SENTENZA N. 70
ANNO 1957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. GAETANO AZZARITTI, Presidente
Prof. TOMASO PERASSI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Prof. ERNESTO BATTAGLINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. MARIO BRACCI
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale delle norme contenute nell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e dei DD. PP. RR. 14 maggio 1952, n. 614, e 3 ottobre 1952, n. 1539, promosso con l'ordinanza 24 maggio 1956 del Tribunale di Bologna pronunciata nella causa civile vertente tra Garbagnati Luigi e Biffi Antonia contro l'Ente per la colonizzazione del delta padano ed il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 227 dell'8 settembre 1956 ed iscritta al n. 251 del Registro ordinanze 1956.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 27 marzo 1957 la relazione del Giudice Tomaso Perassi;
uditi gli avvocati Edoardo Garbagnati, Enrico Bassanelli e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò.
Ritenuto in fatto
Con decreti del Presidente della Repubblica 14 maggio 1952, n. 614, e 3 ottobre 1952, n. 1539, venivano trasferiti all'Ente per la colonizzazione del delta padano, rispettivamente, ha. 144.98.47 della tenuta "Cà Nova", in agro di Codigoro, appartenenti a Luigi Garbagnati, ed ha. 88.14.50 della tenuta "Cirenaica", nello stesso agro, appartenenti ad Antonia Biffi ed. Garbagnati.
Con atto notificato il 17 dicembre 1954, il Garbagnati e la Biffi citavano l'Ente di riforma, che non aveva ancora occupato i terreni, ed il Ministero dell'agricoltura e delle foreste dinanzi al Tribunale di Bologna, chiedendo che venisse dichiarato il loro diritto di proprietà e legittimo possesso dei terreni, previa dichiarazione di illegittimità dei decreti di esproprio, per i seguenti motivi:
a) incostituzionalità dell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione; conseguente incostituzionalità dei decreti di esproprio;
b) incostituzionalità, per eccesso di delega, dei decreti di esproprio, essendosi tenuto conto, per la determinazione del reddito medio, e quindi della percentuale di scorporo, anche delle aree coperte da fabbricati rurali, ed essendosi poi proceduto allo scorporo, secondo la percentuale così ottenuta, non di una quota proporzionale al reddito dei soli beni compresi nel perimetro di riforma, ma di una quota proporzionale al reddito di tutti i beni posseduti da essi istanti: ciò in violazione dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841.
Costituitosi regolarmente il contraddittorio, i convenuti chiedevano dichiararsi improponibili dinanzi all'autorità giudiziaria le questioni di legittimità costituzionale e, in via subordinata, respingersi le domande degli attori.
Con l'ordinanza 24 maggio-23 giugno 1956, il Tribunale di Bologna ha rimesso a questa Corte la risoluzione delle suddette questioni.
Eseguita l'ultima notificazione il 3 luglio 1956, nonché le comunicazioni prescritte, l'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 227 dell'8 settembre 1956.
Si sono costituite le parti private debitamente rappresentate ed ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri costituendosi, insieme all'Ente espropriante, a mezzo dell'Avvocato generale dello Stato.
Da parte dell'Ente di riforma e del Presidente del Consiglio si é rinnovata l'eccezione di irricevibilità delle questioni di legittimità costituzionale perché dedotte come causa petendi della domanda di merito dinanzi al giudice ordinario; si é chiesto poi, subordinatamente, che esse siano dichiarate infondate.
Una questione particolare di legittimità costituzionale, sollevata nel presente giudizio, riguarda l'applicazione della percentuale di scorporo in relazione all'art. 4 delle legge stralcio.
Gli espropriati deducono al riguardo che le parole "intera proprietà" contenute nell'art. 4 della legge stralcio, anche secondo l'interpretazione datane dall'articolo unico della legge 16 agosto 1952, n. 1206, legittimano il coacervo del reddito dominicale dei terreni situati dentro o fuori il perimetro di riforma, ma lasciano impregiudicato il principio dell'espropriabilità "per quota" dei terreni siti nelle varie zone di riforma.
A tale principio non sarebbe lecito derogare senza pervenire a conseguenze inique ed assurde: inique perché si avvantaggerebbero i contadini di una zona a danno dei contadini di altra zona che successivamente fosse assoggettata a scorporo, nella quale non sarebbe possibile scorporare la quota relativa ai beni ivi esistenti perché già conteggiata al momento dello scorporo nella zona in cui per prima é stata attuata la riforma; assurda perché, ipotizzando una contemporaneità d'azione da parte dei vari Enti ognuno dei quali pretendesse di scorporare nella zona di propria competenza una quota proporzionata all'intera proprietà, potrebbe arrivarsi all'espropriazione totale del patrimonio di una persona che avesse terreni nei vari comprensori di riforma.
L'Avvocatura dello Stato, nell'interesse dell'Ente di riforma e del Presidente del Consiglio dei Ministri, obietta a questi rilievi che lo scopo dell'art. 44 della Costituzione non é soltanto quello di favorire il razionale sfruttamento del suolo, ma anche quello di promuovere equi rapporti sociali; che tale articolo fu dettato perché l'Assemblea costituente, avuto riguardo al diverso grado di produttività dei terreni nelle varie regioni e zone d'Italia, non volle adottare il sistema di un limite di estensione costante ed uniforme per tutto il territorio nazionale della proprietà fondiaria, ma preferì il sistema di un limite costante del reddito agrario, che é indice sicuro di capacità economica, quale si poteva raggiungere soltanto attraverso limitazioni di superficie variabili da regione a regione e da zona a zona; che a questo sistema, di colpire il reddito agrario complessivo, si é ispirato appunto il legislatore ordinario con la legge stralcio, come risulta non solo dalle disposizioni in essa contenute (quelle dell'art. 4 e dell'art. 13) e dalla tabella di scorporo che vi é annessa, ma anche da altre disposizioni inserite nelle varie leggi di riforma (es.: art. 8, secondo comma, della legge 18 maggio 1951, n. 333; art. 2, n. 1, della legge 2 aprile 1952, n. 339); che, infine, le conseguenze inique prospettate dagli attori, per il caso di un proprietario che possegga terreni in diverse zone di riforma, sono soltanto ipotetiche, perché l'attività dei vari Enti di riforma é coordinata dal Ministro dell'agricoltura e lo scorporo si effettua sempre nei limiti della quota di esproprio, o per intero in una sola zona o parte in una zona e parte in un'altra.
Negli ultimi scritti difensivi le parti hanno svolto i rispettivi assunti, ulteriormente illustrati nell'udienza di discussione del 27 marzo 1957.
Considerato in diritto
1. - L'eccezione di improponibilità sollevata in via preliminare dall'Avvocatura dello Stato perché si tratterebbe sostanzialmente di questioni proposte in via principale e non incidentale é stata esaminata e respinta da questa Corte con sentenza n. 59 del 13 maggio 1957.
2. - L'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 5 legge 12 maggio 1950, n. 230, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione é stata ugualmente respinta nella sentenza di questa Corte n. 60 del 13 maggio 1957, alla quale si rinvia.
3. - Quanto alla censura relativa all'eccesso di delega per violazione dell'art. 4 legge stralcio, per essere stata espropriata una parte di terreni proporzionale all'estensione della proprietà ovunque situata degli espropriati e non alla superficie compresa nel perimetro di riforma, la questione é stata già esaminata e ritenuta non fondata per i motivi enunciati nella sentenza n. 62, alla quale si rinvia, del 13 maggio 1957.
4. - Circa la mancata esclusione delle aree coperte da fabbricati rurali dal computo della superficie totale dei terreni agli effetti della determinazione del reddito dominicale medio si osserva in contrario che l'art. 4 della legge stralcio prevede la esclusione dei soli terreni classificati come boschi o incolti produttivi sia dal calcolo del reddito dominicale complessivo che da quello della superficie, sicché il quoziente che si ottiene dividendo il primo per la seconda, e cioè il reddito dominicale medio, non risente né per l'entità del dividendo né per quella del divisore dell'apporto dei boschi e degli incolti produttivi. Per quanto riguarda i fabbricati rurali, invece, pur essendo vero che essi non sono autonomamente valutati nella formazione del catasto, non può ragionevolmente negarsi che aumentino il reddito del fondo cui accedono. E poiché l'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, 2, non prevede la possibilità di diminuire il reddito dominicale dei terreni per la parte afferente ai fabbricati rurali, deve negarsi corrispondentemente la possibilità di escludere le aree da essi occupate dal calcolo della superficie complessiva e, quindi, del reddito dominicale medio.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
respinta l'eccezione di improponibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato;
dichiara non fondate le questioni proposte con l'ordinanza del Tribunale di Bologna 24 maggio-23 giugno 1956 sulla legittimità costituzionale delle norme contenute nell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e dei DD. PP. RR. 14 maggio 1952, n. 614, e 3 ottobre 1951, n. 1539, in riferimento alle norme contenute negli artt. 76 e 77 della Costituzione, nonché degli stessi DD. PP. RR. in riferimento alle norme contenute nell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 maggio 1957.
Gaetano AZZARITI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA.
Depositata in cancelleria il 25 maggio 1957.