Sentenza n. 114 del 1957
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 114

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. MARIO BRACCI

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale delle norme contenute nell'art. 3 della legge 4 gennaio 1951, n. 28, promosso con ordinanza 21 novembre 1956 del Pretore di Lucca nel procedimento penale a carico di Ada Sillani in Speranza, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27 del 30 gennaio 1957 e iscritta al n. 10 del Registro ordinanze 1957.

Udita nell'udienza pubblica del 29 maggio 1957 la relazione del Giudice Mario Cosatti;

uditi gli avvocati Filippo Brusca e Massimo Severo Giannini per la Sillani.

 

Ritenuto in fatto

 

Con rapporto 12 marzo 1955 la Questura di Lucca denunciò all'autorità giudiziaria Ada Sillani in Speranza per aver esercitato nella sede dell'Associazione sportiva di quella città e presso il salone Margherita di Viareggio la professione di maestra di danza senza essere provvista del diploma del corso di perfezionamento dell'Accademia nazionale di danza o di altro Istituto ad essa pareggiato, come prescritto dalla legge 4 gennaio 1951, n. 28.

A seguito della denuncia il Pretore di Lucca elevò a carico della Sillani imputazioni, tra l'altro, di esercizio abusivo della professione di maestra di ginnastica ritmica (art. 348 Cod. pen.) e di abusiva assunzione del relativo titolo (art. 498 Cod. pen.); e con decreto 15 ottobre 1955 la condannò a varie pene pecuniarie.

Avverso tale decreto la Sillani ha proposto opposizione; in sede di dibattimento, il Pretore ha modificato le ricordate imputazioni sostituendo alle parole ginnastica ritmica quelle di danza classica.

La difesa ha eccepito la illegittimità costituzionale della legge 4 gennaio 1951, n. 28, e, in particolare, degli artt. 3 e 5 della legge stessa, i quali, avendo prescritto il possesso di uno speciale diploma per l'insegnamento della danza classica, dovrebbero considerarsi in contrasto con l'art. 33, commi primo e terzo, della Costituzione, che riconosce la libertà dell'arte, della scienza e del loro insegnamento e il diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato.

Il Pretore ha considerato che l'art. 33 della Costituzione dispone che l'arte e la scienza sono libere e libero ne é l'insegnamento, che tale articolo prevede che enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, che l'art. 3 della legge 4 gennaio 1951, n. 28, prescrivendo per l'esercizio della professione di maestro di danza il possesso di un diploma da conseguirsi presso l'Accademia nazionale, viene a limitare la libertà di insegnamento della danza la quale, specialmente se classica, non può non considerarsi come manifestazione artistica; e con ordinanza 21 novembre 1956 ha ritenuto la sollevata eccezione non manifestamente infondata e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Tale ordinanza, comunicata ai Presidenti delle Camere e notificata il 19 dicembre 1956 al Presidente del Consiglio dei Ministri, é stata pubblicata, per disposizione del Presidente di questa Corte, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27 del 30 gennaio 1957.

La Sillani si é costituita in giudizio mediante deposito nella cancelleria della Corte, in data 18 febbraio 1957, delle deduzioni con procura dell'Avv. Filippo Brusca ed elezione di domicilio presso l'avvocato stesso.

Nelle deduzioni la difesa denuncia l'illegittimità costituzionale:

a) degli artt.3 e 5 della legge 4 gennaio 1951, n. 28, in quanto, in contrasto con le disposizioni dell'art. 33 della Costituzione, l'art. 3 prescrive che nessuno può assumere il titolo di maestro di danza ed esercitare la relativa professione se non abbia conseguito il diploma presso l'Accademia nazionale o in istituto ad essa pareggiato e l'art. 5 dispone che coloro che esercitano la professione di maestro di danza e non si trovino nelle condizioni previste dagli artt. 3 e 4 della citata legge non possono continuare l'esercizio della professione qualora non ottengano giudizio di idoneità da una apposita commissione;

b) dell'art. 1 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1236, in quanto, in contrasto con il disposto dell'art. 34 della Costituzione per il quale la scuola é aperta a tutti, dispone che l'Accademia comprende un corso normale di otto anni per alunne con il fine di formare danzatrici ed un corso di perfezionamento della durata di tre anni per alunni di ambo i sessi, facendo così della danza un privilegio delle donne;

c) dell'art. 2 del decreto legislativo n. 1236 del 1948 in quanto, in contrasto con il disposto dell'art. 51 della Costituzione per il quale i cittadini di ambo i sessi possono accedere ai pubblici uffici, preponendo alla parte didattica e disciplinare dell'Accademia una direttrice, preclude agli uomini tale ufficio;

d) dell'art. 19 del decreto legislativo n. 1236 del 1948 in quanto, in contrasto con l'art. 97 della Costituzione che stabilisce il principio del concorso per accedere agli impieghi pubblici, dispone che nella prima applicazione del decreto la direttrice incaricata assuma la qualifica di direttrice di ruolo dell'Accademia di danza.

Concludendo, la difesa chiede che la Corte voglia dichiarare la illegittimità costituzionale del decreto legislativo e della legge concernenti l'Accademia di cui trattasi.

In data 14 maggio 1951 gli avvocati Brusca e Massimo Severo Giannini, associato nella difesa, hanno depositato una memoria, nella quale esaminano il contenuto delle norme di cui all'art. 33 della Costituzione.

La difesa distingue in materia vari gruppi di norme: norme che riconoscono libertà di arte, di scienza e di insegnamento, norme generali sull'istruzione pubblica come attività e come organizzazione, norme di garanzia costituzionale. Si sofferma sui concetti di libertà di insegnamento e di libertà della scuola, ritenendo che con l'entrata in vigore della Costituzione le istituzioni di istruzione e di educazione debbano distinguersi in scuole statali, scuole private in concessione e scuole private libere.

Ciò premesso, passa ad esaminare la situazione delle scuole di danza ed osserva che, in conseguenza del riconoscimento della libertà di insegnamento, debbano considerarsi viziate di illegittimità costituzionale le norme per le quali é consentito l'insegnamento di un'arte, come quella della danza, solamente a persone munite di un diploma, poiché ciò significa introdurre un controllo dello Stato su ogni attività di insegnamento di tale arte.

La difesa conclude chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 3, 4 e 5 della legge 4 gennaio 1951, n. 28, in quanto richiedono il possesso di un titolo di abilitazione per l'insegnamento della danza.

Nella discussione orale i patroni della Sillani illustrano le tesi svolte negli scritti difensivi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con il decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1236, e con la legge 4 gennaio 1951, n. 28, che lo ha ratificato con modificazioni, é stato disposto un ordinamento della Scuola nazionale di danza in Roma, fornita di autonomia didattica e amministrativa, scuola che comprende un corso normale per la formazione di danzatrici con obbligo di frequentare scuole medie e un corso di perfezionamento per la formazione di solisti, insegnanti, coreografi e compositori di danza.

Nelle deduzioni la difesa della Sillani ha denunziato come viziate di illegittimità costituzionale le norme del decreto legislativo e della legge, ritenendo, in particolare, gli artt. 1, 2 e 19 del decreto n. 1236 del 1948 in contrasto rispettivamente con gli artt. 34, 51 e 97 della Carta costituzionale, limitando infine, nella memoria, la richiesta di dichiarazione di illegittimità costituzionale agli artt. 3, 4 e 5 della legge n. 28 del 1951 in riferimento all'art. 33 della Costituzione.

L'ordinanza 21 novembre 1956 del Pretore di Lucca ha proposto alla Corte - nei termini già riferiti in narrativa - una sola questione, quella relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge n. 28 del 1951 in riferimento all'art. 33 della Costituzione; e a tale punto deve pertanto la Corte circoscrivere il suo esame e la sua decisione.

2. - L'art. 3 della legge n. 28 del 1951 dispone: "Nessuno può assumere il titolo di maestro di danza ed esercitare la relativa professione se non abbia conseguito nell'Accademia nazionale di danza o in istituto ad essa pareggiato il diploma del corso di perfezionamento".

La difesa, pur facendo alcune osservazioni circa il divieto di assumere il titolo di maestro di danza senza il possesso del relativo diploma, per quanto concerne tale disposizione in sé considerata non insiste su censure di illegittimità costituzionale; ma ritiene viziata la norma di cui trattasi per quanto riguarda il divieto in essa posto di esercitare la professione di maestro di danza da parte di chi é sfornito del predetto requisito.

Rileva la Corte che la vita sociale ha avuto attraverso decenni un prodigioso incremento in ogni sua manifestazione. Con ritmo incessante le umane attività si sono alacremente svolte nei più svariati settori con approfondimento di indagini, con specializzazione di tecnica e di opere, interessando in modo più o meno penetrante aspetti morali, culturali, sanitari, economici.

Lo Stato ha ritenuto suo doveroso compito di seguire lo svolgimento delle varie attività per le conseguenze che possono derivarne e di vigilarne le manifestazioni. Onde ha dettato norme dirette ad assicurare la preparazione culturale, scientifica, tecnica, ritenuta adeguata e necessaria per l'esercizio delle varie professioni, e a disciplinare l'esercizio delle professioni stesse: gradatamente, in tempi successivi, via via che le singole attività professionali, dal punto di vista sia della preparazione sia delle condizioni e modalità di esercizio, venivano ad assumere determinate caratteristiche che richiedevano cautele per riflessi di vario ordine.

Con il decreto legislativo n. 1236 del 1948 e con la legge n. 28 del 1951 si é concretato un intervento dello Stato in un settore fino allora non sottoposto a valutazioni del genere né disciplinato per le indicate esigenze: il settore della danza classica, al quale soltanto si fa qui riferimento a differenza di quello che suol denominarsi ballo di società, manifestazione di antiche forme di svago.

Non può revocarsi in dubbio che l'insegnamento della danza classica presenti aspetti che spiegano e giustificano perplessità e preoccupazioni e quindi cautele e discipline.

Si tratta di insegnamenti di non breve ciclo, che si impartiscono ad elementi nel periodo più delicato della fanciullezza e della prima giovinezza, prevalentemente ad elementi di sesso femminile: addestramenti, atteggiamenti, comportamenti che possono implicare riflessi di ordine morale, che certamente hanno notevoli riflessi di natura fisica e sanitaria. A tali esigenze rispondono appunto le disposizioni di cui trattasi.

La Corte, pertanto, non reputa viziate di illegittimità costituzionale; in riferimento all'art. 33 della Costituzione, le norme contenute nell'art. 3 della legge n. 28 del 1951, le quali - creata e organizzata l'Accademia nazionale e non esclusa la coesistenza di altre scuole del genere (artt. 15 e 16 del decreto legislativo n. 1236 del 1948) - prescrivono che nessuno può assumere il titolo di maestro di danza se non é provvisto del relativo diploma ed esercitare attività professionale di maestro di danza senza essere fornito della specifica preparazione e in possesso dell'indicato requisito.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione, proposta con l'ordinanza 21 novembre 1956 del Pretore di Lucca, sulla legittimità Costituzionale delle norme contenute nell'art. 3 della legge 4 gennaio 1951, n. 28, in riferimento all'art. 33 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1957.

Gaetano AZZARITI – Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA – Aldo SANDULLI.

 

Depositata in Cancelleria il 8 luglio 1957.