Sentenza n. 39 del 1958
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SENTENZA N. 39

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Tomaso PERASSI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Prof. Aldo SANDULLI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 16 giugno 1938, n. 851, promosso con ordinanza 20 luglio 1957 del Pretore di Lucca emessa nel procedimento penale a carico di Stefani Ernesto, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 254 del 12 ottobre 1957 ed iscritta al n. 83 del Registro ordinanze 1957.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 30 aprile 1958 la relazione del Giudice Francesco Pantaleo Gabrieli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Achille Salerni per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale davanti al Pretore di Lucca, in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, Stefani Ernesto era chiamato a rispondere della contravvenzione preveduta dagli artt. 81 cpv. Cod. pen., 13 e 16 legge 16 giugno 1938, n. 851, in relazione al decreto prefettizio n. 19863 del 16 luglio 1954, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, venduto in Viareggio il 5 e l'11 agosto 1955 latte non di pertinenza della "centrale del latte" di detta città.

La difesa dell'imputato, nel dibattimento celebrato il 20 luglio 1957, presentava richiesta di sospensione del procedimento, assumendo la illegittimità costituzionale della legge 16 giugno 1938, n. 851, riguardante l'impianto e il funzionamento delle "centrali del latte". Questa legge, presupponendo una organizzazione corporativa statale ormai cessata, dovrebbe ritenersi abrogata in virtù dell'art. 41 della Costituzione il quale sancisce che l'iniziativa economica privata é libera.

Il Pretore, con ordinanza del 20 luglio 1957, "ritenuto che il giudizio non poteva essere definito indipendentemente dalla risoluzione di tale questione di legittimità costituzionale; che la questione sollevata non appariva manifestamente infondata in considerazione del contrasto fra la norma costituzionale di cui al citato art. 41 della Costituzione e le disposizioni della legge 16 giugno 1938, n. 851, sospendeva il giudizio in corso disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza é stata comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato il 27 luglio 1957, notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 30 luglio 1957 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 12 ottobre 1957, n. 254.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto nel presente giudizio con atto depositato il 19 agosto 1957.

Nel suo atto d'intervento l'Avvocatura dello Stato così concludeva: "Piaccia alla Eccellentissima Corte: dichiarare non essere luogo a giudizio di legittimità costituzionale della questione sollevata incidentalmente dal Pretore di Lucca con ordinanza del 20 luglio 1957 nel procedimento penale a carico di Stefani Ernesto.

"In via subordinata: dichiarare non fondata la questione medesima, come sopra proposta con la citata ordinanza 20 luglio 1957 in ordine alla legittimità costituzionale delle norme contenute nella legge 16 giugno 1938, n. 851, per l'impianto e il funzionamento delle "centrali del latte" in riferimento all'art. 41 della Costituzione".

Il ricorrente non si é costituito.

Nell'udienza del 30 aprile 1958 la difesa dello Stato ha illustrato le Precedenti deduzioni.

 

Considerato in diritto

 

Il Pretore di Lucca fa consistere la questione di legittimità costituzionale nel contrasto fra le disposizioni della legge 16 giugno 1938, n. 851, e la norma dell'art. 41, primo comma della Costituzione, secondo la quale "l'iniziativa economica privata é libera". Con questo principio sarebbe incompatibile la disciplina sulla organizzazione e sul funzionamento delle "centrali del latte", contenuto nella citata legge n. 851, perché uniformata all'ordinamento corporativo dello Stato non più in vigore.

Questa impostazione della questione di legittimità costituzionale, poiché investe l'intero sistema della legge del 1938, fa dubitare che l'ordinanza di rinvio abbia identificato sufficientemente la questione di costituzionalità. Infatti le varie disposizioni della legge, che sostanzialmente riguardano la fase organizzativa ed il momento funzionale delle "centrali del latte", non sono omogenee né tutte riconducibili ad un unico principio, cioè all'ordinamento corporativo che si assume costituisca il presupposto dell'intera legge del 1938. Ne consegue che l'indiscriminata loro denunzia da un lato genera incertezza sull'oggetto stesso del giudizio di legittimità costituzionale, dall'altro pone in evidenza l'omissione completa della valutazione della rilevanza della questione rimessa alla Corte, rispetto al giudizio principale, che la legge prescrive, stabilendo che il provvedimento di rinvio deve essere disposto dall'autorità giudiziaria, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione costituzionale (art. 23, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87).

L'obbligo di indicare le norme viziate di illegittimità costituzionale trova giustificazione nella esigenza di stabilire i limiti oggettivi dei giudizi in questa sede, la cui formula terminativa, nel caso in cui la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata fondata, deve contenere una dichiarazione di incostituzionalità di norme ben determinate (artt. 23, primo comma, lett. a, legge 11 marzo 1953, n. 87; 134 della Costituzione).

Tale obbligo del giudice a quo, anche se può a volte ritenersi soddisfatto per altra via che non sia quella della precisa indicazione delle norme sospettate di incostituzionalità, non può considerarsi, nel caso, assolto con la denunzia d'incostituzionalità dell'intero testo della legge n. 851, sotto il profilo generico che sia inspirato al cessato regime corporativo e, perciò, in contrasto col principio della libera iniziativa economica enunciato dall'art. 41, primo comma, della Costituzione.

Pertanto, ai fini del presente giudizio, occorre indicare quali disposizioni della legge 16 giugno 1938, n. 851, si ritengono viziate d'incostituzionalità; nonché procedere a nuova valutazione del rapporto di rilevanza fra la questione di legittimità costituzionale e il giudizio sulla controversia principale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

ordina che gli atti siano restituiti al Pretore di Lucca.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 giugno 1958.

 

Tomaso PERASSI - Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Aldo SANDULLI

 

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1958.