SENTENZA N. 4
ANNO 1958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Mario BRACCI
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 10 aprile 1954, n. 125, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 1955, n. 1269, promosso con l'ordinanza 14 gennaio 1957 del Pretore di Fossano emessa nel procedimento civile vertente tra la ditta Sardo e Borello e Giordana Giovanni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 71 del 16 marzo 1957 ed iscritta al n. 30 del Registro ordinanze 1957.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 27 novembre 1957 la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;
uditi gli avvocati Costantino Mortati ed Ettore Salamena per la ditta Sardo e Borello e il sostituto avvocato generale dello Stato Achille Salerni per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
La ditta Sardo e Borello con atto di citazione 10 febbraio 1956, convenne in giudizio Giordana Giovanni per sentirlo condannare al pagamento della somma di lire 45.257 corrispondente al prezzo pattuito di kg. 76,50 di formaggio "Fontina" consegnati allo stesso Giordana il giorno 5 gennaio 1956.
Il Giordana chiese per contro la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, avendo la venditrice violato gravemente le norme sulla esecuzione dei contratti (art. 1375 Cod. civ.); rilevò il Giordana che la venditrice invece di consegnargli il formaggio che in ogni tempo potesse essere pacificamente smerciato col nome "Fontina", il 5 gennaio 1956 gli aveva consegnato maliziosamente formaggio, per il quale, fino a quel giorno, quel nome poteva essere usato legittimamente perché aveva tutti i requisiti voluti dall'allegato B alla legge 10 aprile 1954, n. 125, ma che a decorrere dal giorno successivo, e cioè proprio dal giorno in cui il compratore avrebbe potuto praticamente cominciare a farne commercio, non poteva più essere denominato "Fontina", perché, come é pacificamente ammesso dalle parti, non era stato prodotto nel territorio della Regione autonoma della Valle d'Aosta e non possedeva le caratteristiche fissate col D. P. 30 ottobre 1955, n. 1269, emanato in base all'art. 3 della suddetta legge 10 aprile 1954, e entrato in vigore appunto il 5 gennaio 1956.
La ditta Sardo e Borello replicò sostenendo, tra l'altro, la inapplicabilità delle norme con le quali il nome "Fontina", già incluso tra le denominazioni tipiche, era stato trasferito tra le denominazioni di origine e riservato ai soli formaggi prodotti nella Regione autonoma della Valle d'Aosta, con requisiti esclusivi di quella produzione, e sollevò la questione di legittimità costituzionale.
Con ordinanza del 14 gennaio 1957 il Pretore di Fossano ha proposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 10 aprile 1954, n. 125, e del decreto del Presidente della Repubblica del 30 ottobre 1955, n. 1269, e pertanto ha disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Nell'ordinanza si dice che l'art. 3 della legge suddetta "ha violato l'art. 70 in relazione all'art. 76 e al primo comma dell'articolo 92 della Costituzione, perché con esso fu delegata ad un organo diverso da quello voluto dalla norma costituzionale (Governo) una vera e propria funzione legislativa, se, come si rileva dalla lettera della disposizione di delega, il legislatore abbia voluto che la funzione delegata fosse esercitata con atto regolamentare di semplice esecuzione".
E che la materia dovesse essere oggetto di riserva legislativa viene dedotto dall'ordinanza da due ordini di considerazioni:
a) il riconoscimento delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi, disciplinando e limitando la libertà di iniziativa nel campo industriale e commerciale o addirittura impedendo l'uso di denominazioni che già facevano parte del patrimonio di aziende industriali e commerciali, non può essere dato che con una legge "a mente degli artt. 41 e 42 in relazione all'art. 25 della Carta costituzionale";
b) la funzione conferita dal citato art. 3, comportando profonde e sostanziali modificazioni dello stato giuridico e di fatto già esistente, non poteva essere che una vera e propria funzione di delega legislativa.
Dalla illegittimità costituzionale dell'art. 3 della legge n. 125 discenderebbe la invalidità del D. P. 30 ottobre 1955, n. 1269.
L'ordinanza considera infine, in via di mera ipotesi non attendibile, che anche se si ritenga che con l'art. 3 la legge n. 125 abbia voluto stabilire una delega legislativa, in tal caso il D. P. n. 1269 dovrebbe ritenersi inficiato da incostituzionalità perché emanato da organo incompetente ad esercitare la delega.
L'ordinanza é stata ritualmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento nonché pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 16 marzo 1957.
Nel giudizio promosso da detta ordinanza si é costituita solo la ditta Sardo e Borello, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocato generale dello Stato.
Nell'atto di intervento dell'11 febbraio 1957 l'Avvocatura dello Stato deduce l'insussistenza, in concreto, di questione di legittimità costituzionale, e, comunque, la mancanza di fondamento della questione medesima. In via principale la difesa dello Stato assume che occorre accertare se l'attività prevista dall'art. 3 della legge 10 aprile 1954, n. 125, ed esercitata col D. P. 30 ottobre 1955, n. 1269, costituisca lo svolgimento di una funzione legislativa delegata o se non risponda piuttosto all'adempimento di una funzione esecutiva e più specificamente amministrativa; e sostiene che il riconoscimento delle denominazioni di origine e tipiche dei singoli formaggi - implicando una serie di verifiche di apprezzamenti e di valutazioni in relazione a casi o fatti concreti - non può che integrare un'attività di carattere amministrativo.
In via subordinata la difesa dello Stato assume che, anche quando nell'art. 3 della legge n. 125 del 1954, volesse ravvisarsi una ipotesi di delegazione legislativa, la prospettata questione di legittimità costituzionale dovrebbe dichiararsi priva di fondamento, perché la emanazione del decreto da parte del Presidente della Repubblica non può fare dubitare che l'attuazione della delega riguardi il Governo nella sua unità; assume infine che la legge 10 aprile 1954, n. 125, é stata emanata nello spirito dell'art. 41 della Costituzione, avendo determinato "i programmi e i controlli opportuni" affinché l'iniziativa privata in materia di produzione e di commercio dei formaggi fosse indirizzata e coordinata con l'attività economica pubblica intervenuta "a fini sociali" nella tutela della produzione medesima e nella determinazione delle origini e dei tipi dei vari formaggi.
Con le deduzioni del 4 aprile 1957 la difesa della ditta Sardo e Borello sostiene la fondatezza della incostituzionalità denunciata sotto molteplici aspetti:
1) violazione da parte dell'art. 3 della legge n. 125 del 1954 del principio della riserva di legge affermato nell'art. 41 della Costituzione, per avere demandato la determinazione dei limiti e degli obblighi correlativi da imporre all'esercizio delle attività di produzione e vendita di formaggi al Presidente della Repubblica nella sua qualità di organo di emanazione dei regolamenti;
2) ove si dovesse interpretare l'art. 3 citato nel senso di fonte di potere legislativo delegato, la censura di incostituzionalità dovrebbe essere rivolta al D. P. n. 1269 del 1955 perché affetto: da incompetenza per mancato intervento della deliberazione del Consiglio dei Ministri, dalla mancanza di un termine finale per l'esercizio del potere delegato, dalla emanazione tardiva del decreto delegato;
3) violazione del principio costituzionale che impone la corresponsione di una indennità in tutti i casi di espropriazione sia totale che parziale di diritti soggettivi con contenuto patrimoniale;
4) violazione del principio costituzionale dell'adattamento automatico del diritto interno a quello internazionale per essere le norme in contestazione (ed eventualmente anche l'art. 15 della legge n. 125, se si dovesse ritenere che abbia inteso limitare l'osservanza degli accordi solo a un periodo determinato) in contrasto con gli obblighi assunti dallo Stato con la stipulazione dell'accordo di Stresa e con la successiva esecutorietà data ad esso;
5) se si dovesse ritenere che le norme denunciate non incidono sull'osservanza degli obblighi internazionali in quanto si rivolgono soltanto ai produttori e commercianti italiani, allora l'incostituzionalità si presenterebbe sotto il profilo della violazione del principio dell'uguaglianza di trattamento di fronte alla legge stabilito dall'art. 3 della Costituzione nei rapporti fra i cittadini, e da valere con più forte ragione in quelli fra costoro e gli stranieri.
Successivamente la difesa della ditta Sardo e Borello e l'Avvocatura dello Stato hanno presentato memorie nelle quali ribadiscono ed ampiamente illustrano le precedenti rispettive tesi e conclusioni.
Considerato in diritto
La Corte ritiene che sono infondati i motivi addotti nell'ordinanza del 14 gennaio 1957 del Pretore di Fossano, e largamente illustrati dalla difesa della ditta Sardo e Borello, in ordine alla questione della legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 10 aprile 1954, n. 125, col quale si dispone che al "riconoscimento" delle "denominazioni di origine e relative zone di produzione nonché delle denominazioni tipiche dei formaggi" si debba procedere con decreto del Presidente della Repubblica, emesso nel termine di diciotto mesi (così modificato con la legge 5 gennaio 1955, n. 5) su proposta del Ministro dell'agricoltura e foreste, di concerto con il Ministro dell'industria e commercio, sentito il Comitato previsto dall'art. 4.
Nell'ordinanza é testualmente detto che con l'art. 3 "é stato violato l'art. 70 in relazione all'art. 76 e al primo comma dell'art. 92 della Costituzione, perché con esso fu delegata ad un organo di - verso da quello voluto dalla norma costituzionale (Governo) una vera e propria funzione legislativa, se, come si rileva dalla lettera della disposizione di delega, il legislatore abbia voluto che la funzione delegata fosse esercitata con atto regolamentare di semplice esecuzione".
Si deve anzitutto osservare che é da escludere che il legislatore abbia voluto, con l'art. 3, conferire una funzione di delega legislativa; perché, se lo avesse voluto, avrebbe fatto riferimento al procedimento prescritto per la emanazione dei decreti delegati. Non si può attribuire al legislatore una volontà contraria a quella che ha manifestato.
Come risulta dal suo testo, e come sarà ancora chiarito dal raffronto che verrà fatto appresso col testo di altri articoli della stessa legge, l'art. 3 non é inteso al regolamento di alcun rapporto intersubiettivo e non mette in essere alcuna norma giuridica, ma prevede l'accertamento di determinate situazioni di fatto, sulla base di norme sostanziali che sono dettate nei precedenti articoli 1 e 2.
L'art. 3 dispone che con decreto del Presidente della Repubblica si provvederà a "riconoscere le denominazioni di origine e relative zone di produzione nonché le denominazioni tipiche dei formaggi" e a fissare "le caratteristiche merceologiche dei singoli formaggi con denominazione di origine e tipica riconosciuta e tutelata, ed i relativi metodi di lavorazione in uso per la produzione dei formaggi medesimi". E si dovrà provvedere altresì all'accertamento degli "usi leali e costanti", a cui fa riferimento l'art. 2 in riguardo ad ambedue le denominazioni dei formaggi.
Ora, data la varietà e particolarità dei dati da accertare e la natura tecnica dei rilevamenti e delle valutazioni, appare evidente che si tratta di funzione, che é di natura non legislativa, ma amministrativa, e che rientra quindi nella competenza propria del potere esecutivo.
L'art. 3 della legge del 10 aprile 1954, n. 125, non prevede a dunque l'emanazione di un decreto legislativo, sibbene amministrativo, e pertanto non viola le norme degli artt. 70, 76 e 92, primo comma, della Costituzione.
La Corte ritiene che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 non é fondata nemmeno sotto l'altro profilo prospettato nell'ordinanza del Pretore di Fossano e largamente illustrato dalla difesa della ditta Sardo e Borello, che esso art. 3, avendo previsto che con semplice decreto, sia pur del Presidente della Repubblica, si potesse procedere al "riconoscimento delle denominazioni di origine e delle relative zone di produzione... dei formaggi", avrebbe violato le norme degli artt. 41 e 42 in relazione all'art. 25 della Carta costituzionale", che riservano alla legge ogni disposizione diretta a limitare e ad impedire la iniziativa economica privata e l'esercizio della proprietà privata, o, infine, l'espropriazione della proprietà medesima".
Ma anche questo assunto é infondato, perché le norme che regolano la materia dal punto di vista sostanziale, e che potrebbero perciò incidere sui principi degli artt. 41 e 42 della Costituzione, sono dettate non nell'art. 3 della legge n. 125, che ha carattere di norma strumentale per l'esecuzione delle "norme della presente legge", sibbene in altri articoli della stessa legge, e principalmente negli artt. 1 e 2, che non sono impugnati, ma che conviene esaminare per avere presente il sistema della legge e mettere ancora più chiaramente in rilievo il contenuto e il carattere dell'art. 3.
Il principio della distinzione e tutela delle denominazioni dei formaggi e della conseguenziale incidenza con la garanzia dei diritti di cui agli artt. 41 e 42 della Costituzione, é affermato nell'art. 1: "L'uso delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi é consentito e tutelato secondo le disposizioni della presente legge".
L'art. 2 si occupa in modo specifico delle due categorie di formaggi: "Sono riconosciute agli effetti della presente legge come ' denominazioni di origine ', le denominazioni relative ai formaggi prodotti in zone geograficamente delimitate osservando usi locali leali e costanti, e le cui caratteristiche merceologiche derivano prevalentemente dalle condizioni proprie dell'ambiente di produzione. Sono riconosciute come ' denominazioni tipiche ' quelle relative a formaggi prodotti nel territorio nazionale, osservando usi leali e costanti, le cui caratteristiche merceologiche derivano da particolari metodi della tecnica di produzione".
Come si vede riguardo a ciascuna delle due "denominazioni" dei formaggi, l'art. 2 indica caratteristiche precise, il cui accertamento dei singoli casi concreti é demandato dall'art. 3 alla pubblica Amministrazione, nella cui competenza, siccome si é detto, tale funzione rientra.
Col decreto del Presidente della Repubblica previsto dall'articolo 3 "saranno riconosciute le denominazioni" di origine o tipiche dei formaggi, "che (dice il primo comma dell'art. 3) verranno assoggettate alle norme della presente legge".
Le norme sostanziali che regolano la materia non sono quindi dettate nell'art. 3, che ha carattere di norma strumentale, ma negli articoli precedenti della stessa legge, e specie nell'art. 2, tanto vero che nell'art. 1 delle "Norme regolamentari per l'esecuzione della legge", la cui emanazione era prevista dall'art. 16 della legge stessa, e che sono state in effetti emanate col decreto del Presidente della Repubblica 5 agosto 1955, n. 667, si richiama espressamente proprio l'art. 2 della legge: "Chi intenda promuovere riconoscimento ai sensi dell'art. 2 della legge 10 aprile 1954, n. 125, di denominazioni di origine e tipiche dei formaggi, deve avanzare domanda al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, allegando, in triplice copia, la seguente documentazione...".
É opportuno rilevare che la funzione amministrativa, e specificamente di accertamento, prevista dal disposto dell'art. 3, deve essere esercitata in base a criteri tecnici e secondo una procedura, che escludono la mera discrezionalità della pubblica Amministrazione, e che per ciò costituiscono una garanzia per i diritti individuali.
Dispone l'art. 3 che il decreto del Presidente della Repubblica é emanato "su proposta del Ministro per l'agricoltura e le foreste di concerto con il Ministro per l'industria ed il commercio, sentito il Comitato previsto dal successivo art. 4".
Dall'art. 4 risulta che il Comitato nazionale é composto di persone qualificate dal punto di vista tecnico, nominate dal Ministro per l'agricoltura e le foreste, il quale sentirà, per otto componenti di esso Comitato, le organizzazioni di categoria: "sentite, per tre di essi, le organizzazioni dei produttori dell'agricoltura, per altri tre le organizzazioni cooperative di produzione e per gli ultimi due altre organizzazioni interessate".
L'art. 5 indica nel primo comma i compiti del Comitato, tra i quali qui interessano quello previsto alla lett. a: esprimere il proprio parere ai sensi dell'art. 3, e l'altro della lett. b): promuovere il riconoscimento delle denominazioni di origine e tipiche secondo le norme della presente legge; e nel secondo comma dispone che le deliberazioni relative debbono essere pubblicate nella Gazzetta Ufficiale: "Le deliberazioni del Comitato di cui alle lettere a e b del presente articolo dovranno essere pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, per le eventuali istanze e controdeduzioni degli interessati, singoli od associati, che devono essere presentate al Ministro per l'agricoltura e le foreste entro trenta giorni dalla data di pubblicazione".
Da queste disposizioni risulta chiaramente che i provvedimenti di riconoscimento delle due denominazioni dei formaggi, che saranno emessi col decreto del Presidente della Repubblica previsto dall'art. 3, hanno carattere tecnico e sono circondati, nello stesso stadio della loro formazione, oltre che dopo, da garanzie anche di pubblicità, che sono intese ad evitare gli arbitri e a dare comunque agli interessati la possibilità di chiederne ed ottenerne legalmente la rimozione.
Ma, a prescindere da queste considerazioni, resta il fatto che le norme della legge del 10 aprile 1954, che inciderebbero sui principi degli artt. 41 e 42 della Costituzione, non sono contenute nell'art. 3, e che pertanto anche sotto questo profilo risulta infondata la questione di legittimità costituzionale di esso art. 3.
Non occorre qui discutere del successivo art. 15 della stessa legge n. 125 sul quale si é soffermata la difesa della ditta Sardo e Borello, perché in riguardo a questo articolo il Pretore di Fossano non ha proposto nell'ordinanza in esame la questione di legittimità costituzionale. Conviene rilevare soltanto che esso art. 15, comprende bensì la "Fontina" nella categoria B, cioè nella categoria delle "denominazioni tipiche" secondo la classificazione contenuta nel Protocollo III allegato alla Convenzione di Stresa del 1 giugno 1951 resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1953, n. 1099, ma dispone nel contempo che si tratta di un regime provvisorio, che durerà "fino a quando sarà emanato il decreto previsto dall'art. 3 della presente legge".
Per quanto riguarda il decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 1955, n. 1269, in ordine al riconoscimento in concreto della "Fontina" come "denominazione di origine", va rilevato che la questione di legittimità costituzionale proposta nell'ordinanza del Pretore di Fossano é inammissibile, perché non si tratta di un decreto delegato, ma di un decreto che, per il suo contenuto, la sua forma e la sua efficacia, ha i caratteri dell'atto amministrativo, e non dell'atto avente forza di legge.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione proposta con ordinanza emessa il 14 gennaio 1957 dal Pretore di Fossano sulla legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 10 aprile 1954, n. 125, sulla "tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi"
in relazione agli artt. 70, 76, 92, comma primo, e 41,42,25 della Costituzione;
dichiara inammissibile la questione proposta con la stessa ordinanza sulla legittimità costituzionale del decreto del Presidente
della Repubblica 30 ottobre 1955, n. 1269.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 gennaio 1958.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI Antonio MANCA - Aldo SANDULLI
Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1958.