruolo dei conduttori inadempienti, che, reso esecutivo dal Prefetto, é rimesso all'esattore comunale per la riscossione.

4. - Come é noto l'imponibile di mano d'opera ebbe prima origine in contratti collettivi, con i quali le associazioni sindacali degli agricoltori, in alcune regioni, si impegnavano verso quelle dei lavoratori all'assunzione di un certo contingente di prestatori d'opera. In località ove più pressante e preoccupante si presentava il problema della disoccupazione e in pari tempo mancavano relative clausole nei contratti collettivi, intervenivano i Prefetti con provvedimenti adottati in base all'art. 19 del T.U. della legge comunale e provinciale; provvedimenti nella competente sede dichiarati illegittimi.

In tale stato di cose fu predisposto ed emanato il decreto n. 929 del 1947.

5. - Osserva la Corte che il sistema attuato con le norme contenute nel decreto si muove attraverso poteri di ampia discrezionalità dall'iniziativa del Prefetto per provocare il parere della Commissione centrale ai compiti della Commissione provinciale, poiché il decreto, riferendosi con generica formulazione alle province o zone in cui particolarmente grave si manifesti la disoccupazione, non pone condizioni e criteri determinati per l'esercizio delle facoltà nelle quali si concreta l'imponibile di mano d'opera.

Nel decreto é testualmente indicato un solo fine: "favorire il massimo impiego possibile di lavoratori agricoli". L'incremento della produzione può discendere come conseguenza, ma tale scopo non é direttamente ed espressamente prospettato nelle norme in esame.

Esse - attraverso il decreto del Prefetto, le proposte e i criteri formulati dalla Commissione provinciale, gli elenchi delle aziende e dei lavoratori agricoli predisposti dalla Commissione comunale - sostanzialmente impongono "l'obbligo per i conduttori a qualsiasi titolo di aziende agrarie o boschive di assumere la mano d'opera da adibirsi nell'annata agricola o durante le singole stagioni di essa alla coltivazione e alla manutenzione ordinaria o straordinaria dei fondi".

Non é al riguardo superfluo rilevare che, mentre l'Avvocatura dello Stato nelle "osservazioni" depositate l'8 ottobre 1958 pone come presupposti per l'applicazione del decreto l'esistenza di mano d'opera disoccupata e la possibilità di una maggiore produttività dei fondi, intesa in senso economico- sociale e cioè proiettata anche nel futuro in quanto sono previsti lavori di manutenzione straordinaria, la competente Amministrazione, nel dettare direttive per l'applicazione del decreto stesso (particolareggiata circolare dell'1 ottobre 1947 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, acquisita agli atti del giudizio in seguito alla richiesta di elementi di cui all'ordinanza della Corte n. 128 del 1957) precisa che "nella dizione manutenzione straordinaria non debbono intendersi compresi i lavori di trasformazione o miglioramento fondiario, bensì quelli diretti a ripristinare uno stato preesistente che il naturale deperimento o uno straordinario evento abbiano alterato".

6. - L'ordinanza del Tribunale di Trani ha proposto la questione di legittimità costituzionale del decreto n. 929 in riferimento agli artt. 38, 41, 42 e 44 della Costituzione.

In primo luogo la Corte esamina la questione in riferimento all'art. 41, poiché reputa che tale indagine fornisca argomenti assorbenti e risolutivi.

Statuisce l'art. 41: "L'iniziativa economica privata é libera". Nella locuzione "iniziativa economica" devono comprendersi le attività di operatori non solo dirette a creare e costituire un'azienda, ma anche inerenti alla vita e allo svolgimento di essa; né vi é alcuna ragione per non comprendere nel disposto costituzionale le attività aziendali, intese nel senso indicato, proprie del settore dell'agricoltura.

L'iniziativa economica in questo settore tende a regolare l'azienda in modo che - valutate, con i sussidi della scienza, della tecnica e dell'esperienza, la natura del terreno e le possibilità di rendimento - venga nell'azienda stessa impiegata mano d'opera che per numero, qualità, specializzazione, operosità il conduttore ritenga necessaria e idonea al raggiungimento dei fini economici prefissi.

Ora, il decreto viene a gravemente interferire e incidere sulla personale iniziativa dell'operatore agricolo; la libera valutazione e conseguente autodeterminazione in ordine a quelli che, a suo giudizio, possono essere gli adeguati elementi per dimensionare l'azienda e provvedere alla sua interna organizzazione sono notevolmente turbate o sostituite da immissione, nel complesso equilibrio dell'azienda, di elementi non richiesti, spesso non ritenuti idonei.

A prescindere da ogni indagine, che qui non appare necessaria, sulla natura giuridica del sistema dell'imponibile di mano d'opera, certo é che il conduttore - ancorché di azienda assai modesta - viene obbligato all'assunzione di prestatori d'opera e all'esborso dell'importo delle relative retribuzioni maggiorate di una penale qualora egli non intenda usufruire dell'opera di tali lavoratori.

Né ritiene la Corte che nel secondo e nel terzo comma dell'art. 41 possa rinvenirsi giustificazione, sempre dal punto di vista della legittimità costituzionale, del sistema attuato col decreto n. 929.

Nel secondo comma sono posti limiti di ordine negativo alla libera iniziativa privata: essa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale in senso collettivo, essa non può comunque recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (attività nocive alla sanità e incolumità dei cittadini o che importino umiliazione o sfruttamento dei lavoratori).

Dispone il terzo comma del citato articolo che siano determinati programmi e controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Non gioverebbe, a sostegno di tesi opposta a quella che viene dalla Corte accolta nella presente sentenza, invocare la locuzione costituzionale per ravvisare in essa l'ammissibilità di una compressione dell'iniziativa economica privata così penetrante da dar fondamento al sistema dell'imponibile di mano d'opera. Nel terzo comma, invero, la Corte ravvisa possibilità di norme idonee a delineare, da un punto di vista della generale utilità, programmi di retti a stimolare, indirizzare, coordinare l'attività economica al fine di dare effettivo incremento alla produzione, agganciandosi eventualmente anche a nuove risorse offerte dal mercato internazionale, e di creare, come é auspicabile, una situazione tale che possa naturalmente determinare fruttuoso assorbimento di mano d'opera.

Non può pertanto la Corte riconoscere la legittimità di norme le quali, anziché informate a una generale visione nelle prospettate direzioni, siano congegnate in modo da interferire nell'attività economica di singoli operatori, turbando e comprimendo quell'iniziativa privata che é garantita dal primo comma dello stesso articolo. L'obbligo imposto ad operatori di assumere prestatori d'opera anche contro la valutazione da essi fatta della organizzazione della propria azienda resta estraneo al disposto del terzo comma e non può inquadrarsi nelle provvidenze di ordine generale ivi previste.

7. - Nell'ordinanza di rimessione é fatto riferimento anche agli articoli 42 e 44 della Costituzione.

La Corte ritiene che neppure nel disposto di tali articoli il sistema dell'imponibile di mano d'opera possa trovare fondamento. Mentre il secondo comma dell'art. 42 prevede limiti alla proprietà privata - riconosciuta e garantita dal comma medesimo - allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti, l'art. 44, relativo in particolare alla proprietà terriera privata, prevede, al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, norme legislative che impongano obblighi e vincoli, limiti, bonifica delle terre, trasformazione del latifondo, ricostituzione delle unità produttive, aiuti alla piccola e media proprietà. Razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali sono quindi i fini essenziali cui le norme legislative devono informarsi e tendere per promuovere il massimo rendimento delle terre e insieme disciplinare con equità i rapporti inerenti alla armonica e solidale collaborazione tra i vari soggetti che concorrono alla realizzazione del ciclo produttivo; onde manifesto appare che da tali fini esula un sistema diretto a imporre obbligatoria assunzione di mano d'opera a carico di singoli conduttori di singole aziende agricole.

8. - Nell'ordinanza del giudice a quo é fatto, infine, riferimento all'art. 38.

Pur apparendo superfluo proseguire nell'indagine sotto altri profili dopo i risultati cui il Collegio é pervenuto con le argomentazioni sopra enunciate, rileva la Corte che anche dal riferimento all'art. 38 é dato trarre conferma del suo convincimento.

Le norme in esame non possono inquadrarsi neppure nel disposto del richiamato articolo e trovare in esso fondamento costituzionale.

L'art. 38 nell'ultimo suo comma dichiara libera l'assistenza privata; nei precedenti commi statuisce in ordine a forme di assistenza in favore di cittadini sprovvisti di mezzi necessari per vivere, in quanto inabili al lavoro, e di educazione e di avviamento professionale, in favore di inabili e minorati, e a forme di previdenza e assicurazione in favore dei lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria: "Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato" (comma quarto).

Trattasi pertanto di forme di assistenza e previdenza poste quale compito e onere della collettività e non già di singoli o di gruppi e categorie di cittadini; anche per quanto riguarda la disoccupazione involontaria, le provvidenze in parola devono riportarsi agli schemi di assistenza sociale nel suo significato storico e tecnico.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinge l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato;

dichiara la illegittimità costituzionale delle norme contenute nel decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621, in riferimento agli articoli 38, 41, 42, 44 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI -Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Aldo SANDULLI 

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1958.